rivista anarchica
anno 45 n. 401
ottobre 2015





La rivolta delle faccine


<Da anni ci blandiscono con un nome pretenzioso. Emoticons, ci chiamano, ma la verità è che ci prendono per il culo. Vogliono solo confondere le acque>
La faccina sorridente era molto incazzata, seppure non lo desse a vedere, condannata com'era a quell'espressione di immutabile e artificiale allegria. Con lei, alla riunione, c'erano altre faccine ugualmente stanche della messinscena. Ciascuna aveva uno sguardo diverso, ma tutte nell'intimo condividevano la rabbia.
<È vero, a questo punto non ho più dubbi> aggiunse la faccina perplessa, più che mai convinta della necessità della ribellione.
Emoticons... La presa in giro stava proprio in quella dichiarazione d'intenti truffaldina. Altro che emozioni. Loro si sentivano usate per camuffare i veri sentimenti e veicolare l'ipocrisia di chi spediva messaggini e mail.
<Sono nata da una strana combinazione alchemica di elementi di punteggiatura. Mettete in fila i due punti, il trattino e la parentesi tonda chiusa, e avrete la mia faccina. Ma negli anni il mio sorriso stampato è diventato sinonimo di falsità... una postilla formale, niente più>
<A chi lo dici, sapessi quante volte sono stata usata a sproposito...> confermò la faccina triste, che si distingueva dalla sorella solo per una parentesi orientata in senso opposto.
<Proprio così> confermò la faccina ammiccante. <Di solito mi fanno strizzare l'occhio solo per sottolineare l'ovvio... Mittenti senza fantasia che si credono originali...>
A queste lamentele se ne aggiunsero altre: baci fuori luogo e insinceri, linguacce finte, lacrime forzate...
Le faccine concordarono una linea comune. Approvarono all'unanimità un piano che si tradusse in pochi mesi in una potente controffensiva tecnologica. Per la precisione, misero a punto un programma che permetteva di riconoscere dal calore dei polpastrelli il reale stato d'animo del mittente e adeguava automaticamente le faccine senza che il diretto interessato se ne accorgesse.
Fu una vera rivoluzione, tanto profonda da affermare in breve tempo una comunicazione alla rovescia dagli effetti irreversibili. Ci limiteremo a qualche caso eclatante per non annoiare il lettore con una lunga lista di gaffe. Ci fu per esempio quel tale che, dopo la bocciatura di un amico all'esame di commercialista, gli scrisse: <Mi spiace, non lo meritavi. >
Da citare poi il caso di quell'uomo che scrisse alla sorella: <Sono affranto per la morte di Guglielmo>
Guglielmo era il cane, detto per inciso, ma non è questo il punto. Il messaggio fu corredato da un sorriso a 32 denti che lasciò affranta la sorella assai più del mittente.
Che dire poi dei messaggi sentimentali e amorosi? Fu un autentico stravolgimento nelle relazioni di coppia e nelle amicizie. Come quella di tal Robin che diede la buonanotte alla collega Laura con un bacio che voleva apparire casto, ma che si tradusse in una penzolante lingua lasciva.
E poi le confidenze tra amiche... la rivolta delle faccine mise a nudo la contorta psicologia di certi legami. Giovanna, saputo di Carla e Lucio, il prestante vicino di casa che aveva presentato all'amica una settimana prima, scrisse: <Vi siete messi insieme! Wow! Felice per voi!>
Al posto dei cuoricini, però, in fondo al messaggio apparve un torrente di lacrime sotto forma di sedici faccine piangenti.
Insomma, questo e molto altro provocò un'accesa conflittualità tra persone che si erano sempre dette intime, e portò al progressivo esilio delle Emoticons dal mondo delle comunicazioni in rete. Perfino il termine cadde in disuso, come fosse un ricordo fresco e imbarazzante da rimuovere quanto prima.
Fu dalle ceneri di un'apparente disfatta che le faccine fecero così la loro rivoluzione. Lavorarono molto meno ed ebbero più tempo da dedicare alle emozioni vere. Da quel giorno poterono giocare nel loro cortile virtuale, e vissero tutte felici e sconnesse.

Paolo Pasi