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Manifesto della FAI a sostegno della rivoluzione
ungherese pubblicato nella quarta pagina
di “Umanità Nova” del 4 novembre 1956 |
“Nel 1917 gridammo: non toccate la Russia niente dittatura viva i soviet – Oggi: viva la Rivoluzione ungherese, abbasso chi la diffama e chi l’esalta per losche manovre” così titolava il settimanale anarchico “Umanità Nova” del 4 novembre 1956. Titolo ancora attuale perché, se è vero che oggi più nessuno (o quasi) diffama la rivoluzione ungherese, esiste tuttavia ancora chi, a cinquant’anni di distanza, continua ad esaltarla per “losche manovre”.
È di questi giorni, infatti (22 giugno), la visita di Bush in Ungheria in vista delle celebrazioni ufficiali, programmate per il prossimo autunno, degli eventi del 1956. I carri armati per le vie di Bagdad non hanno molto di diverso, se non per effetto di mera dialettica, da quelli che cinquant’anni fa percorrevano le strade di Budapest, mentre l’“esportazione” della democrazia non è molto diversa dall’esportazione del comunismo sovietico attuato dalla cricca di Krusciov, con l’appoggio di Kádár e soci, in quel lontano autunno ungherese.
La rivoluzione ungherese è stata l’ultima grande rivoluzione europea del ventesimo secolo, se si eccettua quella portoghese del 1975 (che, per la preminenza delle forze militari al suo interno, ha avuto più la connotazione del colpo di stato che della rivoluzione vera e propria), rivoluzione operaia e popolare, fortemente caratterizzata in senso antimperialista (anche l’URSS è stata una potenza imperialista con buona pace dei suoi estimatori passati e nostalgicamente presenti) e tendenzialmente libertaria come accade nella prima fase di ogni rivoluzione. Il proletariato magiaro era sicuramente antisovietico, ma questo non vuol dire che fosse in favore delle democrazie occidentali né tantomeno della reazione di destra come il Partito lasciò intendere in più di un’occasione.
Quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario di quei tragici fatti e noi vogliamo qui ricordare, come abbiamo fatto per la Spagna del 1936, quegli eventi che nella coscienza di ogni uomo libero, a qualsiasi tendenza egli appartenga, dovrebbero ricordare l’aspra lotta senza quartiere che sempre ci sarà tra chi è portatore di ideali di libertà e chi questi ideali vuole soffocare e distruggere.