rivista anarchica
anno 34 n. 301
estate 2004


politica

I moderni lanzichenecchi
di Antonio Cardella

 

Pochi dubbi sul progetto autoritario e liberticida di Berlusconi e dei suoi accoliti.

 

Vorrei tanto sbagliarmi ma le prospettive della congiuntura politica italiana sono oscure e molti sono i motivi di preoccupazione per il futuro prossimo. L’elemento che costituisce la deriva italiana rispetto all’assetto degli altri paesi europei, in un momento in cui si tenta di reperire il bandolo di una matassa tanto ingarbugliata qual è quella dei precari equilibri internazionali, è la presenza di un governo non solo privo della pur minima cultura politica, ma frequentato da soggetti che hanno ormai tolto gli ormeggi alle imbarcazioni di salvataggio senza saltarvi dentro.
Mi spiego meglio: la gran parte di ministri e parlamentari del partito di maggioranza relativa, Forza Italia, sa bene che, passata la imprevista e fortunata stagione attuale, affondata la carretta del Polo, non ha alcuna possibilità di riciclarsi in formazioni politiche che dovessero sostituire la compagine berlusconiana in una prossima legislatura.
Sono soggetti che, identificandosi anche fisicamente (vedi i manifesti elettorali) con l’inquilino di Arcore, si sono tagliati i ponti alle spalle e l’azienda cui fanno riferimento non pare disposta a stipendiarli tutti una volta venuti meno gli appannaggi parlamentari che ne garantivano i servizi a costo zero.
È così prevedibile che omini, ominicchi e quaqquaraquà faranno le umane e divine cose pur di non essere espulsi dal grande business. D’altro canto, se si togliesse la zavorra costituita da questi mercenari a buon mercato, Forza Italia si ridurrebbe ad un manipolo di postulanti senza prospettive e a qualche circolo femminile di adoranti senza idolo.
Descritto così, lo scenario di un prevedibile crollo di consensi elettorali potrebbe apparire come il naturale epilogo di un colossale bluff che, pur avendo arrecato danni incalcolabili, arriva irreversibilmente al capolinea.
Le cose, purtroppo, non stanno così. Intanto perché il cumulo di macerie che questi moderni lanzichenecchi si lascia alle spalle è tale che ci vorranno anni per smaltirlo Se si considera in aggiunta che sono state demolite le strutture stesse di un edificio che, per quanto brutto a vedersi, era pur sempre un condominio regolato ancora da alcune norme della decenza, si ha la misura completa del disastro.

15 milioni di opuscoli

Nel congresso-farsa tenutosi ad Assago dal 28 al 30 maggio scorso Berlusconi ha invitato gli italiani a votare per lui e solo per lui, ribadendo il concetto in una lettera ai tesserati e in un opuscolo inviato a 15 milioni di elettori (opuscolo che sarebbe bene respingere al mittente senza sconfezionarlo per non dover pagare il carico postale).
Questo atteggiamento è stato da molti sottovalutato, attribuito spesso alla megalomania delirante che gli è consueta o ad una sottolineatura fuori misura della inessenzialità della presenza politica degli alleati, piccoli o grandi che siano.
Certo è fuori discussione la sua propensione allo spettacolo, al monologo magniloquente davanti ad una platea che pende dalle sue labbra e, del resto, i suoi trascorsi di intrattenitore-animatore in contesti turistici più o meno a buon mercato confermano questa sua vocazione. Ma il discorso non si chiude lì.
La verificata capacità di coinvolgere platee sempre più vaste deve averlo convinto di potersi spingere molto più in là, di poter esercitare il suo carisma sino a convincere se stesso e i suoi seguaci che è lui l’uomo nuovo della provvidenza, l’unto che può volare al di sopra di ogni convenzione, il messia che è chiamato ad esercitare il diritto-dovere di guidare il popolo verso la terra promessa.
Che è la sua terra, beninteso, con confini da lui stabiliti e regole da lui dettate.
L’identificazione con George W. Bush è perfetta e non deve affatto farci sorridere. Se si valuta il suo percorso da premier, al di là delle sortite folkloristiche che tentano di distrarre l’opinione pubblica dalla brutalità degli obiettivi perseguiti, si scorgerà il disegno lucido di fondo. Sin dall’inizio del suo mandato, quest’uomo ha aperto una conflittualità radicale nei riguardi dei poteri costituiti.
Ha costantemente mortificato il potere giudiziario sino a ridurlo ad una difesa disperata, che ai più può apparire corporativa e, in quanto tale, difficile da condividere.
Se riuscirà ad imporre la figura del Gran Procuratore con poteri assoluti sull’andamento dei lavori giudiziari, l’assoggettamento di questa figura al potere politico sarà cosa fatta e, per suo tramite, di tutto l’ordinamento.
Il capo dello stato è stato ridotto ad un vecchio signore che attraverso i suoi discorsi o i suoi messaggi è n grado soltanto di testimoniare il livello della sua arteriosclerosi, senza alcuna speranza di esercitare alcuna influenza sull’esecutivo (vedi l’esito del suo intervento in merito alla legge Gasparri).
Il parlamento – è sotto gli occhi di tutti – è ridotto ad una piazza d’armi, dove soldati ben schierati rispondono agli ordini di un solo generale, senza alcuna possibilità neppure di uscire di un passo fuori dalle file.
Il progetto, esplicitato da Berlusconi nel congresso già citato, di reiterare senza limiti di decenza il voto di fiducia per fare approvare le sue riforme, avvia un processo plebiscitario che è ben lontano da qualsiasi sistema democratico.
In questo contesto la Corte Costitu-zionale, poi, può blaterare quanto vuole, tanto nessuno la prende sul serio, come dimostra l’inessenzialità delle sue sentenze sul conflitto d’interesse e sulla destinazione al satellitare di Rete 4.
Per quel che riguarda lo scenario della repressione, esercitata, minacciata o potenziale, sappiamo tutti che le cosiddette forze dell’ordine, per definizione, sottostanno agli organi di governo.
Ma vi è in questo ambito una prospettiva che dovrebbe aggiungere preoccupazione a preoccupazione, ed è la trasformazione da esercito di leva ad esercito di professionisti già in avanzato stadio di attuazione in Italia.
Per tradizione, un esercito di professionisti tende a farsi casta e ad assumere una certa non rassicurante autonomia decisionale.
Non è un rischio immediato, ma è bene non perdere di vista il processo.

L’arroganza di un uomo

Infine (ma non ultimo), il tasto drammatico dell’informazione. Ormai non vi è più limite all’arroganza di un uomo e di un regime che non tollerano di essere contraddetti. Il tratto tipicamente fascista di una cultura omologata, imposta a tutti i mezzi d’informazione, è evidente e non si avverte neppure la necessità o la decenza di mascherarlo. Il conflitto di interessi tra un presidente del consiglio che detiene la proprietà di due terzi degli strumenti di comunicazione di massa e controlla politicamente i rimanenti è solo un aspetto dell’anomalia italiana: l’altro, di gran lunga più inquietante, è il disegno di oscurare sistematicamente le notizie per far crescere l’isolamento del nostro paese dal resto del mondo. Anche su questo versante, quindi, pochi dubbi sul progetto autoritario e liberticida di Berlusconi e dei suoi accoliti.
Se questo quadro dovesse confermarsi (e l’esito delle elezioni europee potrebbe imprimere un’accelerazione del processo), rischieremmo tutti di essere colti in mezzo al guado. L’opposizione istituzionale non costituirebbe argine, come non lo costituì nella transizione tra il governo Facta e l’avvento di Mussolini, nel 1922: dapprima tenterebbe un improbabile compromesso, poi si dissolverebbe, integrandosi più o meno acriticamente nel nuovo regime. Resterebbero gli irriducibili ai quali si aprirebbero le strade obbligate dell’esilio o della clandestinità.
Per gli anarchici si ripeterebbe il calvario che hanno già storicamente conosciuto sotto ogni regime autoritario.
Possiamo far poco per impedirlo, ma questo ci assolverebbe solo in parte.
Dovremmo convincere e convincerci di aver fatto in tempo quanto era nostra facoltà fare, senza sottovalutazioni colpevoli e senza illuderci che, insorta la malattia, si troverebbero automaticamente i rimedi.
Debbo confessare che capto in giro scarsa consapevolezza dei rischi che si nascondono nella attuale congiuntura della politica italiana. Trovo che gli stessi compagni che avvertono il pericolo, esitano a denunciarlo con la dovuta insistenza e determinazione, forse timorosi di drammatizzare troppo gli eventi o, peggio, di innescare procedure di clandestinizzazione delle lotte, oggi assolutamente improponibili e controproducenti.
Ma una cosa è demonizzare l’attualità, tutt’altra cosa è attuare semplici misure di sicurezza che affranchino l’intero movimento libertario dai rischi delle provocazioni e dell’inquinamento. Un minimo di controllo del territorio e di coordinamento delle informazioni non limiterebbe la libertà di nessuno e tornerebbe utile a tutti.
Come è evidente, tutto questo non ha nulla a che vedere con il nodo irrisolto di un’organizzazione libertaria, nodo che ha costituito nel passato motivo di separazioni, di sospetti e di indebolimento dell’intero fronte anarchico di fronte alle insidie dei tempi.
Il dilemma molto più complessivo è se intendiamo continuare ad essere una forza rivoluzionaria ben ancorata alla contemporaneità o ci basti rappresentare una suggestiva prospettiva per un futuro che i fatti che incombono rende quanto mai remoto.

Antonio Cardella

Lanzichenecchi