rivista anarchica
anno 44 n. 389
maggio 2014


Bob Dylan

Amore e furto

di Giovanni A. Cerutti

A Cheveu-de-Vénus,
venuta dal mare

Nel capitolo conclusivo della biografia di Bob Dylan1 pubblicata nel 1986 dopo una attesa di quasi vent'anni, Robert Shelton si chiedeva quale ne sarebbe stato il futuro artistico immaginando due possibili scenari, ricalcati sulla parabola di due grandi poeti: Arthur Rimbaud, che smise di scrivere a diciannove anni dopo aver lasciato un segno indelebile nella storia della letteratura, e William Butler Yeats, che alla soglia dei settant'anni aveva attraversato nuovamente una stagione di grande creatività. Dylan allora di anni ne aveva quarantacinque, ma aveva già lasciato un segno indelebile nella storia della musica popolare, ridefinendo il senso stesso della scrittura delle canzoni, esplorandone le capacità espressive e affrancandole definitivamente dall'industria dell'intrattenimento. Anche se da quel momento in poi non avesse scritto più nulla di significativo, la sua opera era già diventata un punto di riferimento decisivo.
Sappiamo dalle biografie pubblicate successivamente a quella di Shelton2 e, soprattutto, da fugaci accenni lasciati filtrare molto discretamente in alcune pagine di Chronicles,3 che tra il 1987 e il 1988 Dylan attraversò una profonda crisi, che lo portò a dubitare sul suo futuro di musicista e di compositore. Nelle stesse pagine, Dylan racconta anche di come sia riuscito a superarla, decidendo di rimettere al centro del suo lavoro la sua attività di performer, per ritrovare un contatto diretto con il pubblico il più possibile simile a quello dei suoi esordi, quando suonava nelle coffee house del Village, rifiutando la logica delle grandi produzioni che molti dei suoi coetanei stavano definitivamente abbracciando in quegli anni. Da allora sta attraversando senza soluzione di continuità il mondo e le città più sperdute e improbabili della provincia americana, suonando in arene di piccole dimensioni a un ritmo di circa centoventi concerti all'anno,4 continuando in questo modo a dialogare quasi ogni sera con le sue canzoni. E lavorando sulle infinite combinazioni ritmiche e melodiche che le restituiscono in vesti sempre diverse, esplora la loro capacità di continuare a descrivere quello che succede nel mondo. Intervistato da Mick Brown durante il tour europeo del 1984, Dylan mostra di avere chiara consapevolezza del valore del suo lavoro e del significato di far vivere i suoi testi nei concerti: «Per me nessuna delle canzoni che ho scritto è veramente datata. Catturano qualcosa che non sono mai stato capace di migliorare, qualunque sia il loro contenuto. Una canzone come Maggie's Farm... Posso essermi sentito così l'altro giorno e posso sentirmi così domani. La gente dice che si tratta di nostalgia, ma non capisco cosa intendano veramente. A Tale of Two City è stato scritto cento anni fa. Questo termine “nostalgia” è solo un altro modo che usa la gente per definirti e per collocarti dove pensano di riuscire a capirti. È solo un'altra etichetta».5
Oltre che a rimettere mano al suo repertorio, nel suo tour infinito Dylan ha cominciato a frequentare ancora più intensamente la tradizione della musica popolare, che, peraltro, lo ha costantemente accompagnato nella sua avventura musicale. Un lavoro che lo ha portato a pubblicare nel giro di un anno due album interamente dedicati a canzoni tradizionali, vecchi blues e standard della musica americana.6 E che è stato all'origine di una nuova intensa stagione creativa, dopo sette anni trascorsi senza pubblicare dischi di inediti.7 «C'è stato un tempo quando arrivavano tre o quattro canzoni contemporaneamente, ma quei giorni se ne sono andati da un pezzo», così in un'intervista rilasciata a Robert Hilburn nel 1992. «Ogni tanto una canzone arriva come un cane da guardia al cancello e chiede di essere scritta. Ma la maggior parte delle volte la mia mente la rifiuta. Ti ritrovi a pensare se c'è qualcuno che ha davvero bisogno di ascoltarla. Si arriva al punto di aver scritto abbastanza canzoni. Lasciamole scrivere agli altri».8
Time Out Of Mind, dai tempi dei tempi, titolo dagli echi shakespeariani, arriva nei negozi alla fine di settembre del 1997 e riporta al centro dell'attenzione il lavoro di Bob Dylan. Le nuove canzoni hanno una profondità misteriosa che affonda le sue radici al centro della tradizione della musica popolare e le pone fuori dal tempo. Si affacciano meditazioni sulla morte e sul senso della vita, in cui la sapienza compositiva si mescola con la consapevolezza delle proprie capacità espressive. Da allora sono usciti altri quattro dischi9 che, uno dopo l'altro, hanno ottenuto riconoscimenti e premi quali i Grammy Awards e persino un Oscar10 - che per qualche tempo ha seguito Dylan nei concerti appeso al palco per i piedi a testa in giù - e ricevuto recensioni sempre più convinte della critica, raggiungendo contemporaneamente un inaspettato successo di pubblico. Non solo sono quasi tutti finiti al primo posto nelle classifiche europee, ma nel 2006 Modern Times è arrivato al primo posto anche nelle classifiche americane. A sessantacinque anni Dylan è l'artista più anziano a essere riuscito nell'impresa. L'ultima – e unica, Dylan ha venduto molto nella sua carriera, ma non moltissimo – volta che gli era capitato era stato nel 1976, con Desire, il disco che conteneva la storia di “Hurricane” Carter. Sul punto di seguire le orme di Rimbaud, magari senza finire a commerciare armi e schiavi, aveva ritrovato la sua strada come Yeats.
Parallelamente sono arrivati riconoscimenti sempre più prestigiosi al valore che la sua opera ha assunto nella cultura contemporanea, quali l'inserimento tra i candidati al premio Nobel per la letteratura, il Kennedy Award, il Pulitzer, il Polar Prize, la Medal of Freedom e la Legione d'onore della Repubblica francese.11

Bob Dylan
La voce di una generazione

Dylan si era affermato sulla scena musicale a poco più di vent'anni12 come la voce più originale e potente della sua generazione tra il maggio del 1963 e il gennaio del 1964, con la pubblicazione degli album The Freewheelin' Bob Dylan13 e The Times They Are A-Changin'',14 che contenevano canzoni quali Blowin' In The Wind, Masters Of War, A Hard Rain Is A-Gonna Fall, Don't Think Twice, It's All Right, The Times They Are A-Changin', The Lonesome Death Of Hattie Carroll, One Too Many Mornings, With God On Our Side. Quei versi mai ascoltati prima in una canzone, quelle melodie allo stesso tempo antiche e modernissime e quella voce inafferrabile e indescrivibile che dava vita a quei testi con una profondità vertiginosa sembravano fissare l'identità di una generazione che prendeva la parola sulla scena pubblica. Dylan cantava l'inquietudine di chi più che cercare il proprio posto nel mondo, ne sperimentava tutti i limiti e le costrizioni, a cominciare dalle regole e dalle pratiche entro cui si svolge la vita associata. Ma con accenti del tutto nuovi, che ne costituivano il fascino, anche se molte volte finivano per rifluire in letture molto più militanti e tradizionali. Così Blowin' In The Wind15 diventa prima ancora di essere incisa un inno da cantare nei cortei a sostegno delle battaglie per i diritti civili, uno strumento di lotta politica. Anche se il suo verso più significativo «Yes, 'n' how many times can a man turn his head/Pretending he just doesn't see?» - quante volte un uomo può voltare la testa, fingendo di non aver visto - allude a una complessità difficilmente riducibile entro gli schemi della dialettica politica. Mentre il ritornello di The Lonesome Death Of Hattie Carroll16 si rivolge con durezza a chi pensa di riscattare il destino delle vittime facendone un simbolo di battaglie politiche, mentre l'unica realtà che conta è che le vittime sono vittime e nessuna battaglia restituirà loro ciò che è stato loro tolto. Nelle canzoni d'amore o meglio di disamore, come con brillante calco pavesiano traduce Alessandro Carrera, le famose anti-love songs, invece, si riflette un nuovo modo di concepire i rapporti di coppia, slegato dai vincoli imposti da norme sociali ormai prive di legami con la realtà che dovrebbero interpretare, e per la prima volta vengono raccontati anche la competizione nevrotica, il rancore e l'impossibilità di colmare le distanze e di riuscire a stare davvero insieme. «It ain't no use to sit and wonder why, babe/It don't matter, anyhow/An' it ain't no use to sit and wonder why, babe/If you don't know by now/When your rooster crows at the break of dawn/Look out your window and I'll be gone/You're the reason I'm trav'lin' on/Don't think twice, it's all right»17 come canta in Don't Think Twice, It's All Right.
Con la reinvenzione delle forme rock, attraverso sonorità scintillanti e inedite che sostengono immagini potenti e sempre più visionarie, che caratterizza i tre album - tre inarrivabili capolavori che da allora continuano a influenzare direttamente o indirettamente chiunque si metta a scrivere canzoni - pubblicati nel giro di un anno e mezzo nel frenetico biennio 1965-66, Bringing It All Back Home, Highway 61 Revisited, Blonde On Blonde,18 Dylan riesce a restituire in modo ancora più nitido l'ansia di autenticità che la prima generazione nata dopo la fine della seconda guerra mondiale cercava di porre al centro dei rapporti umani, inestricabilmente intrecciata con la consapevolezza dell'impossibilità di afferrarla veramente. Già le canzoni di Another Side Of Bob Dylan19 avevano incominciato ad allontanarsi dalla forma e dal linguaggio folk, per esplorare nuove modalità espressive, anche se sono ancora eseguite con la chitarra e l'armonica, che a quella forma riconduce. Sono sempre di più «skippin' reels of rhyme»20 - rime in girotondo un po' sfasate - a catturare e restituire le immagini che a volte si riescono a intravedere delle campane della libertà, le Chimes Of Freedom, che suonano per tutti coloro ai quali la libertà è coartata e negata da contesti sociali conformisti - non solo per gli oppressi da sistemi politici ingiusti - e dai limiti insuperabili della condizione umana: «Tolling for the aching ones whose wounds cannot be nursed/For the countless confused, accused, misused, strung-out ones an' worse/An' for every hung-up person in the whole wide universe/An' we gazed upon the chimes of freedom flashing».21
Ma è soprattutto il colpo di batteria che introduce Like A Rolling Stone22 a spalancare la porta della mente di una generazione.23 «Once upon a time you dressed so fine/You threw the bums a dime in your prime, didn't you?/People'd call, say, “Beware doll, you're bound to fall”/You thought they were all kiddin' you/You used to laugh about/Everybody that was hangin' out/Now you don't talk so loud/Now you don't seem so proud/About having to be scrounging for your next meal/How does it feel/How does it feel/To be without a home/Like a complete unknown/Like a rolling stone?»24 Sostenuta da quel thin, wild mercury sound,25 il sottile suono selvaggio e mercuriale che viene direttamente dalla strada, si srotola la misteriosa storia di una ragazza – Miss Lonely – che capiamo aver perso tutto dopo aver vissuto una giovinezza dorata man mano che la canzone procede fornendo dettagli senza seguire una sequenza narrativa veramente organizzata. Ma come ci suggerisce il narratore nel verso finale - «When you got nothing, you got nothing to lose/You're invisible now, you got no secrets to conceal»26– si tratta soprattutto di una riflessione sulla ricerca dell'autenticità, che troviamo soltanto se riusciamo a sbarazzarci di tutto ciò che ci facciamo imporre dagli altri accecati dal miraggio di raggiungere il successo, trovando il coraggio di guardare dentro noi stessi chi siamo veramente e chi vogliamo veramente essere. Ma siccome «there's no success like failure/And that failure's no success at all»,27 bisogna avere la consapevolezza che sulla strada non c'è nessuna certezza dietro cui ripararsi. E, dunque, forse la ricerca dell'autenticità assoluta non può che essere un miraggio sempre frustrato o portare all'autodistruzione. Che sono esattamente le due strade che verranno imboccate da lì a qualche mese dai protagonisti di quella stagione dionisiaca.

Sul filo del rasoio

Nel tempo che ci separa da quegli anni vorticosi, quelle canzoni hanno mostrato di avere catturato qualcosa di più profondo di una rivolta generazionale. Guardando e respirando il proprio tempo, Dylan si era inoltrato in territori senza tempo, consegnandoci una riflessione originale sulla condizione umana, esplorata nei suoi tratti costitutivi. Il serratissimo tour mondiale28 che aveva seguito la pubblicazione di Highway 61 Revisited aveva trasformato Dylan in una star planetaria, consacrandolo, secondo la famosa definizione di Allen Ginsberg, come il poeta che si era venduto a Dio per portare la poesia nei juke-box.29 Ma mentre tutti si stavano ingegnando a scrivere testi più complicati – ma un testo complicato non è per forza un testo profondo... - e a cercare di imitare il nuovo sound, Dylan sparì letteralmente dalla circolazione. Complice un misterioso incidente in moto, forse mai veramente avvenuto, annullò le date già programmate di un nuovo tour e si ritirò a Woodstock,30 una piccola cittadina di circa seimila abitanti nello stato di New York, nella quale fin dalla metà dell'Ottocento si era stabilità una piccola comunità di artisti, soprattutto pittori. Quando nel dicembre del 1967 la radio cominciò a trasmettere le canzoni di John Wesley Harding,31 la sorpresa e lo sconcerto furono nuovamente intensi. Sostenute soltanto da un contrabbasso e da una batteria essenziale, la chitarra acustica e l'armonica di Dylan guidavano un pugno di piccoli apologhi dai forti echi biblici: «“There must be some way out of here” said the joker to the thief/“There's too much confusion, I can't get no relief/Businessmen, they drink my wine, plowmen dig my earth/None of them along the line know what any of it is worth”».32
Da allora Dylan ha continuato la sua ricerca esplorando altre direzioni musicali, guidato solo dal desiderio di arrivare a raggiungere la Bellezza, «Beauty walks a razor's edge, someday I'll make it mine»33 e dall'amore per la musica, per la sua storia e per la sua tradizione, con la consapevolezza che la canzone è una forma espressiva dotata di un suo codice autonomo. Le canzoni valgono per loro stesse, per quello che sanno trasmettere impastando voce, musica e parole e non possono essere piegate a nessun contenuto che le trascenda. Con le canzoni si può dire qualsiasi cosa, ma bisogna conoscerne il linguaggio e rispettarne l'essenza. Dall'elegia di Lay Lady Lay,34 alla fine del sogno della frontiera di Knockin' On Heaven's Door,35 al quale nel tempo ciascuno di noi ha sovrapposto la fine dei propri sogni, dalle ballate di Blood On The Tracks,36 che ci precipitano dentro il dolore di una separazione, al racconto furente della condanna di Rubin Carter,37 dallo smarrimento dell'uomo di fronte al mistero della vita di Every Grain Of Sand38 al recupero dell'essenza della musica folk di Blind Willie Mc Tell39 e The Man In The Long Black Coat,40 dall'epica del giullare di Jokerman,41 al dedalo di immagini circolari che si inseguono risucchiando narratore e ascoltatore di Brownsville Girl,42 dalla trilogia di Time Out of Mind, “Love And Theft” e Modern Times, secondo Alessandro Carrera l'ultimo grande poema modernista del Novecento, fino al recente Tempest, che prefigura l'apocalisse prossima ventura, Dylan ha approfondito e rifinito le sue intuizioni, scrivendo canzoni anche più belle di quelle che lo hanno reso famoso, conservando un'unità profonda di sguardo e di stile, all'interno della quale il rock appare solo come una stazione, la stazione adeguata a raccontare quei tempi, ma abbandonata prima che inesorabilmente, come in tutte le vicende umane, diventasse maniera. Uno sguardo definito da una ferita mai rimarginata, che si traduce in un senso perenne di mancanza, già avvertita ripensando ai giorni della sua adolescenza appena arrivato a New York: «With haunted hearts through the heat and cold/We never thought we could ever get old/We thought we could sit forever in fun/But our chances really was a million to one».43

Quel senso di inafferrabilità

Dunque, diritti civili, guerra, esclusione sociale, discriminazione razziale, satira divertita dei miti dell'americano medio, la precarietà delle relazioni amorose, l'impossibilità di essere se stessi in una società massificata, il tempo circolare della tradizione, sono capitoli di un'unica ininterrotta riflessione. Ma per essere tale una visione del mondo deve tradursi in forma, deve trovare un linguaggio adeguato alla sua essenza, anzi, deve trasformarsi essa stessa in linguaggio. È esattamente in questo passaggio che si situa l'importanza e la grandezza di Bob Dylan nell'evoluzione della forma canzone, perché Dylan è stato il primo che consapevolmente l'ha utilizzata senza sentirsi subalterno a nessun'altra forma espressiva, poesia inclusa. Si è confrontato con molti poeti, all'inizio Rimbaud e Keats soprattutto,44 ma anche con molti altri materiali, la Bibbia, innanzitutto, ma nella versione di Re Giacomo45 che ha stabilito il canone della lingua inglese – se non si conoscono storie e personaggi della Bibbia si perdono più della metà dei riferimenti - e i prodotti della cultura di massa dalla provenienza più disparata, riconducendo tutto dentro le regole della canzone. Tanto che da un certo punto in poi, esattamente dalla scrittura di Like A Rolling Stone, non ha più cercato di scrivere né romanzi, né poesie.46 La canzone conteneva tutto ciò che gli era necessario.
Molte sono le ragioni del fascino delle canzoni di Dylan, la sua voce47 innanzitutto; e al proposito esiste ormai una bibliografia sterminata, in cui spiccano lavori di grande qualità. Ma molto risiede in quel senso di inafferrabilità che sposta sempre i significati ad ogni ascolto. Quando credi di aver capito tutto, quando credi che una canzone non abbia più niente di nuovo da dirti, un nuovo ascolto ti apre prospettive inedite. Non ci ritrovi mai quello che credevi di ritrovarci; se ciò che cercate in una canzone è ricreare con nostalgia un frammento del vostro passato, non è Dylan il vostro autore. Naturalmente su questo aspetto si sono concentrate molte analisi, che hanno preso in considerazione molti punti di vista e stabilito molte genealogie e molti legami, e nonostante ciò bisogna concludere che si tratta di un talento - coltivato con disciplina, ma pur sempre un talento - e in quanto tale alla fine inclassificabile.
Ciononostante, possiamo, però, tentare di abbozzare una spiegazione, individuando, tra gli altri, due pilastri su cui poggia questo talento. Il primo è quello che David Mikics48 ha definito l'inserimento della scrittura gnomica nel modo proverbiale. Lo gnome è una forma di espressione elaborata dalla cultura della Grecia classica, un modo di esprimersi che allude senza spiegare e che richiede un'attività di interpretazione da parte di chi ascolta. Uno degli esempi più famosi e più utilizzati – anche da Mikics – per spiegare in cosa consiste esattamente è il frammento di Eraclito: «Una e la stessa è la via all'insù e la via all'ingiù». Non ci sono vere chiavi di lettura, non si tratta né di un'allegoria, né di una metafora, che usano le immagini per spiegare una realtà precisa, magari difficilmente catturabile altrimenti, ma precisa. Costringe a pensare e, soprattutto, a rendersi conto di quante sfaccettature abbia qualsiasi situazione. Il proverbio, al contrario, indica un modo di comportarsi, avvolgendolo in una sentenza.
Nei suoi versi Dylan riesce a combinare l'assertività dei proverbi – inutile dire che il suo riferimento principale è il Libro dei Proverbi – con le mutevoli prospettive che introduce lo gnome. L'effetto che si produce è un senso di mobilità di ogni verso, il cui significato piano, certo e definito, si smaterializza non appena si cerca di afferrarlo, rimandando a dimensioni altre, più profonde e significanti.49 Il secondo, invece, ce lo rivela Dylan stesso in un'intervista rilasciata nel 2004 ancora a Robert Hilburn: «Vedi, devi capire che io non sono un melodista. Le mie canzoni sono basate su vecchi inni protestanti, canzoni della Carter Family o varianti della forma blues. Quel che succede è che prendo una canzone che conosco e semplicemente inizio a eseguirla nella mia mente [...] Ad esempio, nella mia mente eseguo di continuo Tumbling Tumbleweeds di Bob Nolan, mentre guido l'auto o parlo con qualcuno o me ne sto seduto o qualsiasi altra cosa io faccia. La gente pensa che mi sta parlando e che io risponda loro, ma non è così. Io ascolto una canzone nella mia mente. A un certo punto alcune parole cambiano e allora inizio a scrivere una canzone».50 Questo procedimento compositivo, che affonda le sue radici nelle forme di trasmissione della musica popolare, ma ancor prima nell'essenza stessa della trasmissione orale, in cui a ogni esecuzione mutano impercettibilmente parole, frasi e strutture musicali, dando luogo alle innumerevoli varianti rintracciate dai ricercatori,51 spiega il fascino delle melodie delle canzoni di Dylan, quel composto instabile tra modernità e tradizione, che, ancora una volta, rimanda ad altro, mescolando prestiti e citazioni in significati del tutto nuovi. E che rivela un amore sconfinato per la musica, per la sua storia e per la sua tradizione. Love and theft, amore e furto, appunto.

Giovanni A. Cerutti
direttore scientifico dell'Istituto storico della Resistenza e della società contemporanea nel Novarese e nel Verbano Cusio Ossola

Le traduzioni dei versi delle canzoni di Dylan sono di Alessandro Carrera, tratte da Bob Dylan, Lyrics 1962 – 2001, Feltrinelli, Milano 2006, versione condotta sull'omonima edizione pubblicata da Simon & Schuster nel 2004.

Ringrazio Roberta Canevari per avermi permesso di assistere in modo del tutto privilegiato al concerto tenuto da Dylan a Barolo il 16 luglio 2012, nell'ambito del festival “Collisioni”, dandomi modo di approfondire la conoscenza dell'universo poetico e umano di uno dei grandi autori del nostro tempo.


Note

  1. Robert Shelton, No Direction Home. The Life and Music of Bob Dylan, Beech Tree Books, Sag Harbor, New York 1986, nuova edizione Blackbeat Books, Milwaukee 2011, ed. it. (parziale)Vita e musica di Bob Dylan, a cura di Riccardo Bertoncelli, Feltrinelli, Milano 1987. Shelton aveva rivelato per primo il talento di Dylan al grande pubblico. Critico musicale molto influente, molto considerato soprattutto nell'ambiente del jazz, ascoltò per la prima volta Dylan al Gerde's Folk City, un locale di Manhattan, il 26 settembre 1961, mentre apriva il concerto dei Greenbriar Boys, gruppo allora piuttosto famoso nel giro della musica folk, che avrebbe dovuto recensire per il New York Times, alle cui pagine dello spettacolo collaborava all'epoca. Shelton restò talmente impressionato dalla performance di Dylan, che lo intervistò e gli dedicò l'intero articolo, che venne pubblicato il 29 settembre. L'articolo venne poi riprodotto sulla copertina del primo disco di Dylan per il quale Shelton, con lo pseudonimo di Stacey Williams per ragioni contrattuali, scrisse anche le note di presentazione. Anche la pubblicazione del primo disco, una raccolta di canzoni folk che conteneva solo due composizioni di Dylan – Song to Woody e Talkin' New York – fu resa possibile da quell'articolo. Dylan, infatti, in quei giorni si trovava negli studi della Columbia per partecipare alla registrazione del primo disco di Carolyn Hester, prodotto da John Hammond. Hammond lesse l'articolo di Shelton e decise seduta stante di produrre l'esordio di Dylan. Bob Dylan fu pubblicato il 19 marzo 1962 e vendette circa cinquemila copie. Per molto tempo alla Columbia fu definito la pazzia di Hammond. Fin da subito Shelton cominciò a lavorare alla biografia di Dylan e per molti anni la pubblicazione venne data come imminente e molto attesa. Uscì poi nel 1986, quando nessuno se l'aspettava più.
  2. Tra le molte biografie di Dylan che sono state pubblicate dopo quella di Shelton, le più autorevoli sono: Clinton Heylin, Behind the Shades, Viking, New York 1991, nuova edizione Dylan: Behind the Shades – Take Two, Viking, New York 2000; Howard Sounes, Down the Highway. The Life of Bob Dylan, Grove Press, New York 2001, ed. it. Bob Dylan, Guanda, Parma 2002; Bob Spitz, Dylan. A Biography, Norton & Company, New York 1989.
  3. Bob Dylan, Chronicles. Volume One, Simon & Schuster, New York 2004, ed. it. Chronicles. Volume 1, Feltrinelli, Milano 2005, traduzione di Alessandro Carrera.
  4. Quello che sarebbe stato chiamato successivamente Neverending Tour – il tour che non finisce mai – prese il via il 7 giugno 1988 sul palco del Concord Pavillion a Concord in California, con una band essenziale formata da un'altra chitarra, un basso, una batteria, cui nel corso del tempo si è aggiunto poco altro. In tre dei primi concerti, Neil Young ha suonato la chitarra in alcune canzoni.
  5. Mick Brown, Bob Dylan: “Jesus, Who's Got Time to Keep Up with the Times?”, “Sunday Times”, 1 luglio 1984.
  6. Good As I Been To You è stato pubblicato il 3 novembre del 1992, World Gone Wrong nell'ottobre del 1993.
  7. Under The Red Sky è stato pubblicato il 17 settembre 1990; Time Out Of Mind il 30 settembre 1997.
  8. Robert Hilburn, What Becomes a Legend Most? A Never-Ending Tour, a New Audience and Keeping the Mystery Alive, “Los Angeles Times Magazine”, 9 febbraio 1992.
  9. “Love And Theft”, pubblicato l'11 settembre 2011, Modern Times, pubblicato il 25 agosto 2006, Together Through Life, pubblicato il 28 aprile 2009, Tempest, pubblicato il 10 settembre 2012.
  10. La canzone Things Have Changed, scritta per la colonna sonora del film di Curtis Hanson Wonder Boys, ha vinto l'Oscar come miglior canzone originale nel 2000. È stata pubblicata come singolo il 1 maggio del 2000 e successivamente inclusa nelle raccolte The Essential Bob Dylan, pubblicata nel 2000, The Best of Bob Dylan, pubblicata nel 2005, e Dylan, pubblicata nel 2007.
  11. Dylan è stato inserito nella rosa tra cui l'Accademia Svedese sceglie il vincitore del Premio Nobel della letteratura nel 1997; è stato insignito del Kennedy Award il 2 luglio del 1997 dal presidente Clinton; ha ricevuto il Polar Prize – una sorta di premio nobel per la musica – nel 2000; ha vinto il premio Pulitzer nel 2008; è stato insignito della Presidential Medal of Freedom - la più alta onoreficenza civile degli Stati Uniti - nel 2011 dal presidente Obama; è stato insignito della Legione d'onore della Repubblica francese nel 2013.
  12. Bob Dylan è nato a Duluth, nel Minnesota, il 24 maggio del 1941.
  13. The Freewheelin' Bob Dylan è stato pubblicato il 27 maggio 1963.
  14. The Times They Are A-Changin' è stato pubblicato il 13 gennaio 1964.
  15. Blowin' In The Wind è contenuta nell'album The Freewheelin' Bob Dylan.
  16. The Lonesome Death Of Hattie Carroll è contenuta nell'album The Times They Are A-Changin'.
  17. Non serve a niente stare a chiedersi il perché,/del resto che importanza ha./Non serve a niente stare a chiedersi il perché,/se non l'hai capito già./Quando il gallo canterà ai primi raggi del mattino/guarda giù dalla finestra, non ci sarò più./E a causa tua che riprendo il cammino./Non ripensarci, va bene così. Don't Think Twice, It's All Right è contenuta nell'album The Freewheelin' Bob Dylan. Noto di sfuggita che Francesco Guccini ha ampiamente saccheggiato Don't Think Twice, It's All Right per la sua Vedi cara.
  18. Bringing It All Back HomeSubterranean Homesick Blues, She Belongs To Me, Maggie's Farm, Love Minus Zero/No Limit, Outlaw Blues, On The Road Again, Bob Dylan 115th Dream, Mr. Tambourine Man, Gates Of Eden, It's Alright, Ma (I'm Only Bleeding), It's All Over Now, Baby Blue - è stato pubblicato il 22 marzo 1965; Highway 61 RevisitedLike A Rolling Stone, Tombstone Blues, It Takes A Lot To Laugh, It Takes A Train To Cry, From A Buick 6, Ballad Of A Thin Man, Queen Jane Approximately, Highway 61 Revisited, Just Like Tom Thumb's Blues, Desolation Row - è stato pubblicato il 30 agosto 1965; Blonde On BlondeRainy Day Women # 12 & 35, Pledging My Time, Visions Of Johanna, One Of Us Must Know (Sooner Or Later), I Want You, Stuck Inside Of Mobile With The Memphis Blues Again, Leopard-Skin Pill-Box Hat, Just Like A Woman, Most Likely You Go Your Way (And I'll Go Mine), Temporary Like Achilles, Absolutely Sweet Mary, Fourth Time Around, Obviously Five Believers, Sad-Eyed Lady Of The Lowlands - è stato pubblicato il 16 maggio 1966.
  19. Another Side Of Bob Dylan è stato pubblicato l'8 agosto del 1964. È passato alla storia per essere stato registrato in presa diretta interamente nella notte del 9 giugno.
  20. «Skipping reels of rhyme» è un verso di Mr. Tambourine Man.
  21. Rintoccante per gli afflitti da ferite che nessuno può curare,/per le schiere dei confusi, offesi, illusi, intossicati e peggio ancora,/ e per ogni ossessionato da ogni cosa in tutto quanto l'universo,/e noi alzammo gli occhi alle splendenti campane di libertà. Chimes Of Freedom è contenuta nell'album Another Side Of Bob Dylan.
  22. Like A Rolling Stone prima di essere inclusa nell'album Highway 61 Revisited venne pubblicata il 20 luglio 1965 come 45 giri. La canzone per la sua allora inusuale lunghezza – 5 minuti e 59 secondi – occupava entrambe le facciate. Il 24 luglio giunse al secondo posto della classifica di Billboard.
  23. L'espressione è di Bruce Springsteen che l'ha utilizzata nel suo discorso di presentazione in occasione dell'inserimento di Bob Dylan nella Rock and Roll Hall of Fame il 20 gennaio 1988. La traduzione è disponibile in Bob Dylan Play a Song for Me, a cura di Giovanni A. Cerutti, Interlinea, Novara 2011.
  24. Una volta eri sempre così agghindata,/gettavi centesimi ai barboni nel fiore dei tuoi anni, ti ricordi?/La gente ti gridava dietro, come a dire: “Sta' attenta, bellezza, che qui finisci male”./Ma tu niente, convinta che era tutto uno scherzo,/e come te la ridevi/di quelli che stavano nel giro./Adesso non parli più con quel tuo tono,/adesso non sei più tanto spocchiosa/di doverti rimediare qualcosa da mangiare./Che effetto fa,/che effetto fa,/senza un posto dove stare,/che nessuno ti conosce,/come un sasso che rotola via?
  25. Dylan ha definito il suono di quegli anni «that thin, that wild mercury sound» nell'intervista rilasciata a Ron Rosenbaum per “Playboy” pubblicata sul numero di marzo del 1978.
  26. Se non hai niente, non hai niente da perdere,/sei invisibile ormai, non hai segreti da nascondere.
  27. Non c'è successo come il fallimento/e il fallimento non è un successo di sicuro. Si tratta di un verso di Love Minus Zero/No Limit.
  28. Dopo la famosa esibizione al festival di Newport del 26 luglio 1965, durante la quale venne fischiato per essersi presentato con una band elettrica nel tempio della musica folk che l'aveva consacrato due anni prima, il tour mondiale partì il 28 agosto del 1965 dallo stadio di Forest Hill a New York e si concluse dopo novanta date il 27 maggio 1966 alla Royal Albert Hall di Londra. Nel maggio del 1965, Dylan aveva concluso un tour da solista di 27 date iniziato a febbraio, che l'aveva visto suonare negli Stati Uniti e in Inghilterra. Il leg inglese del tour è stato ripreso da D. A. Pennebaker per il documentario Dont Look Back.
  29. La risposta di Allen Ginsberg ai critici di Dylan è stata citata da Ralph J. Gleason nell'articolo The Children's Crusade pubblicato su “Ramparts” nel marzo del 1966, poi incluso nella raccolta Bob Dylan, The Early Years – A Retrospective, a cura di Craig Mc Gregor, Da Capo, New York 1990, ora disponibile in lingua italiana con il titolo La crociata dei bambini nel volume curato da Alessandro Carrera Parole nel vento. I migliori saggi critici su Bob Dylan, Interlinea, Novara 2008.
  30. Il famoso festival si tenne a Woodstock – per essere più precisi di svolse a Bethel, a circa settanta chilometri da Woodstock - perché lì viveva Dylan, con la speranza di riuscire a convincerlo a tornare a suonare dal vivo. Come noto, Dylan rifiutò. Tornò a suonare dal vivo soltanto con il Comeback Tour, accompagnato da The Band, che partì da Chicago il 3 gennaio 1974. Prima di allora si era esibito dal vivo solanto tre volte: il 20 gennaio del 1968, al Woody Guthrie Memorial Concert alla Carnegie Hall di New York, in cui cantò accompagnato da The Band tre canzoni di Woody Guthrie, che era morto il 3 ottobre del 1967; il 31 agosto del 1969 al Festival dell'Isola di Wight, con un set di circa un'ora, sempre accompagnato da The Band; il 1 agosto del 1971 al Concerto per il Bangladesh al Madison Square Garden di New York, con un set acustico di cinque canzoni, accompagnato da George Harrison, Ringo Star e Leon Russell.
  31. John Wesley Harding venne pubblicato il 27 dicembre 1967.
  32. “Ci dev'essere un modo di uscire di qui” disse il buffone al ladro./“C'è troppa confusione, non ho un attimo di pace./Gli affaristi mi bevono il vino, i braccianti mi sfruttano la terra,/nessuno da qui a chissà dove ha idea di quanto valga tutto ciò.” Sono i versi iniziali di All Along The Watchtower, la canzone più eseguita in assoluto in concerto da Dylan. Al dicembre del 2013 contava 2186 esecuzioni, persino più di Like A Rolling Stone, eseguita 2010 volte.
  33. Corre la bellezza sul filo del rasoio, un giorno sarà mia. È un verso di Shelter From The Storm, inclusa nell'album Blood On The Tracks.
  34. Inclusa nell'album Nashville Skyline, pubblicato il 9 aprile 1969.
  35. Inclusa nell'album Pat Garrett & Billy The Kid, pubblicato il 1 maggio 1973. L'album è la colonna sonora dell'omonimo film diretto da Sam Peckinpah, nel quale Dylan recitò una piccola parte.
  36. Pubblicato il 17 gennaio 1975.
  37. La canzone che narra la storia di Rubin Carter, Hurricane, è inclusa nell'album Desire, pubblicato il 16 gennaio 1976.
  38. Inclusa nell'album Shot Of Love, pubblicato il 12 agosto 1981.
  39. Registrata in due versioni, una delle quali ancora inedita, durante le sessioni di Infidels, venne pubblicata soltanto nel 1991, nel terzo volume delle Bootleg Series. È una delle canzoni più belle di Dylan, forse la più riuscita insieme a Mr. Tambourine Man. Che Dylan l'abbia esclusa dall'album e recuperata soltanto anni dopo in un'antologia di materiale rimasto fuori dagli album ufficiali è il segno della profonda sfiducia nella possibilità di farsi capire che nutriva in quel periodo. La data di pubblicazione non è casuale. È il momento della scelta di inseguire soltanto il suo talento, rinunciando definitivamente a essere il monumento di se stesso. Blind Willie Mc Tell è un blues dolente fuori dal tempo, con un testo di una densità simbolica infinita; una canzone che non rimanda a nessuna scuola o maniera, sempre inattuale e per ciò stesso, sempre più attuale dell'attualità.
  40. Inclusa nell'album Oh, Mercy, pubblicato il 12 settembre 1989.
  41. Inclusa nell'album Infidels, pubblicato il 1 novembre 1983.
  42. Scritta con Sam Shepard, è inclusa nell'album Knocked Out Loaded, pubblicato il 14 luglio 1986.
  43. Con gli animi inquieti nel freddo e nel calore,/che saremmo invecchiati non ci veniva neanche in mente./Pensavamo di restare sempre assieme a divertirci,/ma il caso era un milione contro uno. È un verso di Bob Dylan's Dream, inclusa nell'album The Freewheelin' Bob Dylan.
  44. Sugli autori che hanno influenzato la scrittura di Dylan, si veda il fondamentale saggio di Christopher Ricks, Dylan's Vision of Sin, Viking, New York 2003.
  45. The King James Bible è l'edizione di riferimento della Bibbia in lingua inglese. Pubblicata nel 1611, viene detta di Re Giacomo, perché venne promossa da Giacomo I, che riunì i migliori specialisti del tempo.
  46. Soprattutto fino al 1966, Dylan ha composto molto materiale – poesie e prose, di una specie particolare, che potremmo definire prose poetiche – pensato per la pagina scritta, pubblicato soprattutto come note di copertina dei suoi dischi, o dei suoi colleghi – come il testo noto come Joan Baez In Concert Part 2, perché stampato, appunto, sulla copertina di quel disco – o sui programmi di sala dei suoi primi concerti, come My Life In A Stolen Moment. Questo materiale è stato incluso nella prima edizione dei testi delle sue canzoni, Writings and Drawings by Bob Dylan, Knopf, New York 1973, tradotto in italiano da Alessandro Roffeni nel volume Bob Dylan. Folk, canzoni e poesie, Newton Compton editori, Roma 1978. Alcune poesie, come quelle del ciclo noto come Kennedy Poems, sono circolate soltanto in edizioni pirata. Il suo unico romanzo, Tarantula, scritto durante gli anni sessanta, è stato pubblicato senza essere sostanzialmente finito da Macmillan nel 1971, quando ormai Dylan aveva perso ogni interesse, dopo avere avuto innumerevoli edizioni pirata. La migliore edizione italiana è stata curata da Alessandro Carrera e Santo Pettinato per Feltrinelli nel 2007.
  47. La voce di Bob Dylan, Feltrinelli, Milano 2001, seconda edizione 2011, è il titolo scelto da Alessandro Carrera per il suo imprescindibile libro.
  48. David Mikics, Gnomic Dylan, 2005, pubblicato in traduzione italiana da Alessandro Carrera con il titolo Dylan poeta gnomico nel volume Parole nel vento...
  49. Come esempio di questo tipo di scrittura, Mikics utilizza (p. 178, nota 7) il verso «A thousand miles behind», di One Too Many Mornings, una delle più famose anti-love song. Dire, infatti, di essere mille miglia indietro da qualcuno, anziché mille miglia lontano, come una scrittura piana suggerirebbe, introduce uno scarto di senso che richiede l'intervento attivo di chi ascolta. Se si è mille miglia lontano, c'è sempre la possibilità di raggiungere qualcuno; se si è mille miglia indietro, la distanza non può mai essere colmata. Nell'esecuzione pubblicata su The Times They Are A-Changin', l'effetto è rinforzato da una lieve esitazione prima di cantare behind. Nei concerti del tour del 1965-66, in cui la canzone venne eseguita con The Band, è introdotta una pausa musicale, dopo la quale behind è cantato in coro, enfatizzando ulteriormente l'idea di distanza incolmabile tra gli amanti. Nei concerti del 1976 del secondo leg della Rolling Thunder Revue, Dylan introduce una quarta strofa, per metà solo musicale e per metà con questi nuovi versi: «I've no right to be here/If you've no right to stay/Until we're both one too many mornings/And a thousand miles away». Non ho il diritto di essere qui/se tu non hai il diritto di restare/fino a quando tutti e due siamo lontani una mattina/ e mille miglia almeno. Come a dire, finché continua a separarci questa distanza, non possiamo proprio restare insieme, ma sarebbe ora che ci diamo da fare per colmarla. Si tratta anche di un ottimo esempio di come le canzoni di Dylan continuino a vivere nel tempo, mutando significati.
  50. Robert Hilburn, Rock's Enigmatic Poet Opens a Long-Private Door, “The Los Angeles Times”, 4 aprile 2004. Questa intervista, come le altre che ho utilizzato, dimostra che non è vero che Dylan sia elusivo con la stampa. Tutte le volte che viene intervistato da qualcuno che conosce e rispetta il suo lavoro non si sottrae al confronto.
  51. Uno dei lavori più importanti sulla poesia orale, Introduction à la poésie orale, Editions du Seuil, Parigi 1983, tradotto in italiano dal Mulino con il titolo La presenza della voce, di Paul Zumthor, grande studioso della letteratura medioevale, dedica un paragrafo a Dylan. La quarta di copertina recita: «Da Omero a Bob Dylan esiste quindi la continuità di un'arte praticata universalmente».