rivista anarchica
anno 47 n. 414
marzo 2017






A cosa servono le carceri minorili?

Con la carcerazione che ho fatto da minorenne e da giovane adulto ho espiato quasi 35 anni, su 61 anni che ho compiuto quest'anno. Si può dire che sono una creatura del carcere. Forse per questo sono così cattivo.

(Diario di un ergastolano: www.carmelomusumeci.com)

Qualche settimana fa, dopo la protesta di alcuni giovani detenuti in un carcere minorile del sud Italia, chiamata (con molta fantasia) “rivolta”, mi hanno colpito le dichiarazioni di alcuni addetti ai lavori, che non condivido. E, dati alla mano, innanzitutto desidero informare che la popolazione detenuta è prevalentemente giovane. Infatti, secondo i dati riportati nel XII Rapporto Nazionale sulle condizioni di detenzione, fornito dall'Associazione Antigone, aggiornato al 31 marzo 2016, 4.100 detenuti hanno meno di 25 anni, la maggioranza della popolazione detenuta ha meno di 44 anni (66,4%) e quasi la metà si colloca nella fascia compresa tra i 30 e i 44 anni (45,78%). La percentuale si alza ancor di più se si parla di stranieri.
I detenuti presenti negli Istituti Penali per Minorenni, al 28 febbraio 2015, erano 407, dei quali 168 stranieri (41,3%). Di questi giovani, il 43% non aveva ancora ricevuto una sentenza definitiva. Negli ultimi due anni, gli ingressi di questi Istituti sono diminuiti dai 1.252 del 2012 ai 992 del 2014. A parità di reato, i minori immigrati ricevono più frequentemente misure cautelari detentive, restando in carcere per un tempo maggiore rispetto agli italiani e con meno frequenza sono destinati a misure alternative, come il trasferimento in comunità. La maggior parte degli adolescenti entra in carcere per reati contro il patrimonio.
Personalmente, ho conosciuto i carceri minorili all'età di quindici anni e adesso che ne ho sessanta quando vedo giovani detenuti in prigione non posso fare a meno di pensare che una società che li punisce con il carcere farà di loro dei criminali ancora più incalliti. Proprio l'altro giorno è rientrato in galera un giovane che era uscito da circa un mese. Appena l'ho visto di nuovo nel cortile a fare avanti e indietro ho pensato che non c'è nulla da fare: attraverso il carcere l'Italia non lotta contro la criminalità, ma la produce. E questo probabilmente perché quando vivi intorno al male non puoi che farne parte. E in parte questo vale anche per le guardie carcerarie, che non sono nate “cattive”, ma molto spesso lo diventano a furia di vivere in un ambiente di “cattività”.
Penso che spesso non siano i reati commessi a far diventare una persona criminale, bensì i luoghi in cui è detenuta e gli anni di carcere che vengono inflitti. Oggi, nelle scale per andare in infermeria, ho trovato un giovane detenuto seduto su uno scalino, con lo sguardo fisso nel nulla. Sembrava che le sbarre di fronte a lui catturassero tutta la sua attenzione. E mi ha fatto pena perché ho visto nei suoi occhi la disperazione dei giovani detenuti tossicodipendenti. Ho pensato: “Ma questo che cazzo ci sta a fare in carcere?”. Infatti, credo che si dovrebbe stare molto attenti a mettere dei giovani in carcere, perché quando usciranno, molto probabilmente, saranno diventati più devianti e criminali di quando sono entrati. E odieranno la società e le istituzioni ancora di più, per averli fatti diventare dei “mostri”.
Almeno a me è accaduto questo.

Carmelo Musumeci
www.carmelomusumeci.com