rivista anarchica
anno 45 n. 397
aprile 2015





Movimento anarchico/Per uscire dalle secche

La fotografia che “A” 392 (ottobre 2014) presenta in copertina riporta una scritta che lancia un perentorio “Diffondi l'autogestione” che insieme alla proposta di Nicosia e Berti (di una collaborazione politica tra anarchici e radicali commentata da Paolo Papini, in “A” 394 (dicembre 2014/gennaio 2015) sotto il titolo: “Abbiamo davvero bisogno dei radicali?”) rappresentano, a mio avviso, due S.O.S. lanciati al movimento anarchico e libertario perché questo si decida a fare qualcosa di concreto per uscire dalle secche della nicchia in cui, per ragioni storiche e non, giace da troppo tempo per recuperare quel protagonismo sociale che è parte non secondaria della nostra natura e condizione irrinunciabile alla nostra stessa identità ed esistenza. Le due proposte comunque risultano di per sé irricevibili in quanto il futuro del movimento, dopo l'esaurimento dell'aspettativa rivoluzionaria (inadeguatamente sostenuta sempre e solo da elementi ideali e ideologici), non può basarsi su proposte estemporanee quali quelle che stiamo qui considerando, ma solo su un progetto concretamente rivoluzionario che il movimento deve decidersi a discutere e progettare (e organizzarsi per la sua attuazione) del quale, più avanti, avanzerò una proposta. Intanto:
a) “Diffondi l'autogestione” è un invito (ovviamente di per sé positivo) che però non può essere rivolto che a realtà culturalmente e politicamente già predisposte a recepirlo, cioè a realtà interne o vicine al movimento mentre sarebbe importante (per le ragioni che stanno alla base del nostro isolamento sociale) farlo pervenire alla fetta svantaggiata e numericamente maggioritaria della società che, invece, resta fuori dalle nostre capacità d'intervento. Essa sta vivendo una stagione di incertezze dovute a una crisi scaricata tutta sulle sue spalle in contemporanea alla perdita di ogni storico punto di riferimento politico volatizzatosi insieme alla scoperta della sua incorreggibile natura truffaldina. È questo un popolo allo sbando e, come tale, pronto a tutto quindi - potenzialmente/teoricamente - pronto anche a pratiche di autogestione se queste non gli apparissero cose di un altro mondo rispetto a una assuefatta fiducia nel “sistema democratico rappresentativo” ancora ritenuto valido da questi come dal resto della società. Un primo atto per il superamento del nostro isolamento sociale sarà un capillare lavoro di demolizione di queste illusorie certezze “democratiche”; lavoro che richiederà un nostro impegno completamente innovativo entro la società rispetto a quanto abbiamo operato nel passato e ancora oggi operiamo. Anche questo tema riprenderò più avanti in quanto, a mio avviso, centrale nel definire il ruolo dell'anarchismo nel XXI secolo.
b) Ancora più irricevibile la proposta di Nicosia e Berti in quanto suona come una resa, un abbandono di ogni prospettiva rivoluzionaria e genuinamente libertaria per le implicazioni che tale scelta contiene: un “de profundis” alle aspirazioni che supportano le stesse ragioni della nostra esistenza che con il riformismo non può avere niente in comune tanto più con un riformismo disposto a una flessibilità a trecentosessanta gradi come Papini ben chiarisce nel suo intervento. E questo quando le varie espressioni di quella “sinistra” che hanno egemonizzato politicamente e culturalmente il XX secolo - fossero esse riformiste o “rivoluzionarie”- hanno dimostrato la loro incapacità strutturale a sostenere una decisa opposizione al capitalismo essendo di questo solo versioni diverse dal momento che - come il capitalismo - hanno nella conquista del potere, - a esclusivo vantaggio dei gruppi dirigenti e delle caste che da sempre il potere detengono - il fine primo e ultimo della loro politica.
Comunque, al di la dei loro dichiarati intenti, “Diffondi l'autogestione” e la proposta di Nicosia e Berti meritano un positivo riconoscimento come preoccupati appelli tesi a sottolineare l'urgenza, per il movimento anarchico e libertario, di prendere iniziative che lo proiettino nella realtà del XXI secolo con la coscienza che perseverare sulle consuete posizioni attendiste significa votarsi all'auto-annientamento (pericolo agitato a suo tempo da Nico Berti e affrontato da un mega dibattito ospitato da questa rivista per oltre un anno). Dibattito che avrebbe dovuto definire il ruolo dell'anarchismo nel XXI secolo, ma conclusosi con un nulla di fatto come se invece di un tema fondamentale, diciamo pure vitale per il nostro futuro si fosse disquisito così a lungo solo per puro spirito accademico.
Riflettere su questa conclusione ci porta a chiederci se il termine anarchismo ha assunto oggi un significato affatto diverso da quello che a suo tempo Errico Malatesta definì in maniera chiara e sintetica e cioè: essere lo strumento - opportunamente e continuamente rivisitato e aggiornato sul particolare momento storico - che agisce nella viva realtà per affermare i principi propri dell'anarchia. Non cogliere l'importanza che riveste, di volta in volta, la definizione dell'anarchismo alla luce della realtà in cui deve operare vuol dire che si hanno in serbo altre soluzioni per l'affermazione di una società diversa, come il pensare, per esempio, essere sufficiente conservare il pensiero anarchico, il mantenere accesa la fiaccola per illuminare il momento in cui l'umanità sarà pronta, per deterministica evoluzione, al grande cambiamento.
Purtroppo osservando quanto sta oggi succedendo nel variegato mondo dell'anarchismo penso (sperando di sbagliarmi) che l'atteggiamento dominante sia proprio quello di una “aspettativa” che il divenire dovrebbe comunque soddisfare mentre, nella realtà, prende corpo e si realizza solo e soltanto ciò che l'uomo progetta e costruisce usando idonei strumenti per cui, queste mie note sono rivolte a chi (se esiste) e a coloro (se esistono) che credono come me che il movimento anarchico e libertario - nell'affrontare il problema del “che fare?” nella realtà del XXI secolo - ha una sola risposta valida: definire il ruolo di un anarchismo capace di progettare una strategia rivoluzionaria da costruire su analisi realistiche (“scientifiche”) a tutto campo, analisi che il movimento dovrà dibattere con spirito costruttivo, cioè con un dibattito che voglio definire adulto, che parta dalla realtà e nella realtà porsi le sue conclusioni.

Ettore Pippi
Empoli (Fi)



Serve un elenco delle multinazionali (per farne a meno)

Buongiorno,
vorrei con questa mail proporre un tema di riflessione. Ultimamente, specialmente in Italia, si tende in maniera particolare a criticare senza fornire una valida alternativa. Un esempio è la cosiddetta crisi economica. I parlamentari continuano a convincere il popolo che aumentare le tasse sia giusto per far sì che si torni a stare bene come un tempo. Ma io non sono d'accordo.
Per risollevare un Paese bisogna partire dal basso perché dall'alto non ha mai funzionato. Io dal basso della mia ignoranza oserei dare un suggerimento. Dato che per abbattere un potere bisogna prima abbattere l'ignoranza del popolo (la storia ci insegna), bisogna fare in modo che le persone sappiano a cosa vanno incontro comprando determinati prodotti. Sì, sto parlando delle multinazionali.
Come può andare meglio l'economia del nostro Paese se continuiamo ad acquistare negli iperstore i soliti prodotti forniti dalle solite 5 o 6 multinazionali?! L'economia dovrebbe essere fatta girare dal basso e tutti dovremmo impegnarci a comprare e sostenere le piccole aziende, andando a ricercare non tanto la convenienza o il “gusto” del prodotto quanto l'origine naturale del prodotto. Ma tutto questo non vorrebbe per forza dire autarchia. Anzi sarebbe un'ottima merce di scambio con i popoli stranieri rendendo il “denaro” non più un valore che divide ma uno che unisce! Per questo penso che sarebbe utile un elenco delle multinazionali e delle varie marche che possiedono, in modo da poter scegliere responsabilmente quali prodotti portarsi in casa.
Ognuno di noi può trovare questi grappoli di potere, basta una connessione internet. Non basta lamentarsi e fare critiche per migliorare la nostra situazione, per raggiungere un obiettivo bisogna agire ora.
Vi chiedo scusa per questo mio sfogo, ma voi siete le persone che reputo più adatte ad ascoltare questo tipo di denuncia...
Nella speranza di non essere stato causa di una perdita di tempo, vi porgo i miei migliori ossequi.

Paolo Sandrone
Cherasco (Cn)



A proposito di Mattarella e Tsipras

Il periodo a cavallo tra gennaio e febbraio di questo 2015 è stato denso di avvenimenti in Italia e nel mondo.
In Italia, a fine gennaio si è votato per eleggere il Capo dello Stato senza che nessun organo istituzionale abbia potuto scegliere tra una rosa di eleggibili: con la solita arroganza e disprezzo per le procedure consuete, con un colpo di mano che, di fatto, ha esautorato il Parlamento, il presidente del Consiglio ha imposto, il giorno prima del voto, al suo partito prima e poi alle Camere riunite, il nome da lui prescelto e, con ogni probabilità, concordato con il suo interlocutore del Patto del Nazareno.
Intendiamoci: il nome di Sergio Mattarella non è discutibile sul piano delle prerogative che devono essere proprie di un Presidente della Repubblica. Uomo certamente colto, eccellente costituzionalista, assai apprezzato come docente universitario, malgrado la vocazione familiare per la politica attiva (il padre Bernardo fu più volte ministro nei governi democristiani che si succedettero dal 1953 in avanti; il fratello, Pier Santi, Presidente della Regione Sicilia sino al suo omicidio ad opera della mafia nel 1982), Sergio si mantenne sempre lontano dai giochi di una politica dominata dai Gioia, dai Lima, dai Ciancimino e dai tanti altri personaggi più o meno collusi con la mafia. Soprattutto dopo la tragica morte del fratello accentuò il suo impegno per la difesa dei principi giuridici e costituzionali del nostro ordinamento, sino a rivestire il ruolo di giudice della Consulta.
Proprio per queste sue caratteristiche di uomo ligio alle norme resta incomprensibile la scelta di Renzi di proporlo seccamente come unico nome da eleggere a Presidente di una Repubblica che, anche e soprattutto per la sua pratica di governo, si è distinta per la capacità di eludere le regole. Può trattarsi di un calcolo azzardato di chi pensa che una volta al Quirinale, l'uomo intransigente si pieghi alle ragioni di una pratica politica spregiudicata, costantemente ricattata da veti incrociati e tuttavia costretta ad arginare, con alibi sempre meno credibili, la deriva di una comunità nazionale avviata alla dissoluzione economica e sociale. Può trattarsi, viceversa, di un calcolo sbagliato; può darsi che l'uomo in grigio e dall'aspetto mite, interpreti pienamente il suo ruolo di garante e inverta la tendenza sin troppo compromissoria del suo predecessore. Non ci vorrà molto per scoprire la soluzione del rebus.
A leggerlo superficialmente, questo che ho scritto può apparire un atteggiamento legalistico, di chi attribuisca alle istituzioni un ruolo che noi anarchici siamo sempre stati lontanissimi dal riconoscergli. In realtà le cose non stanno così. Quando in una collettività si consolida il convincimento che la corruzione sia il cancro inguaribile che affligge la società intera; quando le diseguaglianze tra i pochi ricchi e i moltissimi poveri aumentano, e aumentano privilegi e discriminazioni, allora collassano anche le più semplici norme della convivenza civile, i conflitti tra le persone si inaspriscono e si perde il senso della comunità. In un contesto così devastato anche a noi anarchici è difficile tornare a parlare dei valori che ci contraddistinguono e che continuiamo strenuamente a difendere. Dove la sopravvivenza è difficile e sempre più si afferma la legge dell'homo homini lupus, non è facile parlare di libertà e di eguaglianza, di anarchia, insomma!
Ecco perché un uomo normale come Sergio Mattarella, non compromesso oltre certi limiti col mondo politico attuale, può essere un inquilino del Quirinale migliore di tanti altri.
Pochi giorni prima dell'elezione di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica italiana, il 25 di gennaio, si ebbe la travolgente vittoria di Syriza alle elezioni greche, una massa di voti che portò il leader della sinistra a sfiorare la maggioranza assoluta in Parlamento.
Era un evento che sembrava andare molto al di là dello specifico locale perché con il nuovo governo si apriva un contenzioso che non coinvolgeva soltanto i rapporti tra lo Stato ellenico e i vertici della Comunità Europea, ma avrebbe inevitabilmente fatto emergere i forti malumori che serpeggiavano tra i Paesi più penalizzati dalle politiche di austerità imposte dal governo d'Europa. Il così detto memorandum della Troika, infatti, aveva creato un tale collasso della società ellenica da rendere la vita quotidiana della popolazione un inferno. Ma non è che altri paesi dell'Unione stessero meglio. Basta vedere quanto male siamo messi noi italiani, che sopravviviamo meglio della Grecia solo perché erodiamo i risparmi delle famiglie accumulati in anni di sacrifici. Con quei soldi i nonni spesso mantengono figli espulsi dal mondo del lavoro e nipoti che cercano invano un'occupazione.
La proposta contenuta nel piano di Varoufakis, responsabile dell'economia nel governo greco, era ragionevole ma indigesta per i vertici dell'UE. Il piano, infatti, prevedeva il prolungamento per altri sei mesi dei finanziamenti europei ed un piano di rientro dello stato debitorio attraverso la trasformazione dei debiti in bond, i cui interessi sarebbero solvibili solo se cresce il Pil; la trasformazione in bond perpetui (che pagano solo una cedola) dei bond detenuti dalla Bce. Il concetto su cui si basa questo piano è che senza crescita nessun Paese è in grado di pagare i suoi debiti perché gran parte degli aiuti economici che riceve sarebbe impiegato per pagare interessi. Insomma tutte note stonate soprattutto per la Cancelliera Merkel e il suo ministro delle finanze Schauble. D'altra parte, mettere il governo greco di fronte ad un rifiuto netto, avrebbe significato spingerlo verso un irrigidimento rischioso per la sorte dell'intera Unione. Infatti, dopo la vittoria elettorale così netta, era impensabile che Tsipras decidesse di deludere così presto le speranze dei suoi elettori, facendo oltretutto marcia indietro su alcuni provvedimenti già presi (ripristino della sanità pubblica, blocco alle privatizzazioni, aumento degli stipendi ai lavoratori dello Stato).
La situazione, quindi era assai intricata e occorreva nell'immediato un compromesso che non la facesse precipitare. Si è arrivati così alla decisione di prolungare per altri quattro mesi i finanziamenti alla Grecia, accontentandosi, per il momento, di assicurazioni generiche sulle misure da prendere per il rientro del debito e le garanzie per i creditori esteri.
In realtà, la preoccupazione principale, esplicitata da Barak Obama, ma presente in sottofondo in molte Cancellerie europee, era che, chiusi i canali di credito europei, la Grecia si lasciasse suggestionare dai pifferi russi e cinesi che, con molto tempismo, si sono dichiarati pronti a subentrare ai partners europei per il salvataggio dell'economia greca. E questa eventualità, visti i venti di guerra che spirano in molte parti cruciali del mondo, è assolutamente da scongiurare.

Antonio Cardella




I nostri fondi neri

Sottoscrizioni. Angelo Pagliaro (Paola – Cs) ricordando Heinz di Urupia, 10,00; Claudio Cometta (Arogno – Svizzera) 22,00; Marco Gastaldi (Colle Val d'Elsa – Si) 60,00; Mauro Mazzoleni (Malnate – Va) 10,00; Gaetano Ricciardo (Vigevano – Pv) 15,00; Leo Candela (Milano) 20,00; Diego Fiorani (Concesio – Bs) 10,00; Giorgio Bigongiari (Lucca) 10,00; A. L. Pala (Amsterdam – Paesi Bassi) 10,00; Aurora e Paolo (Milano) ricordando Audrey Goodfriend e David Koven, 500,00; Anna Ubizzo (Marghera – Ve) 4,00; Gabriella Fabbri (Colognola ai Colli - Vr) 30,00; Anita Pandolfi (Castel Bolognese - Ra) 10,00; Sandro Galli (Bologna) 10,00; Simone Alfredi (Genova) 10,00; Antonino Pennisi (Acireale - Ct) 20,00; Tomas Scagliarini (Trani) 10,00. Totale € 1.075,00.

Abbonamenti sostenitori. (quando non altrimenti specificato, trattasi di euro 100,00). Mario Palattella (Mestre – Ve); Arturo Schwarz (Milano) 150,00; Marco Bianchi (Arezzo); Matteo Gandolfi (Genova); Michele Piccolrovazzi (Rovereto – Tn); Gianluca Botteghi (Rimini). Totale 650,00.