rivista anarchica
anno 40 n. 352
aprile 2010


No-Tav

Che cosa c’entrano le lotte e il voto
di Cosimo Scarinzi

Riflessioni a voce alta e scambio di opinioni con un insegnante anarchico da parte del segretario nazionale della CUB-Scuola.

 

Nell’aula magna di una direzione didattica della periferia torinese si svolge l’assemblea del coordinamento genitori. Il clima di scarsa vivacità sociale si riflette sia nel numero di presenti, meno di una quarantina, che nei toni della discussione. La riunione è, in ogni caso, di un certo interesse per quel che riguarda informazioni e valutazioni sulla situazione.
A fine riunione il coup de théâtre, la presidente del coordinamento genitori informa gli astanti del fatto che dovrà abbandonare il ruolo che ricopre perché correrà alle elezioni regionali nella Lista Bresso, la lista personalizzata dell’attuale presidente che si affiancherà a quelle del PD, dell’IdV, dell’UDC ecc. nell’aspra tenzone per non consegnare il Piemonte alla destra.
Per parte mia faccio due banali riflessioni:

  • è una buona candidata, donne intelligente e stimata, espressione di un tessuto sociale magari oggi un po’ passivizzato ma esistente, e porterà voti alla lista in cui si presenta;
  • ha discrete possibilità, se il centrosinistra vincerà le elezioni, di essere eletta visto che avrà certo dei voti sul suo nome in misura significativa.

Il caso vuole che accanto a me sia seduta una giovane collega, militante – anzi dirigente anche se non sembra e lo dico a suo merito – del PRC che è venuta per proporre alla stessa persona di candidarsi per la lista del PRC o, per essere esatti, in quota PRC nella lista della Federazione della Sinistra. La povera sobbalza e mi confida la sua sconfitta, io, con la delicatezza che mi caratterizza, non riesco a non dire che, se la nostra eroina vuole essere eletta, è ragionevole si presenti con la Lista Bresso e non in una lista condannata, nella migliore delle ipotesi, a risultati mediocri.
Avviene un fatto se possibile ancora più singolare, fra i genitori presenti e più partecipi ve n’è uno che frequenta l’area libertaria. Lo vedo illuminarsi, complimentarsi con la candidata, garantirle supporto e consensi. Mi racconterà poi che era intenzionato a non votare ma che la possibilità di dare il voto e sostenere una candidata espressione non di un partito ma della società civile lo convince. Una candidata a difesa della scuola pubblica e del popolo della scuola dunque, una candidata su di un preciso mandato.
Per quanto riguarda me, in situazioni del genere ho piena consapevolezza del fatto che ho nel fondo un’attitudine non politica almeno se per politica si intende lo scontro elettorale, me ne appassiono poco al punto che anni addietro un compagno per la cui acutezza ho grande stima mi fece notare che la mia opzione astensionista è un po’ troppo fredda e che, per dirla tutta, non vivo appieno le implicazioni simboliche dell’astensione.
Nello stesso tempo però quanto avviene sul piano elettorale mi interessa, anche le dinamiche elettorali sia intese come flussi di voti che come collocarsi delle forze politiche e sociali rimandano infatti allo scontro fra le classi ed alle trasformazioni produttive e sociali. Lo fanno in maniera per certi versi distorta ma lo fanno.

Nei giorni seguenti il tema della connessione fra movimenti sociali reali e dinamiche elettorali torna a coinvolgermi. Riporto, su questo argomento, una recente corrispondenza.

Valdisusa, Kronstadt e Barcellona

D. A. Super notav, d’accordo; un solo dubbio, tanto per seguire per un secondo le argomentazioni di Chiamparino: perché i valligiani (della Val Susa, intendo) quando vanno a votare si comportano in modo contraddittorio (anche nelle ultime europee)? ho visto le tabelle ministeriali (dell’interno) sui voti nel 2006 e nel 2008 e nel 2009; ho riscontrato un paio di cose; la prima: l’astensionismo è di poco superiore alla media nazionale (quindi i valsusini hanno votato, non se ne sono stati a casa per protesta); la seconda: hanno votato in grandissima maggioranza i partiti protav; sine ira et studio (come si diceva una volta): se qualcuno riesce a spiegarmi le giravolte del pensiero e delle azioni umane gli sarò per sempre grato http://www.facebook.com/profile.php?id=1595714092

C. S. ricordo bene quando mi hai posto, lo ammetto stupendomi non poco, la stessa domanda. Provo, senza alcuna pretesa di completezza, a risponderti:

  • la Val Susa non ha, a quanto mi risulta, né la Kronstadt del 1917-21 né la Barcellona del 1936-39 ammesso e non concesso che Barcellona e Kronstadt, all’epoca, fossero esenti da contraddizioni anche maggiori. In altri termini, è bene non farsi aspettative eccessive ed infondate per non piombare in delusioni immotivate;
  • nel merito, le ragioni per le quali sin vota o non si vota, si vota a destra o a sinistra, si sceglie questo o quel partito possono essere molte. In altri termini, uno specifico orientamento su di una specifica questione, anche importante, non comporta necessariamente una mutazione radicale di atteggiamento rispetto alla propria visone del mondo. Stando su quest’argomento, mi pare assai più interessante il modo di costruire relazioni e di porsi rispetto alle altre persone di coloro che sono coinvolti dal movimento no tav che il loro orientamento elettorale. Infine, e restando alla domanda in senso stretto, c’è un trucco evidente nel modo di porla quantomeno da parte di Chiamparino. Visto che pro tav sono tutti i partiti se si esclude la “sinistra radicale”, non sto a discutere sulla radicalità della sinistra radicale, i valsusini sarebbero stati tenuti in massa a votare per quest’area o a non votare. Un ragionamento davvero singolare sul piano logico e, in realtà il classico ricatto morale che i gruppi dominati usano per circuire ed intimidire quelli subalterni: “Se ti vuoi ribellare ne devi essere moralmente degno e come lo si sia lo stabilisco io!”. A questa vera e propria truffa si deve rispondere con l’immortale principe Antonio Foca De Curtis “Ma mi faccia il piacere!”

D. A. per me il problema resta; se una cosa mi sembra importante e fondamentale e su questa cosa un certo partito la pensa diversamente da me (ed agisce pure in senso contrario a quanto da me desiderato), se dovessi andare a votare (cosa che mi guardo bene dal fare), non voterei certo questo partito; se lo votassi dimostrerei invece che la cosa in questione non è per me tanto importante, conferendo così automaticamente una delega in bianco, sulla tal questione, al partito che ho votato pur sapendolo sostenitore di una posizione molto diversa dalla mia; ma la vita, mi direbbe un saggio realista leggermente irrazionalista (mi si passi la definizione filosoficamente imprecisa) è una fabbrica di continue contraddizioni; io allora risponderei: va bene, se è così va tutto bene; ma almeno proviamo ad agire in modo da non tirarci da soli la zappa sui nostri piedini delicati.

Quella separazione tra società e rappresentanza

C.S. il tuo ragionamento funziona su di un piano astrattamente formale ma non ad una valutazione più accurata. Seguendo la tua logica il popolo valsusini avrebbe dovuto:

1. non votare
2. votare in massa gli arcobalenghi...

Come tu stesso ammetti, in realtà la quota di astenuti in valle è stata di poco superiore alla media nazionale (forse più significativa sarebbe una comparazione, che non conosco, con la provincia di Torino) e non ha affatto votato in massa gli arcobalenghi.
Ne consegue che i valsusini presumibilmente danno al voto un valore assai minore rispetto a quello che gli dai tu mentre danno rilevanza all’azione diretta.
Sotto questo profilo hanno un’attitudine tutt’altro che irrazionale, sanno che il voto non cambia la situazione.

D.A. se è più importante per i valsusini l’azione diretta, perché cazzo si scomodano ad andare a votare? e poi: perché votano, da autolesionisti, i partiti più lontani dalle loro posizioni? delle due l’una: o i valsusini sono in maggioranza leggermente storditi (scusate la lesa maestà del popolo ribelle) oppure sono in maggioranza favorevoli alla TAV; se il mio ragionamento non fila (e non fonde, come le sottilette) è perché parto da presupposti non politici, ma etici: riconosco la mia colpa.

C.S. Ma il giudizio etico non è una colpa, se fosse una colpa sarebbe sottoposto ad un giudizio etico il che determinerebbe un’autocontraddizione.
Per di più i valsusini, almeno a mio avviso, non sono da riverire e, di conseguenza, non possono essere oggetto di lesa maestà.
Basta stabilire di cosa si tratta. Se della coerenza etica dei valsusini rispetto ad un idealtipo no tav hai indubbiamente ragione, se della loro prassi collettiva in momenti di mobilitazione forse il problema non è posto in maniera impeccabile.

Ammetto che la mia corrispondenza con D.A. e in particolare la mia posizione sono assai schematicamente esposte ma, provvisoriamente, mi basta rilevare che prassi collettiva e dinamiche elettorali non sono affatto in relazione diretta e lineare. Se non lo sono in Valle di Susa in una fase di elevata mobilitazione, non lo sono certo in generale.

D’altro canto la crescita dell’astensione nel corso degli ultimi vent’anni anche se non ha, almeno a mio avviso, nulla di sovversivo segnala una separazione fra società e rappresentanza politica che caratterizza per versi anche coloro che votano ed è in questa separazione che vi sono interessanti spazi per l’autonomia sociale delle classi subalterne.

Cosimo Scarinzi