Diamo a Cesare quel che è di Cesare: la rivista anarchica “A”, di cui appunto mi occupo dalla preistoria, cioè dal 1971 (quando è nata), in realtà ha preso un po' il posto in qualche maniera di “Volontà”, prima che “Volontà” chiudesse, in tempi diversi e ruoli diversi. Ma forse non è un caso che la collaborazione di Luce con “Volontà”, che con tanto acume ha appena analizzato Lorenzo, si sia spostata in forme diverse sulla rivista “A”.
Ma – dicevo – diamo a Cesare quel che è di Cesare, e io trovo giusto ricordare che è grazie a tre compagni, tutti e tre qui presenti, Gianpiero Landi, Cristina Valenti e Massimo Ortalli, se Luce si è espressa sulla rivista. Questo è certo avvenuto nell'ambito di un rapporto che si è stabilito anche con me quando è venuta a Milano, chiacchierate lunghe, ecc. Se un rimpianto ho, personalmente, e senza nessun culto della personalità, è esattamente nella linea di quello che sottolineava prima Lorenzo rispetto al gruppo milanese di cui io allora, giovane, giovanissimo, facevo parte, che nello scoprire, o forse riscoprire, il tema della tecnoburocrazia non dette a Luce quello che era di Luce (e invece lo dette ad altri).
In realtà quello che penso è che se anch'io allora avessi colto, e negli anni successivi soprattutto, mentre gli anni passavano e la maturità cresceva, se avessi colto allora l'importanza di Luce, mi sarei dato molto più da fare, e prima, per cercare di averla come collaboratrice.
In effetti io sono pienamente d'accordo con Lorenzo, sono convinto che Luce sia una persona assolutamente eccezionale, anche nella storia del movimento anarchico.
Luce Fabbri
Oltre Malatesta,
oltre Luce
Tante considerazioni: sul piano umano parlare con lei voleva dire avere davanti l'intera storia del movimento anarchico, perché lei era nata nel 1908, ma era figlia, e in quale modo, di Luigi Fabbri e aveva giocato da piccola al meccano con Malatesta. E aveva respirato quest'aria anarchica fin da bambina. Questi erano dati esistenziali, dati biografici. Ma soprattutto Luce aveva saputo filtrare, col cuore e col cervello, aveva saputo distillare il meglio dell'anarchismo.
Non basta essere figli di Luigi Fabbri, non basta essere stata a cinque anni sulle ginocchia di Malatesta, è già un bel privilegio. Ma Luce è andata ben oltre, Luce non è solo la figlia di Luigi Fabbri, è anche la figlia di Luigi Fabbri. Ma Luce è Luce Fabbri.
È andata, e questa è già una prima grossa lezione che ci ha dato, lei è andata, a mio avviso personale, oltre Malatesta, è andata oltre Luigi Fabbri, e ci ha insegnato che noi dobbiamo andare oltre Luce Fabbri. Ci ha insegnato una continuità di pensiero saldamente radicata nell'anarchismo che in Luce non viene mai messo in discussione.
Ma l'anarchismo per lei non è mai un dogma, non è un principio religioso: e questo lo si vede, grande differenza rispetto ad altri anarchici, anche bravi, anche interessanti, proprio dal suo rapporto con gli altri, con gli altri filoni di pensiero, con le altre forze politiche.
In Luce c'è, se vogliamo usare delle parole grosse, che forse aiutano a capire, c'è di sicuro l'orgoglio dell'essere anarchici, ma non c'è la spocchia, che invece tante volte c'è fra gli anarchici, la convinzione che noi abbiamo la verità in tasca, il ripetere gli slogan.
Noi adesso, in questo convegno, parlando di Luce e di Luigi Fabbri, chiaramente abbiamo parlato della parte diciamo migliore, che io personalmente definisco migliore, del movimento anarchico. Noi sappiamo bene che nell'anarchismo, piccolo movimento, convivono tante anime, tante posizioni, tante polemiche.
Luce è stata anche un esempio, forse favorita dal distacco uruguaiano, forse, però in realtà il “distacco uruguaiano” è solo un distacco rispetto all'Italia. Ma Luce è militante anarchica in Uruguay, partecipa ai dibattiti, alle discussioni, penso solo a quella così importante, ancor più importante che da noi, così importante in Sud America sul castrismo. Luce è, voglio dire, lontana da Roma, da Fabriano e da Milano, ma forse un po' più vicina a Cuba, più vicina ai problemi dell'America Latina.
E Luce è tutta dentro a questa dimensione anarchica, militante, ma senza un atteggiamento di superiorità che in realtà spesso poi è la scusa per non approfondire le cose. Lorenzo Pezzica ci ha parlato prima dell'attenzione di Luce a studiosi a pensatori di altri filoni di pensiero.
E anche rispetto ai sacri principi dell'anarchismo, in Luce c'è, almeno io personalmente ho ritrovato, un'adesione sempre con una riflessione rinnovata, niente viene dato per scontato e questa è una cosa, a mio avviso, molto importante.
Una piccola considerazione, che val la pena fare, è che Luce è una donna e anche in un movimento, come quello anarchico, libero, libertario, più avanti di tutti in tutto, in realtà sappiamo che il ruolo della donna ha faticato a farsi spazio. Guardiamo le foto dei gruppi anarchici degli anni Cinquanta e Sessanta, guardiamo anche l'oggi: uomini, uomini, uomini, qualche compagna, poche eccezioni, Giovanna Caleffi Berneri, una donna, una persona importante, anche lei forse non valutata sufficientemente, né in vita, né dopo, secondo me. Come Luce e come poche altre.
È vero che lei era la figlia di Luigi Fabbri, ma questo poteva essere, era certamente un vantaggio in termini esistenziali, ma poteva anche essere un aspetto negativo. Luce è andata oltre e si è proposta come una persona con una sua personalità. Se si legge il suo libro, quel bellissimo libro, la biografia del padre, ci sarebbe da fare una relazione, io non sarei assolutamente in grado, ma varrebbe la pena di riflettere solo sul rapporto, su questa bellissima storia di un rapporto fra un padre e una figlia.
È bellissima. È bellissima perché non c'è sudditanza da parte di Luce e c'è quindi un rapporto veramente invidiabile. Invidiabile è un termine che io personalmente ho usato quando è morta Luce e scrissi sulla rivista “A” un pezzetto e mi ricordo che dissi che non riuscivo ad essere triste, poi ognuno ha il rapporto che vuole con la morte voglio dire, ma rispetto alla scomparsa di Luce mi sembrava che questa donna avesse avuto una vita così piena, certo piena anche di sofferenze, piena di dolori, insomma una vita di novanta e passa anni quindi non può essere una vira facile, e poi l'esilio e tutto quel che sappiamo.
Però talmente ricca in termini intellettuali e contemporaneamente in termini affettivi che, certo mi dispiaceva pensare che da quel momento non ci sarebbe stata più, ma aveva dato talmente tanto e aveva vissuto talmente tanto, che mi aveva dato umanamente l'impressione di essere cosciente di questa ricchezza della sua vita, che non riuscivo a provare tristezza ma invece, non dico gioia perché è un termine stupido in questo caso, ma la coscienza che veramente era una persona che aveva segnato di sé, anche se non sufficientemente apprezzata, la cultura, la cultura dell'anarchismo, ma anche la Cultura quella con la “C” maiuscola che non è dell'anarchismo, né del non-anarchismo, ma è un patrimonio generale dell'umanità.
Luigi Fabbri
Una concezione
alta
Ciò che a me interessa qui sottolineare è, oltre la sua ricca umanità, la capacità critica, il pensiero, ecc.: il fatto che Luce abbia saputo porsi come un punto di equilibrio alto in un movimento come quello anarchico, che fatica spesso a trovare questo punto di equilibrio. Un punto di equilibrio alto, riconosciuto quasi universalmente all'interno del nostro ambiente è quello raggiunto da Malatesta, e non è solo un aspetto etico, ma anche sugli aspetti politici. I soliti vecchi, ma radicati dibattiti fra gli anarchici, fra individualismo e organizzazione, fra violenza e non-violenza, mezzi-fini, fra sindacalismo, modalità del sindacalismo, ecc. Rispetto a questi temi Luce ha detto delle cose assolutamente sensate con cui uno può essere più o meno d'accordo. Ma quello che mi interessa è la metodologia del suo intervento e la serenità del suo modo di porsi di fronte alle cose.
Mi ricordo le discussioni sulla partecipazione degli anarchici al governo durante l'esperienza spagnola, si poteva essere d'accordo o meno con lei, ma il suo modo, sempre col cervello e col cuore, con l'equilibrio, con il rispetto, con la coscienza che altro era discutere come facevamo noi seduti su una poltrona, o forse anche su una sedia a Montevideo ed altro era esserci, senza per altro ritenere che solo per il fatto che gli altri fossero stati allora nel cuore della lotta avevano ragione. Difficili equilibri…chi conosce un po' la storia, i dibattiti fra gli anarchici, capisce che cosa intendo.
Un movimento come il nostro che ha spesso perso tempo, energie e ha sofferto per questa mancanza di equilibrio, penso solo ad alcune drammatiche vicende del movimento anarchico argentino, che tanto angustiarono il padre Luigi, Luce e tutti gli anarchici di buonsenso. Momenti proprio di scontro, anche violento, fra compagni, rispetto al quale era difficile prendere posizioni, dire parole sensate. Ma dai Fabbri, in questo caso Luigi e poi Luce, vennero parole di buonsenso e l'indicazione di un metodo.
Quello che voglio dire è che Luce Fabbri è una di quelle persone della quale andare veramente fieri.
Mi ricordo una notte, per caso io spesso sento la radio, sarà stata una decina d'anni fa, una quindicina d'anni fa, a mezzanotte, a Rai Uno, sentii per caso un'intervista a Luce Fabbri che veniva intervistata sugli italiani che onoravano l'Italia all'estero. Quindi a Montevideo intervista a Luce Fabbri. Era una cosa che sentii casualmente, una trasmissione assolutamente alta, Luce Fabbri non fece propaganda anarchica, citò solo una volta il fatto dell'anarchismo, parlò di Machiavelli, parlò di altre cose, ecc.
Era veramente una persona assolutamente spendibile nei rapporti con gli altri: mai autoreferenziale, mai chiusa nel mondo degli anarchici. Quindi la riflessione di Luce è una riflessione che ci interessa come anarchici, ma vorrei dire che quasi sempre è aperta anche all'interesse degli altri. E se ci pensiamo bene, ci sono altri anarchici e anarchiche che hanno svolto questo tipo di riflessione, ma non tanti.
Spesso i nostri dibattiti, e qui mi rivolgo proprio direttamente ai compagni, ai militanti anarchici, hanno un sapore di déjà vu e di una cosa tutto sommato interna al movimento. Luce aveva proprio questa alta concezione del movimento che era tale proprio perché il movimento anarchico, specifico, la “militancia anarquista” era vista in un contesto più generale. In Luce, Machiavelli e Malatesta erano parte della stessa cultura. Adesso ho citato Machiavelli come un esempio della cultura, della tradizione culturale italiana, ma anche internazionale.
In questo senso il discorso delle fonti è fondamentale: Luce è una persona con una grande apertura mentale, una persona che sa che per cambiare il mondo, per costruire una prospettiva diversa, l'anarchismo è fondamentale, originale e unico, ma non è sufficiente.
L'anarchismo ha senso in relazione con gli altri filoni di pensiero. Questo almeno è quello che io ho capito personalmente dalle chiacchierate con Luce.
Vorrei fare un'altra considerazione, senza nessun mito del giovanilismo. Io ho conosciuto Luce che aveva circa settant'anni, era vecchia, una vecchiettina, sembrava una vecchia maestra elementare più che un'insegnante universitaria, nel mio ricordo. E nel ricordo mio personale, affettivo, la lego fisicamente, diverse le altezze, ma stessa, la tipologia del personaggio, a Emma Neri Garavini; bellissima figura, anch'essa citata stamattina, del movimento anarchico di lingua italiana. E Luce aveva dietro di sé, dentro di sé, centotrenta, centoquarant'anni di storia dell'anarchismo distillata, ma era giovane, era aperta.
A volte qualcuno di noi ha un pezzo di carta che gli ricorda qualcosa nella vita, io ho passato un'ora alla Mostra del motociclo per aver la firma del motociclista Max Biaggi per mio figlio – allora bambino – che era entusiasta. Io invece ho un altro pezzettino di carta, ho una email che mi ha mandato Luce e mi diceva “Caro Paolo” – non credo l'abbia fatto per scelta, credo sia stata una casualità – “questa è la prima email che mando”.
In genere i vecchi hanno un atteggiamento, anche comprensibile, ce l'ho anch'io che inizio ad entrare nella fascia d'età “si stava meglio quando si stava peggio”…, e c'è una certa chiusura, l'SMS, il telefonino, c'è questo atteggiamento… Luce Fabbri, di fronte all'email, impara, vuole imparare e comincia ad usare l'email. Nessuna, ripeto nessuna cosa mitica, però è importante, è il segno d'apertura, è il corrispettivo in un certo campo della sua apertura mentale generale. E questa è un'altra lezione importante, riuscire ad invecchiare, sul piano personale, senza legarsi alle proprie esperienze passate.
Non pochi vecchi compagni, anche quelli che io ho amato tanto, ecc… che mi hanno formato e che hanno formato la nostra generazione del Sessantotto, erano un po' “due palle”, erano un po' “la Spagna, la Resistenza”, e a volte un po' fissi in questo. Ne avevano tutte le ragioni esistenziali, certo, ma…
Luce no. Luce, e pochi altri, no. Non era un reduce. Non ti faceva pesare quella sua esperienza che ti trasmetteva e ti stava a sentire. Io me la voglio immaginare, inventandomi la situazione, parlare con un punk e cercare di capire le sue ragioni, perché così io ricordo Luce Fabbri. Come una persona aperta.
Montevideo, estate 1997 - Luce Fabbri con Misato Toda, anarchica giapponese
Da Tokyo
a Montevideo
Vorrei aprire una parentesi che non centra assolutamente niente, che qui però poi forse centra. C'è una persona che non è qui presente, e che avrebbe voluto esser presente.
In questi due giorni noi abbiamo parlato molto di Italia, Francia, Argentina, Uruguay. Bene: questa persona è invece una giapponese e si chiama Misato Toda. Datemi un minuto per quelli che non lo sanno per spiegare chi è.
Sessantasei, sessantasette anni, giapponese, ora in pensione, ma prima docente all'Università delle Donne di Tokyo, anarchica e buddista zen. Questa persona trent'anni fa, aveva trentacinque anni così, aveva simpatie per gli anarchici, passeggia in un giardino pubblico di Tokyo e vede un opuscoletto in giapponese di Malatesta, lo legge e dice “Questo uomo è eccezionale”, lei non sapeva neanche che fosse morto, dice “Io devo conoscerlo”. A questo punto questa donna, mia carissima amica e persona a mio avviso eccezionale, decide di studiare l'italiano, perché Malatesta è italiano, lei è giapponese e dice “Ma avrà scritto qualcos'altro intanto cerco di informarmi…” e studia, studia Malatesta.
Questa donna che non è stata a cinque anni sulle ginocchia di Malatesta come Luce Fabbri, sta in Giappone. Studia l'italiano, viene a Milano nel 1976 quando a Venezia c'è il Convegno internazionale su Bakunin, viene in Italia, prende contatti con me, con Pier Carlo Masini, con questo, con quell'altro, si stabilisce per dei periodi in Italia e con l'Università degli Studi Orientali di Napoli pubblica anche un libro, in italiano, su una fase giovanile di Malatesta. Spesso è a casa mia. Ad un certo punto le parlo di Luce Fabbri e lei, diciamo, si illumina e dice “Io devo andarla a trovare”. E a questo punto si organizza, contatta Luce Fabbri per posta e va a Montevideo… “Io devo conoscerla prima che scompaia” visto che già allora aveva una discreta età. E nasce una grande amicizia fra le due. Fra questa anarchica giapponese, buddista zen, che ripeto ha conosciuto Malatesta leggendo un opuscoletto nei giardinetti, e quest'altra che era la “nipote” di Malatesta, ecc.
Potenzialità inalterate
Ho raccontato questo semplicemente per dire due cose: primo, se una donna come Luce è riuscita ad entusiasmare una mia amica come Misato, di cui vi ho dato questi brevi tratti biografici, ma che vi danno certamente la particolarità, se non l'eccezionalità di un percorso umano, vuol dire che Luce sapeva veramente trasmettere, aldilà di quello che aveva vissuto, aldilà del termine “tecnoburocrazia”, aldilà di quello che aveva scritto, sapeva veramente influenzare le altre persone.
Seconda considerazione è, per cui ho citato questa breve storia (me l'ero segnata) è perché Misato, l'ho sentita tre, quattro settimane fa, non sapeva niente di questo convegno, appena l'ha saputo mi ha mandato una mail dicendo “ma io sono iscritta negli stessi giorni ad un convegno qui in Giappone, d'altra parte mi sono già iscritta, ho pagato, ma rinuncio a tutto, prenotami la pensione perché vengo”. Purtroppo ha avuto un'emiparesi sul lato sinistro, è attualmente ricoverata in ospedale, ma sta meglio. Poi le manderò, credo in maniera non abusiva, a nome del convegno due righe di saluto perché questo so che farebbe piacere anche a Luce Fabbri.
Avrei altre cose da dire, ma ci tengo a restare nel tempo assegnatoci.
Spogliandomi dei panni ufficiali del “relatore” e vestendo quelli del “compagno tra il pubblico”, un po' anticipando il dibattito che spero ci sarà, voglio solo esprimere il mio dissenso da una cosa sostenuta dal mio caro amico Lorenzo Pezzica, e cioè che con la Spagna si chiuda definitivamente la fase “rivoluzionaria” dell'anarchismo. Avremo occasione di riparlarne. Ma resto convinto del fatto che anche in un mondo così diverso da quello in cui nacque e si sviluppò l'anarchismo, quest'ultimo mantenga sostanzialmente inalterate le proprie potenzialità di trasformazione della società.
Grazie.