rivista anarchica
anno 44 n. 392
ottobre 2014





Il mio nome è Reloaded


In una mattina segnata dalle rughe dell'abitudine, ebbe la sua occasione di celebrità. Stava guidando nell'arido paesaggio della periferia industriale, quando la sua attenzione fu catturata dal pulmino con il logo di una nota emittente televisiva. Candid Camera Reloaded, c'era scritto più in basso. Non significava un cazzo, ma a quei tempi funzionava così. Ciò che contava, più che il senso, era la giusta parola, e così l'uomo afflitto dalle abitudini si fermò incuriosito. Scese dall'auto, e gli si presentò davanti un drappello di ufficiali televisivi.
<Siamo gli autori del programma> dissero.
<Piacere> rispose lui restando in laconica attesa.
<Vede, noi la stiamo informando di uno scherzo. Appostati dietro la prossima curva ci sono due nostri attori travestiti da agenti della polizia stradale con paletta, fischietto e tutto il resto. Tra poco la fermeranno e le contesteranno un'infrazione inesistente. Noi vorremmo che lei giocasse d'anticipo>
<Spiegatevi meglio> disse l'uomo.
<In sostanza lei avrebbe dovuto essere la vittima prescelta dello scherzo, ma questa volta abbiamo deciso di ribaltare le parti. Lo scherzo lo faremo a loro, sempre che lei sia d'accordo, s'intende...>
<Non ci capisco niente> confessò l'uomo, che sentiva crescere in parallelo la diffidenza per quell'inattesa attenzione e il desiderio di farsene coinvolgere.
<Insomma> sbuffò un secondo autore <lei, sapendo che quei due sono attori, reciterà una parte che li spiazzerà. Dovrà fermarsi bruscamente prima ancora che loro le intimino l'alt, poi scenderà e li ricoprirà di insulti. A quel punto resteranno inebetiti, e non sapendo più cosa fare, dovranno improvvisare. Noi riprenderemo di nascosto la loro reazione, ed ecco la Candid Camera Reloaded! Ah ah...>
<Ah ah...> sogghignò l'uomo senza molta convinzione. Faticava ad afferrare il lato divertente della questione, ma quella parola sembrava una garanzia. Reloaded suonava come l'ultima chiamata per salire sul treno delle occasioni perdute.
<Ma chi mi dice che quelli non mi prendano a botte?> chiese.
<Questa>
L'autore schiaffò nelle mani dell'uomo una pistola: <Tranquillo, è solo un'arma giocattolo, ma a loro sembrerà vera. E qui inizierà il bello...>
<Non è un tantino pericoloso come scherzo?>
<Mi creda, non c'è alcun pericolo. Stiamo parlando di due attori che non hanno la stazza hollywoodiana. Gente che scappa piuttosto che combattere. Di che ha paura, scusi?>
<Di niente> reagì l'uomo. <Dove si firma?>
Una donna gli allungò il foglio della liberatoria. Lo fecero firmare e lo riaccompagnarono all'auto.
<Mi raccomando... come ti chiami, scusa?> chiese l'autore più anziano.
<Giacomo>
<Ok Giacomo. Mi raccomando. Devi essere cattivo, credibile nei panni del duro. Vedrai che figata!>
<Farò del mio meglio> disse lui, galvanizzato dalla crescente confidenza con lo staff del programma.
Spinse a fondo l'acceleratore e partì in sgommata. Sarebbe arrivato veloce alla curva, avrebbe sterzato con decisione e frenato con impeto proprio davanti alla finta pattuglia.
<Ah ah, quei due sono lì che mi aspettano come il cretino di turno... figli di puttana... adesso rido io... ah ah>
Rideva ma iniziava a odiarli. Nella corsa sentiva già l'odore dello scontro. Lo sguardo era proiettato in avanti, indifferente allo specchietto retrovisore, incapace di cogliere la frenesia che si era scatenata alle sue spalle. Gli autori del programma avevano fretta di andarsene, e dopo aver smantellato la piccola postazione, salirono sul pulmino e fecero dietrofront, nel senso che andarono in direzione opposta. Uno di loro indossò una cuffia con auricolare e cominciò a parlare: <Ragazzi, come va? Il pollo sta arrivando, cotto a puntino>
<Ok, siamo a distanza di sicurezza dal posto di blocco. Non appena vediamo l'auto cominciamo a riprendere> gli rispose una voce.
<Mi raccomando. Niente rischi. Riprendete tutto senza farvi notare, gli sbirri potrebbero insospettirsi. Ufficialmente vi trovate lì per un sopralluogo, ok?>
<Ok>
Il capo degli autori si levò la cuffia e sbuffò: <Ragazzi, che tensione. Non vorrei essere nei panni di quell'idiota>
Tutto era pronto, predisposto, necessario. Tra breve nuove, scioccanti immagini avrebbero nutrito la puntata settimanale di Real Disaster – In diretta dall'inferno. In realtà era tutto registrato, ma era un dettaglio.
L'uomo guidava veloce verso la pattuglia, ormai riscattato dalle abitudini. Superata la curva vide i loro volti. Sì, li odiava quei due saltimbanchi televisivi. Sembravano poliziotti fino al midollo, ma era una chiara messinscena. Picchiò a fondo sul pedale del freno e l'auto sobbalzò in avanti nello stridente rumore di gomme. Poi scese e andò incontro ai due agenti. Uno di loro stava gridando qualcosa, la mano già alla fondina, ma lui lo anticipò puntandogli addosso la sua arma giocattolo.
Si sentiva ormai il protagonista. Reloaded il suo nome di battaglia. Il poliziotto faticò a estrarre la pistola che sembrava imbrigliata nella fondina, e quando vide l'altro in rapido e minaccioso avvicinamento, si voltò e cominciò a scappare, seguito di corsa dal suo collega.
Adesso sulla scena restava solo lui che li scherniva a distanza: <Ma dove andate, buffoni? Ho capito benissimo che cosa volevate farmi... ah ah...>
Si guardò intorno alla ricerca delle telecamere nascoste, e quando gli sembrò di scorgerne una, proprio dietro una roccia, gli uscì un grido raggiante e insensato: <Reloaded!!!>
Quelli della troupe non capirono. Smontarono in fretta l'allestimento nascosto che si era rivelato inutile e andarono a caccia di nuovi disastri.

Paolo Pasi