rivista anarchica
anno 45 n. 401
ottobre 2015



Una nuova rubrica, non necessariamente fissa, inizia da questo numero. Valeria De Paoli propone testi e tavole. Il titolo cui aveva pensato era “mini reportage senza confini”. Gliel'abbiamo abbreviato per esigenze grafiche. Valeria parte con queste pagine sul Burkina Faso.
Benvenuta.


La “rivoluzione” in Burkina Faso


Il Burkina Faso aveva trovato il suo sogno rivoluzionario, lo chiamavano il “Che” Africano, Thomas Sankara. Nel 1983 conquista con un rapido colpo di stato la presidenza dell'Alto Volta e ne cambia subito la bandiera, l'inno e il nome coloniale facendolo diventare il Burkina Faso, che in due lingue locali, il moré e il dioula, significa “Paese degli uomini integri”.
Da subito ha instaurato una politica basata sull'educazione, sulla parità di genere, sulla salvaguardia dell'ambiente, sulla valorizzazione della cultura e soprattutto sull'indipendenza economica con il motto “consumiamo burkinabé” e tra le altre cose minimizzando da subito le spese politiche. Sankara è il primo a parlare di vera liberazione dal colonialismo e dal controllo del mondo occidentale “Riconoscendoci parte del Terzo mondo vuol dire, parafrasando José Martí, “affermare che sentiamo sulla nostra guancia ogni schiaffo inflitto contro ciascun essere umano ovunque nel mondo”. (...) Ebbene, i nostri occhi si sono aperti alla lotta di classe, non riceveremo più schiaffi. (...) Non c'è salvezza per il nostro popolo se non voltiamo completamente le spalle a tutti i modelli che ciarlatani di tutti i tipi hanno cercato di venderci per vent'anni. Non ci sarà salvezza per noi al di fuori da questo rifiuto, né sviluppo fuori da una tale rottura.” (dal discorso “Parlo in nome di tutti coloro che soffrono in ogni angolo di mondo”, di Thomas Sankara, a New York, 4 ottobre 1984, 39a Assemblea generale delle Nazioni Unite).
Il Burkina Faso, un piccolo paese al centro dell'Africa occidentale senza sbocco sul mare, divenne un esempio per tutte le altre nazioni africane, governate da élite corrotte e prostrate alle disposizioni delle potenze economiche internazionali. Un grido di dolore e d'insofferenza e la dimostrazione che i problemi che affliggevano l'Africa si potessero risolvere.
Ma il 15 ottobre 1987 Sankara, 37 anni, viene ucciso in un colpo di stato dal suo compagno di rivoluzione Blaise Compaoré, un colpo di stato sicuramente supportato dall'occidente colonialista.
Blaise Compaoré rimane al potere per ben 27 anni, stringendo patti e alleanze con le grandi potenze, sostenendo le operazioni neo-coloniali francesi e statunitensi, cambiando la costituzione di una finta democrazia per restare al potere confermando i timori di Sankara: “Il mio timore è che i frutti di tanta energia siano confiscati dai Prospero [I ricchi e i potenti. Coloro che “prosperano” a spese di altri, nda] di tutti i tipi che - con un giro della loro bacchetta magica - ci rimandano in un mondo di schiavitù in abiti moderni. Questo mio timore è tanto più giustificato in quanto l'istruita piccola borghesia africana - se non quella di tutto il Terzo mondo - non è pronta a lasciare i propri privilegi, per pigrizia intellettuale o semplicemente perché ha assaggiato lo stile di vita occidentale”.
Doveroso ricordo va anche al giornalista Norbert Zongo, che con il suo settimanale “l'Indépendant” denuncia senza peli sulla lingua e senza timori i regimi dittatoriali africani rivelando fatti e situazioni gravi, compresi gli affari loschi che implicano la cerchia ristretta del dittatore Blaise Compaoré e che viene assassinato e bruciato il 13 dicembre 1998.
Ma l'ottobre del 2014 segna una svolta. Dopo la dichiarata intenzione di Compaoré di modificare l'articolo 37 della costituzione, in modo da poter essere ricandidato nel 2015 e proseguire ancora il mandato, la popolazione si rivolta, più di un milione di persone scendono in piazza solo nella capitale (il paese ne conta circa 15 milioni) per 3 giorni. Compaoré si dimette e scappa in Costa d'Avorio con l'aiuto della Francia.
Dopo alcune settimane di controllo militare, la presidenza viene data al civile Michel Kafando per un anno in vista della preparazione delle nuove elezioni che si dovrebbero tenere questo ottobre e che fanno sperare ad una nuova epoca. Nel frattempo viene riesumata la salma di Sankara per far luce in maniera univoca sul suo assassinio in nome della “riconciliazione nazionale” come dichiarato da Kafando.
Il Burkina Faso resta ad oggi uno dei paesi più poveri al mondo con un indice di sviluppo umano di 181/187 (HDI-Human Development Index 2014).

Valeria De Paoli