rivista anarchica
anno 42 n. 375
novembre 2012


pedagogia libertaria 3

Storia di Dymo (e di una cetonia)

di Giulio Spiazzi


Ancora un articolo sul Kiskanu, piccola scuola ad orientamento libertario di Verona. Ecco il resoconto di una nostra collaboratrice.



Dymo è un tipo “tosto”, capelli a spazzola, occhi di ghiaccio, i suoi dodici anni portati sulle punte dei piedi di un'adozione che ha lasciato i segni nella carne e nella mente. Eppure Dymo, ragazzo di Kharkov-Ucraina, le sue carte le sa giocare, i suoi sorrisi li sa spendere. A una condizione però: quella di essere lasciato totalmente libero. Dymo arriva al Kiskanu libertario con la nomea di “picchiatore”. È entrato in rotta di collisione con un maestro (guarda caso maschio) di scuola pubblica (pardon... statale) che le mani, sembra, le sa ben far girare, per poi nasconderle. Dymo, come molti “ragazzi dell'est” che arrivano spaesati ed arrabbiati nelle compagini di studio e di lavoro in comune della realtà libertaria veronese, ha un “pedigree” di tutto rispetto. Educatori, psicologi, esperti di ogni tipo e credo, addirittura (nel suo caso) chirurghi, gli hanno appioppato nel corso degli anni tutti i “dis” (dislessico, discalculico, in-dis-sciplinato, ecc.) e tutti gli “iper” (ipercinetico, iper-dinamico, iperirascibile, ecc.) che si potrebbero o meno dare a persone che, con il semplice fatto di “esserci”, sfuggono ad ogni classificazione.
Dymo è un ragazzo coraggioso, si fa scivolare sulle spalle tutte queste “stellette” ed affronta il suo percorso di giovane e di studente delle medie inferiori con determinazione, chiedendo, a chi la vuole intendere, solo semplice accoglienza. Ed è soltanto ed esclusivamente su questo parametro e sul fatto che essa, l'accoglienza appunto, debba essere incondizionata e radicale che l'incontro avviene. Dymo, dopo un paio di mesi trascorsi nella nuova dimensione libertaria, di quei pugni da “picchiatore” non sa più che farsene. Nell'ambiente “ritrovato”, dove liberamente può circolare, ritrarsi, proporsi, decidere di soffermarsi alle lezioni o di vagare dove i suoi umori giornalieri lo conducono, allo scontro e al contenzioso di un tempo preferisce (non avendo più antagonisti dottrinali a cui contrapporsi) seguire la sua nascosta passione di “cercatore d'insetti”. Nel grande prato accanto alla scuola scioglie, mese dopo mese, tutte le tensioni difensive che aveva messo in opera in contesti-caserma ove si cercava di “raddrizzarlo”.
E sì, perché per questi ragazzi della “adozione permanente” funziona così: chi non li conosce o non li vuol conoscere a fondo non sa che dalla loro è visceralmente presente una forza di vita inespugnabile, ovvero l'arte della sopravvivenza. E chi desidera, per varie “legittime” ragioni, il “testa a testa” con loro, senza rendersi conto della realtà intrinseca di risposta al mondo di questo fenomenale fattore, è destinato inevitabilmente a far fallire i propri scopi di “riconoscimento forzato” e, a maggior ragione, qualsiasi tipo e specie di “educatore”.

Striscia sull'adozione

Dalla “clinica per insetti” all'esame di fine anno

Dymo dunque finalmente riesce ad avvertire la scuola come un “luogo dove si sta bene”, dove è bello tornare ogni mattina, dove ci sono degli amici, dove si possono anche prendere in giro gli accompagnatori, rimandare a loro con acidità o ironia palle infuocate di adulto-centrismo, senza venire schiacciati nuovamente dal dominio. E così Dymo, tra mille giochi, esplorazioni, costruzioni momentanee di ricoveri e “cliniche per insetti”, alla fine decide anch'egli di prepararsi agli esami di fine anno, quelli richiesti dallo “Stato certificatore”, per farsi giudicare idoneo o meno al passaggio alla “classe seconda”. E la preparazione tradizionale? E il piano di studi convenzionale? Carlo Magno, il Medioevo, le regioni d'Italia, le caratteristiche fisiche del Veneto, la Matematica? “A modo mio!”, risponde l'uomo di Kharkov, “quando sarà il momento...”. I giorni passano, le materie scolastiche scivolano via come i lombrichi delle terre di Dymo, giugno avanza. Il giorno degli esami, tutti in fila e in silenzio ad attendere le commissioni, lo Stato pretende la sua forma. Dymo arriva con un sorriso enigmatico e, come sempre, in punta di piedi. Già, non è una metafora. L'abbandono nelle lande dell'Ucraina post-sovietica, i mesi bui, le successive esperienze nell'orfanotrofio, gli hanno probabilmente procurato una tensione ai tendini d'Achille mai superata. Per anni Dymo ha camminato “sospeso nel vuoto”, come dice lui, fino a quando la “scienza chirurgica occidentale”, non gli ha fornito tendini della lunghezza necessaria per “camminare sulla terra”. Ma a lui, di questo aiuto non richiesto, non gli interessa granché e, tolti i gessi post-operatori, dopo poco tempo trascorso “sul suolo della concretezza”, eccolo riprendere il passo delle sue amate cavallette, libere nel prato, senza volontà altre alle calcagna, sospese nuovamente nel vuoto, prima di saltare.
“Dymo, ma dov'è la tua ricerca? La commissione la vuol vedere...” “Ce l'ho, ce l'ho...” “Ma come, non hai neanche un quaderno in mano... come i tuoi amici, dai che ti accompagno in aula...”. “No, stai qui, entro da solo... vado io a parlare a quelli là!...” Nel silenzio assoluto, tra punti interrogativi e alzate di spalle degli accompagnatori, Dymo varca la porta ed affronta in solitaria la commissione. Difficile capire cosa avvenne all'interno della stanza degli esaminatori. Comunque, ad un certo punto, si udì uno scoppio sordo di risate, un fiume in piena di parole che sgorgava macinando ali, colori metallici, antenne, imperatori, piramidi sociali, corsi d'acqua e località, numeri e figure geometriche paragonate ad insetti. Poi Dymo uscì con la sua abilitazione alla seconda media in mano. Chiusa nell'incavo d'uno dei suoi famosi pugni, la sua ricerca d'esame: una cetonia dorata raccolta incidentalmente tra gli oggetti della sua camera, poche ora prima. L'insetto metallico delle rose, appostato tra i petali profumati del fiore; una chiave ideale per raccontare fin nei minimi dettagli scientifici una passione traboccante, capace poi di inondare nell'esposizione e far riaffiorare alla comprensione e al dialogo ogni materia nascosta tra le pieghe della memoria.

Giulio Spiazzi
giuliospiazzi@gmail.com
www.liberautonomia.org

Spaccato di un “ospedale per insetti”

A proposito della scuola Kiskanu, si segnala l'articolo, sempre firmato Giulio Spiazzi, apparso sul numero 373 di “A” (estate 2012), dal titolo “Mensa scolastica e autonomia”.