rivista anarchica
anno 39 n. 349
dicembre 2009-gennaio 2010


dossier Francisco Ferrer

“A ricordo imperituro...”
di Franco Bertolucci

Ci sono ancora una dozzina di lapidi e monumenti, in giro per l’Italia (soprattutto in Toscana), in memoria del pedagogista anarchico assassinato a Barcellona nel 1909. Il responsabile della Biblioteca “Franco Serantini” di Pisa ne traccia qui un panorama.

 

Gli ultimi decenni del XIX secolo e il primo ventennio del XX, proprio quelli in cui si sviluppa la vicenda di Ferrer, vedono mutare l’identità dei luoghi e degli spazi nei quali vivevano e lottavano le “comunità dei subalterni”. È un processo che è conseguente alle grandi trasformazioni economiche dell’Italia di allora e che provoca un inurbamento massiccio di lavoratori delle campagne. In questo contesto di forti contraddizioni la nascita e lo sviluppo del movimento operaio e di quello libertario è accompagnata dalla formazione di nuove identità collettive che si alimentano di miti e simbologie laiche contrapposti a quelli religiosi e del potere. Anche la collocazione di nuovi monumenti civili che si ispirano ai valori e alle idee rivoluzionarie sono parte non secondaria e testimonianza viva del processo di secolarizzazione di questo periodo. La storia dei monumenti è un capitolo fondamentale della storia delle comunità e delle passioni politiche, e i conflitti sociali, la memoria e il desiderio di affermazione sono un fortissimo coagulo alla genesi della monumentalizzazione che contribuisce a costituire l’identità e la tradizione del movimento operaio e delle sue componenti libertarie, repubblicane e socialiste. Nei nuovi monumenti della protesta civile spesso si utilizza il linguaggio popolare di quelli risorgimentali, ovviamente trasformandone il messaggio, per ricordare i propri caduti come mezzo di autorappresentazione e per radicare i miti e i simboli nell’autocoscienza del popolo. Questo fenomeno è nuovo nella storia post-risorgimentale dei monumenti civili, soprattutto per quelli a forte caratterizzazione politica e sociale. In Italia nel Secondo dopoguerra solo con la commemorazione della Resistenza antifascista si assisterà ad un processo simile, anche se, per ovvie ragioni politiche, di dimensioni nettamente superiori, a quello che avviene nel periodo prefascista.
La diffusione dei monumenti civili aveva conosciuto una sua prima fortunata stagione nel periodo post-risorgimentale. Un processo che era stato avallato dalla stessa Casa Savoia e dai gruppi dirigenti liberali moderati – seppur con alcune contraddizioni –, interessati a mantenere un controllo della storia e dei miti risorgimentali, per rafforzare il consenso intorno al nuovo e giovane Stato unitario. Con Giordano Bruno prima, con Ferrer e Gori poi, il processo di “monumentalizzazione” della memoria subisce una inversione in senso antistituzionale, antimonarchico e anticlericale. Mi soffermo su questo aspetto, perché ha dell’incredibile che nell’Italia monarchica guidata da Giolitti – ma il fenomeno proseguì fino ai mesi precedenti la conquista del potere di Mussolini – si dedichino strade, monumenti e lapidi ad anarchici – ma lo stesso si potrebbe dire, in parte, per quelle dedicate ai socialisti e ai repubblicani – che quotidianamente erano oggetto da parte delle autorità di azioni repressive dure e determinate. Come si spiega questo fenomeno? La dinamica dell’innalzamento di un monumento o della apposizione di una lapide è un processo complicato che coinvolge non solo le istituzioni locali, sia quelle politiche che quelle amministrative, ma l’intera comunità. Deve pur significare qualcosa se nell’Italia di allora sorgono in molte località ricordi marmorei dedicati a quelli che la magistratura e buona parte dell’opinione pubblica conservatrice e moderata di allora considerava dei “malfattori” (1). Ecco allora che prende corpo il significato di “straordinario” che usiamo nell’aggettivare le manifestazioni commemorative “pro Ferrer”.

“Furore scultoreo” anticlericale

Dalle giornate di protesta contro la fucilazione di Ferrer che avevano attraversato tutta l’Italia nasce un fiume d’iniziative per ricordare il militante catalano che coinvolgono larghi settori del movimento operaio e dell’opinione pubblica progressista. È un fenomeno culturale e politico che fa di Ferrer un simbolo della lotta anticlericale e contribuisce alla sua “beatificazione laica”. Ora nel primo anniversario del “martirio” riprendono le manifestazioni per onorare la memoria di Ferrer, con l’inaugurazione di strade, lapidi e monumenti, nonostante che Ferrer stesso nel suo testamento avesse esplicitamente invitato a non ricordarlo con commemorazioni ma semplicemente a proseguire l’opera di rinnovamento della pedagogia e delle scuole seguendo i principi del moderno razionalismo e del libero pensiero. Tuttavia nel 1910 è un susseguirsi di iniziative in molte città piccole e grandi: le diverse associazioni fanno a gara per collocare un ricordo marmoreo in ricordo dell’educatore catalano.
Tra la fine del 1909 e il 1914, secondo i dati di un primo censimento che è ancora in corso, svolto utilizzando la stampa dell’epoca, vengono inaugurati in Italia ben 32 monumenti e lapidi, senza contare le decine e decine di piazze e vie intitolate al “martire” catalano. La mappa di questo fenomeno riguarda essenzialmente l’Italia Centro-Settentrionale con poche eccezioni nell’Italia Meridionale. È la Toscana che guida la classifica delle regioni che innalzano più monumenti, ben 15, sia in città importanti come Firenze e Pisa, sia nei borghi più dispersi della Maremma come Monterondo Marittimo, Montecatini Val di Cecina, Pomarance, Roccatederighi e Volterra. Le Marche, con 6 lapidi, sono la seconda regione per numero di ricordi marmorei, seguite con due dal Piemonte, Emilia Romagna e dall’Abruzzo; infine a seguire con una lapide o un busto la Liguria, il Veneto, il Lazio e l’Umbria (2).
Una delle prima amministrazioni comunali a recepire la proposta di intitolare una strada a Ferrer era stata quella di Firenze, che subito dopo la morte del militante libertario, aveva trasformato via dell’Arcivescovado in via Ferrer. Anche Sesto Fiorentino aveva tempestivamente sostituito il nome della piazza della Chiesa con quello del “martire” (3). E sempre a Firenze era stato inaugurato nel dicembre del 1909 presso la Camera del lavoro uno dei primi monumenti (4). In Emilia Romagna uno dei primi ricordi marmorei venne inaugurato a Castel San Pietro Terme in provincia di Bologna seguito poco dopo dalla lapide apposta il 19 dicembre 1909 a Novi di Modena che ancora oggi fa bella mostra di sé nella facciata del Palazzo Municipale (5). Alle prime iniziative toscane ed emiliano-romagnole avevano fatto seguito altre iniziative. Le autorità, sollecitate dalle gerarchie ecclesiastiche, cercarono di porgere un argine al “furore scultoreo” anticlericale. Ad esempio, a Milano già il 24 ottobre 1909 Comunardo Braccialarghe a nome dell’Associazione del Libero Pensiero aveva presentato una richiesta di autorizzazione per apporre una targa di marmo in un palazzo di proprietà comunale di via Mentana, che già ospitava due lapidi di cui una dedicata a Giordano Bruno. L’amministrazione comunale espresse un giudizio negativo e Milano così non ebbe il suo ricordo marmoreo dedicato al militante libertario catalano (6).
In altre località il consenso popolare e la volontà delle amministrazioni locali riuscì invece a scavalcare l’opposizione clericale. Così nascono, subito dopo i giorni delle proteste, comitati che raccolgono fondi per l’innalzamento dei monumenti, come nel caso di Asti, in Piemonte, dove tale voto già il 14 ottobre 1909 era stato dichiarato all’unanimità da un’imponente manifestazione cittadina. Il 13 febbraio 1910 Luigi Campolonghi, dopo una partecipata manifestazione, commemorò Francisco Ferrer e inaugurò la lapide collocata alla Casa del popolo, opera del pittore astigiano Giulio Musso e realizzata dal marmista Ermenegildo Rissone (7). Ma ora, a distanza di un anno dalla morte dell’educatore catalano le proposte e i progetti si sono moltiplicati. Ecco allora che il 1° settembre 1910 il periodico «Satana», organo regionale delle associazioni anticlericali toscane, lancia un appello a tutte le associazioni d’Italia – sostenuto anche da «Il Libertario» di La Spezia e «L’Avvenire anarchico» di Pisa – perché si facciano promotrici di “conferenze, comizi, commemorazioni e riunioni, e dove tutto ciò non è possibile, a pubblicare manifesti murali, numeri unici e volantini, per continuare ad agitare l’opinione pubblica contro la setta infame dei gesuiti, responsabile di quell’efferato delitto, in tutto il mondo civile”.

Sciopero generale anticlericale

Già nei primi mesi del 1910 in diverse località nelle Marche, ad esempio nel piccolo paese di Treia vicino a Macerata, e in Toscana – a Santa Croce sull’Arno (PI), Colle Val d’Elsa (SI) – vengono promosse varie manifestazioni commemorative per Ferrer con lo scoprimento di lapidi. A Piombino, nel mese di luglio del 1910, una nuova targa viene inaugurata e nell’occasione viene presentato anche il nuovo “Fascio razionalista piombinese”.
Altre iniziative si svolgono sempre in Toscana a Viareggio, Rosignano Marittimo (inaugurazione di una lapide) (8), Poggibonsi, Livorno, Empoli, Castelfranco di Sotto, Pescia etc. Fra le più importanti manifestazioni per partecipazione di lavoratori e cittadini vanno certamente ricordate quelle di Carrara e di Pisa. Nella ribelle e libertaria città ai piedi delle Apuane, un imponente corteo attraversa il centro storico e in via S. Maria viene deposta una corona di fiori sul muro di quella abitazione che nelle intenzioni e nei sentimenti degli organizzatori dovrebbe ospitare una lapide commemorativa. Un anonimo lavoratore, sorretto da alcuni compagni, come riporta il periodico «La Sveglia repubblicana» del 15 ottobre 1910, appone una targa provvisoria sopra quella che riporta “via S. Maria”con su scritto “via Francisco Ferrer”.
A Pisa il 13 ottobre 1910, giorno feriale, “tutta la città presentava fino dal mattino l’aspetto della giornata festiva; industriali e commercianti” hanno “aderito all’invito del comitato di chiudere i loro opifici ed esercizi”. La composizione del corteo è studiata attentamente dagli organizzatori per sottolineare la solennità dell’evento. Oltre cinquanta associazioni sono presenti e la manifestazione è aperta dallo spezzone dell’Associazione Razionalista seguito da “i piccini e le bambine della ‘Scuola Moderna antidogmatica pisana’ accompagnati e fiancheggiati dai loro genitori e congiunti, e dai compagni insegnanti d’ambo i sessi”. Il corteo straripante che riempie ogni strada del quartiere di S. Martino, giunto in via S. Giovannino di fronte al teatro Redini, si ferma e dopo un breve discorso di Virgilio S. Mazzoni viene scoperta la lapide in ricordo di Ferrer, opera dello scultore Francesco Morelli, con l’epigrafe scritta da Pietro Gori (9). Alla ripresa del corteo “i vessilliferi di tutti i sodalizi seguiti da tutto il popolo passarono abbassando i loro labari dinanzi al ricordo marmoreo del martire e deponendovi le corone votive”. Dopo un lungo percorso per via S. Martino, ponte di Mezzo e lungarno Mediceo la manifestazione si conclude in piazza S. Silvestro dove parlano per gli anarchici Gino Del Guasta e per i socialisti Francesco Saverio Merlino.
Una coda delle manifestazioni commemorative in Toscana si tiene a Santa Croce sull’Arno ed è anche una testimonianza delle tensioni sociali esistenti all’epoca tra il mondo laico e “sovversivo” e il mondo cattolico. Nella cittadina sulle rive dell’Arno, dopo che Francesco Saverio Merlino ha tenuto il 13 ottobre una conferenza commemorativa “pro Ferrer”, il 19 gli anarchici organizzano uno sciopero generale contro una processione religiosa. Le autorità preoccupate per il rischio di incidenti fanno accorrere in città il 3° Battaglione del 29° Reggimento di fanteria seguito da 150 carabinieri e 70 poliziotti. “Lo sciopero proseguì ordinatissimo fino al termine delle feste religiose, e fu così completo, che il paese rimase al buio essendo stata lasciata inoperosa persino l’officina elettrica”, così concludeva “Doctor Mefisto”, alias Virgilio S. Mazzoni, il suo articolo dal titolo altisonante La guerra a S.ta Croce sull’Arno su «L’Avvenire anarchico» del 30 ottobre 1910.
Nel quarto anniversario della morte di Ferrer Carrara proletaria si cimenta in una nuova grande manifestazione e per l’occasione viene inaugurata una lapide disegnata da Omero Ambrosini, con un busto dello scultore Gino Guadagni e con l’epigrafe del poeta Ceccardo Roccatagliata-Ceccardi: “Francisco Ferrer / educatore di plebi alle civili vendette / il magistero pagò con la vita”. La lapide – che si può ancora oggi ammirare anche se in piazza Alberica – viene posta in via Roma, all’inizio del viale di Carrara, con una partecipazione intensa e numerosa da parte della cittadinanza («La Sveglia repubblicana» parla di ventimila persone). Il comizio conclusivo è tenuto dal segretario della CdL Alberto Meschi, da Francesco Betti per i socialisti e dall’on. Eugenio Chiesa per i repubblicani, mentre nel pomeriggio presso il Politeama Verdi parla l’on. Innocenzo Cappa in un’altra conferenza. Ma è solo l’anno successivo e dopo mille insistenze da parte della CdL e delle forze della sinistra, in un clima mutato dallo scoppio della Grande guerra, che il Consiglio Comunale, nella seduta del 7 ottobre, decide all’unanimità (meno il voto di un consigliere) di cambiare nome definitivamente a via S. Maria con quello di Ferrer.
Le inaugurazioni dei ricordi marmorei toccano anche regioni e città ritenute profondamente legate alla Chiesa cattolica e alle sue tradizioni, come nel caso del Veneto. In questa regione, le classi subalterne che dall’inizio del secolo hanno in parte contribuito a modificare la geografia della politica aprendo una stagione di conflitti sociali e sindacali, hanno partecipato attivamente alle proteste sviluppatesi per condannare l’esecuzione di Ferrer. A Verona, nel terzo anniversario della fucilazione dell’agitatore libertario catalano, nel quartiere popolare della Veronetta, i “liberi pensatori veronesi” inaugurano in ricordo di Ferrer una lapide in marmo rosso di Sant’Ambrogio recante il testo dell’epigrafe di Giovanni Pascoli.

Il giudizio di Lamberto Borghi

Nel Secondo dopoguerra in un clima politico totalmente nuovo, i reduci di quelle battaglie dell’inizio secolo si prodigheranno per ripristinare quei monumenti e quelle lapidi che ancora oggi sono esposte a dimostrazione di un affetto e un ricordo che ha segnato profondamente la storia sociale e politica italiana. In alcune città di regioni come la Toscana, come ho già ricordato, a Santa Croce sull’Arno e a Piombino vengono nuovamente intitolate le strade mentre a Rosignano Marittimo, Campiglia Marittima e Carrara, o come nelle Marche a Senigallia in occasione del 50° anniversario della fucilazione di Ferrer, vengono ricollocati i monumenti e le lapidi rimossi precedentemente.
A Monterotondo Marittimo, in provincia di Grosseto, nell’atrio del palazzo comunale accanto alle lapidi ricollocate subito dopo la fine della guerra, che ricordano il filosofo Giordano Bruno e il passaggio di Pietro Gori, avvenuto il 5 ottobre 1901, fa bella mostra di sé un marmo con inciso il seguente messaggio: “I lavoratori di questa terra / vollero ricordato / FRANCISCO FERRER / nato il 13 gennaio 1859 / ucciso il 13 ottobre 1909 / dalla implacabilità del dogma /. Egli sognava / una bontà semplice e un’armonia sociale / e le consacrò coi fatti / nelle prime e nelle ultime ore”. Alla lapide di Monterotondo Marittimo segue quella di Montecatini Val di Cecina, in provincia di Pisa, ricollocata l’8 settembre 1947 insieme, ovviamente, a quella a Giordano Bruno. L’iniziativa che coinvolge l’intera comunità, le autorità parlano di circa millecinquecento cittadini presenti, è l’occasione anche per inaugurare le bandiere delle sezioni comunista, socialista e del gruppo femminile comunista, al comizio finale per gli anarchici parla l’individualista Enzo Martucci.
A Roccatederighi, paesino di minatori della Maremma grossetana e frazione di Roccastrada popolata da qualche centinaio di “anime”, nell’estate del 1948 è ricollocato il busto di Ferrer scolpito dallo scultore grossetano Ivo Pacini. La cerimonia d’inaugurazione è semplice ma carica di significati: l’oratore della giornata, Riccardo Sacconi, – militante della vecchia guardia assai conosciuto in tutta la Maremma per aver guidato per tanti anni la CdL di Piombino – di fronte al popolo di Roccatederighi e al locale gruppo anarchico, riconsegna alla comunità il monumento che ancora oggi si può ammirare all’ingresso della vecchia porta medievale della rocca castellana a ricordo di un uomo che è stato per le classi subalterne di tutto il mondo il simbolo delle aspirazioni alla libertà e alla giustizia sociale. Il monumento inaugurato la prima volta il 14 settembre del 1914 per iniziativa di un comitato popolare e del locale gruppo anarchico, grazie ad una pubblica sottoscrizione, venne danneggiato dai fascisti nel 1924 e allora mani “anonime” lo salvarono e lo nascosero per più di vent’anni negli scantinati della scuola elementare.
L’ultimo ricordo, questa volta bronzeo, ricollocato nel Secondo dopoguerra è quello di Volterra. L’inaugurazione della targa è l’occasione per ribadire il legame antico fra la città, ed in particolare la sua parte libertaria ed anticlericale, e il “martire” catalano. Infatti, la targa è la copia esatta di quella inaugurata nell’ottobre del 1910 in occasione del primo anniversario dell’esecuzione di Ferrer e distrutta successivamente negli anni Venti dalle squadracce fasciste.
All’iniziativa del gruppo anarchico “Germinal” di Volterra, il 12 ottobre 1969, aderirono tutte le forze popolari e antifasciste, dal PCI al PSI, dal PSIUP all’ANPPIA fino alla rappresentanza dell’amministrazione comunale, a dimostrazione, del carattere unitario che fin dall’inizio hanno avuto in Italia tutte le manifestazioni “pro Ferrer”. Umberto Marzocchi, noto militante libertario, combattente in Spagna nella prima colonna dei volontari italiani accanto a Carlo Rosselli e Camillo Berneri, tenne, a nome degli anarchici, una lunga conferenza. Tra il folto pubblico lo stesso autore della targa, quel Guelfo Guelfi, che nonostante l’età avanzata volle testimoniare non solo la sua fedeltà agli ideali libertari ma anche la sua passione di artista.
Lamberto Borghi, pedagogista italiano di fama internazionale, nel cinquantenario della morte di Ferrer, scrisse: “Egli resta un martire ed un precursore. In lui ricordiamo l’educatore che legò indissolubilmente l’ideale di una scuola libera all’ideale di una libera società” (10).

Franco Bertolucci

Note:

  1. Si deve constatare che, purtroppo, ad oggi la storiografia non ha affrontato sufficientemente queste pagine di storia sociale e politica dell’Italia giolittiana. Esempio della totale sottovalutazione di questo aspetto della storia dei monumenti civili dedicati a militanti politici è il saggio di P. Dogliani, I monumenti e le lapidi come fonti, in Storia d’Italia nel secolo ventesimo. Strumenti e fonti, a cura di C. Pavone, Roma, Ministero per i beni e le attività culturali Dipartimento per i beni archivistici e librari, Direzione generale per gli archivi, 2006, vol. 2, pp. 261-275. La Dogliani, pur sottolineando l’importanza dello studio della storia dei monumenti e delle lapidi civili per la storia politica e culturale dell’Italia tra XIX e XX secolo, non fa nessuna menzione sulla storia di quelli innalzati dal movimento operaio e libertario.
  2. L’indagine per ora è stata limitata alla stampa periodica anarchica e socialista («L’Avanti», «Il Libertario» di La Spezia, «L’Avvenire anarchico» di Pisa, «Il Martello» di Piombino, «Volontà» di Ancona ecc.), non è da escludere che allargando lo spoglio dei periodici il numero dei monumenti possa aumentare, considerando la quantità di amministrazioni comunali, associazioni e partiti che aderirono alle commemorazioni per Ferrer.
  3. Non esiste a tutt’oggi un censimento delle strade e delle piazze che vennero intitolate a Ferrer, dallo spoglio dei giornali si deduce che uno degli scopi principali del movimento anticlericale era quello di far pressione sulle amministrazioni locali perché mutassero il nome a via e piazze dedicate ai santi cattolici, soprattutto quelle prospicenti ai Consolati spagnoli o ad importanti edifici di culto. Vie e piazze dedicate all’agitatore catalano furono inaugurate già alla fine del 1909 e negli anni immediatamente successivi in molte località come Ravenna, La Spezia, Pisa, Carrara etc. Nel secondo dopoguerra, nonostante gli anni, la toponomastica modificata dai fascisti venne in molti casi ripristinata e ancora oggi strade dedicate a Ferrer si trovano a Reggio Emilia, Senigallia, Fabriano, Domodossola, Busto Arsizio, Imola, Città di Castello, Santa Croce sull’Arno, Terni, Piombino, Tortona e Spoleto.
  4. Per tutti i riferimenti ad episodi e località rimando al volume recentemente uscito Contro la Chiesa. I moti “pro Ferrer” del 1909 in Italia, a cura di M. Antonioli in collaborazione con J. Torre Santos e A. Dilemmi, Pisa, BFS, 2009.
  5. La lapide di Novi di Modena recita: “Francisco Ferrer / mente di pensatore cuore di apostolo / divinò / nelle feroci antitesi dell’oggi / le fraterne sintesi dell’avvenire / e coll’occhio dell’ideale / volle / dalla scuola altrice di liberi sensi / redento l’uomo da ogni servitù / l’autorità l’oligarchia il prete / congiuranti vendetta / dell’umano filosofo rotto il corpo / il popolo di Novi / osannando al martire novissimo /trasvolante dal fato alla storia / incide qui la protesta / 19 dicembre 1909”.
  6. L’epigrafe della lapide che i liberi pensatori milanesi volevano inaugurare recitava: “Disse: / Liberate la scuola dai ceppi del dogma / Sporgete il sapere e la luce / onde / sorgano generazioni degne dell’avvenire / Dissero: / Con le paure, con le blandizie, con la violenza / manterremo serve e binte [sic] le turbe / e la seratica [sic] lupa potrà pascersi ancora / d’oro e di sangue / Disse: / Amate – lavorate – educate / guardò le armi amiche / e morì / serenamente / maestro e martire / Francesco Ferrer / attende dal trionfo della Scuola / la vendicazione / I liberi pensatori milanesi / posero / Addì 3 novembre 1909”.
  7. Il testo della lapide fu dettato dall’avvocato Annibale Vigna e il prefetto riuscì a far modificare una frase ritenuta offensiva nei confronti dei gesuiti, il testo recitava: “Al fondatore della scuola moderna / irradiante gli splendori del vero / contro le tenebre del dogma / fucilato il 13 ottobre 1909 / Francesco Ferrer / per voto di popolo / il 14 ottobre 1909. Per il testo della lapide, oggi scomparsa, probabilmente distrutta dai fascisti, e le altre notizie sulle commemorazioni di Asti si v. «Francisco Ferrer: martire del libero pensiero», n.u., Asti, 13 febbraio 1910.
  8. La lapide di Rosignano Marittimo fu inaugurata nell’ottobre del 1910, abbattuta dai fascisti nel 1923 e ricollocata il 13 gennaio 1946.
  9. Il testo dell’epigrafe che Pietro Gori aveva inviato ai razionalisti e liberi pensatori era accompagnato da una lettera di commiato che venne pubblicata sul periodico «Il Satana» de1 13 ottobre 1910. Il testo recitava: “Educare a le verità storiche / de la regione e de la scienza / fu il delitto capitale / di Francisco Ferrer / nel cospetto di coloro / che in nome di dio e del re / lo vollero morto. / Ma la sua ultima voce / coperse il fragor de’ fucili / destò gli echi del mondo / e sommosse l’anima, / o forte Spagna giovane, / del popolo tuo cavaliere. / I razionalisti e i liberi pensatori pisani ne l’anniversario del sacrificio XIII ottobre MCMX / Q.M.P”. La lapide venne distrutta dai fascisti negli anni Venti.
  10. L. Borghi, La scuola moderna di Francesco Ferrer, «Scuola e città», 31 ottobre 1959, pp. 337-338.