Francia/2
La notte, in piedi
dialogo tra Emma Zaza e Lucia D'Angelo
con un testo del Collettivo Clash City Workers
Nuit Debout è il nome del nuovo movimento che da settimane sta marcando la propria presenza nelle piazze francesi.
Ne dibattono, piene di interrogativi, un'anarchica e un'autonoma libertaria che vi partecipano. In place de la République, e altrove.
Circondati da una fitta fila di camionette della polizia, da parigini in preda allo shopping, dai turisti all'assalto di ciò che resta degli attentati di Parigi e da adolescenti di passaggio, qualche centinaio di persone inizia a riunirsi a Piazza della République. Sono quasi le 18, e come tutte le sere ormai da tre settimane un'altra assemblea della Nuit Debout si organizzerà, come un po' per caso… Qualche vicolo più in là, dove fatica a sentirsi il fervore del movimento contro la Loi Travail, ci fermiamo ad un bar per fare qualche chiacchiera su quello che sta succedendo da più di un mese nella nostra città. Proprio all'altezza del nostro sguardo sedute a tavolino, di fronte a noi, una scritta nera sul distributore di una banca presa d'assalto durante una delle notti scorse intona «le monde ou rien», «il mondo o nulla»...
Lucia: Te la ricordi la prima manifestazione? Erano gli inizi di marzo, il 9 per la precisione, e qualche riunione informativa nelle Università lanciava la mobilitazione contro la Loi Travail proposta dal ministro Myriam El Khomri. Che giornata, che partecipazione in tutta la Francia! Fu il primo sentore di una lotta che si presentava già determinata: benché la CGT, Force Ouvrière, Solidaire e qualche altro sindacato avessero indetto la data del 31 marzo, gli studenti motivatissimi volevano manifestare sin da subito, stravolgendo le agende delle organizzazioni sindacali! Tra un post su facebook e un cinguettio su twitter, la data del 9 era già sulla bocca di tutti e si fece seguire da quella del 17, poi del 24… In seguito, nelle Università, in particolare a Paris VIII e Nanterre, fiorirono grosse assemblee generali, occupazioni, blocchi delle facoltà. La rivendicazione principale era stata da subito il ritiro puro e semplice della Loi Travail senza alcuna negoziazione, ma poi pian piano il discorso si è allargato, aprendosi ad altre lotte e rivendicazioni, come il rifiuto dello stato di emergenza ormai in vigore da gennaio, la denuncia delle violenze da parte delle forze dell'ordine, la lotta dei e delle migranti… Eppure non saprei dire con certezza chi ha portato davvero la staffetta di questa lotta per primo.
Emma: Io credo che sin da subito siano stati gli studenti e le studentesse a lanciare il movimento, rivendicando il loro futuro. Sin dal principio rifiutavano determinati di farsi manovrare dai sindacati studenteschi, che durante la lotta anti-CPE (Contratto di primo impiego) nel 2006 avevano seminato più carriera politica che rivoluzione, e nonostante la forte repressione dello stato, la determinazione dei cortei liceali ha trainato con forza il movimento sino ad oggi. I lavoratori purtroppo inizialmente sono stati troppo marginali, e ciò è dipeso dal fatto che pochi sindacati avessero lanciato preavvisi per lo sciopero e che una parte di loro comunque continui a negoziare per la modifica della legge, piuttosto che lottare per il suo rifiuto totale. Solo alcune categorie, come i lavoratori delle ferrovie, i precari dei fast-food e gli intermittenti dello spettacolo hanno iniziato a farsi sentire da qualche settimana.
Una frattura sostanziale
Lucia: Però secondo me senza le assemblee inter-professionali, fondamentali per bloccare l'economia, gli studenti non avrebbero potuto davvero continuare la mobilitazione! E difatti hanno seguito i lavoratori con entusiasmo: il tentativo di blocco della Stazione Saint Lazare in sostegno ai ferrovieri, il blocco per giorni interi di catene di fast food all'urlo di «non si può parlare di diritto al lavoro senza il diritto alla disoccupazione!», il blocco del deposito dei bus a Saint Denis con i dipendenti del trasporto pubblico, le azioni con i lavoratori dello spettacolo sfociate nell'attuale occupazione del teatro dell'Odeon in centro a Parigi… Quello che pero riesco sempre meno a definire é: quale articolazione tra i lavoratori e i precari in lotta e la Nuit Debout di Piazza della République?
Emma: Mah, d'altronde é in seguito al 31 marzo, grande data di mobilitazione e di sciopero generale, che l'occupazione di place de la République, e la conseguente nascita del movimento Nuit Debout, ha avuto inizio… Sicuramente una frattura sostanziale esiste et é difficile da decifrare, ma non credo bisogni vederle come due correnti semplicemente agli antipodi! A prima vista, la composizione in Piazza della République si potrebbe riassumere nel cittadino francese, bianco, di classe media, indignato e inspirato dal movimento Occupy degli USA e dagli Indignados spagnoli... Tuttavia, altre realtà come la BAN (Brigade Anti-Negrophobie), i gruppi libertari, gli anarchici, le femministe, gli insurrezionalisti e i collettivi delle banlieue contro le violenze della polizia stanno portando contenuti diversi in piazza, lasciandoci sperare l'arrivo di un movimento più eterogeneo.
Lucia: Ma la postura da indignato é ancora troppo presente! Il che porta a proposte riformiste in assemblea, come la riscrittura della costituzione o di un sistema decisionale tramite voto per maggioranza! Ciò denota secondo me ancora una forte fiducia nel sistema statale, elettorale… Il sistema democratico e le sue contraddizioni non mi sembra siano messi davvero in discussione!
Ammetto però che un aspetto interessante c'è, ed é la convergenza tra pratiche radicali e soggetti più moderati. Al grido di «Aperitivo da Valls», il primo ministro, si é partiti in corteo non autorizzato sino al suo sontuoso appartamento, presidi protetti da barricate sono stati fatti davanti ai commissariati dove c'erano i compagni e le compagne arrestati… e lì, oltre all'area antagonista, c'era tantissima gente che prima di allora non aveva probabilmente mai pensato di poter prendere parte a un corteo spontaneo, costruire delle barricate o dover resistere ai gas lacrimogeni!
Emma: Certo… Ma a prescindere dalla contingenza della lotta, ciò che resta interessante secondo me nel fenomeno Nuit Debout é soprattutto la liberazione dello spazio in una città iper-normata come Parigi. Pur trattandosi di occupazioni autorizzate dalla prefettura, riducendo di fatto la portata sovversiva della Nuit Debout, o pur ricordando spesso uno spirito in stile festa dell'unità, quello che sta accadendo a Piazza della République resta comunque un fenomeno fuori dai canoni, dove si sussurra di ZAD (Zone autonome determinate), di Comune, di rivoluzione… altrimenti non avremmo gli sbirri sul collo tutte le sere!
In una città asfissiante come Parigi, potersi ritrovare liberamente in piazza già rappresenta la liberazione dal sistema capitalista del club parigino, la messa in discussione di una vita fatta di lavoro-metro-casa, la rottura di un individualismo sociale folgorante. In tutto ciò, la riappropriazione dello spazio pubblico diviene uno strumento di lotta capace di mostrare nuove possibilità del reale… Alla fine, credo siamo partiti da una lotta contro lo sfruttamento e il precariato nel mondo del lavoro, per ritrovarci in fondo a mettere in discussione tutte le conseguenze del sistema capitalista.
Lucia: Per non parlare del «tout le monde déteste la police!», «tutti detestano la polizia!», prima intonato solo dai compagni, e oggi urlato a squarciagola da cortei interi di migliaia di persone! Difatti il discorso violenza/non violenza dei manifestanti é emerso più volte nelle assemblee della Nuit Debout e non c'è mai stata una presa di posizione pubblica contro le azioni più radicali, quando invece durante gli scontri nelle periferie francesi del 2005 l'opinione pubblica aveva facilmente e vigliaccamente additato quei giovani come dei pericoli pubblici da arginare e reprimere… Forse é dovuto a questo l'assenza delle classi più popolari?
Emma: Mah, secondo me quello che sta succedendo in periferia è la conferma di quello che si diceva prima: Nuit Debout resta comunque per il momento un movimento medio-borghese che non riesce a parlare ad una popolazione dilaniata dal razzismo, l'islamofobia, il nazionalismo, il sessismo, le violenze delle forze dell'ordine. Nelle banlieue si é cercato di lanciarlo, ma in piazza c'erano solo 30-40 bianchi o i figli di una passata immigrazione ormai più assorbiti da una classe benestante che popolare… Quindi la domanda giusta da porsi mi sembra sia: come coinvolgere nella lotta le classi popolari oggi assenti?
Lucia: Secondo me la parte della popolazione più precaria in realtà non si sente parte del movimento perché non si sente toccata dalla Loi Travail! La proposta di legge in fondo va a confermare quella che é la regola per la popolazione precarizzata e marginalizzata che già lavora in nero, che già vive di sussidi… di conseguenza bisognerebbe allargare le rivendicazioni per parlare di una precarietà già esistente.
Nuove pratiche di lotta
Emma: Però non possiamo neanche generalizzare e stigmatizzare la banlieue dicendo che ci sono solo disoccupati e precari! Ci sono anche operai, cassiere… ma perché non scendono in piazza? Secondo me é dovuto dal fatto che resta un movimento ancora troppo colto o coltivato, se così possiamo definirlo: assemblee di 8 ore consecutive, il sogno di un'Università popolare, quando una grande parte della popolazione non ci ha mai messo piede in un'Università! Sono pratiche e retoriche che mobilizzano delle referenze sociali e politiche in cui le classi popolari fanno fatica a ritrovarsi, afflitti da ben altre esigenze! Sono il sintomo di una frattura.
E poi sarebbe da chiedersi soprattutto: perché sta succedendo, adesso, in Francia? Io purtroppo percepisco un po' l'eco dei 5 stelle in Italia, di Podemos in Spagna e di Syriza in Grecia, pur avendo tutti forme diverse, come diversa è la Nuit Debout… In Francia la nascita di un «movimento» di rifiuto della classe politica e del sistema economico e sociale vigenti, fuori dai partiti esistenti, é mancato in questi ultimi anni di crisi economica e politica europea…
In una piazza che ancora fa fatica a definirsi, chiaramente tutti speriamo che tale spinta non si faccia riassorbire dal sistema elettorale, ma il rischio c'é... il rischio di una disobbedienza civica, delusa da una sinistra socialista che sembra essersi spostata palesemente a destra, ma che resta comunque attaccata al sistema politico rappresentativo senza darsi davvero i margini per immaginare un vero orizzonte rivoluzionario.
Lucia: Io quello che spero é che almeno tutto ciò serva a radicalizzarsi e a prendere coscienza, imparare, sperimentare nuove pratiche. Forse sarò pessimista, ma non credo che una composizione così variegata possa dar vita ad un progetto comune di un mondo possibile… Tuttavia ci si fa delle nuove domande, in quanto individui, studenti, lavoratori, compagni, libertari, emarginati, dominanti… E già questo é importante per immaginare nuove pratiche di lotta!
Il barista ci interrompe portando su una mano una ciotola di noccioline. Oggi il sole batte forte su République e la piazza si sta già riempendo. Tra le proiezioni video di un collettivo di compagni di cinema indipendente, la cucina autogestita che inizia ad installarsi e il banchetto libertario, i compagni più convinti sono già quasi tutti lì. Ultimo sorso di birra al sole pallido parigino e ci buttiamo nella mischia: meno convinzioni di prima e più dubbi che mai, ma forse anche questo é l'inizio della rivoluzione.
Emma Zaza e Lucia D'Angelo
|
Parigi, place de la République - Una delle assemblee che dal 31 marzo vengono quotidianamente organizzate dal movimento Nuit Debout |
La legge El Khomri,
ossia il Jobs Act che
la Francia non vuole (e nemmeno noi)
In seguito alle critiche sollevate dal progetto di riforma del mercato del lavoro, ma soprattutto dopo che ben cinque manifestazioni di massa e due scioperi generali hanno bloccato il paese, il Capo del Governo francese Manuel Valls ha dichiarato che “questa riforma, non è quella di un campo contro l'altro. […] Essa vuole oltrepassare gli interessi particolari“.1 Quale sia “l'interesse generale“ difeso dal governo lo ha specificato benissimo il Ministro del Lavoro Myriam El Khomri, in un'intervista rilasciata poco prima che la mobilitazione di salariati e studenti invadesse lo spazio pubblico: “l'obiettivo […] è quello di adattarsi ai bisogni delle imprese“.2
Punto.
Affinità e divergenze tra la
riforma francese e quella italiana
La riforma del code du travail è dunque uno specchio fedele delle riforme che, in tutti i paesi europei – e in particolare nel nostro – hanno indebolito e spazzato via le residue difese dei lavoratori di fronte all'arbitrio dei capi d'azienda. Eccone gli aspetti principali:
1) La riforma consente di stipulare accordi aziendali in deroga ai contratti nazionali e allo stesso codice del lavoro. In questo modo essa dispone la fine del principio di favore, ossia la regola secondo la quale qualsiasi accordo sindacale può discostarsi dai contratti nazionali e dalle leggi solo nel caso in cui esso sia favorevole al lavoratore. La riforma conferma che in caso di accordo aziendale, siglato dai sindacati in possesso della maggiore rappresentatività, esso potrà andare in deroga alle fonti gerarchicamente superiori pur essendo favorevole all'impresa!3
2) Alla singola filiale basterebbe dichiarare un abbassamento del giro d'affari lungo sei mesi per giustificare dei licenziamenti economici. Come se non bastasse, la riforma fissa un'indennità massima che le imprese sarebbero costrette a pagare nel caso in cui i giudici del lavoro dichiarassero un licenziamento illegittimo. In questo modo le imprese sarebbero in grado di calcolare il costo massimo di un licenziamento politico, un po' quanto consentono le “tutele crescenti“ di Renzi;
3) L'impresa potrebbe estendere la giornata lavorativa ben oltre l'orario normale delle 35 ore (che in molte realtà già oggi costituisce un limite fittizio). La nuova legge abbatte i costi del lavoro straordinario, consente il frazionamento delle 11 ore di riposo obbligatorio tra un turno di lavoro e l'altro e permette l'estensione straordinaria delle settimane lavorative fino ad un massimo di 60 (!) ore.
Le affinità tra la loi El-Khomri e il Jobs Act vanno ben oltre il piano puramente giuridico. L'obiettivo raggiunto dal Governo Renzi non è stato solo l'aver eliminato l'art.18, ma anche e soprattutto l'indebolimento, ottenuto attraverso l'incitamento del terrore nelle aziende, delle possibilità di organizzazione dei lavoratori. Questo segnale, indirizzato ai famosi “investitori“, è stato ben recepito all'estero. Non è un caso che il Ministro dell'Economia francese, Emmanuel Macron, si sia riferito al Jobs Act come ad un modello “virtuoso“ da imitare.
Che sia venuto il momento per noi lavoratori italiani, di ribaltare questo ragionamento, prendendo cioè spunto dai lavoratori francesi e riportando in Italia la lotta contro la loi El-Khomri?
Collettivo Clash City Workers
Clash City Workers è un collettivo di informazione e inchiesta che cerca di dare visibilità a ciò che succede nel mondo del lavoro, seguendo e sostenendo le lotte dei lavoratori e delle lavoratrici.
1 Loi Travail: ce qui change dans la nouvelle version présentée par Valls, «Le Monde», 14 marzo 2016
2 Myriam El-Khomri: “Il n'y a aucun recul des droits des salariés», «Les Echos», 19 febbraio 2016
3 Come previsto d'altronde in Italia dall'accordo interconfederale del 28 giugno 2011 e soprattutto dall'articolo 8 della legge 148, figlia del Governo Monti
|
|