rivista anarchica
anno 36 n. 319
estate 2006


Colombia

Colombia

Desplazados e
tortura psicologica

testo e foto di Paolo Poce

Le fotografie di Abu Ghraib, o le notizie che arrivano dal carcere di Guantanamo, hanno reso ancora più evidente ciò che da sempre ogni tipo di guerra porta con sè. Conseguenze che creano a volte più danni del conflitto stesso, poiché minano nel profondo la dignità fisica e psichica del popolo che le subisce.
Esiste un altro tipo di tortura, meno gridata, meno evidente, ma forse più atroce e violenta della prima, perché più subdola, e perché colpisce principalmente bambini e adolescenti: è la tortura cosiddetta psicologica, che trova da qualche anno definizione anche all'Ufficio contro la tortura delle Nazioni Unite, che ha integrato nel 1989 la precedente definizione con quella attuale: “…tutte le azioni con le quali si infliggono intenzionalmente a un individuo sofferenze gravi, siano esse fisiche o psicologiche”.
Queste immagini sono il frutto di una collaborazione con l'equipe colombiana di
Terres des hommes Italia, un mese tra le favelas di Bogotà e il centro di attenzione psicosociale. Emerge chiaramente l'importanza di un luogo non contaminato dalla paura della guerra, dove i bambini giocano, studiano, entrano in relazione fra loro e recuperano il rapporto con la propria famiglia. Dinamiche quasi impossibili al di fuori di questo contesto, che resta faticosamente protetto dalle barbarie politiche ed economiche sovrastrutturali ma che investono, come sempre, le persone più vulnerabili.
Terres des hommes Italia finanzia da tre anni, con il contributo della comunità europea, un progetto in appoggio alle vittime di questa aberrazione. In Colombia, paese di cui in Europa si conosce poco o niente. Da 40 anni esiste una vera e propria guerra che attraversa tutto lo stato, FARC (Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane), ELN (Esercito di Liberazione Nazionale) da un lato, e AUC (Autodefensa Unida de Colombia, paramilitari), esercito e polizia dall'altro, in mezzo il gravissimo problema del narcotraffico, di un tasso di corruzione altissimo e di una popolazione molto eterogenea.
Centro di attenzione psicosociale questo il nome del centro, che si trova a Bogotà. Un'equipe di professionisti come psicologi, sociologi, medici e psicoterapeuti assistono e sostengono famiglie intere di desplazados (sfollati), prime vittime di questa situazione.
Ragionano quotidianamente sul concetto psicologico della tortura che definiscono

“…come un atto violento teorizzato e sperimentato, che fa parte della dinamica sociopolitica – la guerra – che vive il paese.
È la distruzione sistematica della persona e della famiglia, crea una cultura del silenzio, una sovrastruttura di terrore, di oppressione, una cultura anti-partecipativa di isolamento, passività e rassegnazione portando l'individuo ad essere oggetto e non soggetto della propria storia. Lo scopo della tortura è di tenere sotto controllo una popolazione, o un gruppo di persone considerate pericolose, con l'obiettivo di mantenere uno status quo di privilegio sociale, economico, etnico, religioso, razziale o di genere...”.