rivista anarchica
anno 43 n. 377
febbraio 2013


incontri

Anarchismo a Saint-Imier, decrescita a Venezia

di due compagni del Laboratorio Perlanera (Alessandria)
foto di Matteo Podrecca


Nel corso dell'estate del 2012 si sono svolti due incontri in cui si sono esaminate, in modi diversi, possibili vie di uscita dalla crisi sistemica in atto. Si tratta dell'Incontro internazionale anarchico di Saint-Imier, Svizzera (8-12 agosto), di cui si è parlato negli scorsi numeri, e della 3ª Conferenza Internazionale sulla Decrescita, la Sostenibilità Ecologica e l'Equità Sociale (Venezia 19-23 settembre).
Ecco le impressioni di un ecologista libertario che ha preso parte a tutti e due gli appuntamenti.


Comunicazione fra identità differenti

I punti di contatto sono concreti, seppure ancora ridotti. Alcuni esponenti della decrescita includono esplicitamente la sinistra antiautoritaria fra le radici storiche del loro movimento1; inoltre uno dei laboratori di Venezia, “Decrescita e potere”, nasceva dalla proposta di libertari italiani. Specularmente, all'Incontro di Saint-Imier alcuni compagni francesi hanno condotto laboratori sulla decrescita, posizione su cui da tempo è schierata la Fédération anarchiste.
Un'analisi delle differenze e delle somiglianze fra i due incontri potrebbe offrire utili spunti di riflessione a quanti sono impegnati nel movimento anarchico e libertario e/o nel movimento per la decrescita in base al principio che la comunicazione fra identità differenti rafforza le qualità e le potenzialità migliori di entrambi i soggetti, e in definitiva ci arricchisce tutti. La mia è anche una proposta di riflessione, e un invito ad avviare un discorso sanamente “eretico“ anche rispetto alle retoriche interne proprie di ciascuna delle due “eresie” in questione.
Si tratta in entrambi i casi di eventi complessi e ricchi di contenuti, che richiederebbero descrizioni più ampie; propongo qui una prima sintesi, rimandandone a successive occasioni lo sviluppo. L'incompletezza di queste brevi note vuole incoraggiare contributi da chi volesse aggiungere la propria esperienza, le proprie informazioni e il proprio punto di vista, sia sugli eventi in oggetto, che sull'analisi proposta.
Scrivendo su una rivista anarchica, che ha già pubblicato alcuni resoconti (per quanto necessariamente parziali, in tutti i sensi) dell'incontro di Saint-Imier, in questo intervento cercherò prima di tutto di fornire informazioni e riflessioni sull'altro evento, la Conferenza di Venezia (per quanto, anche in questo caso, incomplete e necessariamente parziali, in tutti i sensi). Poiché questo è uno dei primi articoli dedicati alla decrescita sulla stampa anarchica di lingua italiana (e il ritardo potrebbe segnalarci un preoccupante grado di autoreferenzialità e di sclerosi ideologica che pesa sull'anarchismo nostrano), ho dato la precedenza agli aspetti generali e introduttivi; il file di questo progetto comprende però già altre voci oltre a quelle pubblicate qui2.

Uno sforzo ambizioso

La Conferenza di Venezia segna uno sforzo ambizioso da parte del movimento per la decrescita; sforzo coronato da un salto di qualità non soltanto nella sua visibilità (malgrado il silenzio dei media ufficiali), e nella sua capacità di attrazione in certi settori della società italiana, ma anche nella ricchezza e nella elaborazione del suo discorso. Si può dire che adesso comincino le responsabilità e le difficoltà serie, e la necessità di sciogliere i suoi nodi irrisolti: ma di certo si parte con nuovi progetti e più idee con cui affrontare tali nodi.
L'evento costruito è ambizioso nei numeri (oltre 700 partecipanti registrati, più molti altri negli eventi aperti), e ancor di più nell'articolazione e complessità del programma, che mira ad affrontare virtualmente ogni aspetto della società e della cultura. Gli organizzatori dichiarano di voler “proporre la decrescita al di fuori di ogni riduzionismo economico, ma anche ecologico o politico (...) con uno sguardo fortemente transdisciplinare capace di tenere insieme scienze naturali e sociali.” Gli interventi muovono infatti da un ampio ventaglio di approcci: economico, politico, ecologico, antropologico, urbanistico, filosofico, per limitarsi a quanto ascoltato nelle plenarie.
La tendenza all'onnicomprensività riguarda anche le forme dell'incontro: plenarie e laboratori (sia teorici, condotti secondo esemplari metodologie di facilitazione della partecipazione e della produttività dei risultati, sia pratico/esperienziali), oltre a un ricco programma di spettacoli e di eventi paralleli, tra cui la fiera Altrofuturo, la Conferenza dei Gas e dei Distretti di economia solidale, rassegne di libri e film. Alcuni fra i partecipanti non “ufficiali” sono fra i più interessanti nell'insieme di eventi: per esempio la comunità degli Elfi dell'Appennino Pistoiese, e l'Ecotopia Bike Tour, un folto gruppo di giovani ecologisti radicali arrivati con una carovana ciclistica partita da Barcellona.

Il movimento rivoluzionario del nuovo secolo?

La complessità del programma riflette l'ambizione onnicomprensiva di un movimento che ha grandi potenzialità storiche; paragonabili, a mio avviso, a quelle rappresentate dalla componente rivoluzionaria del movimento socialista, a partire da quasi duecento anni fa.
Non sono tante, oggi, le idee “forti”, portatrici di una visione complessiva della vita e della società. Ciò è per molti motivo di interesse, e anche motivo di cautela; cautela, mi pare, condivisa dalla parte più consapevole del movimento per la decrescita – la stessa parte che ha dato vita alla Conferenza.
Il movimento per la decrescita si sviluppa nel corso dell'ultimo decennio, inizialmente in Francia, poi in Spagna, Catalogna e Italia, a partire dall'insoddisfazione per l'ambientalismo “storico”, con il quale la tematica ecologica non arriva a esplicare la sua portata di trasformazione radicale. L'ecologia si riduce a componente del lavoro settoriale e minimale delle principali associazioni, o, nel caso dei partiti verdi, a componente secondaria e “compatibile” di una politica statale che appare strutturalmente schiava del mito della crescita infinita, eventualmente celato dietro a un'applicazione gattopardesca dei concetti di “sviluppo sostenibile” e green economy.
Il termine “decrescita” esprime invece con maggior chiarezza la radicalità della questione ecologica: in un sistema chiuso come il pianeta Terra, la specie umana non può espandere all'infinito il volume di produzione e consumo di beni materiali. Si tratta di una verità di semplice logica, fondata sulle leggi basilari della fisica: eppure questa logica contrasta con le esigenze del Capitale, che solo in un sistema economico in espansione può produrre profitto da accumulare, e dello Stato moderno, che sulla promessa truffaldina di una ricchezza materiale in continua crescita fonda il proprio consenso sociale (mentre i costi tendono a essere spostati al di fuori del suo spazio politico: altri popoli, future generazioni).
Se il socialismo si proponeva una giusta distribuzione della ricchezza all'interno della specie umana, l'ecologismo guarda alle finalità stesse della nostra società, mettendone in questione i confini, il rapporto con quanto esiste al di fuori di sé, con le leggi ecologiche indipendenti dalla nostra azione. Anche se in un contesto mutato, le istanze del socialismo non sono negate dall'ecologismo radicale (di cui la decrescita si presenta oggi come l'espressione più forte), ma assunte in una visione ancora più ampia. L'ampiezza e l'articolazione del programma di Venezia derivano quindi dal senso dell'alto ruolo storico di questo nuovo movimento.

La questione dei mezzi

In estrema sintesi si può osservare che, a differenza dell'anarchismo, il movimento per la decrescita sembra generalmente esprimere una maggiore radicalità rispetto ai fini della propria azione politica (il rovesciamento del paradigma storico del rapporto fra società e pianeta), e contrapporsi invece con minor chiarezza ai modelli dominanti sul piano dei mezzi, degli strumenti con i quali perseguire tali fini (istituzioni del vecchio modello dello stato-nazione o forme di partecipazione diffusa, ingegneria sociale o lotte comunitarie...).
Le ampie differenze interne a quest'area sembrano dipendere almeno in parte proprio dall'attuale indeterminatezza sul piano dei mezzi e degli strumenti. Si tratta peraltro di un tema ben presente agli organizzatori di Venezia, che hanno scelto la questione delle forme politiche come uno dei tre assi portanti dell'incontro, accanto ai temi dei beni comuni e del lavoro.
Una critica alle forme tradizionali della politica e del potere è partita in particolare da una prospettiva di genere, soprattutto per iniziativa di una forte componente eco-femminista che ha caratterizzato questa edizione della Conferenza, contestando fra l'altro il patriarcato del “barone” della decrescita, Serge Latouche.

Chiese, stili di vita e “colpevolizzazione delle vittime”

Un discorso a parte lo merita l'apporto della cultura cristiana e cattolica nei movimenti di contestazione del modello di sviluppo, e in particolare in quello per la decrescita.
Non ho difficoltà a riconoscere che anche da queste possano venire apporti validi al percorso comune. Allo stesso tempo, penso che sarebbe utile mantenere un discernimento critico anche verso queste componenti, avviando una riflessione su quanto potrebbe non essere un contributo positivo.
La mia impressione è che la cultura religiosa contribuisca non poco a un aspetto che mi sembra fra i principali limiti attuali del movimento per la decrescita: la prevalenza dell'attenzione per gli stili di vita individuali e per le buone pratiche comunitarie. In sé, tale attenzione non è certo un elemento negativo: costituisce anzi una conquista rispetto ad approcci del passato, che erano incentrati su cambiamenti da imporre dall'alto, e su astratte attese di lontane palingenesi.
Andare in bicicletta pensando alla qualità dell'aria, alla nostra salute, alle guerre per il petrolio non basta se poi ci costruiscono un'autostrada dietro casa. L'importante perciò è riuscire a collegare efficacemente gli yogurt autoprodotti con la lotta contro la Tav, i Gruppi di acquisto solidale con la contestazione dello spreco di ricchezza pubblica per la Fiat, l'Ilva o gli F-35.
Altrimenti, il rischio è che prevalgano logiche moralistiche tipiche della predilezione di certe religioni per la colpa, i precetti e le costrizioni: far cadere sugli individui tutta la responsabilità della questione ecologica è una forma di “colpevolizzazione delle vittime”. Eppure esistono altri modi di perseguire la transizione ecologica, a partire non da ossessioni prescrittive di stampo “eco-puritano”, ma al contrario dalle spinte di liberazione individuale e collettiva.

La quota di iscrizione

Una delle questioni più discusse riguarda il pagamento di una quota di iscrizione da parte dei partecipanti; la quota era minore per disoccupati, studenti e precari, ma comunque abbastanza alta da creare per molti una barriera economica. Gli organizzatori giustificano questa scelta con i costi per “i biglietti aerei dei relatori internazionali, i pasti per i partecipanti e i volontari, le strutture per le plenarie e i workshop, i materiali di comunicazione, le traduzioni simultanee”, e promettono che “sarà tutto pubblicato e trasparente”.
Qui il confronto con l'incontro di Saint-Imier mette in luce un successo, per nulla scontato, della formula di autogestione praticata dall'incontro anarchico, dove gli organizzatori virtualmente coincidevano con i fruitori: senza alcuna quota obbligatoria, ma solo con raccolte volontarie di sottoscrizioni e con il lavoro condiviso fra centinaia di compagni intenti a preparare i pasti, a organizzare gli alloggi e anche a tradurre le plenarie in simultanea, si è riusciti ad assicurare docce pulite e tre pasti al giorno per un numero di partecipanti cinque volte più grande rispetto a Venezia, e contemporaneamente a condurre un ricco programma di incontri ed eventi, con contributi internazionali di alto interesse.

Matteo Podrecca
ecoculture@inventati.org

Note
  1. Per questo e successivi riferimenti ai promotori della Conferenza Internazionale sulla Decrescita, e per ulteriori informazioni su questo evento, si rimanda al sito venezia2012.it.
  2. Va citato come eccezione un articolo di Salvo Vaccaro uscito su Umanità Nova (2007). Più di recente, l'ultima edizione della Vetrina dell'editoria anarchica e libertaria (Firenze 2011) ha dedicato alla decrescita il suo dibattito principale, alla preparazione del quale ha contribuito fra gli altri il Libero Ateneo della Decrescita di Roma.