rivista anarchica
anno 46 n. 405
marzo 2016


agricoltura

Parassiti e profitti

dell'Assemblea delle comunarde di Urupia


INel Salento, con il pretesto del contenimento di un'epidemia di Xylella (batterio che causa l'essicazione delle piante), le istituzioni regionali, statali ed europee hanno disposto il taglio di molti ulivi secolari.
Per molti si tratta di un piano per favorire la diffusione di uliveti intensivi e la costruzione di mega-strutture turistiche.


Cerchiamo di mettere alcuni punti fermi in questa faccenda del disseccamento degli ulivi del Salento, nella quale a nostro avviso ignoranza e confusione sono state diffuse “scientificamente” dalla quasi totalità dei media e delle istituzioni: lo facciamo partendo dalla premessa che non c'è per noi peggior nemico di chiunque eserciti una qualche forma di potere su altri individui e che nulla ci appare più odioso dell'ignoranza e della paura di cui il potere ha sempre bisogno per potersi esercitare.
Diciamo subito intanto che noi non crediamo che il batterio (Xylella fastidiosa, subspecie pauca, ceppo CoDiRO) sia davvero il responsabile (o, almeno, il principale responsabile) dei fenomeni di disseccamento degli ulivi del Salento: quello di cui invece siamo convinte è che sia in atto un vero e proprio piano criminale, che vede agire di concerto diverse istituzioni regionali, statali ed europee, e che ha come fine l'eliminazione dei limiti e delle salvaguardie che fino a poco tempo fa impedivano nel Salento la distruzione degli alberi secolari di ulivo.
Tutto ciò allo scopo finale di spalancare la strada a diverse speculazioni, che vanno dalle mega-strutture turistiche (soprattutto resort e campi da golf) all'impianto degli uliveti cosiddetti “superintensivi”, sicuramente più funzionali agli obiettivi di profitto delle mafie agroindustriali pugliesi.
È ormai chiaro che il disegno della classe politica e delle lobby padronali della regione è quello di trasformare profondamente il territorio salentino, squalificandolo al livello di un volgare “divertificio” turistico per tutte le classi, circondato da un'agricoltura intensiva a basso costo e totalmente meccanizzata, diretta alla produzione di alimenti scadenti e non autoctoni e caratterizzata da modalità produttive aggressive sia nei confronti dell'ambiente bio-naturale sia del contesto sociale ed economico del territorio. Tutto ciò, naturalmente, al solo scopo dell'arricchimento personale di pochi.
Come questo piano si stia realizzando, da alcuni anni a questa parte, cercheremo di spiegarlo.
Xylella è un patogeno da quarantena inserito nella lista A1 dell'EPPO (European and Mediterranean Plant Protection Organization): si tratta di un batterio che prolifera nei vasi xilematici delle piante (quelli che portano la linfa grezza, ossia l'acqua e i soluti in essa disciolti, dalle radici alle parti periferiche delle piante), causandone l'occlusione e quindi una serie di alterazioni in grado di determinare, in alcuni casi, anche la morte delle piante infette.
Si contano almeno 300 specie vegetali interessate dall'attività del batterio, alcune decine delle quali sono state certamente individuate nel Salento: non solo, quindi, l'olivo, ma anche mandorlo, oleandro, ciliegio, vinca, polygala, mimosa, catharanthus, rosmarino, mirto, ecc. ecc.
La trasmissione del batterio non può avvenire mediante contatto o diffusione aerea, ma esclusivamente ad opera di alcuni insetti vettori che si nutrono succhiando la linfa dai vasi xilematici delle piante infette: con la linfa dei vasi legnosi gli insetti risucchiano anche i batteri che si fissano e si moltiplicano nel tratto iniziale del loro sistema digerente, per essere re-iniettati in altre piante durante le successive alimentazioni. Non tutte queste inoculazioni danno luogo a infezioni di Xylella fastidiosa: solo nel caso in cui la pianta ricevente sia suscettibile, il batterio è in grado di moltiplicarsi e diffondersi, formando colonie che possono rimanere latenti nella pianta infetta ovvero indurre una malattia sintomatica.

Linee Guida e Piano Straordinario

Allo stato attuale l'unica specie diffusa nelle aree “infette” del Salento, per la quale è stata dimostrata la capacità di trasmettere il batterio, è il Philaenus spumarius L., meglio nota come “Sputacchina media” per la schiuma bianca, simile alla saliva, in cui vivono immerse le forme giovanili dell'insetto. Questo insetto (un rincote omottero di origine europea, ormai cosmopolita) può interessare centinaia di piante ospiti: la sua diffusione nelle regioni del sud, in alcuni periodi dell'anno, è praticamente paragonabile a quella di mosche e zanzare.
In pratica, la tesi sostenuta dal CNR di Bari, dall'Osservatorio Fitosanitario della Regione Puglia, dall'Università degli Studi di Bari, dallo IAM (Istituto Agronomico Mediterraneo), dal Corpo Forestale dello Stato, da tutte le organizzazioni professionali (Coldiretti, Confagricoltura, Copagri e CIA) e dalla maggior parte delle organizzazioni dei produttori della provincia di Lecce, quella sulla base della quale è stato costruito l'intero piano straordinario che attribuisce poteri altrettanto straordinari al commissario Silletti, si basa su questo assunto indiscusso: il batterio (contro il quale, ci si dice, non esiste al momento una cura diretta) è giunto nel basso Salento probabilmente attraverso l'importazione di piante ornamentali dal Costa Rica in qualche vivaio della zona ed è stato “diffuso” negli uliveti dalle attività della sputacchina.
Di conseguenza, tutte le strategie di lotta al batterio si incentrano sull'obiettivo di evitarne l'ulteriore diffusione, attraverso la distruzione delle piante infette (ulivi perlopiù ultracentenari, ma anche gli oleandri dello spartitraffico della superstrada Lecce-Brindisi) e degli insetti che veicolano il contagio.
A complicare ulteriormente la faccenda concorrono altri fattori: in primis il fatto che Xylella fastidiosa “colpisce” praticamente gran parte del paesaggio arboreo del mediterraneo; inoltre, la sputacchina appartiene alla categoria degli insetti cosiddetti “autostoppisti”, cioè è solita approfittare del passaggio su indumenti, auto e altri mezzi meccanici in movimento, per spostarsi velocemente da un luogo all'altro.
Tuttavia, il Piano Straordinario della Regione, con l'avallo del governo centrale e delle commissioni europee, continua ad avere come unico obiettivo il contenimento della diffusione del batterio. Attualmente, sono state individuate nel Salento tre zone (cosiddette “di infezione”, “cuscinetto” e “di sorveglianza”) all'interno delle quali le direttive prevedono, oltre al monitoraggio e all'obbligo di alcune “buone pratiche agronomiche”, anche misure drastiche come l'uso obbligatorio di insetticidi contro gli insetti vettori e l'eradicazione delle piante ritenute “infette” e di tutte le specie vegetali comprese in un raggio di cento metri dalle piante “incriminate”.
In realtà, già nelle “Linee Guida” diffuse circa un anno fa dalla Regione Puglia, ad uso di studiosi ed agricoltori vari, si parlava più correttamente di “Complesso del Disseccamento Rapido dell'Olivo” (CoDiRO, appunto, come il ceppo genetico della Xylella da loro stessi individuato) e si descrivevano, altrettanto diffusamente, almeno altre due “concause” dei problemi degli ulivi: la prima è l'attività del cosiddetto “rodilegno giallo” (Zeuzera Pyrina), un lepidottero ben conosciuto dagli olivicoltori salentini, le cui larve (che possono raggiungere a maturità i 60 mm di lunghezza) vivono scavando lunghe gallerie nei rami o nelle branche degli ulivi. Questa attività trofica delle larve della zeuzera determina l'interruzione del trasporto della linfa vegetale, ma consente anche la penetrazione e la diffusione nel legno di diversi funghi lignicoli che, sviluppandosi, ostacolano ulteriormente il flusso linfatico.
L'altro agente patogeno indicato come concausa del disseccamento sono infatti diverse specie di funghi lignicoli (soprattutto appartenenti ai generi Phaeoacremonium e Phaeomoniella spp.) i quali risultano sempre presenti nei casi di disseccamento degli ulivi, a differenza del batterio, che è stato trovato solo su alcune delle piante che manifestano i relativi sintomi: a tutt'oggi, infatti, anche secondo i dati di istituzioni come l'EFSA (l'Autorità europea per la sicurezza alimentare), i ritrovamenti di Xylella sugli alberi analizzati in tutta la regione sono relativamente pochi (612 su 26755 campionamenti, poco più del 2%!).

Sarebbe bastato questo semplice ragionamento...

Una domanda sorge subito spontanea: di che cosa si sono ammalati tutti gli altri alberi di olivo che manifestano disseccamenti?
La diffusione di diverse specie fungine a danno degli ulivi, tra l'altro, è un fenomeno con il quale l'olivicoltura salentina è costretta già da alcuni anni a fare seriamente i conti: l'aumento delle pluviometrie annue (e, in generale, un significativo innalzamento dei tassi di umidità, legato agli indiscutibili cambiamenti climatici delle ultime stagioni) insieme al ripetersi di inverni caratterizzati da temperature miti, ha sicuramente favorito la continuità dei cicli biologici di alcuni parassiti, prime fra tutte alcune specie fungine. Sarebbe bastato questo semplice ragionamento (confortato, tra l'altro, dalle osservazioni e dalle pratiche quotidiane di diversi/e contadini/e della nostra terra) ad indirizzare le ricerche verso un approccio più virtuoso e curativo rispetto al vero e proprio piano di sterminio elaborato dalle istituzioni.
Ma per questo tipo di ricerca non sono previsti contributi europei, e tutte queste buone pratiche agricole non fanno girare molto denaro.
Si sarebbe potuto anche riflettere sul fatto che, nelle zone del basso Salento in cui i disseccamenti sono più diffusi, la cura e la gestione degli uliveti è di fatto da anni abbandonata, soprattutto per ragioni “economiche”, quando non è (ancora peggio!) limitata al solo uso indiscriminato di sostanze chimiche: per il diserbo, per la concimazione, per il contenimento dei parassiti, ecc., ecc..
Non c'é nessun bisogno della Xylella per spiegare quello che sta accadendo: la stragrande maggioranza delle piante pugliesi curate con buonsenso non manifestano sintomi alcuni di malattia, ed è evidente la ripresa degli ulivi in via di disseccamento dopo che gli stessi sono stati “trattati” per alcuni mesi con le tecniche dell'agricoltura naturale o “biologica” (che poi sono le stesse pratiche utilizzate da secoli dai nostri vecchi contadini).
Fin qui la fitopatologia, la botanica, l'agricoltura, l'entomologia. Poi, però, viene anche la politica e, inevitabilmente, l'economia.

Una serie di fatti

- Nel settembre del 2010 lo IAM (Istituo Agronomico Mediterraneo) organizza presso la sua sede di Valenzano (BA) un convegno per esperti del settore sulle tecniche di contenimento di alcuni ceppi di Xylella f. Sulla faccenda c'è da registrare (per chi crede ancora a queste cose) anche una indagine della procura di Lecce in relazione alla provenienza del batterio che si è diffuso nel Salento.
Lo IAM oggi si giustifica dicendo che il ceppo di Xylella interessato (col quale sono state fatte prove di inoculo, diffusione e controllo) era di un ceppo diverso da quello che sta distruggendo le piante di olivo salentine, e comunque giura che il batterio è stato distrutto a conclusione dei lavori del workshop. Quest'ultima affermazione, però, non può essere verificata da nessuno, nemmeno a livello istituzionale, dato che il centro di Valenzano dello IAM è un istituto internazionale che ha carattere di extraterritorialità e in quanto tale gode di una totale immunità giudiziaria.
Il commissario straordinario per l'emergenza Silletti (comandante del Corpo Forestale dello stato), allo scopo di ribadire la fiducia delle istituzioni nei confronti del centro di ricerca, ha voluto che proprio all'Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari fosse formato il personale del Corpo Forestale e della Polizia Provinciale di Lecce destinato all'applicazione sul campo del piano straordinario (comprese le eradicazioni degli ulivi ultracentenari).
- Bayer, Syngenta, Novartis, Dupont sono le multinazionali che producono i principi attivi della maggior parte degli insetticidi chimici il cui utilizzo è reso obbligatorio dal piano straordinario contro gli insetti vettori della Xylella. Si tratta di almeno quattro irrorazioni, da effettuarsi obbligatoriamente sulle piante di ulivo tra maggio e settembre, utilizzando sostanze come Imidacloprid, Etofenprox, Buprofezin, Dimetoato, Deltametrina, Lambda cialotrina, Clorpirifos metile. Alle aziende agricole salentine è fatto obbligo di acquistare con fattura i formulati previsti, al fine di poter permettere alle guardie di controllarne l'effettivo utilizzo.
Questa ordinanza, provvisoriamente sospesa durante il periodo delle elezioni regionali (con la motivazione/scusa dei ricorsi presentati al TAR del Lazio da 27 aziende vivaistiche e agricole salentine a marchio bio contro il piano straordinario Silletti), ha ripreso pienamente la sua validità subito dopo la elezione di Emiliano (PD) al governo della regione (elezioni che hanno praticamente riconfermato la classe dirigente legata all'ex governatore Vendola).
- Secondo uno studio di Arpa Puglia su dati Istat relativi all'anno 2011, con oltre 155mila quintali di prodotti fitosanitari utilizzati, la regione Puglia è quarta in Italia per l'uso di pesticidi, preceduta solo da Veneto, Emilia Romagna e Sicilia.
- La multinazionale Monsanto, colosso mondiale della produzione di sementi transgeniche, si occupa anche della selezione di specie resistenti al batterio riscontrato in Puglia. Lo fa attraverso “Allelyx”, società partecipata che ha per nome proprio l'anagramma di “Xylella”. Sembra che alcune centinaia di migliaia di giovani piante di olivo resistenti al batterio siano già state “prodotte” in Israele e siano già disponibili per i mercati del Mediterraneo.

Oria (Brindisi), 16 aprile 2015
Al presidio contro l'operazione Xylella
Resort e impianti intensivi

- Da più di dieci anni esistono nella provincia di Lecce associazioni di proprietari di grandi estensioni di uliveti secolari (leggi “latifondisti”), costituitesi con il preciso scopo di ottenere delle leggi che vadano in deroga alle normative regionali e nazionali che limitavano fino a qualche tempo fa la distruzione di queste piante monumentali. Non contenti dei milioni di euro di fondi pubblici che ricevono in virtù delle politiche agricole comunitarie (nonostante tengano gli uliveti in stato di completo abbandono), questi proprietari puntano alla valorizzazione dei “loro” terreni, con l'intenzione di trasformarli in complessi turistici e campi da golf (sono circondati dal meraviglioso mare del Salento!).
In altri casi, la prospettiva è quella di trasformare questi uliveti secolari in impianti superintensivi, nei quali sia possibile effettuare una certamente più economica raccolta meccanizzata, sulla scia di ciò che è accaduto in Spagna negli ultimi vent'anni e che ha consentito a questo paese di raddoppiare la sua produzione di olio, superando la Puglia e l'Italia nelle classifiche della produzione mondiale.
- Questa trasformazione “industrialista” dell'agricoltura pugliese è perfettamente coerente con le politiche di Confindustria Puglia e corrisponde interamente ai desideri delle dirigenze delle associazioni di categoria pugliesi e delle istituzioni regionali. Tra i suoi più “affidabili” sostenitori ne nominiamo solo due, forse i più importanti: Dario Stefano, senatore SEL, già membro della giunta di Confindustria Puglia, assessore alle Risorse Agroalimentari della Regione nel secondo mandato del “governatore” Vendola, a cui fa sponda a livello europeo Paolo Di Castro, già ministro delle Politiche Agricole e Forestali nel primo e nel secondo governo D'Alema, deputato PD al parlamento di Bruxelles, dove ricopre la carica di presidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale. La principale preoccupazione di questi personaggi negli ultimi mesi sembra essere quella di garantire “adeguate misure compensatorie” per gli agricoltori (leggi: “elettori”) colpiti dalla diffusione del batterio, e soprattutto il riconoscimento dopo “l'emergenza Xylella” dello stato di “calamità naturale”: in parole povere soldi, tantissimi soldi, da far piovere sulle ceppaie dei nostri ulivi secolari tagliati con le motoseghe.
- In realtà, i risarcimenti diretti previsti fino ad oggi per i proprietari degli ulivi abbattuti sono irrisori: si parla di 11 milioni di euro per un milione di piante (circa 11 euro a pianta). È stato deciso inoltre che i soldi li avranno solo i proprietari che abbatteranno volontariamente gli alberi, mentre chi si opporrà ai diktat del piano straordinario non solo non riceverà un soldo, ma dovrà anche pagare l'azione delle guardie del commissario.
Anche le modalità del risarcimento sono a dir poco sospette: ad accedere alle misure saranno solo le aziende agricole che dimostreranno una perdita superiore al 30% della loro produzione lorda vendibile; i giornali parlano da sempre di un “sussidio” previsto anche per il resto dei proprietari che non sono aziende agricole, ma di questa specifica non esiste traccia su nessun documento ufficiale.
- La maggior parte dei soldi che sono già arrivati sono invece finiti nelle tasche di, rispettivamente:
a) quattro enti di ricerca convenzionati con la regione Puglia: lo IAMB, già citato, il CNR di Bari, l'Istituto Basile Caramia di Locorotondo, l'Università di Foggia; per qualsiasi altro istituto, di qualsiasi altra parte del mondo, la ricerca sulla Xylella nel Salento è proibita: è considerata illegale, fuorilegge;
b) il Corpo Forestale dello Stato Italiano, da alcuni mesi corpo di polizia a tutti gli effetti, di cui Silletti, il commissario straordinario per “l'emergenza Xylella”, è generale (lo scorso dicembre, il generale Siletti si è dimesso dall'incarico, in seguito all'inchiesta avviata dalla procura di Lecce, ndr);
c) l'ARIF, Agenzia regionale per le risorse irrigue e forestali, in pratica l'esercito sguinzagliato nel Salento per ingaggiare “la guerra alle cicale” (come l'ha chiamata Vendola il giorno della nomina di Silletti a commissario straordinario): una pletora di oltre mille dipendenti, comandati da Giuseppe Maria Taurino, fondatore della società, “imprenditore” ben conosciuto in Puglia per la sua spregiudicatezza (leggi “criminalità”) politica e finanziaria.
Per concludere, la solita domanda: che fare?
Da mesi siamo impegnate in una campagna di controinformazione e di resistenza, che si sta concretizzando in innumerevoli iniziative, riunioni, comizi, partecipazioni ai presidi, corsi di formazione sulla cura e la gestione biologica degli uliveti, interventi alle radio, azioni dirette, ecc.
Non vediamo altra strada da percorrere che non sia quella della diffusione di una sempre maggiore consapevolezza e della opposizione concreta, diretta, agli interessati e devastanti piani delle istituzioni. Resistere all'eradicazione degli ulivi e non subire l'imposizione dell'uso obbligatorio dei pesticidi è ormai un passo fondamentale: bisogna mettersi in mezzo in prima persona, impedendo fisicamente che il piano regionale-europeo e commissariale si realizzi.
Inoltre, ma questo lo facciamo da sempre, occorre dare un calcio alla politica della delega e alla sua propaganda, all'economia del profitto e al suo dominio, riprendendosi in mano i saperi, le pratiche e l'organizzazione della nostra esistenza: un'esistenza ridotta a mero calcolo di profitto da chi invece non conosce limiti alla realizzazione del suo tornaconto personale.

Nel frattempo i tagli sono andati avanti

Il precedente contributo della nostra assemblea è stato scritto durante la scorsa primavera, in un periodo in cui anche sul nostro territorio la confusione regnava sovrana e le lotte e le azioni dirette contro il Piano Straordinario del commissario Silletti erano all'ordine del giorno.
Da allora ad oggi, grazie a numerose proteste e azioni di contrasto, compresi anche diversi ricorsi legali di cittadini e agricoltori e una intensa diffusa attività di controinformazione, il Piano è stato sospeso e poi “revisionato” due volte, in base anche all'opportunismo del periodo elettorale, durante il quale tutti i politici di tutte le bandiere volevano assolutamente salvare gli ulivi del Salento (salvo ri-sposare le ragioni del Piano il giorno dopo le elezioni).
Ciò nonostante, grazie soprattutto ad uno spropositato dispiegamento di forze di polizia (centinaia di militari ad ogni operazione, nessuna arma esclusa!), i tagli e le eradicazioni sono andati avanti, soprattutto nelle zone in cui la forza della popolazione contraria era insufficiente e dove invece era diffuso il consenso interessato: grazie, infatti, alla disponibilità del governo e della commissione europea, sono stati garantiti compensi prima di 110, poi di 240 e, alla fine, di 265 euro a pianta tagliata o eradicata!
Calcolando che un ettaro di uliveto secolare può arrivare ad ospitare anche un centinaio e più di piante secolari, escono fuori cifre (25/30.000 euro!) che nessuno potrebbe mai garantirsi con una vendita (e alle persone interessate rimane anche la proprietà e la legna da ardere, o da vendere).
Come diceva un famoso mafioso in un film: “Faremo una proposta che non possono rifiutare....”. Anche perché, per il proprietario che invece si oppone, il Piano Straordinario (in tutte le sue versioni) prevede una pesante sanzione e l'obbligo di sostenere in prima persona il costo delle eradicazioni! Sanzioni simili sono previste anche per chi si oppone all'uso dei fitofarmaci contro l'insetto vettore.
L'ultima strage di ulivi secolari è di qualche settimana fa, quando sono state abbattute con le ruspe oltre 900 piante: il proprietario dell'azienda coinvolta (l'azienda si chiama Tormaresca) è un certo conte Antinori, toscano, più interessato probabilmente all'impianto di nuovi vigneti che alla gestione di improduttivi monumenti secolari.
L'ultima informazione che vi diamo riguarda le comunicazioni giudiziarie che la Procura di Lecce ha inviato qualche giorno fa a dieci tra i principali protagonisti dell'affare Xylella: da Silletti ai vertici del Servizio Fitosanitario Regionale, da alcuni baroni del CNR e dell'Università ai capi dello IAM, ecc. Non risulta però al momento indagato nessun politico, nessun direttore di quotidiani, nessun rappresentante di Associazioni di categoria, nessun ministro, nessun commissario europeo.
Ma, soprattutto, l'inchiesta non mette in discussione il principale caposaldo della politica “stragista” della regione: quella delibera, cioè, (la 2023) con la quale la Giunta Regionale Pugliese, già il 29 ottobre del 2013, alla quasi totale unanimità, ha decretato l'estirpazione di tutti gli alberi “infetti” e l'inondazione del Salento con i pesticidi delle multinazionali della chimica.

Assemblea delle comunarde di Urupia