rivista anarchica
anno 35 n. 309
giugno 2005


strage di stato

Piazza Fontana ultimo atto
di Luciano Lanza

 

Lo Stato non può condannare se stesso per la strage da lui compiuta.


Non ci sono colpevoli. Così la cassazione ha chiuso la storia giudiziaria della strage del 12 dicembre 1969 alla Banca Nazionale dell’Agricoltura.
E dopo quasi 36 anni di occultamenti e depistaggi era facile poter dire che non ci sono prove sufficienti. Fortunatamente alla verità delle aule di giustizia si contrappone quella sostanziale, quella storica.
È stata una strage di stato.
Avete notato quanti hanno fatto a gara nel deplorare l’assenza di responsabili ora che è finita nel nulla giudiziario la storia della strage di piazza Fontana? Beh, sembrava proprio un sospiro di sollievo: finalmente la questione finisce in un cassetto. Non se ne parlerà più sui giornali, quindi è stata spesa qualche accorata parola. Tanto che cosa costa? Niente, se non il fatto che qualcuno poteva anche stare zitto. È sempre così: quando nessuno ha più nulla da perdere ci si può anche commuovere per le «povere vittime» di quella bomba.

L’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura dopo la strage

I fatti

Il 3 maggio la Cassazione ha confermato la sentenza di assoluzione per Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni. I tre neonazisti che la corte d’assise di Milano aveva condannato all’ergastolo il 30 giugno 2001.
Condanna poi annullata l’anno scorso, 12 maggio, dalla corte d’appello di Milano.
Una sequenza che ricorda un copione già scritto.
Nel 1979, infatti, la corte d’assise di Catanzaro condannò all’ergastolo, sempre per piazza Fontana, i neonazisti Giovanni Ventura, Franco Freda e l’agente dei servizi segreti Guido Giannettini. Mentre assolse, anche se per insufficienza di prove Pietro Valpreda e gli altri anarchici del Circolo 22 marzo.
Ma nel 1981 la Corte d’appello, sempre di Catanzaro, mandò tutti assolti, neonazisti, 007 e anarchici. Con un particolare tutt’altro che irrilevante.
Freda e Ventura vennero condannati a 15 anni per gli attentati del 25 aprile 1969 a Milano alla Stazione centrale e alla Fiera campionaria e per gli attentati su dieci treni nella notte fra l’8 e il 9 agosto sempre di quell’anno. Sentenza curiosa.
Condanna solo per i primi due attentati del trittico che si conclude drammaticamente il 12 dicembre con 16 (poi divenuti 17) morti e 84 feriti (ufficialmente, ma un’altra decina con ferite lievi preferì andarsene senza farsi medicare al pronto soccorso).
Ora la sequenza, l’escalation era chiara, ma i giudici d’appello preferiscono lasciare fuori il fatto più clamoroso.
Sostanzialmente (anche se ci saranno altri strascichi giudiziari, altre sentenze fino al 1991) la faccenda si chiude l’1 agosto 1985 con la conferma della sentenza del 1981.
Bisognerà aspettare il 1995 con l’ordinanza di rinvio a giudizio per una trentina di neonazisti (fra questi i già menzionati Zorzi, Maggi e Rognoni), ex 007 e il capo della P2 Licio Gelli perché la questione piazza Fontana ritorni nelle aule giudiziarie.
Dal 1989, infatti, il magistrato Guido Salvini indagando sull’eversione di destra aveva raccolto nuove prove sul coinvolgimento dei già noti Freda e Ventura con l’aggiunta di personaggi nuovi che portavano a piazza Fontana.
Da lì la sequenza dei tre processi che sono approdati a un altro nulla di fatto.

L'anarchico Pietro Valpreda

Chi ha paura del 12 dicembre?

Fortunatamente, come tutti sappiamo, la verità delle aule di tribunale non corrisponde necessariamente (si potrebbe dire quasi mai) alla verità fattuale, storica. Ci sono dei punti fermi e chiari in tutta questa vicenda. Il 1969 è stato un anno strategicamente importante. All’accrescersi della conflittualità nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro, mentre proseguiva l’agitazione studentesca, si accompagnavano la bellezza di circa 140 attentati, fra piccoli e medi, riusciti e non riusciti. Fra questi ci sono i tre (Stazione centrale e Fiera campionaria, treni e piazza Fontana più l’appendice a Roma: Banca Nazionale del Lavoro e altare al milite ignoto) che connotano quell’anno e fanno esplodere (è proprio il caso di dirlo) la strategia della tensione. Oggi sappiamo con certezza che a indirizzare quella strategia erano i servizi segreti americani preoccupati di un possibile arrivo al governo del Partito Comunista Italiano. Sappiamo con certezza (ci sono i riscontri e perfino le ammissioni) che i servizi segreti americani guidavano gli 007 italiani e che i capi del SID (prima Eugenio Henke, poi Vito Miceli) hanno coordinato gli attentati compiuti dai militanti dell’estrema destra e che Miceli ha «gestito» anche il tentativo di colpo di stato di Junio Valerio Borghese del 7 dicembre 1970. Sappiamo che l’allora presidente del consiglio dei ministri, Mariano Rumor era quantomeno «persona informata dei fatti». E che il ministro dell’interno Franco Restivo non ha certo impedito che alcuni camerati di Borghese, la notte del fallito golpe, siano potuti entrare indisturbati nella sede del suo ministero. Per poi andarsene indisturbati quando vengono informati del «tutti a casa». Sappiamo che le accuse contro politici come Giulio Andreotti (immancabile presenza), Mariano Rumor, Mario Tanassi e Mario Zagari sono state archiviate dalla commissione inquirente del parlamento (come accadeva quasi di regola). Sappiamo che una schiera di magistrati (a partire dai romani Vittorio Occorsio ed Ernesto Cudillo, quelli della prima inchiesta, per arrivare al giudice di cassazione Corrado Carnevale) hanno fatto in modo che non si potesse arrivare all’accertamento dei fatti e delle responsabilità.
Sappiamo tutte queste cose (e tante altre ancora), ma sappiamo anche che la verità su piazza Fontana (incredibile, ma vero) fa ancora paura a chi comanda. Dopo quasi 36 anni vogliono lasciare questa pagina così tragicamente importante nello spazio dell’irrisolto. Perché come è stato ripetuto migliaia di volte da anarchici e non: lo stato non può condannare se stesso per una strage che ha compiuto.

Luciano Lanza

Lo Stato che uccide, lo Stato che assolve

La sentenza della seconda sezione penale della Cassazione che ha confermato l’assoluzione dei tre fascisti per la strage di Piazza Fontana a Milano chiude definitivamente il sipario su una ignobile vicenda giudiziaria che conferma, se mai ve ne fosse bisogno, la natura criminale e assassina dello Stato italiano, delle sue istituzioni, dei suoi apparati e dei suoi tribunali.
Nessun colpevole dopo trentasei anni di processi: questa è la solida certezza con la quale la Repubblica Italiana torna a calpestare e offendere le coscienze e la dignità dei familiari delle vittime che il 12 dicembre 1969 furono dilaniate dalla bomba piazzata dai fascisti per conto dello Stato.
Tutta gente innocente che per trentasei anni non ha mai smesso di essere massacrata dai tentativi di insabbiamento, dalle coperture, dai privilegi, dall’impunità.
L’infame accusa con la quale lo Stato volle attaccare il movimento anarchico incolpandolo della strage fu il primo di una lunga serie di depistaggi volti a screditare ed eliminare un’opposizione sociale che negli anarchici trovava gli interpreti più radicali e più coerenti.
Fu così che con un’altra sentenza infame si volle archiviare l’assassinio del compagno anarchico Giuseppe Pinelli scaraventato giù dalla finestra della questura di Milano.
E di anno in anno, quando ormai la Storia aveva dato ragione a chi – come noi – aveva affermato sin dal primo momento che quella strage era una strage di Stato, i processi su piazza Fontana continuavano a trascinarsi stancamente senza alcuna speranza che potesse saltare fuori la verità.
Lo dicevamo allora e lo ribadiamo oggi: lo Stato non condanna se stesso.
Il nostro profondo disprezzo per la giustizia di classe e per i suoi tribunali ci ha sempre aiutati a elaborare la rabbia per i crimini perpetrati dal terrorismo dello Stato.
“Gli anarchici non archiviano”. Se lo ricordino tutti: giudici, polizia e fascisti.
È nel rispetto dei morti e nell’amore per i vivi che continueremo a tenere accesa la luce su uno dei capitoli più bui della tetra e mortifera storia dell’Italia repubblicana.
Queste sentenze non riusciranno a fermare le nostre lotte per la costruzione di una società che sappia sbarazzarsi dello Stato, delle sue bombe, della sua miseria, della sua ingiustizia.

Federazione Anarchica Italiana – Palermo
Nucleo “Giustizia e Libertà” della Federazione Anarchica Siciliana
Federazione dei Comunisti Anarchici – Sezione di Palermo