rivista anarchica
anno 34 n. 304
dicembre 2004 - gennaio 2005


personaggi

Estranea ai suoi tempi
di Emma Goldman*

Mary Wollstonecraft, “la pioniera del moderno femminismo”.

Le Edizioni Spartaco mandano in libreria a fine 2004 l’antologia di scritti di Mary Wollstonecraft, Tempo di rivoluzioni. Sui diritti degli uomini e delle donne, con un discorso di Emma Goldman, traduzioni di Claudia Baldoli e Giannarosa Vivian, cura e introduzione di Giannarosa Vivian.
Mary Wollstonecraft (1759-1797) fu una delle prime femministe in Europa. Nel 1796 si legò al filosofo radicale William Godwin, precursore dell’anarchismo; si sposarono nel 1797; Mary morì pochi mesi dopo, dando alla luce la loro figlia, Mary, che sarebbe diventata famosa come autrice del romanzo Frankenstein, dopo aver sposato il poeta Percy B. Shelley. L’antologia presenta brani tratti da: Vindication of the Rights of Men (1790), un pamphlet scritto sull’onda delle polemiche suscitate dalla Rivoluzione francese in Gran Bretagna, Vindication of the Rights of Woman (1792), uno dei primi scritti femministi europei, Letter Introductory to a series of Letters on the Present Character of the French Nation (1793), An Historical and Moral View of the Origin and Progress of the French Revolution, and the Effect it Has Produced in Europe (1794), questi ultimi due tradotti per la prima volta in italiano.
La curatrice Giannarosa Vivian, maestra elementare e studiosa di questioni attinenti all’educazione, ha completato il volume traducendo per la prima volta in italiano il testo di una conferenza su Mary Wollstonecraft tenuta dalla militante anarchica e femminista Emma Goldman (1869-1940). Il discorso, intitolato Mary Wollstonecraft, Her Tragic Life and Her Passionate Struggle for Freedom – la versione originale si legge ora in Emma Goldman on Mary Wollstonecraft, ed. with an Afterword by Alice Wexler, “Feminist Studies”, VII (1981), n. 1, pp. 113-133 –, era stato annunciato nel numero del novembre 1911 della rivista che la Goldman dirigeva, Mother Earth, con lo strillo: “Mary Wollstonecraft, The Pioneer of Modern Womanhood”. Se ne presentano qui in anteprima ampi stralci..

 

Come una merce

[…] Mary Wollstonecraft venne al mondo in un’epoca in cui il suo sesso era ridotto in schiavitù: proprietà del padre mentre viveva in famiglia, una volta sposata la donna passava in mano del marito come una merce. Era davvero uno strano mondo quello in cui entrò Mary il 27 aprile del 1759, in ogni caso non molto più strano di questo nostro attuale. Perché, nonostante il genere umano abbia fatto dei progressi da quel memorabile momento, Mary Wollstonecraft resta una pioniera anche rispetto alla stessa nostra epoca.
Era una dei numerosi figli di una famiglia borghese, il cui capofamiglia affermava il suo diritto a comandare tiranneggiando la moglie e i figli, e scialacquando il capitale in una vita di ozio e divertimenti. Chi poteva tener testa a lui, il creatore dell’universo? Come per molte altre cose, dai tempi del padre di Mary, i suoi diritti sono cambiati poco. Ben presto la famiglia si trovò in povertà, ma come facevano a guadagnarsi da vivere le ragazze della middle class, se per loro tutte le strade erano chiuse? Non c’era che una sola professione: il matrimonio.
Probabilmente la sorella di Mary l’aveva capito, e sposò un uomo che non amava pur di sfuggire la miseria della casa paterna. Ma Mary era fatta di un’altra pasta, di un materiale così raffinato che non avrebbe potuto adattarsi a un ambiente rozzo.
La sua mente vide la degradazione del proprio sesso, e il suo spirito – sempre al calor bianco contro ogni ingiustizia – si ribellò contro la schiavitù in cui era tenuta metà del genere umano. Decise di fare affidamento sulle proprie forze. L’amicizia con Fanny Blood, che aveva fatto il primo passo verso l’emancipazione lavorando per mantenersi, rafforzò questa determinazione. Ma anche senza Fanny Blood, che agiva nella vita di Mary come una grande forza spirituale, e persino senza il fattore economico, lei era destinata dalla sua stessa natura a diventare l’iconoclasta delle false divinità alle quali la società le chiedeva di inchinarsi. Mary era una ribelle nata, una che avrebbe fatto un pandemonio piuttosto che sottomettersi a una qualsiasi regola di etichetta stabilita per lei.
Si dice che la natura usi una grande quantità di materiale umano per creare un genio. La stessa cosa vale per una vera ribelle, un’autentica pioniera. Lei era nata Mary, non fu il prodotto di questo o quell’altro episodio che le capitò. La ricchezza della sua anima, la saggezza della sua filosofia, la profondità del suo universo intellettuale, l’intensità della sua battaglia per l’emancipazione umana, e soprattutto l’indomita battaglia per la liberazione del suo sesso sono ancora oggi talmente avanti rispetto al comune modo di pensare, che davvero possiamo dichiararla una rara eccezione, una che la natura ha creato soltanto una volta in un secolo. […].

Mary Wollstonecraft

Insegnante, governante, …

Molto si è scritto e molto si è detto di questa meravigliosa figura del diciottesimo secolo. Ma il soggetto è troppo vasto e ancora lungi dall’essere esaurito. Il movimento delle donne di oggi, in particolare il movimento per il diritto al voto, può trovare nella vita e nella battaglia di Mary Wollstonecraft molti elementi a dimostrazione che il semplice fatto di guadagnare non è sufficiente a liberare il proprio sesso. Non c’è dubbio che molto è stato realizzato da quando Mary tuonava contro la schiavitù economica e politica delle donne, ma ciò le ha rese libere? Ha prodotto un’espansione del loro essere? Ha portato gioia e allegria nella loro vita? La stessa vita di Mary è la tragica riprova che i soli diritti economici e sociali per le donne non bastano a riempire una vita, anzi non bastano a riempire la vita interiore di nessuno, uomo o donna che sia. Non è vero che un uomo riflessivo e sensibile – non intendo semplicemente un maschio – sia molto diverso da una donna riflessiva e sensibile. Anche lui è alla ricerca della bellezza e dell’amore, dell’armonia e dell’intelletto. Mary lo capì, perché non si limita al proprio sesso, ma rivendica la libertà per l’intero genere umano.
Per rendersi economicamente indipendente, Mary in un primo tempo fece l’insegnante, poi accettò un posto come governante dei figli viziati di una signora viziata, ma si accorse presto di non essere adatta a fare la serva e che doveva passare a qualcosa che le permettesse di guadagnarsi da vivere e al tempo stesso non la degradasse.
Imparò l’amarezza e l’umiliazione della lotta per la sopravvivenza. Non era tanto la mancanza di benessere materiale ad amareggiare il suo animo, quanto piuttosto la mancanza di libertà interiore che deriva dalla povertà e dalla dipendenza, e questo le faceva gridare: “Come è possibile che ci si definisca amici della libertà se non si riconosce che la povertà è il maggiore dei mali”.
Per fortuna di Mary e dei posteri, esisteva una rara specie di tipo umano, che manca a noi del ventesimo secolo, l’audace e generoso editore Johnson. Senza curarsi di far soldi, fu il primo a pubblicare le opere di Blake, Thomas Paine, Godwin e di tutti i ribelli del tempo. Vide anche le grandi capacità di Mary, e l’assunse come correttrice di bozze, traduttrice e collaboratrice alla sua rivista l’Analytical Review. Fece di più. Diventò il suo amico più fidato e il suo consigliere. Nella vita di Mary non ci fu nessun altro uomo così devoto e capace di capire la sua natura complessa. Da parte sua, nemmeno lei aprì a nessun altro il suo cuore in modo così totale, senza riserve. […].

William Godwin

Riusciva a librarsi in alto

[G]razie all’amico lei trovò sollievo alla tremenda lotta interiore. Trovò anche alimento intellettuale. Le stanze di Johnson erano il luogo di ritrovo dell’élite intellettuale londinese. Thomas Paine, Godwin, il dottor Fordyce, il pittore Fuseli e molti altri si riunivano là per discutere i problemi del loro tempo.
Mary entrò a far parte della loro cerchia e divenne il centro di quel movimento intellettuale. Godwin racconta della volta che partecipò a una serata organizzata per Thomas Paine, e invece si ritrovò ad ascoltare Mary Wollstonecraft: la sua abilità nella conversazione, come ogni altra cosa la riguardasse, occupava il centro della scena.
Mary riusciva a librarsi in alto attraverso lo spazio, il suo spirito anelava alle vette più alte. L’occasione si presentò presto. L’ex campione del liberalismo inglese, il grande Edmund Burke, venne allo scoperto in un discorso sentimentale contro la rivoluzione francese.
Egli aveva incontrato la bella Maria Antonietta e lamentava la sua sorte in mano al popolo infuriato di Parigi. Il suo sentimentalismo da middle class, nella più grande di tutte le sollevazioni colse soltanto l’aspetto superficiale, e non i terribili mali che i francesi avevano sopportato prima di essere trascinati all’azione. Mary Wollstonecraft invece li colse, e la sua risposta al potente Burke, The Vindication of the Rights of Man, è una delle più vigorose difese degli oppressi e dei diseredati che mai sia stata fatta.
Fu scritta al calor bianco, dato che Mary aveva seguito attentamente la rivoluzione: la sua forza, il suo entusiasmo e soprattutto la sua visione chiara e logica dei fatti dimostra che questa ex maestra di scuola possedeva un eccezionale cervello e un cuore grande che pulsava di passione.
Che un tale scritto provenisse da una donna funzionò come l’esplosione di una bomba, una cosa mai udita prima. Scioccò il mondo intero, ma assicurò a Mary il rispetto e l’amicizia dei maschi suoi contemporanei. I quali capirono senz’ombra di dubbio che non solo lei era eguale, ma per molti aspetti superiore, alla maggior parte di loro.
[…] Mary non era solo un’intellettuale: era anche, per usare le sue parole, dotata di un cuore ribelle. Il che significa che desiderava ardentemente l’amore. Perciò fu naturale per lei essere trasportata dalla bellezza e dalla passione per il pittore Fuseli [così si faceva chiamare in Inghilterra il pittore svizzero Johann Heinrich Füssli, N.d.T.], ma mentre egli non corrispose al suo amore, o forse gli mancò il coraggio al momento decisivo, Mary fu costretta a passare attraverso la sua prima esperienza di amore e sofferenza. Certo lei non apparteneva a quel genere di donne che si gettano al collo del primo venuto. Fuseli era un tipo volubile e gli fu facile lasciarsi rapire dalla bellezza di Mary. Ma aveva moglie, e il peso dell’opinione pubblica era troppo forte per lui. Sia come sia, Mary soffrì terribilmente e scappò in Francia per sottrarsi alle seduzioni dell’artista.
I biografi sono gli ultimi a capire i loro soggetti, o quanto meno non avrebbero dovuto perdersi in tante congetture sull’episodio di Fuseli perché in realtà non si trattava di niente di serio. Se quel chiacchierone di Fuseli fosse stato libero di soddisfare la loro reciproca attrazione sessuale, è probabile che Mary sarebbe tornata tranquillamente alla vita normale. Ma gli mancò il coraggio, e per Mary, digiuna di esperienze sessuali, non fu facile smorzare l’incendio dei sensi.
Comunque, ci volle un forte interesse intellettuale per riportarla in sé. Questo interesse lo trovò negli agitati avvenimenti della rivoluzione francese.
Fu prima di chiudere con Fuseli che Mary aggiunse alla Vindication of the Rights of Man, la Vindication of the Rights of Woman, un’istanza a favore dell’emancipazione del suo sesso.

Mary Wollstonecraft

Cervello straordinario

Non si trattava di ritenere l’uomo responsabile della schiavitù della donna. Mary era troppo grande e troppo universale per coprire di biasimo un sesso solo. Lei sottolinea il fatto che la donna stessa è un ostacolo al progresso umano perché insiste nel voler essere un oggetto sessuale piuttosto che una persona, una forza creativa della vita. Naturalmente, sostiene che l’uomo è stato un tiranno per tanto tempo che non tollera alcuna violazione nel campo in cui domina, ma protesta che è per amore tanto dell’uomo quanto della donna che domanda la libertà economica, politica e sessuale per le donne come unica soluzione al problema dell’emancipazione umana. “Le leggi che riguardano le donne hanno fatto dell’uomo e di sua moglie un tutto unico assurdo, e quindi dal fatto che lui solo sia considerato un soggetto responsabile, discende che lei è ridotta a un semplice zero”.
La natura è stata generosa quando ha modellato Mary Wollstonecraft. Non solo le fornì un cervello straordinario, ma le diede anche bellezza e forza d’attrazione. Le diede anche un animo profondo, sensibile sia alla gioia che al dolore. Mary era destinata a diventare la preda di più di un’infatuazione. Quello per Fuseli cedette presto il posto a un amore più terribile, più intenso, la più potente forza della sua vita, quella che la squassò come un essere senza volontà, un giocattolo indifeso nelle mani del destino.
Una vita senza amore, per un temperamento come quello di Mary, era inconcepibile, e fu la sua ricerca, la sua bramosia d’amore che la scagliarono contro la roccia dell’assurdità e della disperazione.
Mentre era a Parigi, Mary incontrò a casa di Thomas Paine, dove era stata accolta con amicizia, un americano vivace, bello e rude, Gilbert Imlay.
Non fosse per l’amore che suscitò in Mary, il mondo non avrebbe mai sentito parlare di questo signore. Non che fosse una persona ordinaria: in questo caso Mary non avrebbe potuto amarlo con quella folle passione che per poco non le spezzò l’esistenza. Egli si era distinto nella guerra d’indipendenza americana e aveva scritto una o due cosette, ma nel complesso non avrebbe mai dato fuoco al mondo. In compenso fece ardere Mary, e per un bel po’ di tempo la tenne in pugno.
La forza stessa della passione per lui escludeva l’armonia, ma possiamo biasimarlo visto che si trattava di Imlay? Egli le diede tutto ciò che poteva, ma lei era tanto affamata d’amore che non poteva accontentarsi di poco, e da qui la tragedia.
Lui era un irrequieto, un avventuriero, uno che amava esplorare il territorio dei cuori femminili. Preda della smania di vagabondare, non riusciva a fermarsi a lungo in nessun posto.
Mary aveva bisogno di pace, e aveva anche bisogno di quello che non aveva mai ricevuto dalla sua famiglia: la quiete e il calore del focolare domestico. Ma più di ogni altra cosa aveva bisogno di amore, un amore totale, appassionato. Imlay non poteva offrirle niente, e il conflitto tra loro cominciò poco dopo che il folle sogno era finito.
Imlay si allontanava da Mary per periodi lunghi col pretesto di seguire gli affari. Non sarebbe stato un vero americano se avesse trascurato l’amore per gli affari. Veleggiò verso altre città e verso altri amori, come usano dire i tedeschi. In quanto uomo, questo rientrava nei suoi diritti, e in egual misura era un suo diritto tradire Mary. Solo chi ha conosciuto la tempesta può capire fino in fondo quello che lei deve aver sopportato.

Emma Goldman

Contrasto tra povertà e ricchezza

Per tutto il periodo della gravidanza, aspettando il bambino suo e di Imlay, Mary si consumò d’amore per quell’uomo, lo implorò e lo invocò, ma lui era sempre occupato negli affari. Il povero diavolo non sapeva che tutte le ricchezze al mondo non valevano quanto l’amore di Mary. L’unica cosa in cui lei trovasse consolazione era il lavoro. Scrisse The French Revolution proprio sotto il peso di quel dramma tremendo. Acuta com’era nell’osservazione, lei vide più in profondità di Burke; al di là della terribile perdita di vite umane vide il contrasto ancora più terribile tra la povertà e la ricchezza, e vide che tutto quello spargimento di sangue sarebbe stato inutile fintanto che quel contrasto fosse continuato a esistere.
E così scrisse: “Se l’aristocrazia di nascita viene abbattuta solo per fare posto a quella del censo, temo che il senso morale della gente non avrà da guadagnare molto dal cambiamento. Tutto lascia intendere che i nomi, non i principi, sono cambiati”. Fece esperienza, mentre stava a Parigi, di ciò che aveva previsto nel suo attacco a Burke, cioè che il demone della proprietà è sempre in agguato per violare i sacri diritti dell’uomo.
Nemmeno lavorando così tanto Mary riusciva a dimenticare il suo amore. Fu dopo l’inutile e amara battaglia per riconquistare Imlay che tentò il suicidio. Non ci riuscì, e per recuperare le forze andò in Norvegia per conto di Imlay.
Dal punto di vista fisico si ristabilì, ma la sua anima era ferita e spaventata. Mary e Imlay si rimisero insieme più volte, ma era solo un dilazionare l’inevitabile. Finché non arrivò il colpo finale. Mary scoprì che Imlay aveva altre storie d’amore e che da tempo la ingannava non tanto per desiderio di farle del male, quanto per vigliaccheria.
Allora lei fece il passo più terribile e disperato, si gettò nel Tamigi dopo aver camminato per ore [sotto la pioggia] in modo da inzupparsi i vestiti per essere sicura di annegare. Oh, la contraddizione fatta persona, gridano i critici superficiali. Ma davvero di questo si trattava?
Nel dissidio tra testa e cuore Mary aveva subito una sconfitta. Era troppo orgogliosa e troppo forte per sopravvivere a un tale colpo. Cos’altro era degno di lei se non morire?
Ma il destino che le aveva giocato tanti brutti tiri aveva deciso altrimenti. La restituì alla vita e alla speranza, solo per ucciderla alla prossima mossa.
Lei trovò in Godwin, il primo rappresentante del comunismo anarchico, un compagno dolce e amorevole, non un uomo di natura impetuosa, rude, bensì un tipo tranquillo, maturo, affettuoso: trovò quella serenità che fa l’effetto di una mano fresca sopra una fronte febbricitante. Con lui visse nel rispetto della sua idea di libertà, ognuno per conto proprio, mettendo in comune l’un l’altro quello che potevano.
Mary stava per diventare madre un’altra volta, non sotto tensione e con dolore come la prima volta, ma in piena tranquillità e circondata di attenzioni. Tuttavia così bizzarro è il destino, che Mary doveva pagare con la vita propria la vita della sua bambina, Mary Godwin. Morì il 10 settembre 1797, quando non aveva ancora trentott’anni.
Quando aveva partorito la prima volta, nonostante le circostanze l’avessero messa a dura prova, il puerperio era stato quasi un gioco o, come scrisse alla sorella, “un pretesto per starsene a letto”.
Ora questo periodo pericoloso esigeva la sua vittima. Fanny Imlay riuscì a trovare la morte laddove sua madre era fallita. Si suicidò annegandosi, mentre Mary Wollstonecraft Godwin divenne la moglie del più dolce cantore della libertà, Shelley.

Emma Goldman

Donna e amante

Mary Wollstonecraft, la mente geniale, la coraggiosa paladina del XVIII, XIX e XX secolo, Mary Wollstonecraft, donna e amante, era destinata a soffrire a causa della ricchezza della sua natura. Nonostante tutti i suoi amori, fu sempre sola, poiché ogni spirito grande è destinato a esserlo – senza dubbio, tale è la punizione inflitta ai grandi.
Il suo indomito coraggio in difesa dei diseredati della terra l’ha resa estranea ai suoi tempi e ha creato quel dissidio nel suo essere che è l’unica spiegazione della tragica vicenda con Imlay.
Mary Wollstonecraft puntava alle vette più alte delle possibilità umane. Era troppo acuta e troppo saggia per non vedere la contraddizione tra il mondo degli ideali e il mondo dell’amore che portò alla rottura delle corde della sua complicata, delicata anima.
Forse è stato meglio per lei morire in quel momento particolare. Perché chi ha conosciuto la follia della vita non riesce più ad adattarsi di nuovo a un’esistenza piatta. Noi abbiamo subito una grave perdita, e possiamo metterci il cuore in pace solo pensando a quello che ci ha lasciato, che è tanto. Se Mary Wollstonecraft non avesse scritto una riga, basterebbe la sua vita ad alimentare il nostro pensiero. Ma ha dato entrambe, e perciò ha un posto tra le meraviglie del mondo – una vita così misteriosa, così ricca, così bella nella sua perfetta umanità.

Emma Goldman

* Emma Goldman, Mary Wollstonecraft, la sua tragica vita e la sua lotta appassionata per la libertà (trad. di Giannarosa Vivian, ora in Mary Wollstonecraft, Tempo di rivoluzioni. Sui diritti degli uomini e delle donne, con un discorso di Emma Goldman, traduzioni di Claudia Baldoli e Giannarosa Vivian, cura e introduzione di Giannarosa Vivian, Edizioni Spartaco, Santa Maria Capua Vetere 2004, € 12,00).