rivista anarchica
anno 37 n. 324
marzo 2007


formazione

Disobbedienza quotidiana. Che fare?
del Collettivo di formazione “Abra”

 

La disobbedienza vista come valore positivo, atteggiamento critico e strumento di trasformazione.

 

Atteggiamente critico nei confronti di ogni sistema normativo

Non sarebbe affatto una novità limitare la nostra scommessa sulla Disobbedienza solo alla possibilità di disobbedire a norme concrete che riteniamo ingiuste. Anche chi vuole imporci il rispetto della sua legge quando questa lo riguarda in prima persona disobbedisce: militari golpisti, politici corrotti, impresari che eludono ogni norma di sicurezza sul lavoro... Se parliamo di Disobbedienza la dobbiamo intendere come:

Un valore positivo da incoraggiare e integrare al nostro comportamento quotidiano. Accettare che possiamo disobbedire ad ogni obbligo ci responsabilizza in quello che facciamo o che smettiamo di fare, sia che lo rispettiamo, sia che ci ribelliamo. Solo dopo aver recuperato la nostra capacità a disobbedire possiamo aspirare all’Autogestione.

Un atteggiamento critico costante nei confronti di ogni sistema normativo (e non solo nei confronti di quelle norme che ci riguardano in prima persona) analizzando chi ha deciso la norma, com’è stata elaborata, per cosa è stata fatta, in quale contesto si inserisce, come viene applicata, che conseguenze ha avuto e quali valori incoraggia o annulla. Le norme non sono fatte per essere obbedite ma per essere continuamente riviste e per comprovare se realmente facilitano o meno la convivenza.

Uno strumento di trasformazione per evitare, per sopprimere o per trasformare dette norme attraverso la Non Collaborazione, l’Azione Diretta, la Disobbedienza...
Le norme, siano esse scritte o no, servono al funzionamento e alla convivenza di ogni gruppo umano, gerarchico o non gerarchico. Ma per sapere se il loro contenuto e la loro elaborazione ci convince o meno, se decidiamo di accettarle o piuttosto di disubbidirle, abbiamo sempre bisogno di metterle in discussione (siano esse leggi governative, abitudini sociali o le stesse norme del nostro collettivo...)

Sarebbe ingenuo, assurdo e sbagliato considerare la Disobbedienza la rivendicazione di un diritto legalmente riconosciuto, ma crediamo che sia nostro compito recuperare la capacità di disobbedienza individuale e collettiva come un diritto civile essenziale che garantisce altri diritti sociali.
Incoraggiare la Formazione alla Disobbedienza vuol dire dare concretezza al desiderio di rafforzare la nostra responsabilità, l’implicazione sociale, il senso critico, la capacità di reazione...
Il problema è che considerare ingiusta una norma ci spinge a desiderare di cambiarla, ma non necessariamente a provare a cambiarla né, soprattutto, a non rispettarla.
Troppe paure, insicurezze e ignoranza ci fanno apparire difficile la disobbedienza.

Creare le giuste condizioni per la disobbedienza

Se la mettiamo in relazione con la paura e con la sfiducia è assolutamente ragionevole non fare ricorso alla Disobbedienza, ma è nostro compito analizzare questi timori e questi freni per iniziare a creare da subito le condizioni idonee per potergli fare fronte.
Si assumono i rischi della Disobbedienza solo quando crediamo che ne possa valere la pena.
Le paure che dobbiamo cercare di superare o di neutralizzare di fronte ad ogni campagna o pratica disobbediente sono fondamentalmente tre:

Paura della Repressione. Dobbiamo avere ben chiara una cosa: ogni pratica che vuole essere attivamente protagonista dei reali processi di cambiamento (e non solo rivendicarli) implica sicuramente dei rischi. L’azione disobbediente cerca di utilizzare in suo favore la possibile repressione del potere: se non viene esercitata la repressione questo significa aver vinto uno spazio, se viene esercitata la si sfrutta in tutto il suo potenziale come un megafono di denuncia e come generatore di solidarietà. La Disobbedienza vuole includere la possibile repressione subita come parte della strategia sfruttandola politicamente. Per questo è fondamentale (e non solo conveniente) sviluppare il suo potere di demagogia sociale, ossia:

  • Conquistare la simpatia della gente: Messaggi chiari, accattivanti, positivi (vicini ai bisogni della gente) e Forme d’Azione possibili e ben viste (Senso dello humor, Originalità, Nonviolenza...) sono il nostro bigliettino da visita, l’immagine con cui ci verranno aperte o chiuse le porte.
    Non dobbiamo dimenticare che arriva prima il modo in cui facciamo le cose e solo dopo i messaggi che desideriamo trasmettere; una volta conquistata “la simpatia” della gente potremo esprimere molto più facilmente il nostro discorso radicale guadagnando maggiore ricettività sociale.
  • Mostrare Coerenza e Trasparenza. Agire alla luce del sole, rivendicare quello che facciamo, coscienti di quanto ci può succedere e che non abbiamo nulla da nascondere. Non agiamo per scontrarci o per nasconderci dal potere ma per trasformare la nostra quotidianità e per farci conoscere dalla gente, obiettivo della nostra lotta.
  • Desideriamo Utilità ed Efficacia. Non programmiamo delle belle idee impossibili da realizzare, anzi, tutto al contrario. L’Azione Diretta (molto più in là di un’azione simbolica e meramente rivendicativa) ci permette fin da subito di divertirci e di conquistare diritti o di migliorare la qualità della vita. Divertirci con la nostra stessa pratica è la nostra migliore forma di propaganda.

Se facciamo affidamento su uno scarso sostegno sociale. La sensazione di essere quattro gatti ci dissuade dall’impegnarci seriamente, perchè penseremmo che “non ne vale la pena, sono sforzi inutili”.
Questo necessario cuscinetto sociale ce lo dobbiamo creare fin da prima di iniziare la nostra disobbedienza (ma va bene anche durante e dopo): informando gli altri collettivi sociali sui “perché” e i “per cosa” della nostra disobbedienza e incoraggiando il loro possibile coinvolgimento (firme di comunicati d’appoggio, autodenunce…); cercando persone incaricate di diffondere informazioni in luoghi strategici (centri di lavoro e di insegnamento, bar...); utilizzando le nostre stesse vie di comunicazione (stampa alternativa o dei collettivi, mailing list, reti telefoniche, giornali, murales).

Paura di assumere un grado di coinvolgimento personale molto alto. Qui c’è posto per tutti/e. Prevedere diversi livelli di coinvolgimento che permettano ogni tipo di collaborazione, come la produzione di cartelloni, la distribuzione di informazioni o una partecipazione attiva nelle Azioni Dirette, di Non Collaborazione e di Disobbedienza. Questi diversi livelli di partecipazione non solo fanno in modo che ognuno s’impegni in base alle proprie possibilità, ma sono anche tra loro complementari e impediscono che qualcuno diventi più importante degli altri, dato che difficilmente ci si assumerà il livello della disobbedienza se non si può fare affidamento e contare sull’appoggio degli altri livelli di coinvolgimento meno impegnati.
Questi livelli di coinvolgimento sono graduali, cosa che renderà più facile il passaggio da uno all’altro, e in ognuno di questi bisogna prevedere una formazione con laboratori e una specifica preparazione (a tenere conferenze o a parlare con la stampa, a difendersi di fronte alla repressione, a realizzare Azioni Dirette Nonviolente...), delle valutazioni collettive, dei dibattiti...

Ok, ma a cosa possiamo disobbedire?

Questa è una domanda tranello. La Disobbedienza non è il fine, ma il mezzo. La necessità di imparare a disobbedire non implica l’obbligo a farlo. Disobbediamo quando ci spinge il bisogno e quando pensiamo di avere la forza necessaria per farlo.
Ci sono molteplici esperienze di pratiche disobbedienti che implicano Disobbedienza ad obblighi imposti, Non Collaborazione con azioni che riteniamo ingiuste o semplicemente Azioni Dirette di denuncia: campagne di insubordinazione; okkupazione di alloggi, salire senza biglietto sui mezzi pubblici rivendicandone la natura gratuita; obiezione fiscale a pagare determinate tasse (destinate alla guerra, alla chiesa, per protestare per misure politiche o ecologiche...); autodenunce di massa; realizzare alla luce del sole delle azioni proibite; boicottare pubblicamente determinati prodotti, servizi o consumi (Nestlé, Coca Cola, centri commerciali, cibo spazzatura, determinate aziende petrolifere...); sit-in, blocchi di protesta e tutto quello che ci può venire in mente per portare avanti la cosiddetta Guerriglia della Comunicazione.
In questo senso intendiamo la Disobbedienza come una risorsa “trasversale” ad ogni nostra iniziativa. Abbiamo bisogno di imparare la Disobbedienza per poterne fare uso quando è più opportuno.
Per questo pensiamo che i passi da compiere per approfondire questo processo potrebbero essere:

  • Formazione e Dibattito. Laboratori e incontri in cui non si discutano solo le idee ma in cui si affrontino le paure, la sfiducia, le insicurezze... per poterle superare. L’AA-MOC e altri collettivi stanno da tempo portando avanti questo tipo di preparazione.
  • Integrare la pratica disobbediente con le iniziative che portiamo avanti: Prima di iniziare a intraprendere nuove strade possiamo analizzare come poter integrare la disobbedienza con le iniziative che stiamo portando avanti, poco a poco, dove ci sentiamo più sicuri, analizzando i risultati ottenuti.
  • Coordinamento con i collettivi affini per promuovere insieme campagne di Disobbedienza: Se intraprendiamo questo lavoro insieme diminuirebbero molti dei problemi e degli inconvenienti che ci frenano dal disobbedire. Si sta già iniziando questo processo in tutto quello che riguarda le vie di formazione e lo scambio delle analisi. Sarebbe interessante iniziare a pensare di pianificare campagne congiunte o la complementarietà delle stesse basate sul Mutuo Appoggio, ragion per cui sarebbe necessario partire da quei collettivi con cui ci sentiamo più affini.
Vi raccomandiamo alcune interessanti pagine web: www.antimilitaristas.org (Alternativa Antimilitarista MOC); www.nodo50.org/tortuga (Gruppo Antimilitarista Tortuga), www.nodo50.org/moc-carabanchel (Gruppo Antimilitarista di Carabanchel).

Collettivo di formazione “Abra”
colectivo.abra@wanadoo.es

traduzione dal castigliano di Arianna Fiore