rivista anarchica
anno 45 n. 395
febbraio 2015


potere

La “non democrazia” in agguato

di Andrea Papi


La genesi della democrazia avrebbe dovuto trasferire la facoltà di decidere dal re al popolo, il quale non a caso in ogni costituzione viene definito “sovrano”. E invece...


Inefficiente e predona com'è, la cosiddetta “democrazia rappresentativa” andrebbe superata. Le ultime elezioni regionali italiane, pur parziali e limitate, mettono bene in evidenza quanto sia fallace, oltre che menzognera e ingannatrice. È veritiero e niente affatto scandaloso affermare che le modalità e i termini con cui si pone mostrano, con sufficiente chiarezza, quanto nel farsi rinneghi se stessa e i presupposti su cui s'illusero di fondarla i liberal-democratici suoi padri ideatori. Non è neppure azzardato coniugare la sua impostazione con la miriade di ignobili “malaffari” (da tempo non più straordinari) che costellano i vari palazzi della politica politicante, conseguenza ed anche frutto non secondari del rinnegamento/inganno appena sottolineato. Un collegamento neppure troppo sottile e una sottolineatura di continuità/contiguità. Seppur apparentemente di natura diversa (teorico/gestionale l'una, strettamente pragmatica e biecamente d'interesse personale l'altra), nella sostanza si tratta sempre di raggiri, truffe e inganni.
Dove starebbe l'imbroglio insito nella democrazia moderna realizzata? Per rispondere chiedetevi per che cosa a suo tempo fu pensata e poi costruita, fra l'altro con notevoli costi di lacrime e sangue. Dichiaratamente per realizzare che il “popolo” (entità socio-politica astratta dimostratasi irrealistica e surreale) non fosse più governato dall'alto di poteri monocratici e dittatoriali, ma riuscisse a governarsi da se stesso per non esser più sottomesso da chicchessia. A riprova il fatto che per raggiungere tale fine i monarchi sono stati decapitati, in senso sia letterale che simbolico, e annullate le loro corti. Al loro posto sono stati fondati i parlamenti, luoghi propriamente atti a parlare e confrontarsi come dice la stessa parola. La genesi della democrazia dunque avrebbe dovuto trasferire la facoltà di decidere e comandare dal re al popolo, il quale non a caso in ogni statuto o costituzione viene definito con grande rilievo “sovrano”.
Non solo il fine dichiarato è stato eluso, ma bellamente raggirato, irretito in maglie truffaldine che lo hanno snaturato, costringendolo verso scopi e mire che nulla hanno a che fare col senso originario, che anzi tradiscono sistematicamente. Quando si parla di democrazia si dovrebbe correttamente intendere una condizione politica per cui il popolo governa se stesso invece di essere governato. Al contrario, dal trionfo della rivoluzione americana in poi abbiamo avuto una serie di sviluppi tali per cui la democrazia è stata inesorabilmente condotta verso un progressivo concreto affossamento.

Poteri separati

A dire il vero gli anarchici di tutte le tendenze, perennemente inascoltati, fin da subito han sempre tentato inutilmente di smascherarne l'insito inganno. Personalmente ci tengo a sottolineare che non poteva essere diversamente. La democrazia avrebbe dovuto erigere forme e strutture che dovevano essere autentica espressione della volontà popolare. Invece fin da subito ha eretto poteri separati che si sono sempre imposti, senza troppi problemi anche con la violenza. Pur non essendo affatto l'unica strada, ha scelto di imporre le sue rappresentanze attraverso i partiti, i quali crearono immediatamente una dittatura partitocratica occupando con metodo spartitorio tutte le istituzioni. Soprattutto, la democrazia rappresentativa applicata ha scelto il metodo dell'imposizione della maggioranza sulle minoranze. Maggioranza non di popolo si badi, ma di delegati filtrati e scelti ovviamente dai partiti, eletti sulla fiducia senza nessun mandato, tanto meno revocabile.
L'inganno sta nel fatto che mentre promette di dare voce e decisionalità a tutti, soprattutto le persone semplici e gli ultimi, le sue applicazioni realizzano esattamente il contrario: pochi contano ed hanno potere, tutti gli altri sono sottomessi e vessati, gli ultimi esclusi ad ogni livello. In molte situazioni i risultati fattuali non hanno nulla da invidiare ai disastri delle monocrazie e delle dittature. La differenza è soprattutto di forma. Nelle democrazie diritti e uguaglianze vengono continuamente affermati (nei limiti del possibile rispettati quando non si creano fastidi), ma sistematicamente umiliati ed elusi dalle oligarchie al potere. Nelle dittature, che dichiaratamente e di fatto si fondano sull'imposizione e la repressione, non vengono neppure affermati.
Mentre tutta una serie di poteri costituiti fondamentali, come polizie, eserciti e magistratura, vengono decisi e scelti dalle élite al potere escludendo ogni intervento di volontà popolare, per la gestione ordinaria ci sono i parlamenti in cui però si può esprimere solo la casta degli eletti, che nelle ultime tornate elettorali sono diventati espressione di minoranze di elettori. Con le ultime elezioni regionali ad esempio la quantità degli astenuti, in Calabria il 66% e in Emilia-Romagna il 73%, è stata di gran lunga la forza maggioritaria. Eppure nei luoghi deputati alle decisioni questa maggioranza non ha rappresentanti né può esprimersi. È la prova della finzione ingannevole. Salta ogni rappresentanza degna di questo nome snobbando la volontà popolare. La democrazia allora non è più espressione del demos, ma di un'oligarchia che lo inganna e lo sottomette con blandi raggiri. È ormai evidente che la “democrazia rappresentativa” non riesce ad essere democratica, né tanto meno rappresentativa.
Come si può aderire o sostenere, senza esserne complici e sostenitori dei suoi inganni e delle sue falsificazioni, un'autoconclamata democrazia che per compiersi rinnega se stessa? In questo senso giocano sicuramente un ruolo di primissimo piano la diffusa mancanza di consapevolezza politica, assecondata e coccolata dagli intellettuali organici ai poteri costituiti, e una diffusissima educazione sistematica alla compiacenza. Senz'altro hanno un ruolo di primo piano anche la disaffezione e il senso d'impotenza che si stanno propagando a macchia d'olio, generate e indotte dalle continue delusioni offerte dai sedicenti democratici all'opera.
Un tale sostrato strutturale, fondato sull'inganno perché sistematicamente dichiara una cosa mentre ne fa un'altra, crea di fatto le condizioni, prima simboliche poi pragmatiche, per costruire inganni su inganni, dando inevitabilmente origine a un brodo sottoistituzionale che sembra fatto apposta per invitare il malaffare organizzato a tuffarcisi. Abbiamo così connivenze e convergenze tra malavita e potere politico quasi “naturali”. Ciò che viene presentato all'opinione pubblica come una collusione irregolare rappresenta nei fatti un sistema occulto ben radicato, in cui politica e malaffare/malavita si mescolano e si compendiano fino ad erigere un vero e proprio sistema, a tutti gli effetti organico a quello politico nel suo complesso. Ad ogni livello l'uno rappresenta un elemento indispensabile per il funzionamento dell'altro. Non è un problema che riguarda le singole persone. Chiaramente non tutti i politici sono corrotti o conniventi. È però attivamente egemone un sistema trasversale che abbraccia tutte le anime della politica istituzionale e che, nell'operare, emargina e rende inoperanti i non coinvolti, ridotti a non contare in un sistema dove contare è tutto.

Lo stravolgimento della cooperazione

Significativo nell'ultimo scandalo romano, battezzato “mafia capitale”, il coinvolgimento niente affatto secondario del sistema cooperativo, targato fra l'altro “rosso”. Il livello di degenerazione ha raggiunto uno stadio talmente avanzato che sembra impossibile ogni serio recupero. Le cooperative, ormai ridotte dai politicanti di professione a strumenti per accalappiare a basso costo mano d'opera ricattata, non sono più neppure vagamente l'ombra di quella meravigliosa creazione proletaria che voleva realizzare una produzione autogestita come alternativa allo sfruttamento capitalista. Prima con l'intervento corporativo dello stato fascista, poi con l'opportunismo partitico/spartitorio del dopoguerra, consapevolmente sono state fatte degenerare per sottrarre un potenziale strumento di azione sovversiva dalle mani dei lavoratori. È urgente riappropriarsene, sottrarle alle nefandezze partitiche che ne hanno consapevolmente distrutto lo spirito originario e riportarle ai valori e ai contenuti primigeni, in modo che rappresentino di nuovo un luogo dove si attua veramente e consapevolmente solidarietà e cooperazione in antitesi allo sfruttamento e all'oppressione.

Andrea Papi