rivista anarchica
anno 42 n. 374
ottobre 2012


Saint-Imier

Cinque giorni di anarchia
di Antonio Senta
foto di Roberto Gimmi


Dall'8 al 12 agosto alcune migliaia di anarchici si sono incontrati nella cittadina del Giura svizzero, dove 140 anni fa fu fondata la Prima Internazionale.
Ma gli occhi sono stati puntati sul presente e sul futuro.



Era annunciato da mesi sui nostri giornali: per cinque giorni di agosto gli anarchici di mezzo mondo si sarebbero incontrati in una cittadina svizzera di meno di cinquemila abitanti nel cantone di Berna, Saint-Imier. Chi mastica un po' di storia sa che proprio lì si ritrovarono centoquaranta anni fa quei delegati della Prima Internazionale che decisero di rompere con le manovre gerarchiche e centraliste di Karl Marx, stabilendo che primo dovere del proletariato era la distruzione – e non la conquista come volevano i marxisti – del potere politico.
Così dall'inizio della seconda settimana di agosto centinaia di compagni e compagne hanno cominciato ad affluire nella cittadina svizzera, i cui abitanti si sono mostrati da subito incuriositi e estremamente solidali con i nuovi arrivati. Non era “solo” un congresso questa volta, ma qualcosa di più: un incontro internazionale anarchico aperto a tutti coloro, gruppi o individui, che condividevano una visione dell'anarchismo come istanza di trasformazione della società. La presenza dei compagni e delle compagne è via via cresciuta, fino a che Saint-Imier non è stata “invasa” da almeno tremila, forse cinquemila, compagni. Difficile fare una conta precisa: basti dire che i vari campeggi (due “ufficiali”, uno spontaneo) hanno ospitato circa millecinquecento tende. Se a ciò sommiamo le persone che hanno dormito nelle varie pensioni e nei bed&breakfast, nella palestra comunale, nelle case dei compagni, nei camper, e tutti coloro che sono stati a Saint-Imier in giornata il numero di cinquemila partecipanti sembra plausibile.
Il programma era davvero intenso: almeno otto erano gli spazi “ufficiali” riservati alle discussioni, ubicati in diverse parti della cittadina. Sale che potevano contenere da trenta a trecento persone hanno ospitato conferenze, tavole rotonde, dibattiti dalle dieci della mattina alle cinque del pomeriggio. I temi erano i più disparati: dalla teoria anarchica all'anarcosindacalismo, il femminismo e l'ecologia, la situazione in Palestina e quella in Grecia, la crisi e le pratiche di autogestione in Spagna e in Portogallo, le figure di Malatesta, di Bakunin e lo stato dell'anarchismo in Brasile, la questione del dominio e quella della decrescita, la lotta allo stato e ai governi, gli squat e Camillo Berneri, l'anarchismo in Cile e la geografia di Elisé Reclus, Louise Michel e il movimento antinucleare giapponese, le battaglie dei lavoratori in Sudafrica e gli orti urbani, la repressione e le proteste studentesche in Quebec, la lotta di classe e la pedagogia libertaria, l'esperanto ecc.

Bar e cucine autogestite (a offerta libera)

Accanto e oltre questi momenti previsti dal programma, sono nate una miriade di assemblee spontanee. I compagni bielorussi hanno raccontato l'oppressione cui sono costretti sotto il regime di Lukashenko, si è parlato della funzione di “profilazione” e controllo svolto dai social network, si sono svolti workshop pratici di autodifesa e di autocostruzione, e in genere compagne e compagni delle più svariate nazionalità hanno cucito rapporti per far crescere l'appoggio e la solidarietà, lo scambio e il confronto tra anarchici. E poi: due cinema che proiettavano dalla mattina alla sera, diversi concerti ogni sera, un grande salone del libro ospitato dal palazzetto di pattinaggio, i congressi e i convegni dell'Internazionale di Federazioni Anarchiche e di Anarkismo.
In tutto ciò i bar e le cucine autogestite impiegavano decine di generosi compagni che si sono dati un gran da fare nel preparare migliaia e migliaia di pasti, biologici e vegani, a offerta libera, in cui era bandita la plastica. Ognuno dopo mangiato si lavava piatto e forchetta per lasciarlo al prossimo affamato.
L'organizzazione, a carico di un Comitato composto dai militanti locali dell'Espace noire (un bellissimo immobile di tre piani nel pieno centro del paese, di proprietà di una cooperativa di compagni), della Fédération Libertaire des Montaignes, della Organisation Socialiste Libertaire, della Fédération Anarchiste, dell'Internazionale di Federazioni Anarchiche e di Anarkismo, è stata impeccabile: davvero svizzera, o meglio anarchica. L'autorganizzazione si è coniugata con situazioni fisiche di grande dignità, pulizia e comfort: i bagni sempre puliti, le sale confortevoli e con una gran quantità di posti a sedere, gli impianti di amplificazione funzionanti, la traduzione simultanea con le cuffie per le conferenze più affollate (e qui sono stati davvero grandiosi tutti i compagni traduttori che si sono “votati alla causa” per più giorni) e una traduzione “passo-passo” laddove le cuffie non c'erano.

I compagni e le compagne presenti erano in massima parte giovani e molti i giovanissimi sui vent'anni. Venivano davvero da mezzo mondo: principalmente dall'Europa occidentale e orientale, dal Mediterraneo, dal Sudamerica, dal Nordamerica e dal Canada, meno dall'Asia e dall'Africa, anche se c'erano militanti sudafricani e giapponesi. Tanti gli italiani a denotare la vitalità di un movimento che meriterebbe momenti di socialità e confronto più frequenti, al di là delle appartenenze e dei raggruppamenti “per tendenza”.
Quel che si respirava a Saint-Imier era proprio questo: una solidarietà anarchica, viva e pulsante, tra compagne e compagni diversi e lontani, per età, geografia, modi e interessi, accomunati da un amore insopprimibile per la libertà, da un'esigenza e da un'etica di giustizia, dalla pratica dell'autogestione, dalla volontà di vivere senza padroni, dalla necessità di agire in prima persona e in fretta prima che le convulsioni del capitalismo e dell'autoritarismo degli stati ci stritolino in una morsa fatale.
È davvero impossibile dare conto di tutto quello che è successo a Saint-Imier: anche le conferenze erano così tante che sicuramente il racconto non può che essere frammentario. È stato sicuramente di alto livello l'intervento di Davide Turcato su Errico Malatesta, tradotto in francese da Giordano Cotichelli davanti a una settantina di persone. Chiaro, preciso, eppure problematico e non banale, il pensiero di Malatesta è venuto fuori in tutta la sua forza e la sua attualità. Sono state di estremo interesse i racconti delle varie pratiche di autogestione: da quella di spazi come l'Espace noir e gli squat delle città francesi, dal cibo (autoproduzione di pane, verdure ecc.) all'istruzione, come nel caso dell'Ateneo Libre di Buenos Aires frequentato regolarmente da una cinquantina di ragazzi e ragazze.
Le femministe hanno rimarcato come l'incontro fosse stato troppo al maschile e come nel programma ufficiale le donne avessero assai meno posto degli uomini. Anche in questo ambito la pratica, “il movimento reale” ha sopravanzato quanto vi era di organizzato e si sono svolte diverse assemblee femministe (miste e non) spontanee. Le compagne si sono ripromesse di organizzare prossimamente un incontro anarcofemminista internazionale.

C'è stato anche un po' di “brio”, come spesso accade tra anarchici, ma tutto è rimasto nell'ambito di una dialettica che non è mai trascesa. Al segretario della Organisation Socialiste Libertaire è arrivata una torta in faccia, rivendicata da un gruppo di Losanna che lo ha accusato di avere intrattenuto in passato atteggiamenti troppo morbidi nei confronti della polizia, gli antispecisti hanno deciso che non potevano tollerare che qualcuno mangiasse una salsiccia e hanno circondato la griglia dietro l'Espace noir buttandoci sopra dell'acqua (e una cacca di cane). Questioni tutto sommato molto piccole all'interno di un quadro davvero solidale in cui individualità, organizzazioni e gruppi anche molto diversi tra loro si sono confrontati con un grande spirito costruttivo.
Una sensazione presente è che il movimento presenti oggi due facce: da una parte ci sono le mille pratiche collettive di autogestione, molte delle quali ormai consolidate, dall'altra la lotta incessante all'autoritarismo e allo sfruttamento, allo stato e al capitale. Probabilmente il futuro dell'anarchismo come spinta ai movimenti di emancipazione dipende anche da quanto questi due aspetti crescano insieme, da quanto diventino sempre più complementari. Distruzione delle catene vecchie e nuove e costruzione di un mondo altro sono i due orizzonti entro cui si muove l'anarchismo contemporaneo.
Non a caso in molti degli interventi sulle pratiche di autogestione sembrava venisse fuori un problema: quello della scarsità di risorse.

L'autogestione è una grande cosa, ma, ovviamente, per farla al meglio, ci vogliono i mezzi materiali. E sono proprio tali mezzi, quelli che potrebbero permettere a tutte le donne e gli uomini del pianeta di vivere una vita dignitosa, che il capitale ci sottrae ogni giorno. Ecco quindi la necessità di una lotta globale contro il capitalismo e la scommessa di costruire movimenti popolari autorganizzati che mettano in discussione alla radice la distribuzione delle ricchezze su scala globale. Sono aspetti questi ultimi che sono venuti fuori nelle dichiarazioni finali di organizzazioni quali l'Internazionale di Federazioni Anarchiche, Anarkismo o la Fédération Anarchiste, che, pur nelle loro specificità, hanno messo in luce la posta in gioco dell'anarchismo: una rivoluzione sociale generalizzata in grado di sovvertire le gerarchie e di eliminare le ineguaglianze estendendo le pratiche e le forme di autogestione già possibili “nel piccolo” qui ed ora. Questo perché, come ha detto un compagno inglese l'ultimo giorno, mentre noi facciamo l'autogestione milioni di persone muoiono di fame a causa del capitalismo. Il mostro è sempre vivo e il nostro compito non è cambiato: dobbiamo ucciderlo.
Due quindi sono le dimensioni temporali dell'anarchismo: tutto quello che di anarchico si può fare qui, concretamente e in prima persona, e la perdurante utopia “così vicina così lontana” di una società giusta, senza spazi d'ombra dove la libertà e la giustizia sociali siano la sola cifra delle relazioni tra gli uomini e le donne.
L'assemblea finale di domenica 12, presenti circa quattrocento persone, non ha stilato una dichiarazione unica. Ci sono stati più di venti interventi e diverse dichiarazioni programmatiche da parte delle organizzazioni che si sono fatte promotrici dell'incontro.
Centoquaranta anni dopo la nascita dell'Internazionale antiautoritaria, i principi cardine dell'anarchismo sono stati riconosciuti e ancora una volta fatti propri da una nuova generazione, quella nata alla fine del secolo XX che vive con mano la crisi e la crescente ferocia del capitalismo. Una generazione che sta mettendo in pratica questi principi, li sta verificando, all'interno di un'azione e di un pensiero in costante mutamento, meticcio e plurale.
Saint-Imier 2012 è stato questo e sicuramente molto di più. Quel che è certo è che a tutti, quelli che sono potuti andare e quelli che pur solidali sono dovuti rimanere a casa, questo incontro internazionale dà una nuova spinta per fare di più e meglio per il presente e il futuro dell'anarchia.

Antonio Senta

Noi dell'IFA
sulle orme di Malatesta

L'Internazionale delle Federazioni Anarchiche, fondata nel 1968 al congresso di Carrara alla presenza di protagonisti della storia dell'anarchismo fra i quali Umberto Marzocchi, Alfonso Failla, Maurice Joyeux, Georges Balkanski e Federica Montseny, ha celebrato il suo nono congresso internazionale in occasione dell'Incontro Internazionale dell'anarchismo tenuto a Saint-Imier per i 140 anni dell'internazionale antiautoritaria, di cui è stata uno dei principali organizzatori.
Questo gesto ha il forte valore simbolico di rivendicare la nostra appartenenza alla storia dell'anarchismo sociale, comunista e organizzatore nato dall'Internazionale e transitato per le lotte anarchiche del ventesimo secolo come il Biennio Rosso, la Makhnovtchina ucraina, la Rivoluzione Spagnola del 1936-1939 e la resistenza internazionale contro il nazifascismo.
Ma oltre a riconoscersi in una tradizione storica, l'IFA ha ribadito il proprio impegno per un progetto di trasformazione sociale libertaria, redigendo un appello finale “a tutti gli sfruttati e oppressi del mondo“ (vedi federazioneanarchica.org, www.i-f-a.org) in cui, pur prestando attenzione ai nuovi movimenti, si ribadisce l'attualità dell'opzione anarchica per risolvere i gravissimi problemi del mondo globalizzato del terzo millennio.
L'IFA, raggruppa una decina federazioni unite dalla pratica dell'organizzazione anarchica federalista e orizzontale, ispirata ai principi di Errico Malatesta; alcune di queste sono transnazionali, come quella francofona e quella germanofona. La nostra Internazionale si è arricchita a questo congresso di una nuova sezione, quella slovena, e conta ormai contatti e gruppi di simpatizzanti in tutti i continenti, in coerenza con la pratica internazionalista e transnazionale che ha caratterizza l'anarchismo.
Lunga vita all'anarchia!

Simone Ruini

Dopo Saint-Imier, ritroviamoci!

L'incontro internazionale di Saint-Imier è stata anche un'occasione per alcuni compagni e compagne provenienti dall'Italia di rivedersi e confrontarsi. Durante questi momenti di condivisione e socialità è emersa l'esigenza di creare ulteriori situazioni di dibattito e discussione aperta, che possano coinvolgere collettivi e singoli interessati, al di là delle specifiche appartenenze. In un momento favorevole per il movimenti anarchico, in costante crescita, come ha dimostrato l'incontro di questi giorni, la nostra volontà è quella di unirsi e ritrovarsi sulla base di punti comuni e intenti condivisi per dare maggiore incisività e visibilità ai momenti di lotta che si sviluppano nei territori, rafforzando i collegamenti tra le varie realtà. Per concretizzare queste istanze proponiamo quindi un'assemblea aperta sabato 20 ottobre a Milano, al circolo dei malfattori, via torricelli 19.

Alcun* compagn*
di Benenvento, Bologna, Milano e Roma
Per info: malfattori@inventati.org