rivista anarchica
anno 34 n. 300
giugno 2004


lettere

 

L’odio stigmatizzato

Ciampi è convinto che non si debba “lasciare nulla di intentato nel salvare la vita degli altri ostaggi”. Ed è altrettanto convinto che anche i fatti tragici di questi ultimi giorni debbano spingere l’Italia a sbarrare “con forza e fermezza la strada all’odio” e a operare per la realizzazione di una “convivenza pacifica in Iraq”. Dunque, nessun dubbio sulla necessità di mantenere le nostre truppe su quel territorio (AGI – 17/04/04).
Carlo Azeglio Ciampi scrive alla famiglia di Fabrizio Quattrocchi, l’ostaggio italiano ucciso in Iraq e riafferma “la determinazione dell’Italia di sbarrare la strada dell’odio” (Repubblica – 15/04/04).
“Io dico no all’Italia dell’odio: questo sentimento è, e deve restare, estraneo all’animo degli italiani”. (Repubblica – 04/02/04).
Toccano i nostri cuori le parole che il Papa rivolge all’umanità. Egli ha invitato tutti “a mobilitare le migliori energie, perché l’amore prevalga sull’odio, la pace sulla guerra, la verità sulla menzogna, il perdono sulla vendetta” (Discorso di fine anno del Presidente – 31/12/01).

Ho fatto un piccolo esperimento. Ho scritto le parole “ciampi” e “odio” e ho lasciato andare il noto motore di ricerca su internet (google): il risultato è impressionante (quelli sopra citati sono solo un piccolissimo esempio del risultato ottenuto). È difatti infinito l’elenco di discorsi, interviste, dichiarazioni in cui il Capo dello Stato stigmatizza l’odio intestino, dice di no “all’Italia dell’odio”, dice basta “all’odio e ai rancori” fra connazionali.
Questo fino a ieri. Da oggi compito degli italiani tutti – e il Presidente della Commissione europea (l’italianissimo Prodi) rincara la dose, agitando per l’occasione il vessillo della “unità nazionale contro il terrorismo” – sarà quello di “sbarrare la strada” all’odio altrui.
Quelle di Ciampi sono affermazioni apodittiche; infatti, connotare negativamente quel sentimento che mai dovrebbe albergare negli animi delle persone dabbene, è cosa buona e giusta: sono costretto a trovarmi d’accordo con lui.
Mi spiego meglio: è giusto parlare di odio quando si tratta di azioni terroristiche, riconosco anche quale terribile sentimento possa essere l’odio di classe – cioè, come sempre, della classe sfruttata contro gli sfruttatori – , è perciò evidente che gli italiani uniti nel sentimento di concordia nazionale contro il perfido nemico esterno – con cui “mai si può trattare”, che dunque si può solo combattere con quegli giusti “strumenti democratici” di cui sono dotate le sole nazioni occidentali – giammai potranno offrire il proprio animo all’odio.
E già, questo vale non solo per gli italiani, ma per tutti gli occidentali. L’odio dei terroristi colpisce tutto l’Occidente democratico: tutti gli occidentali devono combattere l’infido sentimento, cioè “sbarrare la strada all’odio”.
“La rabbia e l’orgoglio” sì – perché no! – e anche gli atti individuali di eroismo “patriottico” con relativo sprezzo del pericolo e tragico epilogo di morte sono bene accetti e ci rendono orgogliosi della nostra occidentale italianità. Ma l’odio no, l’odio lo lasciamo agli sciagurati antidemocratici, alla violenza terroristica.
Vorrei però essere sincero, dire quindi tutta la verità: qualche volta il dubbio mi attanaglia la mente. Ciampi ha ragione, ma lui non sa, non può sapere che un terribile germe libertario e per certi aspetti antidemocratico mi rode l’animo. Ha scritto Nietzsche: “Potete avere solo nemici che siano da odiare, ma non nemici da disprezzare. Dovete andare fieri del vostro nemico: allora i successi del vostro nemico saranno anche i vostri successi. Ribellione – questa è la superiorità in uno schiavo”.
È proprio questo è il punto. Noi italiani – noi occidentali – non odiamo i nostri nemici: li disprezziamo. Disprezziamo la loro cultura, disprezziamo la loro volontà di ribellione, la loro mancanza di arrendevolezza, la loro ostinata insubordinazione, la loro non voglia (o contingente impossibilità) di aderire ai valori imperativi (o imperialistici?) delle democrazie occidentali.
Loro – i terroristi, con forse eccezion fatta per certi capi “islamici”: quei miliardari frustrati nel desiderio di dominio non eterodiretto del proprio popolo – non ci disprezzano, anzi, forse un pochino ci invidiano (alcuni potrebbero invidiare il nostro “benessere”, per esempio), ma ci odiano – eccome se ci odiano! – con tutta l’anima, con tutta la disperazione degli schiavi mai domiti. È un odio mal indirizzato perché non discrimina, perché colpisce nel mucchio, un odio che non posso condividere per queste e molte altre motivazioni, non ultima la mia avversione di impronta etica e razionale – direi caffiana – per la violenza. Inoltre – devo ammetterlo – le loro aspirazioni e i loro desideri non sono e non potranno mai essere i miei, sono profondamente diversi. Ma loro guerra senza quartiere verso l’Occidente democratico è ispirata da sentimenti sinceri, com’è vero l’odio che li anima.
Caro Ciampi, forse il disprezzo – fra i due succitati – è oggigiorno il sentimento più infidamente pericoloso, quello che anima i più nefandi desideri e le peggiori azioni di vendetta.

Alessandro Milazzo
(Linguaglossa)

1. F.W. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, “Della guerra e dei guerrieri”
2. Mi riferisco al socialista libertario Andrea Caffi e la sua Critica della violenza

 

 

Dovute rettifiche

Con la presente intendo effettuare alcune precisazioni riguardo a quanto riportato nel Dizionario Biografico degli Anarchici Italiani, di recente pubblicazione, in quanto nella biografia di mio padre, l'anarchico Antonelli Virgilio, si dice che egli è citato con il soprannome di “Bimbo” nel libro dello scrittore Ezio Taddei Il pino e la rufola.
(…). Per quanto concerne le coordinate storiche di riferimento, si legge nel libro che nell'ottobre 1919, a seguito di un decreto di amnistia per reati militari il giovane “Bimbo” esce dal carcere. Bene in tale data mio padre non aveva ancora compiuto quindici anni, età ben lontana dagli obblighi militari.
Proseguendo nella lettura del libro, il personaggio subisce una condanna di venti anni per omicidio: mio padre non ha mai riportato tale condanna.
(…). Spero pertanto che si trovi il modo per apportare le dovute rettifiche.

Alba Antonelli
(Livorno)

 

 

 

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