rivista anarchica
anno 45 n. 401
ottobre 2015





L'io narrante di una vita rinchiusa


Ripubblichiamo qui la prefazione di Erri De Luca al libro Fuga dall'Assassino dei Sogni di Carmelo Musumeci e Alfredo Cosco (Edizioni Erranti, Cosenza, 2015, pp. 278, € 14,00. Per info e ordinazioni: zannablumusumeci@libero.it, www.edizionierranti.org).

La sagoma della prigione s'imprime nell'infanzia. Il castigo di venire rinchiusi fa parte, o ne faceva, di un avviamento alle regole. Per me fu temperato dalla materia del muro: il tufo. Traspirava, attraverso i suoi pori mi arrivava la vita che si svolgeva fuori. Ingiurie, preghiere, richiami, risate, conversazioni: il tufo le faceva passare.
Le prigioni presero all'inizio la via del mare, su navi dette appunto galere, con i forzati ai remi.
Proseguirono con gli esiliati su isole lontane, rinchiusi dentro il cerchio delle onde. Gli Inglesi spedirono in Australia i condannati e si trovarono in cambio una nazione. Da noi nel Mediterraneo le isole si riempirono di sbarre. Nella mia infanzia è impressa la fortezza di Procida, sotto la quale passavano i battelli della villeggiatura. A Ischia visitavano il Castello Aragonese dove stettero incatenati al muro i napoletani ribelli ai re Borbone.
Scrivo questi ricordi per dire che le prigioni non sono un pensiero remoto, ma un edificio al centro dell'educazione. Nella percezione corrente gli istituti di pena sono la botola della giustizia, aperta sotto i piedi dei soliti previsti. Non quelli che pesano di più fanno scattare il meccanismo, ma gli ultraleggeri, i “luftmensch“, persone fatte d'aria, senza zavorra di quattrini in tasta. Quelli che davanti alle vetrine illuminate, agli schermi accesi, restano a sentire il loro desidero crescere fino all'ira. Leggo in questo libro le parole di uno di loro, mio coetaneo perché della generazione che ha conosciuto le carceri della persecuzione. La pena erogata veniva eseguita con l'accanimento fisico permesso dall'estremismo repressivo dell'articolo 90, oggi modificato in 41 bis. Al vertice rovescio del sistema penitenziario speciale stava l'Asinara, luogo di demolizione della macchina uomo. Qui è detta, non descritta. Detta a voce a chi sta dirimpetto e la raccoglie per averla condivisa. Topi e isolamento, percosse e privazioni d'acqua, arbitrio puro di chi è autorizzato a opprimere: l'Asinara non meritava altra sorte di quella di essere chiusa dalla rivolta degli arrostiti. Asinara, Goli Otok, Tremiti, Pianosa, Santo Stefano: le isole del Mediterraneo anticipano il destino delle celle, che è di finire chiuse, abbandonate, vuote. Le isole tornano alla loro natura di passaggio per gli uccelli in volo. Le onde smettono di essere il fossato intorno alla fortezza, libere di andare e venire. E un medico di carcere non è più il falsificatore di cartelle cliniche, addetto alla cancelleria dei pestaggi.
Leggo l'io narrante di una vita rinchiusa, gli effetti ristretti all'ora di colloquio, le fughe pensate per dare caloria al pensiero, le sue letture davanti al naso per cancellare i muri. È l'esistenza che serve allo Stato per dimostrare il suo diritto di pugno.
Quando nel corpo spunta un dolore, anche se in fondo a un piede, quello diventa il centro pulsante dell'intero organismo. Così è per la prigione, centro che deve irradiare intorno a sé il dolore a scopo di terrore. Il resto del corpo cerca di tenersi a distanza, per sottrarsi al contagio. Ma la prigione è un'epidemia che, pure colpendo i più deboli, ammicca a tutti gli altri, che sanno provvisoria la loro immunità.
Ergastolo infine è l'ultima bestemmia della negazione, la peggiore profezia a carico della persona umana: la sua impossibilità di espiare.
La pena dell'ergastolo non è penitenza ma rifiuto.
Leggo chi ha avuto la forza di narrare dal fondo di questa discarica.
E questo è un libro, perché a questo serve: mettere al centro una vita e dare al lettore il posto d'onore davanti.

Erri De Luca