rivista anarchica
anno 46 n. 408
giugno 2016




Chi è lo stupido qui?

Per mestiere, mi occupo soprattutto di letteratura. Sono stata fortunata perché, sempre per mestiere, la mia deriva è il mondo. Questo mi consente di ignorare l'avvilente pochezza di molto di quel che esce in italiana negli ambiti che mi interessano. Tralasciando indubitabili perle a firma autoctona, spesso smarrite in una dignitosissima ma poco visibile editoria minore, perlustro la classifica dei libri italiani più venduti con la stupefazione di un rabdomante nel deserto. Nella stessa misura, quando poi mi sposto nel settore “narrativa straniera“ delle librerie, vi trovo autentici gioielli, opere di assoluto pregio (beninteso: insieme a solenni fesserie), che facilmente hanno ottenuto uno spazio in una editoria che riconosce il suo status di colonia senza fare una piega: gli stranieri son meglio, si vendono di più, e possono osare strade che per noi scribacchini di questo paese son rischiose. Se David Peace fosse italiano, non verrebbe pubblicato da noi. Troppo complesso, sofisticato, criptico, impegnativo. Per fortuna è inglese, vive a Tokyo, ed è un genio. Come Cormac McCarthy, o Bret Anthony Johnston, o Jeff VanderMeer, e cito solo una campionatura colpevolmente limitata alle mie recenti letture.
Ora, io insegno a Mediazione Linguistica e Culturale. Quest'anno, per il triennio, ho inserito in programma Cormac McCarthy, tra colleghi ridacchianti perché convinti che gli studenti, per definizione “poveri“ lettori, non ci avrebbero capito nulla. È stata una bella sfida, appassionante e complicata, che ha guadagnato a McCarthy e alla Letteratura una quantità considerevole di nuovi fan. L'anno scorso, era stata la volta di Vonnegut, che si era rivelato un successo assoluto. L'anno prima ancora, eravamo andati addirittura su Chris Abani, altro genio non certo semplice da leggere. I miei ragazzi si son presi tutto, appassionandosi al racconto e chiedendosi (e a volte chiedendomi) come mai nessuno aveva proposto prima letture del genere. La mia elementare conclusione è: non è vero che per le letture complesse non c'è pubblico in Italia. Direi che forse non c'è promozione adeguata. E non c'è passione di chi propone. Escludendo gli insegnanti, che sono il bersaglio preferito di questi discorsi ma non il mio, direi che questa freccia va dritta verso l'editoria.
Il mio romanzo più recente, una distopia complicata e forse anche poco riuscita, ha ricevuto fin qui 9 rifiuti.
4 editori hanno accettato di leggere il testo. 1 ha praticamente risposto che non ci aveva capito niente. 2 hanno invece valutato il romanzo davvero significativo e ben scritto, ma ahimè, non erano interessati alle distopie (e ciascuno dei due ne aveva già pubblicate, e ne ha pubblicate poco dopo, tutte di stranieri). 1 ha risposto che scrivo divinamente e che però non rientro nelle “costellazioni immaginali“ della casa editrice (ancora mi sto chiedendo cosa significa).
Gli altri 5 non hanno voluto leggere: 4 han letto la sinossi e rifiutato, e 1 non ha voluto neanche leggere la sinossi e ha risposto via sms.
Ora, scrivo tutto questo non per farmi del male o per atteggiarmi a martire. Indipendentemente dal fatto che un romanzo sia pubblicabile o meno, trovo imbarazzante avere a che fare un'editoria che smentisce le sue stesse procedure, parla un linguaggio incomprensibile, non ha tempo neanche per leggere un bigino del romanzo, si immagina un pubblico che non c'è e che si permette di trattare una persona moderatamente alfabetizzata e sveglia, come credo di essere io, alla stregua di un idiota.
Ora, non mi preoccupa non trovare un editore: sebbene sia scrittrice, per fortuna posso permettermi i miei atti di libertà, e ne pago le conseguenze. Di più mi preoccupano la barbarie e l'assenza di senso, lo svilimento consapevole di una cultura che non è un brand, ma una difesa contro le offese della vita. Senza idee, siamo niente. E se prendiamo a prestito solo le scritture degli altri, che ne faremo di questa nostra scombinata tradizione letteraria? Certo, forse ci salverà, che so, il libro di cucina dello chef Cannavacciuolo, pubblicato oggi dallo stesso editore che pubblicò, in anni ormai remoti Calvino, Pavese, Elsa Morante e Gadda. Dopo tutto, mangiar bene conta.

Nicoletta Vallorani




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