rivista anarchica
anno 40 n. 350
febbraio 2010


Abruzzo

Pratiche di resistenza, autocostruzione e balle... di paglia
di Paola Francesca Iozzi

Il sisma frantuma le case, il governo le reti sociali. Cronache dall’Abruzzo e un progetto concreto.

Intellettuali di oggi,
idioti di domani,
ridatemi il cervello
che basta alle mie mani

Fabrizio De Andrè

L’ammontare dei danni provocati dal terremoto e dalla gestione dell’emergenza durante i sei mesi successivi al 6 aprile è incalcolabile, e non solo in termini economici. Non ci sono strumenti né unità di misura che possano quantificare il danno che, a livello sociale de individuale, hanno provocato la militarizzazione, la deportazione di 20.000 persone dall’entroterra aquilano al litorale, il consolidamento di piani di assistenza totale e la loro improvvisa rimozione, la riduzione della mobilità all’interno del territorio urbano, il disgregamento delle reti sociali nelle zone rurali, l’abbandono forzoso della propria città.
La gestione dell’emergenza e la pianificazione della ricostruzione, affatto trasparenti, non hanno previsto in nessun momento la partecipazione della popolazione affettata, che dopo essere rimasta senza casa è stata privata della possibilità di intervenire sul proprio presente e di quella di riprogettare il proprio futuro.
Il piano di ricostruzione, tanto del centro storico come del resto dei territori del Cratere* non è ancora stato definito, il che comporta una assoluta mancanza di prospettive per gran parte degli sfollati e delle sfollate. Gli edifici del piano C.A.S.E., brevetto della protezione civile – sulla base del quale, secondo dichiarazioni di Bertolaso, verranno costruiti ospedali e istituti penitenziari – la cui costruzione è stata imposta a 3 giorni dal sisma, daranno alloggio ad una persone su dieci dei 40.000 senza casa.
La ricostruzione del centro storico aquilano sarà, molto probabilmente, la costruzione di una nuova città sul modello della città-vetrina, nell’interesse di costruttori e case immobiliari e che prospettano facili rendite da un processo di “gentrificazione”** facilitato dalla catastrofe, mentre per gli antichi abitanti si edifica una new-town, “L’Aquila 2” dove verranno stipati nei venti quartieri dormitorio antisimici sparsi nelle periferie del cratere.

Comitati spontanei

Ai danni che la popolazione del Cratere ha subito a causa del sisma si sono aggiunti quelli provocati dalla sua gestione, tautologicamente incalcolabili. I cambi urbanistici – come la destrutturazione della geografia urbana e della vita ad essa correlata –, la disgregazione delle reti sociali, la riduzione degli spazi politici di partecipazione de autodeterminazione sono danni solo parzialmente imputabili al sisma. La gestione della crisi, non dissimile dalla gestione di una guerra civile, ha avuto tra gli obbiettivi l’annientamento della capacità di intervento de autodeterminazione della popolazione. Il Governo ha operato seguendo due metodologie elementari: deportazione e controllo.
Circa metà della popolazione sfollata è stata deportata sul litorale nell’immediatezza del sisma; l’altra metà è stata “ospitata” nei campi gestiti e controllati dalla protezione civile. Se per chi è stato trasferito si sono indeboliti, durante i sei mesi di villeggiatura forzosa, i vincoli sociali, affettivi de economici con il territorio mentre, per chi è rimasto/a all’Aquila in campeggio forzoso si sono inasprite le restrizioni alle libertà. Il territorio aquilano è stato de è attualmente militarizzato, la zona rossa e le entrate alla città vecchia sono presidiate da pattuglie armate, la protezione civile ha dispensato gli/le “ospiti” dei campi da qualsiasi partecipazione o intervento nella gestione interna dei campi. In molti di questi l’impossibilità di accedere ai regolamenti interni redatti ad hoc, il divieto di assemblea o di volantinaggio, l’imposizione della recinzione per ragioni di sicurezza, l’identificazione obbligatoria all’entrata e all’uscita, le limitazioni nel consumo di caffè e sostanze eccitanti solo le evidenze della politica securitaria di passivizzazione.
Oltre all’emergenza abitativa causata dal sisma, la popolazione aquilana deve far fronte ad altre crisi che affettano ciascuna singola individualità, internamente e contestualmente, come l’assenza di punti di riferimento certi, la mancanza di prospettive sia in termini economici che simbolici, l’estinzione di legami sociali e il processo di diluizione di quelli affettivi con il territorio.
Resistere oggi all’Aquila significa far fronte non solo all’emergenza abitativa ma anche a queste crisi e alle forze che la determinano. È difficile dare costanza delle reti informali di mutuo-soccorso che, soprattutto nelle piccole comunità rurali, si sono spontaneamente attivate. Nelle frazioni più periferiche del Cratere sono state/i le/gli stesse/i compaesane/i a fronteggiare comunemente l’emergenza: dove i soccorsi non sono arrivati che a 4 o 5 giorni dal sisma non di rado ha trovato cucine già allestite e le comunità autorganizzate.
All’interno dei campi sono sorti comitati spontanei, molti dei quali nodi della rete “3e32”, che hanno determinato la partecipazione diretta degli ospiti delle tendopoli alla gestione del campo o che hanno deciso per una totale autonomia de indipendenza dalla protezione civile.
L’efficienza del sistema di controllo non è quindi stata omogenea. La militarizzazione è stata minore nelle piccole comunità montante, fattore che permesso si dessero spazi di autogestione, di cooperazione e mutuo soccorso. Uno di questi è lo spazio fisico e simbolico che, nella riappropriazione delle scelte sulla propria vita e nella libertà di autodeterminarsi occupa il progetto E.V.A. –A.L.M.A., progetto autogestito avviato dai membri del Comitato per la Rinascita di Pescomaggiore.

Comitato per la rinascita di Pescomaggiore

Il comitato nasce il 1 settembre 2007 con il proposito di recuperare e rivitalizzare il piccolo centro montano di Pescomaggiore – porta del Parco Nazionale del Gran Sasso Monti della Laga a 15 chilometri dall’Aquila, con la finalità promuoverne le attività agricole tradizionali e di vigilare sulla gestione dei beni e delle risorse comunitarie.
Il ridursi della redditività dell’agricoltura ha causato un progressivo spopolamento del paese in cui ad oggi sono insediati 15 nuclei familiari composti in prevalenza di anziani (sono 3 i minorenni e 3 le persone al di sotto dei 30 anni). Prima fonte di reddito sono le pensioni e l’assistenza pubblica, l’assenza di servizi è pressoché totale, fatta eccezione per la parrocchia e per il trasporto pubblico.
La catastrofe del 6 aprile ha irrimediabilmente e repentinamente mutato la realtà e le prospettive di tutti gli/le abitanti di Pescomaggiore. Il terremoto ha costretto ad un’intima riflessione sull’abitare, sulla propria identità de il suo radicamento alla terra, per questo, al contempo della drammatica situazione, il terremoto ha offerto con il suo simbolico radere tabulam, un’opportunità di trasformare la realtà pescolana.
L’emergenza è stata gestita con una metodologia di forza, l’imposizione di criteri abitativi, la riconfigurazione e il ridisegno del territorio tanto sul piano urbanistico che economico.
La soluzione abitativa per gli abitanti di Pescomaggiore sarebbe stata la stessa che quella per il resto delle/degli abitanti del cretare: l’assegnazione in via temporanea, per una persona su dieci, di un appartamento all’interno del progetto case, realizzato a 10 chilometri di distanza e 300 metri più a valle, soluzione definitiva per le persone più anziane che costituiscono la maggior parte della popolazione allo stesso modo che per le tradizioni agricole locali.
L’urgenza di provvedere alle necessità abitative de il desiderio di non abbandonare il territorio sono state le ragioni principali per cui i membri del Comitato hanno deciso di “fare da sé” evitando le soluzioni abitative imposte dal governo.

Il progetto E.V.A.

Per questo nasce il progetto E.V.A. (Eco.Villaggio Autocostruito) le cui linee guida si inscrivono nell’acronimo A.L.M.A.: Abitare, Lavorare, Memoria, Ambiente, 4 campi essenziali per lo sviluppo della persona.
Abitare è in un primo tempo il progetto EVA, ma anche un piano di recupero partecipato, tempestivo ed efficace del centro storico.
Lavorare è promuovere opportunità di lavoro “verde”, anche come reddito complementare, nel territorio di Pescomaggiore. In questo senso la chiara vocazione dell’abitato è all’interno del Parco Nazionale Gran Sasso Monti della Laga, con funzioni turistiche, agrozootecniche e di manutenzione del paesaggio.
Memoria è la necessaria continuità con la comunità delle e dei pescolane/i, de il recupero della tradizione orale.
Ambiente è il costante termine di riferimento dell’agire, qualità essenziale del progetto e per la rinascita del territorio.
Il progetto, oltre alla costruzione immediata di 7 edifici, si estende alla possibilità di una cooperativa agricola, della partecipazione nelle reti dei gruppi d’acquisto a filiera corta, nella ricostruzione della memoria storica a tradizione orale caratteristica delle comunità di montane come quella di Pescomaggiore.
Il progetto EVA consiste nella costruzione di sette moduli minimi, ecosostenibili e ad alta efficienza energetica, secondo due tipologie abitative, di 56 e di 40 metri quadri, per un costo mtq di costruzione di 500 euro. Gli edifici, che rispondono alle normative antisismiche previste per le zone a rischio 1 come è l’Aquila, vengono realizzati con struttura portante in legno e tamponature in balle di paglia. A livello energetico saranno autosufficienti grazie ad impianti fotovoltaici e termici mentre per le acque di scarico è previsto un sistema di fitodepurazione. Il costo totale dell’opera è di circa 180.000 euro ivata. L’abbattimento del costo è determinato dall’utilizzo della paglia e dall’esecuzione dei lavori in autocostruzione con la solidarietà di chi, autonomamente, volesse parteciparvi.
Per la copertura dei costi, solo in parte garantita dall’autofinanziamento, i beneficiari hanno avviato una pubblica sottoscrizione di solidarietà che darà diritto, a chi donasse almeno 250 euro, di partecipare nelle scelte future sul complesso costruito.

Perché le balle di paglia

La pratica della costruzione in balle di paglia è stata implementata negli Stati Uniti intorno alla metà del 1800.
Perfezionata nel secolo scorso per meglio rispondere alle attuali esigenze abitative viene diffusa in Europa intorno al 1990 da Barbara Jones.
Le balle di paglia offrono, per le loro qualità intrinseche, ottime prestazioni: sono economiche e leggere, il che permette di abbassare i costi della costruzione accelerandone i tempi, sono ignifughe e fonoassorbenti oltre ad essere altamente isolanti con una trasmittanza termica di 3 volte inferiore rispetto ad una comune parete in forati.

Solidarietà

L’opzione dell’autocostruzione si apre alla partecipazione di chi, specializzato o no, volesse apportare il proprio contributo direttamente in situ. Coloro che attivamente solidarizzano al progetto autogestiscono la mensa e gli alloggi messi a loro disposizione dal Comitato e prendono parte attiva nelle assemblee dello stesso. Nel cantiere il clima di collaborazione tra tutte/i le/i partecipanti consente di sentirsi parte del progetto e garantisce l’effettivo avanzamento dei lavori oltre che la socializzazione dei saperi, delle competenze e delle abilità di ciascuna/o.
Il Progetto E.V.A. Si configura come di resistenza alle politiche implementate nella gestione del sisma, una risposta al modello assistenziale imposto alla popolazione aquilana, un’opzione cooperativa per soddisfare necessità immediate e apre la possibilità di vivicare desideri comuni.

Paola Francesca Iozzi

* Il cratere è la valle in cui è insediata l’Aquila, tra le formazioni rocciose, che maggiormente è stata danneggiata dal sisma.
** Gentrificazione, termine coniato negli anni 60 da Ruth Glass dell’University College of London, è quel fenomeno fisico, sociale, economico e culturale per cui un quartiere cittadino, generalmente centrale, degradato da un punto di vista edilizio e con costi abitativi bassi,abitato dalla classe lavoratrice e in generale da ceti a basso reddito si trasforma in zona per la più ricca classe media mediante un’accorta attività di restauro e riqualificazione urbana. Il conseguente aumento dei valori immobiliari che provoca, appunto, l’espulsione delle persone più povere favorisce l’afflusso di nuovi abitanti ad alto reddito.

Contatti

Contatto: chi, specializzata/o no, volesse partecipare ai lavori di costruzione o aiutare nell'organizzazione del campo può contattare Giorgio, giorgio@entropica.info, 347.5523191 – o Antonio, ufocacio@libero.it, 328.5428008.

Donazioni: per chi fosse interessata/o a solidarizzare diffondendo il progetto, sostenendolo economicamente o con la donazione di materiale o per chi volesse informazioni sulle possibilità di autocostruzione, può farlo contattando Dario D'Alessandro, dariodalessandro@libero.it, 329.436136 – o scrivendo a eva@pescomaggiore.org.

Le coordinate bancarie per chi volesse fare una donazione sono
IBAN: IT 87 S 05748 15404 100000008397
BIC: IBSPIT3P
Comitato per la rinascita di Pescomaggiore
Causale: Ecovillaggio

Per maggiori informazioni e aggiornamenti sullo stato dei lavori consultare il sito www.eva.pescomaggiore.org attraverso il quale è possibile contattare le/gli curatrici/ori del progetto (Comitato per la rinascita di Pescomaggiore; BAG –Beyond Architecture Group- studiomobile)