rivista anarchica
anno 39 n. 347
ottobre 2009


autogestione/1

Ri-volta la carta
di Elena Violato

Un progetto, un’utopia, una chimera, un sogno…
A Milano il primo week-end di giugno si è tenuto uno strano Congresso nel corso del quale si sono incontrate e confrontate alcune realtà del variegato mondo anarchico e libertario e altre che si riconoscono nell’autogestione ma non nell’anarchismo. Alla fine di luglio, poi, si è tenuto il solito “Luglio Libertario”, ma quest’anno si è svolto, per molti aspetti, in continuità con quel Congresso.
A Elena, che fa parte del gruppo che ha ideato e sta portando avanti Ri-volta la carta, abbiamo chiesto un resoconto delle due iniziative. Più che una cronaca, ne è nato questo dossier con cui vorremmo aprire una riflessione su temi decisivi per una ripresa delle pratiche libertarie oggi.

Da dove il tutto iniziò

Il 22 gennaio scorso Cox 18, storico centro sociale milanese che nel giro di poco avrebbe raggiunto “l’età” giusta per ottenere la concessione dello spazio occupato in usucapione e passare così ad una situazione di stabilità, è stato illegalmente sgomberato…La reazione che c’è stata da parte del movimento è stata notevole e in risposta a questa ennesima provocazione la mobilitazione messa in campo ha fatto presagire che qualcosa sarebbe cambiato in noi. Molti lo percepivano e tanti ne sentivano l’esigenza. Qualcosa era successo, una scintilla si era accesa, un ribollire in pentola c‘era stato. Molti han pensato che fosse il momento buono per ripartire, per smetterla di stare sulla difensiva ed iniziare ad attaccare... Purtroppo, dopo una spinta iniziale, tante belle parole e promesse vane, la situazione si è pressoché stabilizzata e si è tornati in larga parte a quello a cui si era abituati prima.
Nonostante gli stimoli siano venuti a scemare prima ancora di contagiarsi e contaminarsi vicendevolmente, l’urgenza di cambiamento si è depositata indelebilmente negli animi cosicché ciascuno ha dovuto prima o poi farci i conti e adoperarsi affinché questa spinta potesse sprigionarsi e intrecciarsi con quella degli altri dando luogo ad un qualcosa, ad un inizio…

Il percorso
Chi, come e quando

Ri-volta la carta è nato come nella migliore delle tradizioni da una piacevole chiacchierata davanti ad un buon bicchiere di vino. In quell’occasione il sentire e le percezioni di alcune persone rispetto al momento critico e di crisi attuale si sono magicamente trovate in sintonia e una stessa spinta al cambiamento si è concretizzata e rafforzata man mano che la discussione si articolava e prendeva corpo. Rimaneva ancora un punto nebuloso da affrontare e sul quale nessuno aveva una risposta pronta in tasca: bene, tutti d’accordo e convinti che qualcosa si vuol fare…ma cosa?
Questione rilevante ma non irrisolvibile quando tante teste innescano un ragionamento basato su un sentire comune. E così si è iniziato a trovarsi una volta a settimana invitando tutti i singoli che [come noi?] avevano uno stesso sogno-bisogno, un’insoddisfazione, un’urgenza.
Nella sete di cambiamento la prima cosa che è sembrata opportuna per intraprendere questo nuovo percorso era il rivolgersi ai singoli delle varie realtà e non alle realtà in quanto tali perché si aveva bisogno di rimettere in discussione, di rimettersi in discussione e non di riaffermarsi come entità. Non si voleva costituire l’ennesimo collettivo identitario che esprime un’azione rispetto a fatti contingenti, costretto a rincorrere eventi emergenziali sul quale battersi e impostare la propria lotta; piuttosto era interessante immaginarsi un gruppo di affinità basato su idee, proposte, ragionamenti legati dal filo comune dell’autogestione come pratica di vita.

Le iniziative
Sì, molto bene, ma quindi? Che cosa è stato fatto?

Il concetto è semplice, il punto di partenza quasi banale: non volendo dettare una linea di pensiero pre-costituita né offrire l’ennesimo pacchetto pronto da consumare si è dato vita ad una iniziativa aperta durante la quale fondamentalmente si invitava a porsi delle domande. Ci si è concentrati sul funzionamento di tutto quello che giorno dopo giorno viene portato avanti come autogestione e si è fatto in modo che durante lo svolgimento della giornata uscissero le varie sfaccettature della questione e si mettessero sul piatto della discussione numerosi elementi stimolanti la riflessione. L’aver invitato alcuni ospiti “provocanti” e insoliti, ma con una stessa concezione per quanto riguarda l’autogestione, è stato il mezzo tramite il quale creare una predisposizione al confronto non basato sulle ideologie e sulle identità ma piuttosto sulla concretezza del quotidiano, sul risvolto pratico e reale della faccenda e su tutto ciò che essa in verità comporta e significa…una chiacchierata a carte scoperte, contraria alle “mistificazioni” su cui molti ostinano ad arroccarsi per paura di accettare il reale e doversi mettere in discussione.
La prima iniziativa a cui si è dato vita tra il 6 e il 7 di giugno è stata: “Congresso sulle pratiche di autogestione (e forme di libera organizzazione)” in cui il focus dei vari ragionamenti era: cosa non funziona e cosa si può migliorare (e come) affinché l’autogestione possa essere una risposta valida e alternativa alle forme organizzative che tutti noi contestiamo?
Le due giornate di chiacchiere e convivialità sono state molto proficue in quanto hanno reso possibile l’approfondimento dell’analisi e un iniziale delinearsi di possibili direzioni da dare al percorso. Tutto ciò ha dato il via e la voglia per realizzare un secondo appuntamento molto più articolato e consistente che si è svolto nell’arco di quattro giorni, inserito nella cornice del Luglio Libertario, tra il 30 luglio e il 2 agosto. Riprendendo il filo dei discorsi fatti al Congresso si è potuto sviscerare meglio alcune questioni nonché cominciare a prospettare soluzioni possibili e creative. Questo ha comportato inevitabilmente che si ragionasse anche sul cosa fare a settembre in quanto da molti incontri è uscita la necessità di proseguire, approfondire ed estendere il percorso intrapreso per non disperdere i passaggi fatti e le energie attivate.

Ma nello specifico?

Sin dal primo appuntamento si era optato per una divisione di temi (metodi decisionali, esteri, tempo/economia come scherzosamente sono stati battezzati) su cui gruppi costituiti da varie persone potessero spendersi per riflettere, organizzati in modo tale che i singoli incontri permettessero a chiunque di venire a contatto con tutto il corpo del discorso che sottintendeva le due iniziative.

Gruppo “metodi decisionali”

Il primo (e forse il più centrale per molti aspetti) degli argomenti affrontati è stato quello legato alle dinamiche di gruppo e ai metodi/processi che si mettono in campo in un collettivo orizzontale che si ispira alla democrazia diretta. Questo tema è nel mondo anarchico libertario uno dei più spinosi in quanto risulta molto difficile affrontare con serenità ed onestà problemi e meccanismi incancreniti interni ai propri gruppi e quindi non riconducibili alla società, al potere ecc. Si è rivelato essere un discorso pieno di tabù per cui ciascuno tende a rappresentare la propria realtà di movimento in base a canoni teorici e teorizzati di comportamento…è difficile analizzare ed ammettere l’esistenza di dinamiche di potere intestine ai propri gruppi cosicché risulta quasi impossibile parlarne per cercare alternative e soluzioni.
Durante il congresso il fatto di parlarne tra persone provenienti da realtà diverse ha per assurdo permesso di essere più sinceri e chiari, i non detti e i tabù sono stati infranti e ognuno si è sentito libero di ammettere tutti i problemi dei rispettivi collettivi. Ci si è sforzati e si è riusciti a non dare il via alla gara di chi era più puro e duro.
Durante il luglio, visto che al congresso si era già arrivati ad un buon livello di approfondimento, si è optato per trovare nuovi strumenti di discussione e interazione ispirati alla pratica del consenso. A presentare alcune delle tecniche di gestione del conflitto sono stati invitati alcuni appartenenti dell’associazione Livres Como o Vento che tramite lo strumento del teatro forum mettono in scena quella che viene definita “assemblea militante”. Con questo termine si intende un modo di affrontare varie questioni legate all’oppressione in modo tale che la discussione possa essere partecipata, interessante e creare stimoli e riflessioni inconsuete, obbligando i partecipanti ad andare a fondo e a non rimanere ad un livello superficiale di ragionamento. Questo percorso unito alla presentazione dei loro metodi teatrali per imparare la fiducia reciproca, l’ascolto partecipato e il superamento delle conflittualità, ha dato vita ad un incontro molto coinvolgente che apre molte porte e traccia numerose strade da percorrere in futuro. Ovviamente riflessioni, tecniche e quant’altro non possono rimanere ad un livello teorico ma ciascuno deve provare ad applicarle, modificarle e adattarle alla particolarità del proprio gruppo; ci si è occupati di dare alcune suggestioni, la realizzazione sta al singolo e alla volontà di ciascun collettivo.

Gruppo esteri

Nell’ambito di quello che un po’ ironicamente è stato chiamato gruppo esteri, la questione posta ai presenti era: quali sono i nostri rapporti con l’esterno e cioè con gente “normale” e con le istituzioni? Come migliorare?
Durante il congresso è risultato palese che il problema più percepito e di difficile risoluzione era il comunicare, l’instaurare un rapporto con le persone. È uscito che da una parte un limite delle azioni intraprese da ciascun gruppo è dato da una sorta di autoreferenzialità che non fa comprendere il senso del proprio agire all’esterno, dall’altra c’è una società di individualisti, passivi consumatori che son disposti a cedere la loro libertà in cambio di maggior sicurezza.
Spesso quando si pensa ai problemi della gente si ragiona in base ancora a vecchi schemi che non permettono di vedere chiaramente qual è la realtà e il mondo che ci circonda. Inoltre c’è questa idealizzazione diffusa dell’essere umano medio, il quale basterà che venga “illuminato” a proposito della situazione reale che automaticamente si unirà alla lotta al capitalismo e al potere…purtroppo si è visto e rivisto che non funziona così!
Da qui l’esigenza di capire e di cambiare, non per forza per rispondere ai bisogni delle persone, se questi risultano essere distorti dal consumismo e dall’individualismo, ma per fare almeno un tentativo e colmare il gap comunicativo che negli anni si è andato sempre più a incrementare e che sta rendendo di fatto il movimento, un mondo parallelo che incrocia raramente la reale realtà di tutti gli altri.
Messe sul piatto tutte le problematiche sopra esposte per il luglio si è deciso di prendere la strada più lunga, di non cercare risposte e soluzioni immediate ma di fermarsi e fare un lavoro di ricerca per capire cosa e chi ci circonda. Il laboratorio sulle tecniche di inchiesta sociologica ha avuto l’intento di dare una prima infarinatura sul come riuscire a carpire le tendenze e le dinamiche in atto per potere interagirvi e dato che far ricerca fine a se stessa non rientrava negli obiettivi del luglio, si è anche pensato a come far sì che questo tipo di lavoro possa contenere già una componente di denuncia, rivendicazione e controinformazione nonché coinvolgimento delle persone e attivazione di desiderio/sogno/bisogno di altro.
Dopo cena si è svolto infine un incontro con tre ospiti che hanno suggerito alcune chiavi di lettura dei processi in atto così da poter partire da delle basi e sviluppare un ragionamento su come indirizzare il lavoro che si andrà ad intraprendere da settembre.

Gruppo tempo/economia

Crisi della militanza, minimo o nullo ricambio generazionale, conciliare la necessità di racimolare i soldi per vivere ed avere il tempo di fare attivismo politico…questioni ormai comuni che rendono sempre più difficile il portare avanti le proprie idee, le proprie lotte e i propri sogni/bisogni.
Ciò che è emerso durante il Congresso sono due diversi tipi di problematiche: da una parte è stato avvertito dai partecipanti un problema di linguaggio in quanto spesso quando si discute a proposito di questi temi si danno per scontati troppi concetti e si crede sempre che la propria personale visione sia quella “vera”, condivisa e “pensata” da tutti; per questo motivo in quella sede, la maggior parte del tempo la si è trascorsa a cercare di spiegare o capire cosa ciascuno intendesse con le parole lavoro, reddito, tempo libero, militanza/attivismo…il tutto si è risolto in un nulla di fatto; usciti da quel momento di discussione ognuno avvertiva solo confusione e affaticamento.
Il secondo ordine di problemi è stato dato dal fatto che non si è data un’impostazione al discorso e quindi ci si è arroccati ognuno dietro la propria ideologia sul come si gestisce un posto o come si organizzano le azioni in piazza. In astratto tutti hanno un loro ideale o tendenza di pensiero nella teoria, ma nessuno si sforza di capire quali siano le esigenze del singolo inserito in una collettività e spesso questo comporta nella maggior parte dei casi una frustrazione tale da far sì che con gli anni le persone si costruiscano la loro vita senza più avere tempo né energie né voglia da spendere in questo tipo azione.
Per tutti questi motivi al Luglio si è voluto adottare il punto di vista del singolo che agisce in una collettività tenendo sempre presente la necessità di un costante rapporto biunivoco tra le due entità per cui nessuna delle due deve sovrastare o egemonizzare l’altra.
L’incontro è stato aperto con un gioco tramite il quale si è cercato di entrare nella veste mentale per cui ciò che noi pensiamo sia il significato di una parola o l’idea che bisogna avere riguardo un concetto non sono sempre condivise e soprattutto esplicite a tutti. Accettando tutti di fare questo tipo di sforzo la discussione è, al contrario della volta precedente potuta evolvere ed entrare nel merito della questione con molta sincerità e onestà arrivando addirittura a prospettare alcune possibili soluzioni.
Nello specifico ciò che è uscito è che continuando a non affrontare questo tipo di discorsi all’interno delle proprie collettività, i singoli sono costretti ad inventarsi risposte individuali e spesso non riproducibili. Da qui l’esigenza che i collettivi stessi diventino terreno di sperimentazione di un’economia altra, sganciata il più possibile dal sistema imperante e malato che costringe molti attivisti a farne parte e non avere il sufficiente tempo da dedicare alla sua distruzione. È necessario che le esigenze del singolo vengano assunte da parte della collettività in quanto essa non è un qualcosa di astratto da venerare e rispettare ma al contrario è il frutto delle teste, delle energie, della gioia e della rabbia di tutti i singoli che se non iniziano un cammino di complicità e solidarietà (parola usata e abusata ma che continua a mantenere il suo alto valore) gli uni con gli altri rischiano di far sfociare il tutto in una “comunità di individui/individualisti”, esattamente come la “società” vorrebbe che sia.

Elena Violato

Sulla nostra cattiva strada
Il congresso Ri-volta la carta. Un percorse di affinità elettive e libertarie.

Forse è proprio lo sgombero del Cox ad aver provocato tutto, la goccia di troppo. Quando sulle labbra della gente in corteo si esauriscono gli slogan e rimane solo la parola: “basta”.
Ognuno di noi sicuramente aveva l’impressione di fare già tanto o per lo meno di fare il suo. Ma quando le mazzate cadono sempre più pesanti, più ravvicinate, ci siamo sentiti un po’ sprovvisti, incazzati e più che mai decisi a non accettare.
È proprio in quel momento che è cresciuto il desiderio di rivendicare, di ricominciare a conoscersi, a ri-conoscersi, per essere più forti, più preparati, per far valere non solo i nostri diritti ma anche e soprattutto la nostra libertà.
L’idea di organizzare un congresso è nata da questo terreno fertile, da queste mazzate. È un’idea semplice, spinta dalla necessità. Abbiamo voluto ritrovarci in tanti e rilanciare i temi di analisi sull’autogestione e sulle pratiche di democrazia diretta per discutere, per rimettersi in discussione e riprendere nei suoi vari aspetti la pratica del pensiero libertario.
Nel gruppo iniziale, ci sono state persone della cascina autogestita Torchiera, altro centro sociale sotto sgombero, persone del circolo la Scighera. Abbiamo pensato di indire una due giorni nella quale tutte le persone di buona volontà avrebbero potuto confrontarsi sul tema ‘Auto organizzazione e pratiche di democrazia diretta’ con la volontà di esplorare le infinite realtà milanesi che si aggregano intorno ad uno o più bisogni, attuando forme di partecipazione reale nei momenti decisionali.
Il gruppo man mano si è allargato e prima del congresso contavamo una quarantina di persone che, nel percorso di costruzione di questo evento, di confronto, sperimentavano queste stesse pratiche di autogestione: un gruppo fatto di affinità elettive e libertarie.
Certo, nessuno sapeva come sarebbe andato questo “congresso”. La parola stessa sapeva di responsabilità, di inizio di “una piccola nuova storia proiettata su scenari metropolitani futuri ma che si nutre delle quotidiane esperienze del presente”.
L’abbiamo chiamato “ri-volta la carta” perché nei nostri intenti e fin dall’inizio traspariva il desiderio di mettere le carte in tavola, di metterci in gioco, di uscire dagli schemi prefissati. E da queste poche parole usciva distintamente il termine “rivolta”.
Il 6 giugno abbiamo inaugurato il congresso. La carne era buona e il vino ci ha annegato abbastanza. La domenica 7 è stata una bella giornata di sole, parole, scambi, brindisi, energie e annusamenti... nessuno ci ha mandato il temporale annunciato e proprio per questo abbiamo pensato di continuare sulla nostra cattiva strada.


Desiderio di rivoluzione
Parlare del desiderio significa parlare dell’ignoto, del desiderio di libertà. La libertà della nostra vita sociale, che noi assumiamo come nostro principale impegno, aprirà le porte di un nuovo mondo. È impossibile conoscere un desiderio senza soddisfarlo, e creare è sempre scoprire ciò che non si conosce... è il nostro desiderio a fare la Rivoluzione.

Constant Nieuwenhuys

14 anni nuovi di zecca

Sorto nel 1996 come vetrina collaterale dell’anarchismo milanese alle iniziative legate alle celebrazioni della Rivoluzione Spagnola, il Luglio Libertario – come un fiume carsico – è riuscito ad annoverare otto edizioni, tutte diverse tra loro per soggetti coinvolti, finalità, riuscita. L’obiettivo primario era di mettere in relazione le decina di realtà di area anarchica e libertaria allora esistenti in città più una manciata di gruppi sparsi nella provincia, capaci nella propria unicità di produrre un evento collettivo in grado di attirare l’attenzione dei milanesi sulle questioni di sempre: la democrazia diretta, l’autogestione, le libertà individuali e collettive.
La prima edizione durò l’intero mese di luglio e le iniziative si svolsero in tutte le sedi disponibili. Nel tempo gli obiettivi si specificarono meglio e il Luglio Libertario diventò tematico, ogni edizione ebbe una sua connotazione: dall’economia al federalismo, dal comunitarismo all’ecologia sociale, trasformandosi in un luogo di incontro e riflessione con qualche pennellata internazionale.
In questi anni nessun tema caro ad un libertario è stato dimenticato, usando tutte le forme della comunicazione a nostra disposizione: dai classici dibattiti ai seminari, dalle arti all’azione diretta, dai laboratori tematici ai radiospettacoli. Il tutto innervato su una solida intelaiatura ludica fatta anche di buona cucina, buone bevute, buoni libri, in una splendida cascina occupata che dalla seconda edizione è diventata la sede storica.

Dino Taddei