rivista anarchica
anno 46 n. 406
aprile 2016


dibattito

Amarsi per forza

di Francesco Codello


Una relazione consapevole e libera non può reggersi su obblighi e direttive che non siano continuamente negoziabili. E un legame non può imporsi o diventare un dovere.
Una riflessione libertaria sull'istituzione famigliare.


La recente animata e diffusa discussione sulle cosiddette unioni civili ha posto all'attenzione una complessità di temi e di problematiche che in un solo articolo non è possibile affrontare con la dovuta serietà. Date per acquisite e persino scontate, per un libertario, alcune questioni, relative all'uscita da ogni logica di discriminazione, di omofobia e di oscurantismo, mi pare di poter concentrare le riflessioni che seguono su alcuni aspetti più particolari, ma non meno pregnanti, rispetto al quadro complessivo.
Innanzitutto propongo una prima osservazione relativa alla legge approvata a tale riguardo, che differenzia la famiglia cosiddetta “naturale” (in quanto eterosessuale) da quella definita come un'unione civile (omosessuale). Alla prima viene attribuita una collocazione giuridica sostanzialmente diversa dalla seconda, e una contestazione che è stata mossa rispetto a questa questione è rivolta al fatto che la seconda non contempla, sempre giuridicamente, l'obbligo di fedeltà. Invece che scandalizzarmi per questo, la mia reazione è stata positiva e anzi indirizzata a chiedere la cancellazione anche nell'altro caso di questo obbligo per legge. Infatti, trovo assurdo e fastidioso che una relazione d'amore, libera e responsabile, possa prevedere un tale obbligo definito per legge, garantito cioè dallo Stato, con relative sanzioni e conseguenze ovviamente automatiche. Nella complessità della questione trovo questa legge mediocre, che comunque qualche aspetto positivo contiene, qualche discriminazione viene cancellata nei confronti delle coppie omosessuali, ma che arriva, come sempre, a registrare (non compiutamente ma solo parzialmente) una situazione di fatto ormai diffusa nella società.
La norma, anche in questo caso, risulta successiva a un insieme di relazioni e di sviluppi sociali e culturali già presenti e vissuti da numerosi individui ed è già in ritardo rispetto alla realtà concreta. Tralascio, ovviamente, di commentare lo squallido e offensivo dibattito politico manifestatosi nel parlamento e nei vari talk show televisivi. Purtroppo restano ancora dei forti pregiudizi e dei pressanti contenuti moralistici che sono impliciti nella legge e che rappresentano ancora delle convinzioni discriminanti.
Ciò che mi interessa affrontare, come già anticipato, è una parte del problema e quindi mi soffermerò solo su alcuni aspetti, sperando che altri ne affrontino di diversi, come è giusto e importante che sia quando ci troviamo di fronte a questioni così rilevanti. In particolare è sull'idea e sul concetto di famiglia che vorrei proporre alcune riflessioni, secondo una sensibilità libertaria. Mi pare di poter dire che una sorta di offesa sia stata avvertita dai sostenitori dell'equiparazione delle unioni civili con la famiglia tradizionale. Ho percepito il desiderio, del tutto legittimo e sacrosanto per alcuni aspetti, di non essere considerati dei minor quando si decide di accoppiarsi con un altro individuo del medesimo sesso ma credo indispensabile affrontare con onestà intellettuale la realtà e il significato antropologico del concetto di famiglia. In altre parole voglio proporre una riflessione che metta in discussione il concetto di famiglia proprio perché è diventata Famiglia (con la F maiuscola), un'istituzione che occupa uno spazio e un ruolo ben preciso all'interno di una società fondata sul dominio.
Questa corsa smaniosa a farsi riconoscere come Famiglia, da questo punto di vista, mi pare sbagliata. Infatti, basta prestare attenzione alle notizie che gli stessi media puntualmente e sistematicamente divulgano, basta ascoltare storie vissute di bambini e bambine, ragazzi e ragazze, donne e uomini adulti, per scoprire cosa c'è dietro a questa Famiglia. Non è necessario frequentare le aule dei tribunali per i minorenni per avere un quadro quantomeno allarmante della reale situazione delle nostre famiglie anche se, ovviamente, ci sono tante altre storie positive e gratificanti. Bambini e bambine vittime di genitori anaffettivi, violenti, immaturi, di abusi sessuali e di pesanti mortificazioni educative, sono purtroppo una triste e tragica realtà. Allora si fa presto a dire “famiglia”, ma di quale relazione stiamo parlando? E quando chiediamo l'equiparazione alla famiglia giuridicamente riconosciuta, pensiamo a questo modello? Forse vale la pena allora di approfondire un po' meglio l'intera questione.

Ma l'amore libero non può...

Il pensiero anarchico contiene delle notevoli riflessioni su questa tematica, penso soprattutto a Emma Goldman ma anche a Paul Goodman, Alex Confort, Colin Ward, e altri ancora (a cui rimando per gli interessati), dai quali penso possiamo trarre qualche considerazione estremamente utile e attuale per affrontare questa problematica. L'amore libero, la relazione consapevole e veramente libera, tra due persone, non può reggersi su obblighi e direttive che non siano liberamente accettati e continuamente negoziabili, non si può amarsi per forza e neanche sopportarsi per dovere. I figli non sono necessari, obbligatori, e soprattutto non possono essere l'incarnazione di un istinto di possesso o di appagamento del proprio desiderio egoistico. I figli sono figli e figlie della vita stessa, come recitano alcuni versi ancora straordinari e veri di una nota poesia. Ma, proprio per questo, vale la massima: generateli, amateli ma lasciateli in pace. In ogni caso non possono essere schiacciati dentro una stretta e soffocante dinamica relazionale chiusa ed esclusiva.
La famiglia mononucleare (tralascio qui l'origine di questo modello e la sua collocazione funzionale rispetto a società, economia, Stato), questa famiglia che noi conosciamo, non può corrispondere al nostro sentire e al nostro progetto di società. Faccio miei due “comandamenti” o precetti morali, proposti da Alex Confort riguardo al comportamento sessuale: non sfruttare mai i sentimenti di un altro; non causare mai la nascita di un bambino non voluto. Assumere una prospettiva anarchica anche in tali questioni richiede di sposare una filosofia della libertà che comporta sicuramente un livello molto più alto di responsabilità che non la fede nell'Autorità. Come scrive Colin Ward «non bisogna certo essere anarchici per rendersi conto che la moderna famiglia nucleare risponde in modo inadeguato e soffocante ai bisogni naturali di avere una casa e dei bambini, imponendo tensioni intollerabili a molte delle persone che vi sono intrappolate».

Una nuova genitorialità

Noi accettiamo tutto questo e lo pensiamo come inevitabile, perché non esistono alternative nella nostra società, solo poche esperienze più comunitarie sono in grado di suggerirci possibili relazioni diverse, ma è ancora dominante e pregnante con i suoi significati immaginari un modello decisamente gerarchico, autoritario e consumistico di famiglia. Ciò che andrebbe, a mio modesto modo di vedere, incoraggiato è lo spostamento a una dimensione più ampia e diffusa della genitorialità. Se la più tradizionale e conosciuta relazione famigliare appare, a tutt'oggi, ancora rappresentare per la stragrande maggioranza delle persone un punto di partenza indispensabile, ciò non dovrebbe impedirci di pensare a nuove e più evolute forme di inter-relazione adulti-bambini. Intendo sottolineare che i fallimenti strutturali della famiglia tradizionale, proprio in termini di promozione dell'autonomia, della libertà e della felicità dei vari soggetti, dovrebbero farci comprendere che sempre più urgente appare con-dividere con una più ampia e variegata molteplicità di soggetti, l'intero processo di autoeducazione, sia per gli adulti che per i bambini. Ciò permetterebbe alle persone più oneste e sinceramente dedite alla promozione dell'altro da sé (e non solo allo specchiarsi autoreferenziale che spesso trasferisce le proprie visioni sull'altro), di poter esprimere un contesto socializzante e liberante più ampio e ricco di stimoli e punti di riferimento.
Questa con-divisione della relazione educativa, contenuta e qualificata, gioverebbe sicuramente ai più piccoli ma costituirebbe allo stesso modo un proficuo terreno di crescita e di sviluppo anche per gli adulti. Insomma dovremmo sforzarci di pensare e praticare maggiormente un senso e un ethos comunitario in grado di liberare i più piccoli dall'inevitabile soffocamento implicito nelle relazioni chiuse e autoreferenziali che spesso la Famiglia impone.
Ecco perché, in modo molto sintetico, mi appare indispensabile ribadire che la battaglia, di cui la recente legge sulle unioni civili non è che un aspetto particolare, per una autentica liberazione e promozione della felicità degli esseri umani, deve assumere nuove forme e nuove modalità di stare con gli altri per poter veramente permettere a ciascuno di essere esattamente se stesso e di diventare ciò che desidera secondo un proprio autonomo progetto di vita.

Francesco Codello