rivista anarchica
anno 44 n. 387
marzo 2014


prospettive

Oltre le stratificazioni del potere

di Andrea Papi


In alternativa alle vecchie strategie di scontro frontale con lo Stato, dovremmo impegnarci a costruire una società alternativa
che si forma dentro la società esistente, per superare delegittimandoli i sistemi di dominio che ci stanno soffocando.


Se mi chiedessero come si può combattere il potere, risponderei intriso di una sincera tensione anarchica volta ad agire e pensare per una situazione sociale che riesca a farne a meno. Direi che si può tentare di contrastarlo in diverse maniere, cercando di non farsi intrappolare in conflitti diretti dalle caratteristiche militari, evitando di affrontarlo in campo aperto in uno scontro all'ultimo sangue.
Il motivo è semplice: l'esperienza e la storia dimostrano con sufficiente evidenza che sul piano del combattimento diretto tra forze armate del potere e popoli in rivolta, questi sono quasi sicuramente destinati a sonore sconfitte. Per i poteri di tutte le risme, da quelli costituiti a quelli più occulti, lo scontro bellico è il più confacente. Anche in quei pochi casi in cui si riesce a vincere qualche battaglia, quasi mai risultati e conseguenze postume producono situazioni di effettiva liberazione. Per mettere in moto processi di emancipazione si devono perciò cercare e sperimentare strade e percorsi politici e sociali in grado di far emergere l'alternativa all'esistente.
Bisogna innanzitutto diventare consapevoli di come effettivamente sia fatto il nemico.
Al di là delle semplificazioni continuamente propinateci, è qualcosa di abbastanza complesso, in alcuni casi intricato. Intendo il potere come forza che s'impone, anonima o identificabile che sia. È la possibilità di costringere o indurre gli altri al di là della loro accondiscendenza. Nel corso dei millenni in cui ha preso forma e consistenza ha imparato a manifestarsi in svariati modi, mostrando una natura duttile e proteiforme. Nell'attuale fase senz'altro si può dire che è stratificato e, senza necessariamente palesarsi, agisce in modi differenziati con grande capacità eclettica. Ma la cosa più importante è che si è impostato per agire in più forme e in più direzioni, riuscendo in pieno a realizzare l'esercizio del dominio, che è la spinta teleologica della sua natura.
Abbiamo così a che fare con un potere enormemente vasto, multiforme e versatile, che ci ammanta e ci occupa l'arco dell'intera esistenza, riuscendo praticamente a insinuarsi, anche in modi raffinati, in tutti gli aspetti esistenziali delle nostre vite. C'è senz'altro la microfisica del potere di cui parla Foucault, presente nelle dinamiche interne alle relazioni e alle interrelazioni. Un potere impersonale, onnipresente, che non ha dimora fissa e che opera tramite meccanismi anonimi in ogni anfratto della società, un insieme di rapporti di forza diffusi in ogni luogo localmente e non riconducibili ad una sola sede.

Senza dare ordini

Da sempre conosciuto e temuto, continua ad esserci il classico potere gerarchico, che si fonda sul rapporto comando/obbedienza. È ben presente nelle istituzioni, negli apparati burocratici, nelle aziende, nelle strutture militari e paramilitari, dovunque chi comanda ritenga necessaria la presenza visibile di autorità costituite.
Attualmente è sempre più diffuso un potere normativo anonimo, impersonale, spietato e molto pregnante. Senza tregua e senza eccezioni regolamenta ogni aspetto della nostra vita, imponendo gusti comportamenti e usi, sia ordinari sia straordinari. Con la motivazione e la scusa che sia necessario creare regole per una “buona convivenza ordinata”, viene imposta una regolamentazione iniqua e ossessiva che di fatto impedisce ogni autonomia, individuale e collettiva. È ossessiva perché investe ogni aspetto, anche il più piccolo, delle esistenze individuali ed iniqua perché colpisce in modo efferato e disumano non ammettendo discussioni né trasgressioni. Incappare in continuazione in regole e regoline imposte che delimitano i movimenti, spesso senza neanche capire perché, rende sgradevole la conduzione dell'esistenza.
Sovrastante su tutto c'è un potere insinuante molto pericoloso. Non si percepisce se non per gli effetti che provoca, non esige, non intima, non comanda, non si espone e non si palesa. Non ne ha bisogno. La sua forza risiede nella capacità egemonica di saper indurre senza dare ordini e di determinare le condizioni che costringono, accerchiano e sopraffanno senza possibilità di replica e senza subordinarti direttamente. È l'attuale vero potere di dominare perché annichilisce al pari della detonazione di una bomba. È il dominio più assoluto e incontrastato finora espresso, quello esercitato per esempio dalla elite della rete finanziaria che sta mettendo in ginocchio le masse non abbienti del pianeta. Agendo soprattutto al livello della virtualità tecnologica computerizzata è riuscito ad eliminare in senso proprio ogni terreno di scontro, per cui è concretamente impossibile organizzare qualsiasi guerra di contrasto contro di esso.
L'attuale sfacciata intrusione del potere, versatile e poliedrica insieme, ci subissa e ci costringe a diventarne succubi. Come una piovra multiforme ci avvolge tra le spire dei suoi tentacoli e ci soffoca. Sempre più inafferrabile, col progressivo avanzare ossessivo dell'invadenza tecnologica si trasferisce dalle istituzioni e dagli apparati ad entità e situazioni occulte, sfuggenti e inaccessibili, che hanno sviluppato al massimo l'abilità di indurre a piegarci alle condizioni che loro determinano. Il dominio che conta, quello che ti forza ad essere secondo i suoi dettami, in sostanza non ha più bisogno di sedi fisiche in senso stretto. Senza sedi centrali direttive agisce quasi esclusivamente a livello invasivo, condizionando e determinando la qualità dell'esistenza di ognuno di noi.
Per questo è praticamente impossibile eliminarlo colpendolo direttamente. Per questo perde di senso l'azione che vorrebbe demolirlo con la forza. Si possono abbattere re, dirigenti e strutture, ma se non si annullano contestualità e insieme che permettono di dominare, sicuramente il sistema che si voleva abbattere si riproduce potenziato, aggiornato e perfezionato dall'esperienza. Oggi siamo ben oltre re e dirigenti e ben altre caratteristiche distinguono l'esercizio egemonico del dominio, che induce apparati e strutture, compresi gli stati nazionali, ad aggiornarsi per amministrare i territori in funzione di ricevere e subire la qualità della sua “consistente virtualità”.

Intenti comuni e prospettive dichiarate

Il tempo della guerra guerreggiata contro il potere è finito, perché per la sua natura il suo esserci e agire si pongono oltre gli spazi e la tempistica che permettono lo svolgersi di un conflitto. Si può continuare ad illudersi di combatterlo e seguitare a predisporre il necessario per le battaglie. Ma non si riuscirà ad abbattere o conquistare i luoghi e i palazzi del dominio perché non esistono più, né a ingaggiare una battaglia direttamente contro di lui. Ci si scontrerà sempre con qualcosa che gli è funzionale, che sarà solo una sua propaggine o una sua creatura, ma non sarà lui. Non si può condurre un conflitto bellico contro una virtualità incombente. Le varie guerre che hanno scandito le narrazioni rivoluzionarie tradizionali si sono trasformate in classiche guerre contro i mulini a vento. Sono diventati paradigmi inconsistenti che hanno perso di senso.
Anche noi dobbiamo cominciare seriamente a porci oltre e ridefinire l'immaginario. Se si vuol riconquistare il terreno, sia simbolico sia concreto, delle possibilità di emanciparsi dalla subordinazione politica dalla servitù e dallo sfruttamento, c'è la necessità di sganciarsi dall'epica iconografica della rivolta e di scendere dalle barricate. La rivoluzione sociale, non intesa in senso insurrezionalista ma di trasformazione radicale delle relazioni sociali e comunitarie, va ripensata reimmaginata e sperimentata. La prospettiva non può più essere quella dell'evento/scontro bellico vittorioso, mentre deve diventare quella della costruzione e sperimentazione di alternative radicali, autogestite e libertarie.
Una molteplicità di esperienze con intenti comuni e prospettive dichiarate di addivenire al superamento del presente stato di cose. Una rete non istituzionale di solidarietà, promozione e sperimentazione libertaria, che attivi cooperazione e mutualismo attraverso pratiche ed esperienze autogestite. Cooperative di produzione e distribuzione, banche di mutuo soccorso e monete locali svincolate dai lacci avvinghianti della morsa finanziaria, tutte autogestite e sotto il controllo popolare. La società nel suo insieme dovrebbe tendere a ridefinirsi, per cercare di ricostruirsi autonomamente dalle logiche oligarchiche di potere. È la prospettiva di una società alternativa che si forma dentro la società esistente, per superare delegittimandoli i sistemi di dominio che ci stanno soffocando.

Andrea Papi