rivista anarchica
anno 42 n. 373
estate 2012


cronache


Ammacunà: mille note
A margine del Risorgimento


“Questo non è il mio paese, io non sono nato qui. Infatti siamo sulle Alpi Marittime. A sinistra le alpi francesi. A destra, è ovvio, le Alpi italiane.
Dice: “Embè, e da che si capisce?”
Ma come, c'è tanto di frontiera naturale che divide nettamente i due paesi… eccola là, eccola là.
Dice: “Ma perché va così a zig zag?”
Per la buonissima ragione che tutto ciò che è italiano deve stare in Italia, e tutto ciò che è francese deve stare in Francia.
“Appunto dico, a ognuno la roba sua..”
D'altra parte lo sanno tutti che un albero francese non somiglia affatto ad un albero italiano, mentre una collina italiana non somiglia nemmeno lontanamente a una collina francese…”(Totò)
Da qualche mese si è placata l'interminabile rassegna di commemorazioni riferite al centocinquantesimo anniversario dell'unità d'Italia. Incontri, appuntamenti, festeggiamenti per lo più attraversati da una dose massiccia di retorica. Nulla di sorprendente, nulla di non previsto. Ciò che sembra mancare in questi momenti è la capacità di gettare sguardi ai margini della storia con la s maiuscola, il piacere di ridisegnare avvenimenti politici e sociali a partire da una un'altra prospettiva. Fortunatamente non tutto in questo senso. Nello scorso mese di novembre, presso il teatro Litta di Milano, Roberta Pestalozza, musicista, insieme ad un gruppo di altri musicisti e ricercatori, ha ripensato alcuni momenti storici del nostro paese in un'altra luce. È così nato Ammacunà: mille note a margine del Risorgimento. Un incontro musicale, i suoni e le parole di mille note a margine del Risorgimento hanno gettato sguardi intorno ai temi del lavoro, dell'emigrazione, della protesta, della condizione femminile. Un'umanità che, contemporaneamente al Risorgimento, all'unità italiana, a margine appunto della sua ufficialità, ha trovato forma, generando ulteriori cambiamenti, non ancora del tutto esauriti. Un'idea musicale che in qualche modo ha inteso tracciare, ma al tempo stesso confondere i confini, non certo solo quelli storici e politici. In questo senso Ammacunà, termine dialettale del Molise, è sembrato promettente. Si rimanda all'operazione del mescolamento di elementi diversi, pratica consueta in cucina; azione necessaria, talora obbligata dalle contingenze, ma che può divenire possibilità, scelta, libera adesione. Voci e strumenti musicali hanno letto, suonato e cantato diversi momenti con la fiducia che la storia non sia finita qui. Mille note che intendono continuare ad immaginare il ri-sorger dell'avvenir, possibilmente al femminile. Nel corso della serata, interamente dedicata alla ristrutturazione del palco del più antico teatro milanese, il Litta appunto, sono stati avvicinati cinque temi, cinque situazioni, in grado di raccontare altrettanti aspetti significativi della storia italiana.

Milano, Teatro Litta, 28 novembre 2011.
Roberta Pestalozza, musicista e arpista,
in occasione della serata “Ammacunà:
mille note a margine del Risorgimento”

Una prima nota è stata dedicata all'incontro fra tradizione colta e popolare, un intreccio capace di coinvolgere i dialetti e la musica. Antonio Ricci, artista napoletano, ha cantato Santa Lucia, la prima canzone che dal dialetto è stata tradotta in italiano e pubblicata da Cossovich nel 1849. I versi celebrano il rione marinaro di Santa Lucia. Subito dopo Roberta con Il Pover Luisin, un'antica struggente canzone milanese, scritta in seguito alla guerra del 1859. In questo testo il rovesciamento di una certa retorica risorgimentale che ancora oggi stenta ad estinguersi. Luisin è un soldato che muore in guerra, nella canzone dell'innamorata non c'è odio né presa di parte, non si nominano nemmeno Italia e Austria: c'è solamente il rimpianto per l'amore spezzato. Il terzo brano che chiude questa prima sezione è O Venezia che sei la più bella dal repertorio di Giovanna Daffini. La canzone, ricca di suggestioni verdiane, narra l'insurrezione veneziana del 1848. Accanto alla musica alcune letture in grado di testimoniare il coinvolgimento popolare nelle trasformazioni sociali del tempo. Il professor Martino Marazzi ha letto la lettera che Giuseppe Mazzini scrisse a Carlo Battaglini nel 1834; subito dopo la calda e profonda voce di Carla Caruso nella lettura di un passaggio di Cristina di Belgioioso.
La seconda nota prende in considerazione il tema dell'emigrazione. La Pestalozza ha proposto Cantastorie, una canzone da lei scritta e dedicata al paese di Viaggiano, in Basilicata. Terra di migranti e di girovaghi suonatori, musicisti per vocazione e soprattutto per necessità. Insieme a questo brano anche la lettura di un brano tratto da Peppino il lustrascarpe di Martino Marazzi.
La terza nota rivolge attenzione alla condizione femminile. Anche in questo caso letture e canzoni. Si legge l'articolo della Costituzione italiana che sancisce il diritto di voto per le donne. L'intensità del violoncello di Elisabetta accompagna i salti e le volate di Streghe, un brano, scritto a quattro mani con Roberta, ispirato alla baba-jaga, figura mitologica della letteratura russa. La ballata ci porta alla riflessione sulla condizione femminile del nostro tempo. Una musica dalla parte delle donne, che parla con loro, con il loro colore, con la loro umanità che crede nella partecipazione e nella voglia di cantare ancora, una vibrazione che si esprime e si libera anche nelle note di Io sono con te.
La quarta parte della serata, dedicata al lavoro e alla protesta, inizia con una lettura tratta nientemeno che da Trockij e precisamente dalla Storia della rivoluzione russa. Si fa riferimento alla mobilitazione delle operaie tessili nel febbraio del 1917, una sorta di preludio alla imminente rivoluzione. Anche in questo caso in primo piano le donne. Si prosegue cantando Vieni o Maggio di Pietro Gori, E anche per quest'anno, amara cronaca della vita di risaia e l'Italia l'è malada, grido di un popolo stremato, dissanguato da decenni di ingiustizie, non certo in grado di apprezzare i benefici dell'unità. Le canzoni sono cantate in coro da Livia Brambilla, Anna Fiorini, Cornelia Pelletta e Silvia Giacomini delle Voci di Mezzo con l'accompagnamento dell'arpa di Roberta Pestalozza e del violoncello di Elisabetta Cannata.
L'ultima nota ovvero la con-fusione dei confini, per certi versi la nota che intende prendere posizione in modo chiaro sul tema della serata, inizia con due canzoni di Roberta, Ammacunà e Po, brani dove si sottolinea il valore e il piacere della contaminazione e la naturale capacità di tracciare, ma soprattutto confondere i confini da parte del fiume Po e si conclude con una canzone che forse oltre che essere splendida rimane il migliore degli auguri per la futura umanità: Stornelli d'esilio ovvero Nostra patria è il mondo intero nostra legge la libertà…

Pierpaolo Casarin




USA/Novità dal mondo
Delle cooperative autogestite


Dopo oltre due anni di sviluppo, il 26 marzo 2012, la United Steelworkers e Mondragón, insieme con il Centro Ohio Employee Ownership hanno presentato il loro modello di unione co-op ibrida, che si spera creerà negli Stati Uniti posti di lavoro più sostenibili, integrando la proprietà dei lavoratori e componenti del processo di contrattazione collettiva.
La USW-United Steelworkers, il più grande sindacato industriale in Nord America, e Mondragón, la più grande federazione del mondo delle cooperative di lavoro, hanno iniziato questa collaborazione nel mese di ottobre 2009. Steelworkers ha più di 1,2 milioni di membri, attivi e pensionati. D'altra parte, Mondragón è un sistema di oltre 260 imprese cooperative situate nei Paesi Baschi, in Spagna, che impiegano circa 85.000 lavoratori-proprietari e generano un fatturato annuo di quasi 20 miliardi di dollari.
Una delle differenze chiave tra una Union-co-op e una cooperativa di lavoro tradizionale è la sostituzione del Social Council di Mondragón, che in Spagna rappresenta gli interessi dei lavoratori come lavoratori e non come padroni, con un comitato dell'Unione sindacale. Il Comitato dell'Unione, che rappresenta tutti i lavoratori-proprietari senza funzioni di management, sarebbe responsabile per partecipare a tutte le fasi di contrattazione collettiva con il management della cooperativa.
Un'altra differenza importante in questo modello ibrido è che il collegamento della cooperativa con il sindacato offre l'opportunità di accedere al capitale necessario per avviare prima queste imprese, possibilità che ai lavoratori spesso manca. Nel corso del tempo, i lavoratori-proprietari avrebbero la possibilità di acquistare la loro quota di proprietà nell'azienda cooperativa, creando un 100 per cento dei dipendenti proprietari titolari dell'azienda.
Anche se è ancora molto presto in questo processo, questo è uno sviluppo nuovo ed entusiasmante ed ha un enorme potenziale. Ecco un passo dal comunicato stampa che spiega i passi successivi:
Basandosi su questa co-op modello dell'Unione, così come i lavori del OEOC con la Fondazione Cleveland attraverso la piattaforma Evergreen Cooperative (anch'essi progettati e basati sui principi Mondragon), sono a buon punto emozionanti nuovi progetti a Pittsburgh e Cincinnati, con annunci specifici previsti nei prossimi mesi. Altri progetti basati sul concetto di co-op-sindacato hanno iniziato o sono stati proposti in più sedi in tutti gli Stati Uniti.

Dave Zuckerman
(traduzione dall'inglese di Enrico Massetti)




Correggio/Tre giorni
Dentro la Resistenza


Tre giorni di ricordi, di parole, di emozioni, musica e soprattutto di inviti ad impegnarsi, a lavorare contro il fascismo e le intolleranze.
È stato un buon successo, per contenuti e numeri, la prima edizione di ERA (European Resistance Assembly), un raduno di tre giorni di festa e incontri andato in scena a Correggio (Reggio Emilia) dal 20 al 22 aprile. L'occasione, l'arrivo di tanti testimoni della Resistenza europea, tedeschi, lituani, italiani, francesi. Promossa da Istoreco, Comune di Correggio, Anpi Correggio e Anpi Provinciale di Reggio Emilia, Materiale Resistente assieme ad altri partner, la festa ha affiancato ai momenti principali, con questi testimoni d'eccezione, dj set, proiezioni cinematografiche, dibattiti, spettacoli teatrali per concludere degnamente il percorso del Viaggio della Memoria – che ha portato 900 reggiani (in gran parte studenti degli Istituti superiori della provincia reggiana) a Cracovia e ai campi di Auschwitz e Birkenau.


Iniziato venerdì 20 aprile con una esibizione itinerante della band dei Gasparazzo in corso Mazzini, nel centro di Correggio, è proseguito alternando testimonianze, letture in varie lingue, film e spettacoli teatrali. Il tutto davanti ad alcune centinaia di persone, fra cui un foltissimo gruppo di tedeschi (la presenza straniera era allargata a francesi, olandesi e svizzeri).
Uno dei momenti principali, e più emozionanti, è stato sabato sera in piazza San Quirino, nel centro storico di Correggio. Lì, è andato in scena il concerto di EstherBejarano, splendida figura artistica, giovane violinista ebrea costretta a suonare nella tristemente celebre orchestra di Auschwitz (che ogni giorno accompagna con le sue note i prigionieri in marcia), oggi instancabile nel cantare brani partigiani e della tradizioni yiddish. Esther si è esibita a Correggio assieme ad un gruppo hip-hop tedesco, i Microphone Mafia, con cui collabora da anni, affiancata anche dal proprio figlio al basso.
Domenica, la conclusione in grande stile. Con le ultime testimonianze nel centro di Correggio sino ad un festoso finale. Partito con una grande sfilata nel centro di Correggio accompagnati dalla musica de La Banda di Quartiere e le loro versioni di canti partigiani, che ha incuriosito tantissime persone. Il corteo è proseguito sino al Parco della Memoria, dove ERA è terminata con la testimonianza di due partigiani reggiani, Giacomina Castagnetti e Giacomo Notari, e con un pranzo a cui hanno preso parte oltre duecento persone.
Nella tre giorni, gli apici sono senza dubbio stati raggiunti con le testimonianze, tutte tradotte sul momento in varie lingue per permettere la miglior fruizione delle parole e dei ricordi di questi grandi ospiti.
Fra questi, il tedesco Lorenz Knorr. Prima della seconda guerra mondiale ha fatto parte del partito social-democratico cecoslovacco. Dopo lo scoppio del conflitto, è stato arruolato a forza nell'esercito tedesco, e lì ha iniziato la sua resistenza interna, rischiando parecchie volte la vita per partecipare alla divulgazione d'informazioni, di pubblicazioni, di azioni di sabotaggio dei trasporti di guerra e di armamenti. E Frida Wattenberg, ebrea francese parigina, che ha collaborato a salvare migliaia di bambini e famiglie ebraiche dalla deportazione, dal 1941 al 1945. In che modo? Procurando documenti falsi ad ebrei e come corriere di documenti falsi, soldi e lettere per i partigiani. Dopo la Liberazione è stata incaricata di recuperare i dossier del “Commissariato generale per le questioni ebraiche” e in seguito ha il compito di cercare i bambini ebrei nascosti nei vari rifugi. E Fania Brancovskaya, ebrea lituana, fra le poche sopravvissute alla liquidazione del ghetto di Vilnius del 23 settembre 1943. Fuggita dalla città, ha fatto parte della resistenza antinazista in Lituania, combattendo assieme ai partigiani sovietici.

Adriano Arati

Che cos'è Istoreco

Istoreco è l'Istituto per la Storia della Resistenza e della Società contemporanea in provincia di ReggioEmilia, attivo dal 1965. Fra le diverse attività didattiche, culturali e storiche promosse, vi sono i Viaggi della Memoria, che ogni anno portano quasi un migliaio di studenti delle scuole superiori reggiane in visita ai luoghi dell'oppressione nazista e dai campi di concentramento e di sterminio.
Nel 2012 ha promosso la prima edizione di ERA– European Resistance Assembly, raduno europeo di partigiani, a Correggio (RE).

Per informazioni
www.istoreco.re.it
tel. 0522 437327 staff@istoreco.re.it
www.resistance-assembly.org
www.gliocchidi.it
www.viaggidellamemoria.it

 


Definire il potere/
La cangiante geometria dei concetti


Ogni concetto ha un contenuto particolare e quindi un certo significato. Ma il contenuto e il significato di un particolare concetto possono essere manipolati dal loro autore. La forma, la “geometria” di un concetto può quindi cambiare, e il significato può essere modificato a seconda delle esigenze dell'autore o da come lo usa, cioè nel momento in cui l'autore mette in atto il suo “potere di definizione.
Per questo tipo di potere, il tedesco e la lingua olandese hanno una sola parola: “Definitionsmacht” (tedesco), “definitiemacht” (olandese). “Definition”, “definitie” significa “definizione”, “macht” significa “potere”. Ecco perché parlo di “potere di definizione”. Quindi chiunque abbia questo potere è in grado di manipolare il significato di un concetto per adattarlo al proprio personale gusto. Nel mondo politico, si può osservare che i governi cercano di determinare “l'ordine del giorno” del dibattito pubblico, utilizzando il loro “potere di definizione”.

Perché questo dovrebbe riguardarci questa questione?
Sono esempi tratti dalla recente situazione politico-sociale francese. É chiaro che di esempi potrebbero essercene molti altri. Il primo esempio riguarda l'uso della parola «sicurezza».

Vulnerabilità
In un'intervista apparsa sul settimanale anarchico francese Le Monde Libertaire (numero speciale 43, Inverno 2011), si chiedeva al critico e sociologo francese Laurent Mucchielli un'analisi di «insicurezza». La sua risposta offre uno spunto sul «processo di definizione».
«L'insicurezza», dice, «non è un concetto scientifico. Non è un insieme determinabile di questioni. In realtà è una nozione della comunicazione e della politica, che non si riferisce a comportamenti definiti con precisione. Si riferisce a paure. Si preferisce parlare di una ‘sensazione di insicurezza', e poi si esaminano le varie componenti di quella ‘sensazione' (ottenute attraverso indagini e interviste).
Ci accorgiamo poi che il primo fattore nella sensazione di insicurezza è indipendente dal fatto di essere stati vittime di un crimine o meno. Il primo fattore è determinato dall'età: gli anziani hanno più paura, anche se non hanno mai subito alcun danno. Quindi non si tratta di ‘insicurezza', ma di ‘vulnerabilità', che è tutt'altra cosa. Questo vale anche per altri fattori che entrano in gioco, come l'insicurezza socio-economica (precarietà), l'osservazione di un significativo deterioramento del quartiere, l'aumento del livello di anonimato...»
Mucchielli in quest'intervista dimostra che «l'insicurezza» è un concetto a geometria variabile. A seconda dell'ordine del giorno della politica, la geometria viene manipolata. E un Ministro della Sicurezza e della Giustizia non sta certo ad aspettare che scoppi un dibattito sull'incertezza socio-economica. Quindi userà il suo potere di creare la «sua» realtà (una realtà che, per esempio, sarà in seguito analizzata dai giornalisti). In tal caso egli ha usato il suo «potere di definizione» per escludere una componente. Per essere chiari, mi rendo conto che i termini «potere di definizione» e «geometria» non fanno parte della modernità.

Stupro
Qualche anno fa, ad esempio, le femministe tedesche del collettivo Mamba hanno prodotto un opuscolo intitolato DefinitionsMacht: schwergeMacht. Zu Vergewaltigungsdebatten in der radikalen Linken und darüber hinaus, sul tema della «violenza» (si veda il sito: http://arranca.org/ausgabe/27/definitionsmacht-und-vergewaltigungsdebatten).
Hanno usato il termine «potere di definizione» (Definitionsmacht) per attirare l'attenzione sul fatto che spesso non sono donne a rilevare il contenuto delle nozioni sullo stupro, ma quelli che stanno al potere. Cosa che le donne non accettano, comprensibilmente.

Statistiche del governo
Per quanto riguarda il governo francese, è noto che è incline a distorcere i significati e gli esiti di una ricerca, mettendo in atto il proprio potere. Infatti non è affatto strano incontrare nel quotidiano francese Le Monde titoli in cui appare il termine «geometria variabile», come in «Des Statistiques d'Etat à geometria variabile» (Statistiche del governo a geometria variabile) .
Il termine «geometria» in questo caso significa «configurazione», cioè una forma esteriore, un insieme organizzato di elementi. Pertanto «geometria variabile» indica qualcosa che può essere modificato a seconda delle esigenze o dei desideri di qualcuno.
La distorsione delle statistiche, ovviamente, non è una novità e non è una pratica messa in atto solo dal governo francese. Risale a più di mezzo secolo fa un libro di Darrell Huff dal titolo significativo: How to Lie with Statistics (1954). E che differenza c'è tra «bugie» e «proposte favolose»? Il governo francese ha giocato questa carta, ma è stato ripreso senza pietà dal «Consiglio superiore dell'Educazione».
Quando il governo giudica le proprie azioni, le mostra rosee, selezionando i dati appropriati. Tuttavia, il Consiglio superiore dell'Educazione ha condotto una ricerca interna sugli effetti e ha confrontato i risultati con quelli del governo francese. Il Consiglio ha criticato senza mezzi termini il governo, definendolo «ingannevole» e affermando che «fa i lavori a metà». Il presidente francese non ha gradito molto questa critica. L'Eliseo era disturbato per le libertà che il Consiglio si è preso e sta ora valutando la soppressione del Consiglio stesso (Le Monde del 15 dicembre 2011).
Altri dati (statistici) mostravano anche che c'erano talmente tante cose fuori posto, che è apparso un altro titolo: «Le bric-à-brac illégal des fichiers de police» (Il pasticcio illegale dei documenti della polizia). In questo caso si trattava di una relazione redatta da due deputati (uno dell'opposizione, PS, e uno del partito di governo, UMP), che delineava un'ampia mappa della manomissione dei dati. Potete immaginare la grande varietà di «definizioni» applicabili agli effetti delle azioni della polizia (Le Monde del 23 dicembre 2011). Nel frattempo, va ricordato che fra un paio di mesi si svolgeranno le elezioni presidenziali e Sarkozy sta preparando la sua rielezione...

Il dottore della parola
Finora abbiamo visto alcuni esempi di come le agenzie governative utilizzano il proprio «potere di definizione» per manipolare la «geometria» di concetti e significati. Sul numero di Le Monde del 15 dicembre 2011 si esamina il lavoro di un personaggio in questo settore. In questo caso, si tratta dell'americano Frank Luntz, specialista della comunicazione, descritto come un «dottore della parola» e un «Goebbels repubblicano». Infatti lavora per i repubblicani americani e stabilisce per loro la «lingua del 21esimo secolo». Egli raccomanda, tra le altre, le seguenti espressioni: non parlare più del «Pentagono» (che è un termine troppo tecnocratico), ma del «Ministero della Difesa»; non utilizzare la parola «problema» per qualcosa di cui si sta discutendo, ma «dibattito»; utilizzare la parola neutra «cambiamento» (climatico) al posto dell'inquietante «riscaldamento» (del pianeta). In pratica, per spiegare c'è un intero catalogo di concetti che dà vita a un «discorso nuovo». Questo è un metodo piuttosto vecchio, ma è ancora in uso oggi. Chi è consapevole di questo, è preparato a invertire il dibattito e fargli prendere una nuova piega. Vediamo il prossimo esempio.

Per sua stessa natura la distruzione fisica e mentale. Tale «vandalismo» è facilmente rintracciabile sul piano ecologico (distruzione dell'ambiente) e a livello economico (crisi finanziaria, accumulo del debito e speculazione).
E quando il ministro olandese della Sicurezza e della Giustizia parla di vandalismo, tiene l'istinto distruttivo capitalista ben nascosto dietro la sua descrizione di «insicurezza». La geometria è fortemente limitata. Ma nessuno si sente frenato da tale geometria: lui o lei può parlare di altre forme di distruzione, come quelle dei capitalisti. Quindi non lasciatevi derubare del vostro «diritto di definizione».

Thom Holterman
(redattore della rivista anarchica olandese De AS)

(traduzione dal francese di Luisa Cortese)



PISA/5 maggio,
40 anni dopo


Era il 5 di maggio…siamo tutte sovversive!
Centinaia di persone hanno attraversato piazza Serantini (già piazza San Silvestro) sabato 5 maggio in ricordo di Franco, che quarant'anni fa moriva per mano dello stato. Una giornata bella e ricca, iniziata con un pranzo sociale molto partecipato e realizzato, così come le altre iniziative, da una rete di realtà politiche e sociali della città di Pisa. Dopo pranzo il coro controcanto e il coro dell'agorà hanno intrattenuto tutte con i cori della tradizione anarchica e non solo.
L'appuntamento più interessante e coinvolgente della giornata è stato sicuramente la tavola rotonda con Haidi Giuliani, il comitato Mastrogiovanni, e l'avvocato Ezio Menzione intitolata Omicidi di stato, abusi di potere e repressione in Italia: i casi Serantini, Giuliani, Mastrogiovanni.
La vicenda dell'anarchico di origine sarda, brutalmente ucciso dalle percosse della polizia nel 1972 è stata ripercorsa anche alla luce di fatti più recenti che se pur diversi nelle modalità rimangono tragicamente simili alla storia di Franco. Morire per mano o in mano allo stato succede ancora troppo spesso, e la repressione del dissenso sembra non trovare fine, basti pensare a quella del movimento no tav. Questi ed altri i temi emersi dal dibattito durato circa due ore, in una piazza gremita ed attenta.


La giornata si è conclusa in Piazza Santa Caterina con il concerto di Daniele Sepe dedicato a Franco Serantini, organizzato in collaborazione con “la festa del DES”, una manifestazione cittadina che si tiene ogni anno e che vede protagonisti in un mercato in strada i circuiti della filiera corta, del baratto, e dell'agricultura biologica. La piazza affollatissima si è commossa sulle note de “La ballata di Franco Serantini” ed ha accolto con fortissimi applausi l'intervento delle compagne della Val di Susa.
Il cinque maggio è stata una giornata lunga, fatta di diversi momenti che hanno portato la città a riappropriarsi di due delle sue più importanti piazze per ricordare la storia di un ragazzo e per farne rivevere le idee.
Tutte le iniziative sono state pensate in un'assemblea costituitasi a febbraio con moltissime realtà della città, oltre al 5 maggio il percorso ha visto due altre tappe sempre sul tema della repressione, con le proiezioni del documentario sulla storia di Dax, e del film Diaz.
Sono passati 40 anni e di Serantini si continua a parlare, la sua morte è ancora una ferita aperta nella storia recente della società italiana.
Grazie a molte e a iniziative come questa la memoria di Serantini non si è persa, vive nei cuori delle donne e degli uomini che continuano a credere e a battersi per gli ideali di giustizia sociale e libertà per i quali ha vissuto Franco. La memoria di Serantini resiste, sui muri delle città, nelle canzoni, nei teatri, nei libri e nelle pagine web.

Il coro dell'Agorà e il coro Controcanto, nel pomeriggio del 5, intonano canzoni anarchiche

Una memoria che giorno dopo giorno, testardamente, ricorda la scomoda verità: Franco Serantini, per la sua scelta di campo antifascista e libertaria, fu ucciso due volte: la prima da coloro che ne devastarono il corpo, la seconda da uno Stato che per scelta politica non volle fare “giustizia”, perché, come è scontato, lo Stato non può processare se stesso.
Bisognerebbe essere capaci di essere in piazza tutte insieme per giornate come questa più spesso, per questo mi piace dire grazie a tutte quelle che ci sono state: Biblioteca Franco Serantini, ArciLesbica pisa, Arsenale Cinema, Associazione Amici Biblioteca F.Serantini, Associazione Artiglio, Aut-Aut pisa, Casa della Donna, Circolo Agorà, Cobas pisa, Collettivo Aula R, Collettivo Antipsichiatrico Antonino Artaud, Compagne/i Zone del Silenzio Pisa, Le Grif, Legambiente Pisa, Odes, Tijuana Project, Progetto Rebeldia, Rete dei comunisti pisa, s.a. Newroz e Antagonisti Pisani.

Letizia Bertolucci



PISA/12 maggio
Un corteo per Franco


Siamo già giunti a sabato 12 maggio, i giorni precedenti sono volati nella preparazione e nella propaganda per la manifestazione a Pisa.
Al contrario delle previsioni è una bella giornata di sole e tutto promette al meglio.
Pisa appare la stessa città marinara con colori ed atmosfere ottocentesche. Ancora una volta ci troviamo qui, in questo luogo di fermenti di passioni di tradizioni di lotte internazionaliste del socialismo anarchico e rivoluzionario, dove anche Pietro Gori formò la sua coscienza.
Concentramento in piazza S. Antonio ore 15, partivano da qui quasi tutte le manifestazioni sindacali degli anni 70-80.
Quante iniziative, riunioni, le feste per il giornale Umanità Nova al giardino Scotto, quanti cortei dai primi anni 70 ad oggi, quanti per Serantini? Insieme ai gruppi extraparlamentari e a Lotta Continua.
Siamo arrivati in anticipo sul luogo del raduno, al momento pochi, comprendiamo già da subito che questa volta siamo solo noi, gli anarchici, tutti gli altri sembrano dissolti nella falsità dei farisei della politica istituzionale.
Piano piano la piazza si riempie, ci sono i compagni toscani ( purtroppo qualcuno è assente), ma anche delegazioni da tutta Italia, delegazioni si perché con questa sporca “ crisi” è diventato un lusso anche poter partecipare alle manifestazioni, spostarci. Noi non abbiamo il “pubblico finanziamento”.
Ore 16 è l'ora della partenza la piazza è piena di persone e di striscioni, il cielo azzurro è pieno di bandiere al vento, le rossonere, sembra un prato di mille papaveri rossi, alcuni dicono di mille e cinquecento.
Apre lo striscione nero con la scritta bianca a caratteri cubitali:
Per l'anarchia con Franco per un mondo di liberi e di uguali

Sono passati quaranta anni e ciò nonostante siamo a ricordare Franco il nostro compagno e fratello, il figlio del popolo della gente perbene della Pisa antifascista e operaia.
Siamo qui non solo per la memoria ma per lottare per un mondo migliore.
Si respira un clima di fratellanza di solidarietà di unità, ci sono numerosi gruppi e federazioni, i compagni dell'U.S.I., sopra le teste in alto lo striscione della F.A.I.. Ci sono singoli militanti che conosciamo personalmente che hanno fatto dell'impegno il principale scopo della loro vita contro la rassegnazione per una prospettiva rivoluzionaria e tanti altri, lo si legge nel loro volto che non vogliono diventare mai schiavi di nessuno, uno striscione afferma: rompiamo tutte le gabbie.
Infatti siamo qui per rivendicare la libertà di tutti i compagni carcerati, quelli dei NO TAV.
Vogliamo rompere tutte le sbarre mentali e istituzionali, fermare la repressione montante, il razzismo il sessismo, il fascismo, la violenza dello Stato.

Alcuni cittadini si uniscono a noi, agli incroci e lungo il lungarno le genti si fermano, assistono attenti, leggono i volantini diffusi, uno striscione è stato appeso dagli studenti su di un edificio scolastico in omaggio a Serantini, le persone si affacciano alle finestre, sulle terrazze salutano, riprendono, fotografano, alcuni compagni del nord fraintendono e reagiscono gridando : via via la Digos, ma è la gente di Pisa che vuole fermare un immagine un ricordo ma anche spingere in avanti la memoria, un modo di condividere di esprimere ancora una volta il lutto per quella morte violenta e assurda.
Il corteo si ferma vedo tra la folla anche delle persone di Pisa che avevano partecipato nei giorni scorsi alle iniziative organizzate dai compagni della BFS, il 5 e il 7 maggio, ho l'occasione di salutare un compagno ex lotta continua, che ho conosciuto alla conferenza del 7 maggio: dalla memoria alla storia,che si è svolta alla sala convegni sms, è stato amico di Franco e di Ceccanti quel ragazzo che rimase ferito e poi paralizzato da un colpo di pistola di un poliziotto quella maledetta notte alla Bussola di Viareggio, ha preso le difese di Franco, contro un oratore che aveva “divagato” molto sulla sua figura, per dire che Franco: era così.....e lottava per cambiare questo mondo.
A questo punto anche i compagni iniziano a scattare molte foto, siamo giunti nel punto dove Serantini è stato massacrato, alcune compagne depongono un mazzo di garofani rossi sotto all'immagine di Franco stampata su di un enorme manifesto, dove si legge: Franco Searantini ucciso dalla polizia mentre si opponeva ad un comizio fascista.
Si alzano i pugni si levano i canti, ripartiamo.

I compagni di Empoli hanno scritto sul loro striscione che bisogna estendere la solidarietà e rilanciare la lotta, si, perché questa manifestazione che grida prepotentemente, ma si snoda in modo composto e pacifico, vuole ribadire l'unità del movimento anarchico e l'impegno costante di fronte alle importanti scadenze di lotta, opporsi agli attacchi alla libertà di opposizione, all'auto organizzazione e all'azione diretta in ogni luogo sociale. Al duro colpo dei governanti dei partiti dei sindacati collaborazionisti nei confronti dei diritti dei salari e delle pensioni dei lavoratori, della qualità della vita, della speranza delle persone.
Per reagire e respingere la politica scellerata degli stati e dei governi europei che gonfia le tasche dei padroni e olia le manovre piratesche della finanza mondiale, defraudando il pianeta e impoverendo sempre più le masse popolari.

Siamo qui per resistere con la nostra pratica libertaria a tutti i soprusi agli abusi di potere, alla repressione e alla criminalizzazione, alle tante torture fisiche e psicologiche che avvengono nelle carceri negli istituti, nelle piazze nei cantieri ad opera dei servi di questa apparente, falsa democrazia che quotidianamente gronda di sangue e sfruttamento. Noi evitiamo però di delegare i politici, di affidare ai governanti alle istituzioni la pratica della giustizia, perché lo Stato non processa ne condanna se stesso.
Questa nostra presenza, alla luce del sole di maggio è stata la nostra sentenza il nostro verdetto, starà al popolo fare giustizia.
Siamo stati a Pisa ma saremo in ogni luogo in ogni momento a gridare a lottare per un mondo nuovo di giustizia e libertà. Vogliamo rovesciare il presente assurdo in cui ci vorrebbero prigionieri sottomessi, manipolati, mercificati, sempre più sfruttati.
Noi non saremo mai schiavi di nessuno ma protagonisti di noi stessi.
Crediamo che il destino della storia sia nelle nostre mani e che il nostro impegno è sempre un annuncio di primavera.

“ovunque noi si lotterà Franco potrem vedere”
“quello che mai potran fermare è ciò per cui lottiam”

Paolo Becherini
(le foto sono dei tanti che ci sono stati)




Grecia/A volte
Ritornano


Davvero inquietante l'affermazione elettorale di Chryssi Avgi (Alba dorata), il movimento di estrema destra ellenico che vorrebbe ricoprire la frontiera con la Turchia di mine anti-uomo per contrastare l'immigrazione. Nelle elezioni del 6 maggio ha conquistato un numero di voti più che sufficiente per entrare in Parlamento. Quando a Kallithè (quartiere sud di Atene) dei cittadini sono intervenuti per impedire ad un gruppo di motociclisti di massacrare a colpi di spranga alcuni afgani, sono stati minacciati. I teppisti, vestiti di nero e con la testa rasata, si sono definiti membri di alba dorata. È probabile che la manovalanza non ne sia a conoscenza, ma il nome di questa organizzazione costituisce un esplicito richiamo al nazismo.
La setta Golden Dawn (“Alba dorata”) operò in Gran Bretagna tra la fine dell'800 e la prima metà del ‘900 conquistando aderenti tra scrittori, filosofi, poeti e perfino qualche esponente della Royal Academy. Tra i più noti, Machen, Stoker, Yeats e sir Gerald Kelly. Oltre al “gran maestro” Aleister Crowley considerato un satanista. La Golden Dawn ebbe poi un ruolo, non solo di ispirazione, nella formazione di circoli esoterici tedeschi confluiti nel nazionalsocialismo e nella nascita della famigerata Ahnenerbe che utilizzò i prigionieri dei campi di concentramento per i suoi “studi”.
Fondata nel 1933 da Friedrich Hielscher, nel 1935 venne trasformata da Himmler in organizzazione ufficiale del nazismo, collegata all'Ordine Nero e incorporata nelle SS nel 1939. L'amministratore generale dell'Ahnenerbe, condannato a morte a Norimberga, spiegò di aver potuto “disporre di tutte le possibilità date a Dachau per le ricerche scientifiche di difesa nazionale”.
Questo richiamarsi al nazismo è tanto più grave in un paese come la Grecia che venne occupato e devastato dalle armate di Hitler e Mussolini. Non è quindi comprensibile l'equivalenza stabilita da una parte dei media (sotto la generica definizione di “estremismo”) tra il voto a questi neonazisti e quello dato alla formazione di sinistra ....syriza.

Gianni Sartori




Parigi/Salone
Del libro libertario


Dall'11 al 13 maggio scorso si tenuto nel centralissimo spazio d'animazione “Des Blancs-Manteaux”, l'oramai abituale “Salon du livre libertaire” a scadenza bi-annuale.
Organizzato dalle forze vive della Federazione anarchica francese che ruotano intorno alla libreria Publico creata nel lontano 1959, di Radio Libertaire che di anni ne compie 32, e del settimanale Le monde libertaire che nato come me nel 1954 si avvicina lentamente, ma sicuramente, a festeggiarne sessanta, senza dimenticare delle 8 pagine speciali che questo settimanale e i militanti della FAF diffondono da un paio di mesi GRATUITAMENTE e tutti i compagni e compagne che sostengono l'iniziativa...
Se dovessimo parlare dell'anarchia e dell'anarchismo dopo aver visitato questo frequentatissimo Salone, diremmo che la cultura anarchica sembra ringiovanire con il tempo, non solo perché nuove case editrice sono create un po' su tutto il territorio francese, ma anche per la diversità dei titoli e l'approdonfissimento del pensiero libertario da parte di nuove generazioni che mirano meno a difendere i principi sonori e bicolori di un anarchismo ultra centenario, ma di approfondirne le sfumature e la ricchezza di intenti umani, sociali e quindi culturali.

Un esempio per tutti lo ritroviamo in una delle ultime pubblicazione dell'Atelier de creation libertaire, e cioè del volume “Philosophie de l'anarchie” che raccoglie gli atti del convegno omonimo tenutosi nel mese di maggio de 2011 a Lyon.

Quindi, alla fine di questo nuovo salone, una ventata di speranza, anche in parte di gioia e di incoraggiamento ci permette di ritornare “a casa” pronti a leggere e mandare in stampa nuovi testi, con la speranza che... anche dal punto di visto della politica quotidiana, si riesca a proporre e attivare un anarchismo baciato dai colori dell'arcobaleno!

Mimmo Pucciarelli
(testo e foto)




Processo Mastrogiovanni
Un'altra udienza di questa “enormità”


Reduce dall'iniziativa pubblica promossa sabato 19 maggio c.a. dal “Centro Studi Libertari” di Jesi, in provincia di Ancona, sul Caso Mastrogiovanni, dal titolo: “La banalità del male: una storia di tortura e vendetta mascherata da scienza”, Giuseppe Galzerano, componente del “Comitato Verità e Giustizia per Franco” è appena uscito dal Tribunale di Vallo della Lucania, dove si è tenuta la programmata udienza che vede alla sbarra 18 imputati, tra medici e infermieri, del reparto di psichiatria dell'Ospedale “San Luca” di Vallo della Lucania (SA). Nell'appuntamento marchigiano Galzerano ha dovuto raccontare, al cospetto di una cinquantina di presenti, la vicenda dell'amico e compagno Mastrogiovanni, morto il 4 agosto 2009, dopo 83 ore di contenzione, legato mani e piedi ad un letto, privato dei piu' elementari diritti umani.

Francesco Mastrogiovanni

Ma discutiamo adesso dell'udienza odierna nel corso della quale la Presidente del Tribunale, Dott.ssa Elisabetta Garzo, ha deciso di ammettere: il dott. Michele Verrioli, anatomopatologo dell'ospedale “Maria Santissima Addolorata” di Eboli, il paziente Giuseppe Mancoletti, nella sua qualità di “persona offesa”, ricoverato in regime di Trattamento Sanitario Volontario e ugualmente contenuto nella stessa stanza-cella di Francesco Mastrogiovanni e il maresciallo della stazione dei Carabinieri di Vallo della Lucania, Angelo Caputo che, dopo la morte di Mastrogiovanni, accertò, tra le altre mancanze, che presso l'Ospedale di Vallo di Lucania non esistevano, né presso il reparto, né presso la Direzione sanitaria le linee guida per la contenzione. Come già avvenuto in precedenza la Dott.ssa Garzo ha fissato – per recuperare l'udienza del 15 maggio che non si era tenuta – una seduta per martedì 29 maggio 2012 alle ore 14 nel corso della quale verranno acquisiti eventuali nuovi atti e verrà calendarizzato il prosieguo del processo stabilendo le date delle arringhe del PM e degli avvocati.

Jesi (An), Centro studi libertari “Luigi Fabbri”, 19 maggio 2012
Giuseppe Galzerano del “Comitato Verità e Giustizia
per Franco” ha tenuto, alla presenza di una cinquantina di
intervenuti, una conferenza sul caso Mastrogiovanni,
dal titolo: “La banalità del male: una storia di tortura e vendetta
mascherata da scienza”. Nella foto, Giordano Cotichelli
(CSL “Luigi Fabbri”) (a sin.) e Giuseppe Galzerano

Il 15 giugno, il Tribunale di Vallo, dovrebbe pronunciarsi sull'esposto denuncia presentato il 4 febbraio 2010 da Giuseppe Tarallo, Giuseppe Galzerano e Vincenzo Serra in qualità di componenti del “Comitato Verità e Giustizia per Franco”, in cui si chiede di verificare se ci sono responsabilità a carico di funzionari e dirigenti della struttura pubblica nonché di coloro che hanno disposto o concorso all'emanazione ed all'esecuzione dell'Ordinanza di TSO a carico di Francesco Mastrogiovanni. Nella denuncia si riassumono cronologicamente gli accadimenti, partendo dal giorno precedente il ricovero coatto del maestro libertario (30 luglio 2009) fino al giorno del suo decesso, elencando, con dovizia di particolari, la tempistica seguita nell'emanazione degli atti (ordinanza di TSO del sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, annotazioni di servizio del S. Tenente della polizia locale dello stesso comune) e facendo rilevare le palesi contraddizioni emerse tra le varie dichiarazioni rilasciate dai protagonisti istituzionali.
Sapremo, il 15 giugno, se in Italia è concesso ad un sindaco di emanare un TSO prima di aver ricevuto la documentazione medica, se questo TSO può essere eseguito nel territorio di un altro Comune senza neanche avvisare il primo cittadino e se a firmare gli atti medici possa essere un medico specializzato in medicina dello sport anziché in psichiatria. Non sono questi dei semplici dettagli perché, a seguito di quel TSO, una persona è stata ricoverata, contro la sua volontà, in un reparto lager, ha subito delle torture, è stato abbandonato a se stesso senza alcuna pietà, umiliato e vessato fino al punto di morte. “L'enormità di questa tragedia fa sì che nulla possa esserne tralasciato, e che ogni gesto, ogni atto, ogni assenza, vada per necessità rilevata, sondata, discussa”. Lo dobbiamo a Franco e a tutte le vittime di questo Stato!

Angelo Pagliaro