rivista anarchica
anno 39 n. 347
ottobre 2009


Trentasette
anni fa


 

a cura della redazione

 

 

Come abbiamo visto passando in rassegna i primi quindici numeri di “A”, la “questione operaia” era allora ben presente. Non sorprende dunque che nel numero 16 (novembre 1972) il saggio più lungo (“Figli dell’officina…” di R.D.L., ossia Rossella Di Leo, attualmente tra i responsabili del Centro Studi Libertari e delle Edizioni Eleuthera) sia proprio una lunga e dettagliata storia della presenza libertaria nel mondo del lavoro – ovvero, come recita il sottotitolo – “L’esperienza storica dell’anarcosindacalismo italiano organizzato nell’U.S.I.”.

Di tematica analoga sono altri scritti, tra cui un interessante confronto tra operaismo e anarchismo. Ne è autore il solito Giampietro “Nico” Berti, che allora si firmava Mirko Roberti. L’analisi da lui svolta parte dal confronto tra le rispettive posizioni nella seconda parte dell’800, per poi arrivare all’attualità di allora – primi anni ’70.
Erano gli anni di Potere Operaio, di Lotta Continua, ecc. Gli operaisti – scriveva Berti – ricedevano pertanto in una posizione che verrà fatta propria dal leninismo quarant’anni dopo (già presente ampiamente però nel pensiero marxista); la costruzione del socialismo in due momenti distinti. A distanza di ottant’anni l’operaismo rivive ora in una parte della sinistra extra-parlamentare. E, ancora con le dovute differenze storiche, le critiche anarchiche di allora sono ancora valide oggi.

Il profondo rifiuto del marxismo sul piano teorico e l’accesa avversione alla sua traduzione in organizzazioni politiche e sindacali comuniste emerge anche dal medaglione che su quel numero è dedicato a Camillo Berneri (sottotiolo: “L’intellettuale anarchico come militante rivoluzionario”, scritto da Paolo Finzi (nom de plume Camillo Levi). E questo non solo per il fatto che, in pieno maggio 1937 a Barcellona, Berneri sia stato assassinato da agenti della polizia segreta staliniana e stalinista. Ma anche, in positivo, per la battaglia ideologica da lui sostenuta in quanto anarchico ragionante, federalista, pragmatico, nemico dei luoghi comuni e di tante superficialità anarchiche, amico del ragionamento, del dubbio, del pensiero liberale.

Ci siamo soffermati su pezzi storici e teorici, ma quel numero 16 di “A” è ricco di cronache e riflessioni sull’attualità. Citiamo solo la pag.14, che contiene due pezzi di Luciano Lanza (uno firmato L.L., uno Emilio Cipriano): il primo si occupa dell’ENI e della Montedison, il secondo dell’imminente entrata in vigore dell’IVA . A testimonianza dello sforzo fatto allora dall’intero collettivo redazionale (di cui Lanza faceva parte) di non occuparsi solo del movimento e del pensiero anarchici, ma di spaziare per quanto possibile “fuori”.

E proprio questo sforzo accomuna chi faceva “A” allora e chi la fa oggi.