rivista anarchica
anno 45 n. 400
estate 2015





Viaggi di idee, viaggi di parole

1.
Nel 1726, sotto lo pseudonimo di Lemuel Gulliver, Jonathan Swift pubblica un fantasioso resoconto dei suoi viaggi che, in futuro, sarebbe stato ricordato come I viaggi di Gulliver. Nel suo quarto viaggio, Gulliver incontra gli yahoos, popolo che gli ripugna per fattezze e per modi e che, guarda caso, sembra il ritratto di quella specie umana cui apparteniamo tutti noi – Swift compreso. Nell'uso, allora, per lunghi anni, al termine “yahoo” spetta una designazione valorizzata in negativo. Nel 1972, Italo Calvino pubblica un romanzo, Le città invisibili, dove Yahoo ricompare come città infernale. Nell'era di internet, Yahoo è una nota società di servizi e si presume che, del calco originario (se originario lo è stato perché c'è chi dice che, a Londra, all'epoca di Swift, fosse noto un signore di pelle scura di nome Yaho...), abbia perso quasi tutti gli elementi costitutivi.
2.
Fra i vari saggi di George Orwell – anche questo uno pseudonimo – raccolti nel volume intitolato Nel ventre della balena – ce n'è uno dedicato ad un'analisi dei Viaggi di Gulliver. Orwell non ha gran stima di Swift e non ha tutti i torti, perché è sicuramente “uno di quegli uomini che si fanno trascinare in una sorta di perverso conservatorismo a causa dell'inettitudine del partito progressista del momento” – e, presumibilmente, è anche uno di quelli che avrebbe mantenuto la sua puzza al naso anche se il partito progressista del momento fosse stato meno inetto –, ma, al contempo, sembra innegabile che dal suo ampio serbatoio di idee abbia attinto. Sia per La fattoria degli animali che per 1984. Faccio qualche esempio. Nei Viaggi di Gulliver si prefigura una società totalitaristica: si allude ad uno “stato di polizia”, all'ossessione spionistica, alla caccia agli eretici, ai processi per tradimento e a tutte le soluzioni “pianificate per neutralizzare il malcontento popolare trasformandolo in un'isteria di guerra”, ipotizzando perfino l'analisi degli escrementi per scoprire il pensiero segreto dei cittadini. Non solo: se Orwell, nel 1984, inventerà un “ministero della storia”, Swift avrà già inventato una sorta di “ministero della filologia” per decodificare i significati nascosti nelle espressioni dei sudditi. E se Orwell ci descriverà tecniche di “lavaggio del cervello”, Swift avrà già pensato a scienziati di regime che “progettano di abolire del tutto l'individualità asportando parti del cervello di un uomo e innestandole sulla testa di un altro”.
3.
Anni or sono ci rimasi male nello scoprire che anche la mia tanto amata Fattoria degli animali era basata su un calco altrui non dichiarato. In effetti, lo storico Nikolaj Kostomarov (1817-1885) scrisse La rivolta delle bestie intorno al 1880 e la struttura narrativa che escogitò assomiglia in modo impressionante a quella di Orwell. Il che deve indurci ad almeno una riflessione. Kostomarov scrive ben prima che della rivoluzione sovietica si potesse neppure sentire l'odore; come Swift scrive addirittura molto prima della rivoluzione francese e della restaurazione successiva. Ed entrambi intravvedono il totalitarismo – e, qua e là, fin qualche principio degenerativo delle rivoluzioni. Lo stesso totalitarismo che vedrà Orwell molti anni dopo. Dunque – questa è la mia conclusione – non si ha poi gran bisogno di constatazioni (prove più e meno empiriche, “dimostrazioni” della storia, “fatti” alla mano, e via “concretizzando”) per capire come andranno le cose. Occorre soltanto una solida teoria con cui indagare quel pezzetto di esperienza che ci può capitare di vivere. Occorre capacità di interpretazione e (non è il caso di Swift) l'animo sufficientemente sgombro per far sì che si rimanga consapevoli di quanto apporta l'interprete di suo in ciò che interpreta.
4.
Come nel caso seguente. Nel 2015, in una parete della Milano exposta, compare una scritta che, onde evitare penosi equivoci, andrebbe disambiguata: “Hai detto Goebbels?”. Presupposto è qualcuno che non crede alle sue orecchie e che chiede conferma di quanto qualcun altro può aver affermato, ma l'affermazione in questione resta piuttosto misteriosa. Joseph Goebbels (1897-1945) fu il ministro della propaganda del Terzo Reich e, pertanto, sulle prime si potrebbe pensare ad un rigurgito di nazionalsocialismo – un rigurgito, peraltro, molto timido, troppo timido, per essere vero. No, non ci siamo. E neppure ci saremmo se pensassimo al compositore tedesco Heiner Goebbels, nato nel 1952: per scrivere su un muro – per scrivere su un muro occupandone una buona parte – occorrono forti motivazioni e, presumibilmente, l'apporto di Goebbels al dibattito musicologico non ha ancora prodotto effetti tali da richiedere, in Italia, un urgente bisogno di manifestare pro o contro le sue tesi. Altri Goebbels non ne conosco. E allora?

Ci giurerei che le cose stanno così – a ulteriore dimostrazione della ricchezza dei processi metaforici degli esseri umani. Nei primi anni della diffusione del gioco del calcio nel nostro Paese, alle singole squadre di calcio, vennero associati animali o altre figure simboliche – la lupa alla Roma, il biscione all'Internazionale, il ciuccio al Napoli, il toro al Torino o il diavolo al Milan – e, alla Juventus, venne associata la zebra. Diciamo che si è trattato di un marchingegno mirato allo sfruttamento delle antiche e radicate competitività fra i comuni italiani. Ciò che qui conta, però, è che la zebra in questione, per selezione di una caratteristica fisica, venne nominata dialettalmente come “goeba” dagli stessi tifosi juventini. Una volta assunto l'atteggiamento contrastivo opportuno, per assonanza e per struttura morfemica, la trasformazione in “Goebbels” non è poi così difficile a compiersi. Basta nutrire una buona dose di fiducia nella memoria storica dei propri interlocutori. Ogni processo metaforico, d'altronde, è a rischio. Così come di cose bisogna saperne per venire a capo – nei limiti in cui se ne può venire a capo – di “yahoo”, così di cose bisogna saperne per venire a capo di una pubblica domanda come “hai detto Goebbels?”. Ma sapendole, queste cose, o almeno provandoci, ecco che ci guadagniamo una gratificazione del tutto insperata, perché una comunicazione che poteva sembrare di “destra”, improvvisamente, ci riappare – nei limiti in cui se ne può ancora parlare – di “sinistra”.

Felice Accame

Nota
Nel ventre della balena di George Orwell è stato pubblicato da Bompiani, a Milano nel 2011. La rivolta delle bestie di Nikolaj Kostomarov si trova in Storie di Ucraina, Odradek, Roma 2008.