rivista anarchica
anno 43 n. 379
aprile 2013


ecologia casalinga

Ma va' a... (responsabilmente)

di Michele Salsi / foto AFA - Archivi Fotografici Autogestiti


Anche in bagno, come in mille altri campi di battaglia, è già iniziata la lotta per un'evoluzione dell'umanità. Molti pensano che tirando uno sciacquone si liberano velocemente dei loro problemi, ma è una liberazione illusoria.
Il passaggio da una sporca dittatura a una limpida democrazia passa per la scelta di un bagno secco. Qui vi spieghiamo perché e come.


Non ricordo dove una volta avevo letto una frase semi scherzosa che in sostanza diceva: per le cose della nostra vita facciamo la stessa operazione di quando installiamo un nuovo software sul nostro computer. Ci viene proposta una lunga lista di “condizioni e termini d'uso” che noi accettiamo a scatola chiusa; se non le accettiamo, ci è impedito di installare il software, così in genere si comincia con leggere le prime due righe, poi si scende a vedere i titoli dei paragrafi, fino a che, senza sapere quasi niente di quanto ci viene chiesto, scendiamo veloci fino al tasto “accetto” e continuiamo nell'installazione che ci permetterà a breve di poter godere del nuovo software. Tutti sappiamo che probabilmente accettiamo una serie di cose che non saremmo ben disposti ad accettare così, a cuor leggero. E questo mi sembra un fatto abbastanza grave. Ovviamente non nel caso dell'installazione di un software, ma quando i “termini e le condizioni d'uso” riguardano la nostra vita di tutti i giorni. Anche perché non ci mettiamo nelle mani di una compagnia informatica che sviluppa software, ma nelle mani di gruppi di potere ben più loschi. Il fatto grave è che, pur di utilizzare quello che ci appare davanti agli occhi e che ci fa prendere la smania, ad esempio guidare una macchina, non ci viene proposto un foglio che recita: “Io dichiaro di contribuire all'arricchimento delle compagnie petrolifere, di inquinare il pianeta, di pagare le imposte allo stato, alle compagnie assicurative, di rendere necessaria la costruzione di enormi parcheggi, di tangenziali” e tutta una serie di altre cose non certo positive; però noi accettiamo ugualmente tutto questo, in modo più o meno cosciente. Magari gli amici eco-anarchici non saranno d'accordo, però guidare una macchina per spostarsi da un luogo ad un altro non è necessariamente un delitto, in mancanza di altre soluzioni altrettanto efficaci e più auspicabili. Ciò che invece un anarchico non può negare è il delitto di non assumersi la responsabilità delle proprie azioni, della propria vita. Ovvero di scegliere coscientemente, sottostando a necessità reali e valutando i mezzi a disposizione, la soluzione migliore per risolvere un problema pratico. È questo in sostanza il principio anti-autoritario fondamentale della “scienza anarchica”, iniziata da Kropotkin e poi portata avanti da molti altri libertari – uno su tutti, Colin Ward con il suo cosiddetto “anarchismo pragmatico”.
Alla base dell'autoritarismo, a cui si oppone l'anarchismo, vi sta il principio della delega, del delegare ad altri, a forze estranee la responsabilità di ciò che succede, ciò che facciamo, ciò che pensiamo, di tutto quanto ci riguarda e di cui non siamo che spettatori. Questo meccanismo è un gatto che si morde la coda, perché chi rappresenta l'autorità ha tutto l'interesse a mantenere lo status quo e quindi a incoraggiare i “cittadini” a delegare i problemi della vita. D'altro lato il principio della delega, la consapevolezza che c'è qualcun altro che si preoccupa della propria vita, alimenta nei cittadini quella passività che li induce a preoccuparsi più di vedere le foto della sposa del tal principe o vedere la partita di coppa dei campioni, piuttosto che preoccuparsi – per esempio – dell'aria inquinata che respirano, o del cibo chimicamente alterato che mangiano. È questa stessa passività, causa di tanti mali, che ci induce a cliccare a cuor leggero su “accetto” e a dare così per scontate molte cose che fanno parte della nostra vita quotidiana, che accettiamo solo perché rappresentano la norma o perché erano lì prima che noi nascessimo. Cose che diamo per scontate e che, per l'appunto sconteremo, forse non sulla nostra pelle, ma di certo su una vita vissuta al di sotto delle possibilità umane.

Cioè urinare e defecare

Noi che ci dichiariamo “anti-autoritari” rivendichiamo il rifiuto della delega e l'assunzione di un atteggiamento auto-responsabile nei confronti della società e della vita. Tuttavia spesso è una tendenza dello spirito, che si rende ben visibile solo quando ci porta a scontrarci con le leggi statali o le più severe norme del conformismo, ma a volte non si riduce ad altro che ad un look o un gesto. Se un tale atteggiamento lo facciamo giustamente affiorare quando si tratta di fumare una canna, di fare cortei non autorizzati, di occupare un edificio, di piantare fiori in un'aiuola pubblica piena di cartacce, dovremmo ancor più farlo risaltare quando riguarda aspetti fondamentali della vita quotidiana, come il soddisfacimento dei bisogni primari e i problemi pratici più urgenti della società attuale, per esempio l'alimentazione, l'abitare, il trasporto, la gestione dei rifiuti.
Tra i bisogni primari e i problemi pratici rientra sicuramente un'attività che accomuna tutti gli esseri viventi: per l'appunto l'attività di “fare i propri bisogni” o, usando termini tecnici, urinare e defecare. Oltre a rappresentare un problema reale e serio di cui si parla molto poco, credo che quello del bagno sia un ottimo esempio per spiegare come le vie dell'anarchia siano davvero infinite e ancor più per dimostrare come l'anarchia – intesa come un'assenza di autorità, e conseguentemente assunzione di responsabilità – può davvero essere considerata il metodo migliore per risolvere i problemi della vita.
Non credo ci sia bisogno di una ricerca storico-scientifica per poter affermare che a questo bisogno primario esistono quattro soluzioni principali: la prima è il campo aperto che, nelle sue varianti dal bosco alla buca nel terreno, è tuttora un metodo usato ed efficace in tutto il mondo. È il metodo naturale, adottato da tutti gli animali e che in natura non ha mai comportato l'insorgere di alcun problema ulteriore, a cui l'uomo civilizzato si è sottratto per il sopraggiungere di altri “problemi” quali l'urbanizzazione, la mancanza di condizioni igieniche accettabili, le malattie infettive, o semplicemente per una giusta questione di comfort, perché in fondo – per quanto i primitivisti possano non trovarsi d'accordo – come dice Vaneigem “vivere significa vivere meglio”.
Dopo il metodo più antico, il più moderno: il bagno chimico, per intenderci quello degli aerei, dei camper o quello che si vede in occasioni di feste popolari e concerti o nei cantieri edili. Alternativa al bagno allacciato alle fognature, viene utilizzato solo per particolari ambienti o particolari occasioni dove appunto non sia possibile l'uso delle fognature; mai viene preferito al bagno convenzionale quando è possibile un allacciamento alla rete fognaria, inoltre – per via dell'uso di agenti chimici (anche pericolosi, come la formaldeide) – non è certo da considerarsi “amico dell'ambiente”.
Il bagno convenzionale, ovvero il bagno allacciato alla rete fognaria, è il metodo comunemente in uso in – si può dire – tutte le città del mondo, specialmente nei paesi industrializzati, dove già da parecchi decenni costituisce la norma per la risoluzione del problema delle deiezioni umane. Introdotto già dai Romani (le loro fogne erano vere opere d'arte ingegneristiche, al pari degli acquedotti), fu soltanto in età industriale che le principali città vennero dotate di un sistema fognario. La rete di Parigi venne instaurata nel 1854 su sollecitazione del prefetto Hausmann, circa un decennio più tardi fu redatto il progetto per un moderno sistema fognario anche a Milano.
Così come avverrà più tardi per l'automobile (ritenuto un mezzo ecologico, che doveva finalmente risolvere il problema dei carri a trazione animale, causa – per restare in tema – di mucchi di escrementi sparsi ovunque per le vie delle città) anche la rete fognaria moderna venne senz'altro salutata come un'innovazione liberatrice da molte spiacevolezze della vita urbana. In realtà, e proprio come l'automobile, il bagno convenzionale è un esempio del famoso progresso-regresso, ovvero di una conquista tecnologica o sociale che apparentemente sembra un progresso ma presto si rivela un arretramento. L'introduzione del bagno convenzionale allacciato con il sistema fognario aveva permesso una serie di benefici oggettivi, ad esempio aver consentito la costruzione di abitazioni ad alta densità, e soprattutto aveva infinitamente innalzato i livelli di igiene – e conseguentemente di salute – nei centri abitati; tuttavia questa soluzione, per quanto allora potesse sembrare perfetta, non è affatto idilliaca: fate una breve ricerca sull'inquinamento idrico e tra le cause, dopo l'inquinamento da attività industriale, troverete l'inquinamento da “normali attività umane”.
Ricordo di aver letto una volta che gli esseri umani sono gli unici mammiferi a fare i loro bisogni dentro all'acqua, eccetto ovviamente quei particolari mammiferi che dentro l'acqua ci vivono. Si potrebbe giustificare questa stravaganza umana con il luogo comune per cui gli uomini sono più avanzati degli altri mammiferi, eppure proprio il fatto di costituire un caso unico in natura dovrebbe far riflettere sul nostro presunto grado di evoluzione. Fino a non molti decenni fa nelle città italiane era cosa normale per i ragazzi scendere al fiume e farvi il bagno, ancora prima si andava al fiume per prendere l'acqua da bere. Abbeverarsi da un fiume, dalla sua sorgente fino alla foce, dovrebbe essere una cosa normalissima e naturale, ma oggi questa possibilità ci viene preclusa dall'inquinamento.

Un esempio della struttura di un bagno secco

Non è meglio un bagno secco?

In Patagonia, terra mapuche, ho avuto la fortuna di assistere a una cerimonia mapuche – cosa rara per un winka (un non-mapuche). In un momento di pausa ero in fila ad un ruscello per riempire d'acqua la mia borraccia. Un ragazzo mapuche mi chiese se nel mio paese si poteva bere l'acqua dei fiumi. Io gli risposi che sì, in montagna si può bere, però nelle altre aree no, perché i fiumi sono inquinati. Glielo dissi quasi vergognandomi. Lui mi chiese se non c'erano bagni secchi nel mio paese, io ancora una volta gli dovetti dire di no, che alcuni ecovillaggi sulle montagne li hanno, però il numero è insignificante. Lui mi rispose semplicemente “que malo!”.
Sempre in Patagonia, nella famiglia-comunità mapuche dove risiedevo e lavoravo, ho sperimentato per la prima volta il bagno secco e adesso, se potessi scegliere quale bagno usare, sicuramente userei il bagno secco. Dario, il mio amico mapuche, aveva anche un ostello, con all'interno un bagno convenzionale sulla cui parete c'era scritto: “fuori c'è un bagno secco, è divertente, amico dell'ambiente e da lì potete godere della vista!”. Dentro il bagno secco c'era un cartello in spagnolo e in italiano (scritto probabilmente da una ragazza di Ya Basta passata di lì) che spiegava in modo divertente l'uso del bagno secco e esordiva dicendo: “è giunto il momento di assumerci la responsabilità della nostra merda! Il bagno secco arricchisce la terra anziché impoverirla”.
Il bagno secco (o bagno a secco, o compost toilet, o dry toilet) è stato brevettato più o meno nello stesso periodo in cui si cominciarono a costruire le fognature moderne (nel 1873 da Henri Mouleil) però non ha mai avuto una grande diffusione, oscurato dal successo del bagno convenzionale.
La principale caratteristica del bagno secco, come suggerisce la parola stessa, è fare a meno dell'acqua per lo smaltimento delle deiezioni. Queste inoltre vengono separate, solide da una parte e liquide da un'altra. Entrambe verranno poi utilizzate come fertilizzanti per piante e alberi.
L'utilizzo del bagno secco è ovviamente molto semplice e di fatto non differisce dal bagno convenzionale se non per il fatto che, una volta sbrigata la pratica, anziché pigiare un bottone e “tirare l'acqua”, bisogna gettare all'interno segatura (o cenere) nel caso di deiezioni solide, sciacquare con un poco di acqua nel caso di deiezioni liquide.
Le feci vengono deposte in un contenitore rimovibile posto al di sotto della seduta, qui subiscono una rapida decomposizione aerobica (la funzione della segatura è quella di ridurre i mal odori) e una volta che il contenitore è pieno viene rimosso e lasciato a riposare; dopo un periodo inferiore a 6 mesi le feci si saranno trasformate in un ottimo compost per piante e alberi.
Le urine, grazie a un sistema che può consistere in un semplice imbuto posto sotto la parte anteriore della tavoletta, vengono raccolte in un contenitore a parte; diluite con acqua, diventano anch'esse un nutrimento per la terra, ottimo per gli alberi da frutto.
Di fatto il compost toilet non presenta alcuno svantaggio rispetto al bagno convenzionale, eppure accade spesso che persone abituate al bagno convenzionale storcano il naso se gli si parla di bagno secco, anche se magari non sanno cos'è né come funziona. Alcune ditte producono bagni secchi preconfezionati in versioni simil-bagno convenzionale, con elementi in ceramica bianca e tutto il resto, tuttavia, se vogliamo assumerci la responsibilità della nostra merda, tanto vale non delegare fin dall'inizio e provvedere da sé alla costruzione del bagno. Visto che spesso è presente in contesti di vita ecologica è posto al di fuori delle case, per una questione di praticità, però può benissimo essere incorporato all'interno delle abitazioni. Inoltre, per la sua semplicità – non sono necessarie tubature né materiali particolari – viene spesso auto-costruito in modo piuttosto spartano con materiali “poveri”, anche se, in teoria, potrebbe essere realizzato anche in oro e avorio, cosa che non avrebbe un grande senso, visto che chi sceglie il bagno secco lo fa per altri motivi che non la comodità o il lusso, pur non essendo costretto a rinunciarvi: il bagno secco è un lusso per l'anima e una comodità per la coscienza.
A parità di costo si può costruire una dry toilet comoda quanto un bagno convenzionale, tuttavia, con anche meno di 200 euro e in climi temperati, è possibile costruire un bagno secco efficiente e più che decoroso utilizzando tecniche di costruzione alternativa con materiali naturali e di recupero. Il mio maestro bio-costruttore, il messicano Juan Carlos Hidalgo (che son sicuro può costruire un bel bagno secco in due giorni e con ben meno di 100 euro), mi ha insegnato come basta porre nella maniera giusta una bottiglia di plastica al di fuori del bagno per trasformarla in una trappola per mosche. Mi ha anche raccontato di una curiosa festa che aveva organizzato una sua amica per inaugurare il proprio bagno secco: bere e mangiare a volontà e gratis per tutti gli invitati, però era vietato andarsene senza passare prima dal bagno e pagare “in moneta contante”.
Ciò che è più importante è che il bagno secco non spreca acqua (il bagno convenzionale spreca oltre 10 litri ogni volta che viene usato), non inquina l'acqua e nemmeno la terra, che a fine processo viene addirittura arricchita. Il bagno secco è un ottimo esempio per insegnare ciò che l'essere umano dovrebbe diventare: un animale evoluto. Anche in bagno, come in mille altri campi di battaglia, è già iniziata la lotta per un'evoluzione dell'umanità. Forse non sarà abbastanza per ritornare a sguazzare e bere nei fiumi di città, però se il bagno secco rimpiazzasse il bagno convenzionale aiuterebbe se non altro a ritrovare degli esseri umani consapevoli sotto ogni aspetto della responsabilità di vivere, al posto di persone che tirando uno sciacquone si liberano velocemente dei loro problemi; ma è una liberazione illusoria, è il passaggio da una sporca dittatura a una limpida democrazia.

Michele Salsi