rivista anarchica
anno 44 n. 392
ottobre 2014




L'amore secondo il cinema italiano


I rapporti affettivi tra uomini e donne sono sempre stati retti da certe convenzioni. Quelle convenzioni che a loro volta sottostavano alle fluttuazioni di quelle che si potrebbero chiamare le “mode della morale”. Cioè il gioco dell'amore obbedisce di generazione in generazione a regole mutevoli, fino a quando l'amore finisce di essere gioco, per non essere altro che amore, vecchio sentimento difficile da decodificare, come tutti sanno.
Com'è raccontato l'amore vissuto dai giovani nei film italiani degli ultimi anni? Come viene rappresentato, analizzato, definito? Descrive con umorismo e precisione alcune regole del gioco sentimentale così com'è praticato ai nostri giorni da ragazzi e ragazze? È condizionato da alcune parole chiave care alla nostra epoca: disponibilità, lucidità, erotismo? Sembra che gli eroi delle vicende amorose contemporanee rappresentati sullo schermo abbiano dei principi proprio come li avevano i libertini del 18° secolo o come i bigotti casa e chiesa così cari alla cultura democristiana. Tanta forma, poca sostanza. A questi principi essi intendono rimanere fedeli, il che complica la loro vita e permette loro di fuggire (o almeno così loro credono) i mali che li perseguitano: la noia e la superficialità. Questo sembra raccontare il nostro cinema. Cambiano le confezioni, i protagonisti in scena, ma ciò che ci viene presentato è sempre la solita minestra. Giovani stupidi, ragazze leggere e pronte a tutto, uomini sempre arrapati e donne arriviste.
Per distrarsi questi giovani protagonisti si costruiscono una maschera, creano atteggiamenti, giocano all'infantile commedia del cinismo, dell'indifferenza, della provocazione. Negano se non l'amore almeno quello che in loro potrebbe condurveli. Sono facili alle grandi promesse e alle grandi dichiarazioni ma incapaci di prendere delle responsabilità. Nonostante la loro arroganza, sono degli infelici. Ma ne sono coscienti? E questo spiega i grandi discorsi che essi ci indirizzano e con i quali cercano di giustificarsi.
Parliamo di personaggi, ma ovviamente ci riferiamo a chi questi personaggi li crea, li scrive, li mette in scena li filma.
Il nostro cinema è incapace di costruire personaggi veritieri, come siamo normalmente abituati a incontrare nella vita di tutti i giorni. Uomini e donne pieni di contraddizioni, ma autentici. Quando vediamo questi film insipidi e vacui speriamo sempre di incontrare un giorno qualcuno o qualcosa che ce li faccia dimenticare, che ci faccia tornare il gusto e il desiderio di andare al cinema.

Bruno Bigoni

Termina con questa puntata la rubrica che Bruno Bigoni ha curato dal febbraio di tre anni fa.
Lo ringraziamo, certi che la sua collaborazione, che già si è espressa anche al di fuori della “sua” rubrica, troverà altre forme e altre occasioni per realizzarsi.