grandi opere/4
No Muos
con testi di Pippo Gurrieri e Fabio D'Alessandro
foto di Fabio D'Alessandro
Le mobilitazioni contro il sistema di comunicazioni satellitari ad alta frequenza della marina militare a Niscemi (Cl) sono iniziate nel 2006.
Negli ultimi dieci anni la resistenza è aumentata.
E ha dato vita ad un dibattito sulla questione militare, sulla salute e sull'inquinamento che si è spinto oltre Niscemi. E oltre la Sicilia.
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Niscemi (Cl), 12 novembre 2015 - Turi Vaccaro scala una delle parabole del Muos |
Un'intensità di pressione mai vista
di Pippo Gurrieri
È dal 2006 circa che va avanti la mobilitazione contro il Muos (Mobile User Objective System, sistema di comunicazioni satellitari ad alta frequenza della marina militare statunitense) di cui scrive nelle prossime pagine Fabio D'Alessandro; anche se possiamo datare al 2012 lo sdoganamento della questione e la crescente sensibilizzazione che ha portato ad una sua essenziale conoscenza diffusa e al costituirsi di una opposizione regolare, abbastanza radicata sul territorio, che - a fasi alterne - ha costituito un vero problema per gli strateghi statunitensi e per i loro alleati-complici italiani.
È stata faticosa la costruzione della resistenza, per tutta una serie di motivi, in primo luogo perché il progetto viene a cadere su un territorio culturalmente arretrato, per l'agire di forze politico-mafiose che hanno imposto la cultura della delega, della soggezione, della collateralità, annullando ogni forma di partecipazione dal basso. Niscemi poteva essere l'ambiente adatto per operare una forzatura così forte sul territorio, ma agli americani stavolta mancava un fattore essenziale (quello che a Comiso riuscì a incidere negativamente sull'evolversi della lotta popolare): la promessa di posti di lavoro. L'alta tecnologia del Muos non prevede particolare impiego di manodopera, se non nelle fasi di costruzione delle opere propedeutiche, ed in maniera assai limitata.
La stanchezza della popolazione per una condizione di sottosviluppo abbastanza estrema (basti pensare che l'acqua corrente arriva ogni 15 giorni circa), la presa d'atto del grande inganno della base NRTF (Naval Radio Transmitter Facility), costruita nei primi anni '90 (all'interno della quale ora vi è il sito Muos), che per lungo tempo con il suo impatto elettromagnetico ha annientato vite umane e ammorbato l'ambiente all'insaputa degli abitanti del posto, hanno rappresentato la molla che ha dato carburante ad una protesta fino ad allora rimasta in sordina, circoscritta all'ambito cittadino. In breve, dal 2011 la lotta ha fatto passi da gigante, con assemblee popolari, coinvolgimento di scuole e quartieri, arrivo di attivisti dalle città del circondario prima e di tutta la Sicilia poi, cambiamento di atteggiamento dell'amministrazione comunale, in un primo momento coinvolta nel sì al progetto Muos, arrivo di esperti di parte che hanno contribuito a smascherare le bugie sul Muos e a svelare il vero impatto delle 46 antenne NRTF.
Da qui ad una fase successiva della lotta, con i blocchi stradali per impedire i lavori al cantiere, il presidio permanente a ridosso della base, le prime incursioni dentro la struttura, culminate con diverse scalate delle antenne e due invasioni di massa il 9 agosto 2013 e il 9 agosto 2014, il tutto circondato da miriadi di iniziative, forme di democrazia diretta in piazza e nell'organizzazione delle lotte, tentativi più o meno riusciti di esportarla fuori Niscemi e fuori Sicilia, un grande sforzo per porre come priorità la questione militare rispetto a quella della salute e dell'ambiente, il grande dibattito che ha portato alla definizione delle posizioni interne al movimento, con l'allontanamento delle componenti qualunquiste, destrorse e filoistituzionali nella prima fase conviventi con le altre, e l'elaborazione della carta d'intenti attorno a cui si riconoscono e si costruiscono i comitati.
Questo grande movimento, che ha avuto
picchi di mobilitazione di 15.000 persone nel 2013, e una intensità di pressione mai vista, non poteva che provocare ripercussioni positive anche in ambito istituzionale, con le revoche dei permessi alla Marina USA da parte della Regione (poi annulate) e soprattutto con due sequestri da parte della Procura di Caltagirone, uno dei quali, datato aprile 2015 ancora in atto, e le tormentate vicende del Tar, che per ben due volte si è espresso definendo nella sostanza il Muos abusivo, per le diverse violazioni di nome verificate, come ci racconta Fabio D'Alessandro nel testo che segue.
Una lotta che ha, indubbiamente, provocato numerosi tentativi di imitazione, stimolando altre resistenze, provocando il sorgere di nuove militanze. Certamente, avere marciato a 200 all'ora tra metà 2012 e tutto il 2013 ha comportato una certa stanchezza, e un certo rilassamento per via dei risultati positivi ottenuti sul piano legale. Ed oggi che la battaglia sul piano giuridico-legale procede a tappe forzate per la fretta degli americani, sempre più nervosi, insofferenti, incazzati, e per i venti di guerra, che in Sicilia spirano molto forti, sicuramente la lotta No Muos è entrata in una nuova decisiva fase. Da una parte le tappe della tormentata vicenda istituzionale hanno riposto al centro il tema salute-inquinamento, dall'altra la guerra in Siria e in Libia ha riproposto l'importanza del Muos nelle strategia statunitensi, e la conseguente necessità di liquidare una resistenza mai doma, pronta a ripartire.
Pippo Gurrieri
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Niscemi (Cl), 4 aprile 2015 - Si scuotono le reti della base NRTF |
Quel nuovo giocattolino
di Fabio D'Alessandro
Il Muos s'ha da fare. Le antenne satellitari che la marina statunitense ha costruito a Niscemi sono ancora al centro di una lunga battaglia che vede impegnata la popolazione a causa del rischio di inquinamento elettromagnetico. A furia di ricorsi, carte bollate e procedimenti penali a fatica il governo degli Stati Uniti d'America sta riuscendo a imporre un progetto concordato con una classe politica ormai spazzata via da inchieste giudiziarie e scandali. Ma dietro il messaggio della preoccupazione della popolazione per i rischi legati alla messa in funzione dell'impianto ci sono alcune questioni che travalicano le legittime paure di chi vive nei pressi della base di contrada Ulmo.
Al momento il Muos è ancora sotto sequestro, dal 1 aprile 2015, per ordine del Tribunale di Caltagirone a seguito di un procedimento penale scaturito dalla violazione dei vincoli paesaggistici e ambientali nella realizzazione dell'opera. Ancora carte bollate dunque, che certificano con notevole ritardo quanto affermano gli attivisti da molti anni: è impensabile che un'opera del genere possa sorgere all'interno di una riserva naturale. Eppure agli Stati Uniti è stato concesso di “tagliare“ una collina, effettuare sbancamenti e cementificare una zona che, prima dell'arrivo dei marines, era un piccolo paradiso della macchia mediterranea.
La questione della pericolosità
Probabilmente l'esempio più emblematico di tutta la vicenda sta proprio nella semplicità con cui le autorizzazioni, oggi al centro di un complicato procedimento amministrativo davanti al Consiglio di Giustizia Amministrativo di Palermo, sono state concesse per un'opera del genere. Basti pensare che la Sovrintendenza ai beni culturali e ambientali, notoriamente organo inflessibile sulla tutela dei beni ambientali, contestualmente all'autorizzazione del progetto prescrisse solo la verniciatura delle parabole di 18 metri con un tenue azzurro, giusto per “confondersi con il cielo per non disturbare il volo degli uccelli migratori“. La procura della Repubblica di Caltagirone, a seguito di numerosi esposti, ha deciso di vederci chiaro nel complesso iter autorizzativo richiedendo e ottenendo il sequestro dell'opera. Una vera rogna per il Dipartimento alla difesa degli Stati Uniti, poco abituato ad intoppi burocratici.
Ma, oltre ai rischi per la salute e le devastazioni ambientali, bisogna scavare ancora più a fondo per comprendere completamente la lotta del movimento No Muos. I motivi vengono dal lontano, dal 1956 esattamente. Quando un accordo secretato tra la Repubblica italiana e il governo Usa permise la realizzazione di basi militari statunitensi in territorio italiano, fuori dal controllo e dalla giurisdizione del nostro paese. Da allora, passando per la lotta di Comiso contro le testate nucleari e i fatti di Sigonella, molta acqua è passata sotto i ponti. E, come allora, la Sicilia continua a essere una perfetta portaerei naturale nel Mediterraneo. Le basi militari di Sigonella, Trapani Birgi, Niscemi, Augusta e le tante altre stazioni concesse agli americani continuano senza sosta a fare egregiamente il loro lavoro: produrre guerra e morte.
Se infatti la questione della pericolosità dell'opera è emersa varie volte nei racconti dei media sarebbe opportuno interrogarsi sulle motivazioni che, ancora oggi, quasi 60 anni dopo quell'accordo stipulato all'indomani della Seconda guerra mondiale, continuano a renderci complici della follia bellica Usa. La nostra posizione strategica in un'area ormai fortemente destabilizzata ci rende contemporaneamente importante avamposto bellico, ma anche perfetto obiettivo sensibile.
A raccontarci la difficoltà per i marines nel controllare un territorio così vasto, circondato da un bosco, bastano le continue intrusioni all'interno della base di Niscemi. L'ultima qualche mese fa: Turi Vaccaro, noto pacifista, si è introdotto all'interno dell'area Muos con un martello riuscendo a danneggiare gravemente la parabola su cui è rimasto appollaiato per due giorni. Danni stimati: 800mila euro. Da sommare ai ritardi accumulati negli anni a causa di azioni dirette, di danneggiamenti e di lungaggini burocratiche.
Intanto è stata disposta l'operazione “strade sicure“, che amplifica all'infinito la militarizzazione dei territori, piazzando decine di militari e mezzi nelle trazzere di contrada Ulmo, limitando fortemente la libertà di movimento degli attivisti. L'esercito con funzione di pubblica sicurezza, nella migliore tradizione dittatoriale.
Ma la strada per l'utilizzo del Muos è ancora tutta in salita. Oltre al sequestro penale gli Usa dovranno fare i conti con il tribunale amministrativo. Certo, niente che possa fermare la voglia di utilizzare il nuovo giocattolino per i prossimi conflitti considerati i venti di guerra che spirano fortissimi nel Mediterraneo. E allora ricorsi, giudizi, valutazioni. Avrebbero addirittura dovuto accendere l'impianto, Muos insieme alle 46 antenne, alla massima potenza per effettuare le misurazioni ma il prefetto di Caltanissetta, che non può essere considerato certo un No Muos, ha deciso di bloccare tutto per evitare pericoli alla popolazione. Nessuno infatti conosce la reale potenza emessa e gli eventuali danni agli abitanti del comprensorio. Ed era solo un test.
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Contrada Ulmo, Niscemi (Cl) - Lo spezzone delle Mamme No Muos ad una delle manifestazioni del movimento |
Intanto i mesi
passano
Ultima chicca: anche la terra infine ha deciso di mettersi di traverso. Un leggero, ma quantomento sintomatico, terremoto ha avuto il suo epicentro proprio in contrada Ulmo, a pochi passi dell'impianto. E riemerge un'altra lacuna: il Muos è privo del certificato antisismico. Poveri americani, mai una giusta. Il Cga, ulteriore pedina statale in questo gioco di ruolo, aveva già deciso di portare in una sentenza la questione, ma sarà sembrato anche a loro di emettere un verdetto favorevole agli Usa basato su una vergognosa verificazione farlocca, basata esclusivamente sui dati forniti dagli americani. Ancora pezzi dello stato contro pezzi dello stato. Per finta, s'intende, ma è la meraviglia della democrazia. Dopo la conferma del sequestro penale da parte della Cassazione, che potrebbe bloccare “i giochi“ per qualche anno, non resta che aspettare la sentenza del Cga, attesa per il 24 aprile. Di nuovo lo stato che giudica sé stesso. In modo definitivo potremmo azzardare, se non conoscessimo le “capacità di convincimento“ degli statunitensi.
Sia chiaro, per capacità di convincimento intendo il potere degli Usa di determinare le scelte italiane, anche al di fuori del legittimo ambito normativo. Abbiamo già concesso, senza batter ciglio, l'autorizzazione al decollo da Sigonella dei droni Usa in partenza per la Libia. Intanto i mesi passano e la guerra ha bisogno di noi, del nostro essere remissivi. O almeno è quello che avranno pensato mentre progettavano di costruire le antenne a Niscemi. E se la Libia chiama ormai qui nessuno esclude un intervento governativo per chiudere la questione. E superare definitivamente la separazione dei poteri, tradizione obsoleta della Rivoluzione francese.
Fabio D'Alessandro
L'approfondimento sul tema delle grandi opere continua. Fino ad ora ci siamo occupati del sottoattraversamento Tav di Firenze (Un tunnel di problemi di Tiziano Cardosi, “A“ 405, marzo), del bilancio di Expo 2015 (I conti in tasca ad Expo di Alberto “Abo“ Di Monte, “A“ 406, aprile) e del ponte sullo Stretto (Il mostro dello Stretto a cura di Pippo Gurrieri, “A“ 407, maggio).
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Niscemi (Cl), 4 aprile 2015 - Assemblea davanti al cancello numero 1 della base NRTF |
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