Se andate in edicola e pronunciate la prima lettera dell’alfabeto, non vi danno questa rivista (anche perché, a parte in qualcuna qua e là, la nostra rivista non si trova in edicola). Vi danno “Anna”, un settimanale femminile della RCS, il gruppo Rizzoli-Corriere della Sera.
Nell’ambito di un più generale restyling, da un anno quella rivista ha cambiato look, puntando (tra l’altro) su di una grande A in copertina. La scritta “Anna” compare ancora sotto la grande A, ma è scritta molto in piccolo, quasi invisibile. Tutta la campagna pubblicitaria che ha accompagnato il rilancio della testata Anna è stata incentrata su quella che di fatto è la sua nuova denominazione – A, appunto.
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Il primo numero della nostra rivista (febbraio 1971) e il primo numero di Anna dopo il restyling |
Orgogliosi. La cosa ci è parsa fastidiosa. Leggere che su “A” c’è un’intervista con Tronchetti-Provera o le novità dell’abbigliamento donna per l’estate è (per noi) curioso e appunto un po’ irritante. Siamo registrati infatti presso il Tribunale di Milano dal febbraio 1971 come “A” e siamo orgogliosi di essere la prima pubblicazione periodica in Italia (prima in ordine alfabetico, s’intende).
Per questa ragione più che volentieri abbiamo pubblicato l’anno scorso un polemico intervento (Un’altra “A” è possibile?, “A” 319, estate 2006) del nostro collaboratore Fulvio Abbate, giornalista (“l’Unità”, “Il Foglio”) e scrittore (Teledurruti, Il ministro anarchico, ecc.).
Grazie Luca. Sottoponemmo la questione all’avvocato Luca Boneschi, esperto in diritto della comunicazione.
Conosciamo Luca da una vita, insieme (allora lui era un esponente del Partito Radicale) promuovemmo a Milano, sul finire degli anni ’60, iniziative antimilitariste e anticlericali. Con lui abbiamo poi vissuto momenti significativi nella stagione della “strategia della tensione” e della mobilitazione sul tema della “strage di stato”. Per noi è stato allora un compagno, un avvocato e quindi un compagno-avvocato, a partire dalle vicende politico-giudiziarie delle bombe del 25 aprile e del 12 dicembre 1969.
Una volta vista in edicola la nostra sgradita e tardiva “gemella”, abbiamo chiesto a Luca di vedere se si potesse “fare qualcosa” e, in caso affermativo, che cosa. Dopo lunghe trattative con i legali della RCS, Luca è addivenuto ad un accordo per cui in via transattiva (cioè rinunciando ciascuna delle due parti a far valere i propri asseriti diritti) la RCS ci ha versato la somma di ventimila euro. E ciascuno userà liberamente la prima lettera dell’alfabeto, la nostra cerchiata, la loro con la scrittina Anna.
Luca ha valutato (e noi con lui) che non fosse il caso di far causa alla RCS, essendovi comunque il rischio di non vincerla, nel qual caso ci sarebbero state addebitate le spese legali della controparte.
Ci fa piacere ringraziare pubblicamente Luca, che in questa vicenda ha sommato alla sua nota professionalità un tipo di partecipazione solidale, di coinvolgimento, che in altri tempi si sarebbe definita “militante”.
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Milano, Palazzo di Giustizia, 1969. L’avv. Luca
Boneschi (a sinistra) con Michele Camiolo,
anarchico siciliano abitante a Milano, protagonista
di un lungo sciopero della fame in sostegno degli
anarchici incarcerati e incriminati per gli attentati
del 25 aprile di quell’anno.
Due anni dopo quegli anarchici, difesi anche da
Boneschi, saranno tutti assolti |
Deficit ridotto. Grazie a questa inaspettata entrata straordinaria, ai rinnovi degli abbonamenti (che tradizionalmente si concentrano a fine anno e all’inizio del successivo) e alle entrate assicurate nel frattempo dalle nostre “iniziative collaterali” (in particolare dalla vendita del nostro 2dvd+libretto sullo sterminio nazista degli Zingari), il deficit di oltre 47.000 euro con cui si era chiuso al 30.11.2006 l’ultimo bilancio annuale si è ora (ai primi di aprile) ridotto a meno di 15.000 euro.
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