rivista anarchica
anno 44 n. 394
dicembre 2014 - gennaio 2015





Con il primo numero del suo ottavo anno (“A” 62, febbraio 1978) la rivista si presenta profondamente rinnovata. Intanto le pagine passano da 36 a 44, un 20% in più. Tre anni prima erano passate da 28 a 36. Poi la grafica: la prende in mano Ferro Piludu, grande amico e grande grafico, che per qualche mese salirà (da Roma) a Carrara per partecipare con noi della redazione all'impaginazione del numero, presso la tipografia anarchica di via San Piero, accanto allo storico teatro degli Animosi (dove nel corso di decenni si sono teute tante iniziative e congressi anarchici). Con Ferro viene da Roma anche Carletta Cacianti, sua “allieva” che continuerà a darci una mano anche quando Ferro si limiterà a seguire “da lontano” la nuova grafica.
Questo primo numero della nuova “A” ha una copertina, tipicamente “ferriana”, di grande impatto. Il tema dominante del numero è “mass-media e comunicazione libertaria”, come si legge in copertina e la grafica rossa e nera con le bandiere rosse che occupano progressivamente il logo della RAI colpisce e segnala un salto professionale come molti notano. Tra i numerosi articoli e interviste che costituiscono il dossier sulla comunicazione, ci piace ricordare qui una nostra intervista a Gianfranco Manfredi e a Ricky Gianco, due cantautori di punta in quegli anni (sintetizzabili nel Festival del Proletariato Giovanile al Parco Lambro di Milano, di cui “A” si era ampiamente occupata) e che in questi decenni abbiamo ritrovato più volte al nostro fianco. Fino ai giorni nostri.
Tra le altre cose presenti in questo numero 62, segnaliamo nel primo interno di copertina la cronaca e alcune riflessioni in merito all'avvenuto scioglimento dei Gruppi Anarchici Federati (GAF), dopo una decina di anni di presenza all'interno del movimento anarchico di lingua italiana. Durante questo decennio dall'ambito dei GAF sono nate varie esperienze culturali e militanti, tra le quali la stessa rivista “A”, che peraltro per lucida scelta non ne è mai stata l'espressione “ufficiale” né ufficiosa. Tra le altre iniziative ricordiamo: la Crocenera Anarchica, la nuova gestione delle edizioni Antistato, il Comitato Spagna Libertaria, la libreria Utopia di Milano (ne nasceranno poi altre due omonime, a Venezia e a Trieste) e altre ancora.
A firma del Gruppo Gioventù Anarchica di Milano (eh sì, la presenza milanese è decisamente maggioritaria nella rivista di quegli anni!) viene pubblicato lo scritto “Costituzione: la codificazione dello stato totalitario di diritto”, con una lettura tutta ideologica e senza se né ma della legge fondamentale (e, appunto, costituente) dello Stato, con la “s” maiuscola. In questo come in altri scritti (spicca tra gli altri lo scritto di apertura: “Scelta rivoluzionaria e vita quotidiana” di Luciano Lanza) si evince una concezione netta e determinata della contrapposizione e dello scontro sociale, anche se non mancano interrogativi. “La stessa rivoluzione – scrive Lanza – sembra a volte diventata una parola vuota, perché non si hanno più significati con cui riempirla: forse si è perso il senso della rivoluzione. Non c'è spesso la volontà di essere soggetti attivi e propositivi, ma ci si accontenta di vivacchiare all'insegna dei più triti luoghi comuni del sinistrese [...] Il discorso che stiamo abbozzando potrà a molti sembrare pessimistico, ma rimane il fatto che porsi determinate domande in un momento come quello attuale è quanto mai ncessario. Si deve saper valutare in modo obiettivo se le strade che stiamo percorrendo ci avvicinano alla meta prefissa”.
È questo, dell'analisi per quanto possibile disincantata e comunque critica e auto-critica, il messaggio di fondo più interessante e attuale che ci viene dalla rivista di quegli anni ormai lontani. Su tante questioni e anche impostazioni di fondo l'esperienza, o meglio le tante esperienze filtrate attraverso le nostre sensibilità individuali e “collettive”, le opinioni, i punti di approccio, le priorità sono ben diverse da quelle espresse in quegli anni. Sono cambiate le situazioni, siamo cambiati noi. Per fortuna. Guai se non fosse stato e non fosse così.
Ma questo approccio aperto, attento ai cambiamenti, aperto ai più diversi contributi di segno e sensibilità libertaria, è rimasto, anzi – a nostro avviso – si è positivamente accentuato. E fa sì che la nostra rivista rimanga ancora oggi, in un clima generale certo meno vivace di 37 anni fa, uno spazio aperto di informazione e di riflessione.