rivista anarchica
anno 46 n. 406
aprile 2016


resistenza

Partigiani anarchici a Milano

di Mauro De Agostini e Franco Schirone


Da episodi durante il nero ventennio fino alla partecipazione attiva alla Resistenza, con gruppi libertari organizzati (in primis le brigate Bruzzi-Malatesta) o come individualità operanti in altri contesti: appunti sull'antifascismo di segno libertario a Milano e dintorni.


Gli anarchici milanesi durante il ventennio fascista

Dopo la fine dell'occupazione delle fabbriche la pesante repressione seguita all'attentato del Diana (23 marzo 1921) assesta un colpo durissimo al movimento: distrutte dai fascisti le sedi dell'USI e di «Umanità Nova», praticamente tutti i militanti noti vengono arrestati o costretti alla latitanza... Di fronte alla repressione imperante viene costituito un “comitato di soccorso ai figli dei carcerati politici, detto Profilius, [...] costituito fra anarchici e sindacalisti aderenti all'Unione Sindacale Italiana” ed ha lo scopo (annota la Prefettura) “di aiutare gli inscritti all'Unione, specie se condannati politici, e le loro famiglie, qualora versassero in misere condizioni economiche. Provvede anche ai bisogni più urgenti dei bambini privi di tutto e sofferenti, con assistenza diretta e contributi in natura, invitando a prenotarsi quei compagni disposti ad accogliere in seno alla propria famiglia qualche figlio di carcerato, e quelli che possono disporre di prodotti alimentari o di indumenti a spedirli in pacchi alle famiglie che verranno loro indicate”...
Nel corso del 1925-1926 giunge a termine il processo di consolidamento della dittatura. Anni di violenza squadrista, d'incendi a giornali, sedi sindacali e politiche, di omicidi impuniti hanno duramente provato ma non distrutto le organizzazioni del movimento operaio. Quattro giorni dopo il famoso discorso del 3 Gennaio 1925 con cui Mussolini dà inizio alla fase apertamente dittatoriale del suo governo il primo sindacato ad essere formalmente disciolto è proprio l'Unione Sindacale Italiana. ... Con le leggi fascistissime del novembre 1926 vengono eliminati anche gli ultimi spazi di opposizione legale: introdotto il confino di polizia, conferite ai Prefetti amplissime facoltà di scioglimento di ogni organizzazione antinazionale, introdotte gravi sanzioni per quanti espatriassero per motivi politici e per chi avesse favorito l'espatrio, reintrodotta la pena di morte per i reati politici più gravi, istituito il Tribunale Speciale per la difesa dello Stato. Per i sovversivi nessuna tolleranza, solo la prospettiva delle dure condanne inflitte dal Tribunale Speciale... L'entrata dell'Italia in guerra, l'8 giugno 1940, vede un'ulteriore stretta repressiva, con l'introduzione dell'“internamento” per tutti gli elementi sospetti (vi sono così dei militanti che hanno passato tutto il ventennio fascista tra carcere, confino ed internamento)... Saranno di lì a poco gli insuccessi della guerra fascista ad incrinare quel consenso che il regime aveva saputo costruire e ad aprire nuovi spazi di azione.

La ripresa dell'attività nel biennio 1942-43

Il 29 aprile 1942 un confidente della polizia scrive da Ginevra: “la mattina del 26 u.s. gli amici dell'“Aurora”[il locale gruppo anarchico] sono stati convocati al loro locale per una chiacchierata del noto Luigi Bertoni. Alla quale hanno preso parte soltanto i compagni noti e fidati [...] [Bertoni] si è intrattenuto lungamente sulla situazione dei compagni in Italia. Secondo le dirette informazioni che, a suo dire, gli sono pervenute, in parecchie regioni d'Italia e precisamente in Piemonte, in Lombardia e nelle Marche prenderebbe un certo sviluppo assai interessante un movimento ideato da alcuni compagni denominato “perdere per vincere”. Questo movimento lavorerebbe con mezzi limitatissimi ma in profondità e con molta fede. [...] La propaganda sarebbe in forma spicciola sia verbale che per mezzo di stampati clandestini. [...]”.
Ma che cosa è rimasto, all'alba del 25 luglio e dopo venti anni di repressione spietata, del movimento anarchico milanese? Siamo ben informati sul frenetico attivismo di Augusto Castrucci, che è tra i principali promotori della ricostituzione del Sindacato Ferrovieri Italiani. Il 28 luglio lo troviamo alla prima riunione costitutiva tenuta all'impianto di smistamento, dove presenta un memoriale in 15 punti (approvato dall'assemblea) avente come rivendicazione principale la reintegrazione dei ferrovieri colpiti dalla repressione. Nelle settimane successive lo vediamo impegnato nell'opera di riorganizzazione e ai primi di settembre è alla guida di una commissione di ferrovieri che si reca a Roma per le trattative. L'attivismo di Castrucci disturba non poco i dirigenti comunisti che cercano di emarginarlo.
Il 27 luglio il capo della polizia Carmine Senise invia un dispaccio urgente a tutte le direzioni delle colonie di confino: “prego disporre subito scarcerazione prevenuti disposizione autorità PS responsabili attività politiche escluse quelle riferentesi comunismo e anarchia”. Volantini e giornali anarchici arrivano nel frattempo anche a Milano. Secondo Giorgio Vitali ai primi di settembre “ormai i fogli clandestini non si contavano più: ce n'era per tutti i gusti, anche se la maggior parte provenivano da gruppi comunisti e anarchici... ”

Milano 1943. Primi tentativi di riorganizzazione: le formazioni “Malatesta-Bruzzi”

... Le principali fonti che ci consentono di ricostruire le fasi che portano alla nascita delle formazioni partigiane “Malatesta-Bruzzi” e la loro successiva attività sono (oltre alla già citata Relazione sull'attività cospirativa ed insurrezionale della nostra organizzazione ed altri documenti conservati nell'Archivio Fedeli di Amsterdam) alcune testimonianze orali rese da Mario Perelli nel corso degli anni settanta, un memoriale inedito di Germinal Concordia, datato 4 aprile 1975, alcune relazioni redatte subito dopo la Liberazione da Antonio Pietropaolo e da altri sull'attività svolta, specialmente nel Pavese... In linea di massima riteniamo di poter concludere che le formazioni Malatesta-Bruzzi siano sorte dalla progressiva fusione di tre gruppi diversi: quello “storico” degli anarchici milanesi (avente un suo punto di forza a Porta Romana), quello raccolto intorno a Pietropaolo a Santa Cristina e Corteolona (sviluppatosi a partire dal gennaio 1944), quello di Concordia; possiamo datare i primi contatti all'aprile 1944 e la confluenza definitiva all'estate, o molto più probabilmente a partire dall'ottobre 1944, quando, come ci attesta la Relazione nell'Archivio Fedeli, si verifica l'“immissione di forze fresche e di una folta schiera giovanile”.

La partecipazione anarchica alla Resistenza milanese e lombarda

Le brigate Malatesta-Bruzzi costituiscono il caso più importante e meglio documentato, ma non certo l'unico, di partecipazione anarchica alla Resistenza a Milano e nell'area circostante. Abbiamo infatti notizia dell'esistenza di altri gruppi organizzati e dell'opera di numerosi militanti che operano all'interno di altre formazioni. La Relazione sull'attività cospirativa ed insurrezionale della nostra organizzazione lamenta che “uomini nostri hanno agito sui monti, spesse volte anche in posizioni direttive, senza che tale apporto si traducesse in aumento di forza per il nostro movimento. Anzi l'opera di quei compagni è andata ad esclusivo profitto di tutti gli altri partiti più ricchi di noi e che colmavano la loro deficienza di quadri col contributo di uomini nostri che pure ne avevamo tanto bisogno” Il carattere spontaneamente libertario e rivoluzionario di tanta parte della Resistenza viene del resto registrato anche da un preoccupato rapporto stilato nell'aprile 1944 dalla Federazione milanese del PCI: “i dati che abbiamo sono approssimativi ed è difficile dire fino a quale punto la nostra organizzazione sia veramente un'organizzazione comunista. Sarebbe più giusto dire che ci troviamo di fronte ad un'organizzazione di simpatizzanti con forti elementi a tendenze anarcoidi e di sinistrismo, e questo si nota pure in elementi che sono ritenuti i migliori e che hanno posti di direzione. [...]”

la formazione “Amilcare Cipriani”

A Canzo (Como) opera la formazione libertaria “Amilcare Cipriani”, guidata da Tarcisio Robbiati un militante noto nel periodo prefascista per le sue rocambolesche evasioni. Su questa formazione abbiamo scarsissime notizie; viene brevemente ricordata nel memoriale di Concordia: “Cipriani agiva sulle montagne di Asso - Como - Erba” (altre fonti parlano della Val d'Intelvi). Secondo Massimiliano Tenconi (che cita la testimonianza di un partigiano locale: Eugenio Cucchi), il gruppo di Robbiati avrebbe iniziato ad operare fin dal settembre 1943. La formazione ebbe un caduto: Cesare Tavecchio, morto nel gennaio 1945 incespicando in un grappolo di bombe inesplose mentre scendeva in paese per prendere rifornimenti. Prova dell'importanza della banda è il fatto che nel periodo immediatamente successivo alla Liberazione a Canzo risulti attiva una sezione comunista libertaria con circa 60 iscritti ed un centinaio di simpatizzanti e che un anarchico faccia parte del CLN.

Il gruppo di Mombello e gli anarchici di Cesano Maderno

A Mombello si costituisce un gruppo di libertari e sindacalisti rivoluzionari intorno ad Antonio ed Alberto Moroni. “Già verso la fine del mese [di agosto] Antonio aveva ripreso contatto con i suoi compagni. Si trovavano alla domenica a Milano in una trattoria di Viale Bligny, c'era lo Stoppini con i vecchi sindacalisti rivoluzionari, diversi altri, repubblicani e anarchici e semplici antifascisti di vecchia e nuova data. Antonio redige un manifestino (non reperito) intitolato La voce della sincerità “che i suoi amici fecero stampare e diffondere negli ambienti politici e popolari”. Nei mesi successivi all'8 settembre 1943 la tipografia della Provincia, dove i Moroni lavorano, sforna a getto continuo stampa clandestina. Mancano però completamente contatti con l'organizzazione milanese, per cui si collabora con esponenti locali del Partito repubblicano (allora su posizioni rivoluzionarie) e delle brigate “Mazzini” e con un gruppo anarchico di Cesano Maderno...

D'Annunzio D'Ascola

Un altro caso di sindacalista rivoluzionario entrato nelle Brigate “Mazzini” è quello di D'Annunzio D'Ascola che, nel febbraio 1944, aderisce alla formazione animata da Emilio Belloni. La formazione svolge opera di sabotaggio tra cui - nel febbraio 1944 - la posa di bombe sui binari del tram di Monza (azione che consente di far fuggire alcuni arrestati), lanci di volantini, azioni di spionaggio, “organizzazione di un centro di Informazioni Militari, messosi in contatto radio con gli Alleati”, raccolta di armi e rifornimenti da inviare alle formazioni in montagna insieme a renitenti e disertori. Dopo l'arresto di Belloni, avvenuto il 5 luglio 1944, D'Ascola diventa uno dei principali esponenti della XXI brigata “Mazzini” incaricandosi tra l'altro dei contatti con il centro del PRI e con il PCI.

Giuseppe Seregni

Un caso di anarchico chiamato a ricoprire importanti incarichi nella Resistenza è quello di Giuseppe Seregni di Cormano. Seregni opera fin dal settembre 1943 nel territorio di Cusano Milanino (in contatto con altri anarchici della fabbrica Tagliaferri), Cormano, Bresso, Paderno Dugnano, Nova Milanese ricoprendo il ruolo di “capo militare di zona col nome di battaglia di 'Carrettiere' “ e mettendo a segno numerosissime operazioni: sabotaggi, disarmi, attacchi a postazioni nemiche, lanci di volantini, attentati a gerarchi. Ci ha lasciato alcuni appunti da cui è possibile ricostruire la sua attività... Da novembre Seregni assume il ruolo di comandante “della 130° Garibaldi, nome di battaglia 'Giuseppe'” e prosegue nella lotta, mentre i tedeschi mettono sulla sua testa una taglia”.

Marco Giambelli

Un altro anarchico che prende parte alla Resistenza collaborando con gruppi di altri partiti è Marco Mario Giambelli che in un memoriale ricorda la propria attività “in Carate Urio (Como) dove attraverso le Murelle convogliavo, in unione alle guide locali, per la Svizzera, politici, renitenti, prigionieri e israeliti [...]” opera poi, a Milano, “in collaborazione col P.d.A. col P.C.I. e col P.S.I.”. Entra in contatto solo tardivamente con le “Malatesta - Bruzzi” (una tessera di riconoscimento ne data l'adesione al 22 marzo 1945).

Baggio: Il “gruppo di Assiano” e il GAP Mendel

Composito ma di orientamento libertario risulta essere anche un gruppo di giovani di Baggio che, dopo la liberazione di Roma, incomincia a riunirsi in una cascina di Assiano di proprietà di Maurizio Del Sale. Sono “Albino Abico, Mario Negroni, Giovanni Alippi, Maurizio Del Sale, 'Nando', Edoardo Tia, 'Pino' e altri”. Il 25 luglio 1944 una quarantina di giovani “invasero Baggio armati di moschetti e pistole e fecero fuggire un gruppo di fascisti. Meno di un'ora dopo ritornarono in forze. Una macchina con degli ufficiali, un camion con mitragliatrici e un motocarro Guzzi. Non fu possibile evitare lo scontro che per i giovani baggesi rappresentava la prima prova del fuoco”. I fascisti vengono nuovamente messi in fuga a colpi di mitra, ma l'intera operazione è avvenuta in pieno giorno e i giovani autori sono ormai compromessi “la notte stessa partirono a frotte per la Valdossola, la Val Grande, l'Oltrepo”.
Albino Abico, Giovanni Alippi, Bruno Clapiz e Maurizio Del Sale costituiscono il GAP Mendel, che le fonti comuniste definiscono “formazione anarchica” in collegamento con le brigate “Garibaldi” (anarchici sarebbero in particolare Alippi e Del Sale, mentre Abico risulta comunista).
Il 28 agosto 1944 Albino Abico, Giovanni Alippi, Bruno Clapiz e Maurizio Del Sale vengono arrestati e fucilati in via Tibaldi. Una lapide ricorda il luogo dell'eccidio.

Giuseppe Pinelli e la formazione “Franco”

Tra i giovanissimi partigiani ricordiamo Giuseppe Pinelli. La sorella Liliana ricorda che, durante la guerra la famiglia era sfollata a Lacchiarella, ma Giuseppe ritorna a Milano nei primi mesi del 1944. Ha 16 anni. Conosce i primi partigiani in zona Porta Venezia, precisamente dopo i grandi scioperi dei tramvieri, dei ferrotranvieri, delle grandi fabbriche e quando si formano in città i primi più consistenti nuclei partigiani. Verso la metà del 1944 aderisce come staffetta alla brigata “Franco”. Licia Rognini, tra le poche notizie che Giuseppe Pinelli ha raccontato sul periodo resistenziale (non ne parlava volentieri) ricorda come componenti della formazione “Franco” tre anarchici: un certo Rossini (a cui Giuseppe è molto legato e da cui sarà indirizzato all'anarchismo) e due fratelli di cui non rammenta il nome (non ricorda se gemelli, comunque si somigliano tantissimo). I due fratelli sono velocissimi nel rubare le rivoltelle ai tedeschi in Piazza Duomo, con una tecnica collaudata quanto pericolosa. I due sono grandicelli ma sembrano dei ragazzini: uno si nasconde, fa da palo, l'altro dopo aver tolto la rivoltella al tedesco scappa verso il luogo dove è nascosto il fratello il quale prosegue la corsa portandosi dietro gli inseguitori o si fa prendere. In questo modo l'altro fratello può portare al sicuro l'arma.

Elia Somenzi e i “quattro anarchici di Carrara”

Un altro sedicenne, Elia Somenzi, ricorda di essere stato arrestato ai primi di luglio del 1944 dalla X MAS per la sua attività di soccorso agli ebrei in fuga “sono stato messo in prigione, in attesa di essere mandato in Germania, e mi sono trovato con quattro anarchici di Carrara, anche loro in attesa di essere deportati..., io e i quattro anarchici, approfittando della situazione favorevole, siamo scappati...”. Per portare in salvo gli ebrei “la prima raccolta era a Treviglio, nel ricovero dei vecchioni; poi a Milano c'era un'altra raccolta all'Isola, [...], noi venivamo dal confine svizzero e tante volte era più comodo portarli sopra Porto Ceresio e di lì a Serpiano. “L'attività del gruppo non si limita solo all'aiuto umanitario “I miei amici di Carrara mi hanno fatto imparare una cosa, a smontare bombe a mano e bombe, perché avevamo bisogno di fare le mine da mettere sulle strade...”

Gaetano Gervasio e la “Resistenza disarmata”

Non si può dimenticare il lavoro di agitazione svolto in fabbrica, come “Resistenza disarmata” da diversi compagni. Gaetano Gervasio ricorda in proposito: “Fu negli anni della guerra, e soprattutto a iniziare dal '42, che avevo intensificato i miei rapporti con i lavoratori delle altre fabbriche, piccole e grandi... Si parlava della situazione politica, delle azioni dei fascisti, dei movimenti dei soldati, dell'atmosfera che si respirava nelle fabbriche, ma in primo luogo di che cosa comunicare sulla stampa e quali interventi preparare. Erano soprattutto militanti socialisti e comunisti (che ricevevano ordini e stampa dai loro partiti) ma anche operai non appartenenti ad alcuna organizzazione, parecchi anarchici, anche 'individualisti'. Era, questo, il nostro modo di fare 'Resistenza'... Credo che fu grazie a questi contatti del tempo di guerra e, in particolare, dei mesi della Repubblica Sociale, se [dopo la Liberazione] la nostra lista libertaria per le elezioni nella CGIL ebbe nelle fabbriche un gran numero di voti”...

...e tantissimi dimenticati

Fin qui abbiamo fatto riferimento a fonti (orali o scritte) che, in modo spesso precario, si sono conservate fino a noi, ma dell'impegno di molti compagni e compagne il tempo ha cancellato ogni ricordo. Accade spessissimo che un'intera vita di lotte si riduca a pochi vaghi cenni in un necrologio. Così di Enrichetta Mariotti (Richetta) il cui “negozio di materassaia era il porto sicuro a cui approdavano i ricercati, ricevendovi ospitalità, protezione, mezzi per la salvezza”. Sappiamo solo che “diffondeva arditamente la nostra stampa clandestina anche in piena occupazione nazista [...]”. Di Augusta Farvo sappiamo poco di più, che “nella fase più drammatica della lotta partigiana si adopera per salvare la vita di numerosi compagni, nascondendoli in casa propria”. Di Abele Merli, divenuto anarchico durante la permanenza per lavoro in Svizzera nei primi anni trenta, conosciamo l'opera di propaganda antifascista alla Breda, alla Tagliaferri, alla Isca di Cusano Milanino, fino alla sua fucilazione per rappresaglia da parte dei nazifascisti il 16 dicembre 1943. Persino dell'impegno resistenziale di Romeo Asara (che pure ha svolto un ruolo di rilievo nell'ambito delle “Malatesta-Bruzzi”) ci è rimasta poco più che la seguente annotazione nel necrologio: “è dei primi in montagna; nel settembre '43 partecipa con incarichi vari alla lotta partigiana, sempre nei posti più pericolosi di responsabilità. È ferito, poi fatto prigioniero dai repubblichini e atrocemente seviziato. Fugge, torna a Milano a riprendere la battaglia in città. Nel luglio '44, responsabile militare di formazioni partigiane, in seguito a delazione è catturato dai tedeschi, che tuttavia non ne conoscono la vera identità. È avviato in Germania, ma riesce a fuggire e torna a Milano. Qui prende parte attiva all'insurrezione, in collegamento con le brigate Malatesta-Bruzzi e libera con i suoi uomini la zona industriale di Affori”.

Mauro De Agostini e Franco Schirone

Tratto dal volume di Mauro De Agostini e Franco Schirone, Per la rivoluzione sociale. Gli anarchici nella Resistenza a Milano (1943-1945), Zero in Condotta Milano 2015, pp. 366, € 20,00

Teresa Galli,
la prima vittima della violenza fascista a Milano

Nella giornata del 25 aprile, data 'ufficiale' della conclusione del processo insurrezionale di rivolta e di lotta contro il nazifascismo, l'attenzione è generalmente rivolta al periodo 1943-1945, mettendo di fatto in secondo piano il periodo precedente, costellato di generosi tentativi giustizieri, di clandestinità, di esilio, di resistenze sotterranee, di dura repressione, di condanne a morte, ecc.. In realtà l'opposizione e la lotta al fascismo si svilupparono fin dalla sua nascita, a causa della natura reazionaria, gerarchica, antiproletaria e antisocialista del suo programma politico e della sua pratica autoritaria e violenta. Al suo programma e alla sua pratica si contrapposero, da subito, l'iniziativa di compagni e compagne, risoluti nell'affermare la propria volontà egualitaria e libertaria.
Troppe volte però l'attenzione si è soffermata su alcuni episodi e su alcuni personaggi, sicuramente significativi ed emblematici, tralasciando episodi considerati 'minori' nel conflitto che in quel ventennio contrappose l'insieme del movimento antifascista alla canea fascista. Come la partecipazione femminile. Poche volte si è ricordato ad esempio che almeno una quarantina di donne furono vittime dello squadrismo dal 1919 al 1922, anno della Marcia su Roma. Oppure che a Trieste con il nome di “Ardite rosse”, ci fu un gruppo di donne organizzate all'interno degli “Arditi Rossi”, formazione che precedette gli “Arditi del popolo”.
Oppure ancora che la prima vittima in assoluto del fascismo fu proprio una donna, Teresa Galli, un'operaia, camiciaia di mestiere che, a 19 anni, fu uccisa il 15 aprile del 1919 a Milano, colpita alla nuca da un proiettile.
Il 23 marzo dello 1919 erano stati fondati da Mussolini, a Milano, i 'Fasci italiani di combattimento' che subito avevano dato prova della loro natura violenta ed assassina.
Il 13 aprile 1919 a Milano, durante una manifestazione socialista, si erano verificati gravi incidenti in seguito all'intervento della polizia. Un dimostrante era rimasto ucciso e molti erano stati i feriti. Il Partito Socialista e la Camera del Lavoro proclamarono allora uno sciopero generale per protestare contro la repressione poliziesca: la manifestazione si tenne all'Arena con un comizio che vide una grande partecipazione popolare. Concluso il comizio, anarchici e spartachisti si misero d'accordo per promuovere un corteo verso il centro della città, sventolando bandiere rosse e nere, ed innalzando ritratti di Lenin e di Malatesta.
Il corteo che aveva raccolto buona parte dei partecipanti al comizio, all'altezza di via Mercanti e via Dante venne violentemente attaccato da circa 400 fra ufficiali degli arditi, appartenenti al Partito Nazionalista, futuristi con Marinetti alla testa e fascisti provenienti dalla sede del 'Popolo d'Italia', armati di spranghe, armi da taglio, pistole e bombe a mano. Ovviamente carabinieri e militari lasciarono fare.
Gli assalitori poi proseguirono assalendo e dando alle fiamme la sede del quotidiano socialista “l'Avanti!” in via San Damiano.
Alla sera del 15 aprile si contarono quattro morti, fra cui Teresa Galli, e trentanove feriti.
La natura antiproletaria, reazionaria e sessista del fascismo trovò così la sua iniziazione dando vita a ventisei anni di autoritarismo e di violenza fino al massimo livello: la guerra.
Il 25 aprile di quest'anno vogliamo ricordare Teresa Galli, la cui tomba si trova nel Cimitero Maggiore (Musocco), ed insieme a lei quante e quanti impegnarono la loro vita per una società di libere e di eguali, riaffermando la nostra decisa opposizione ad ogni forma di autoritarismo e di sfruttamento.

Le compagne ed i compagni della Federazione anarchica milanese
faimilano@tin.it


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