rivista anarchica
anno 37 n. 328
estate 2007


attenzione sociale


a cura di Felice Accame

 

Il cadavere
spaziale

 

Com’è noto, la Sinistra è una metafora spaziale. Durante la Rivoluzione francese, nella Camera dei deputati i radicali siedono a sinistra e i conservatori a destra del seggio presidenziale
Qualche secolo dopo, tuttavia, Gaspare e Roberto De Caro ne La sinistra in guerra invitano ad “ammettere di non poter definire rigorosamente che cosa la Sinistra sia”. Dicono che “sulla sua esistenza, d’altra parte, non è lecito alcun dubbio, poiché periodicamente molti milioni di osservatori dichiarano di vederla, così come molti altri milioni un tempo dichiaravano periodicamente di vedere gli UFO; ma se tutti vedano la stessa cosa o se ciascuno veda davvero qualcosa non è possibile dire”. Evidentemente, la metafora spaziale aveva dato adito a qualche percezione illusoria. Hai visto? Hai visto cosa? Mah, sì, non so. Qualcosa c’era. Forse.
Ne L’età dell’informazione, Robert Darnton analizza il modo con cui circolava l’informazione a Parigi e dintorni nel mezzo secolo o poco più che precede la rivoluzione francese. Individua così alcuni meccanismi fondamentali che hanno minato alla base il rapporto di fiducia fra il re (prima Luigi XV e poi Luigi XVI) e il popolo fino a farlo svanire del tutto. Scopre così che il pettegolezzo circa la dubbia moralità del re ha contribuito alla rivoluzione quanto e forse più di tanta letteratura illuminista. Fra l’altro, Darnton fa notare che è proprio in quegli anni che nasce l’idea di nazione e di nazionalismo e che questa idea nasce, per l’appunto, nella Sinistra.
Il primo giornale della Sinistra, infatti, guarda caso si chiamava “Le Patriot Français” e lo dirigeva quel Jacques-Pierre Brissot che, nel 1792, dopo aver guidato il partito dei girondini, finirà a sua volta sul banco degli accusati e spedito dritto e filato sotto la ghigliottina.
Pierre-Etienne Lesueur, “Il trionfo di Marat”, guazzo
(Museo Carnavalet, Parigi)

Racconta Quinet ne La rivoluzione che, mentre fra i suoi compagni di sventura c’era chi si uccise direttamente sul banco degli imputati non appena udita la sentenza, chi cantava la Marsigliese e chi, ironicamente, gettava denaro al popolo furibondo, Brissot taceva.
Racconta Darnton che, all’epoca, ne chiese la condanna Marat, ma che lui, fino a poco tempo fa – nella sua qualità di storico scrupoloso –, alle accuse contro Brissot non aveva dato molto credito. In periodi di rivoluzione se ne dicono di cose e la maggior parte di esse servono a coprire se stessi a tutto danno degli altri. Successivamente, in epoca non più sospetta, tuttavia, saltano fuori un paio di cosucce interessanti.
La prima è che Brissot – in combutta con Clavière (altro finito sotto la ghigliottina) – viveva di speculazioni di borsa giocando a quel ribasso cui contribuiva lui stesso inventando pettegolezzi e notizie fasulle sui giornali.
La seconda riguarda la scoperta dei libri mastri di Lenoir, l’ex capo della polizia di Parigi prima della rivoluzione. Dalle sue annotazioni si evince con chiarezza che l’integerrimo rivoluzionario della prima ora Brissot era davvero a libro paga come spia della polizia. Come aveva detto Marat.
Paradossi della sinistra. Nazionalista patriottarda e al soldo della polizia? Più che una conferma di quanto abbiamo sempre sospettato, sembra una nemesi.

Felice Accame

P.s.: Il titolo l’ho rubato ad una canzone di Riz Samaritano. La sinistra in guerra è pubblicato da Colibrì edizioni, Paderno Dugnano 2007. La citazione è tratta da pag. 11. L’età dell’informazione è pubblicato da Adelphi, Milano 2007. Il punto cruciale delle rivelazioni su Brissot è a pag. 181. La tragicomica vicenda delle speculazioni in Borsa tra il 1785 e il 1787 è raccontata da pag. 159 a pag. 177. La rivoluzione è pubblicata da Einaudi, Torino 1953. La fine di Brissot e soci è raccontata a pag. 342.