rivista anarchica
anno 47 n. 414
marzo 2017






L'uomo frammentato

Era un uomo di contrasti: uno restio alle facili amicizie, propenso piuttosto a coltivare la sua solitudine, tranne poi riempirla con frequenti incursioni nella rete. Uno che non aveva mai voluto capi, ma che da anni si sottometteva ai capricci di un giudice spietato: se stesso. Ogni giorno prendeva dalla mensola il suo specchio, un vecchio ricordo di famiglia con la cornice d'argento usurata, e si guardava. Come un novello Narciso si tuffava in quel riflesso opaco per compiacersi della propria immagine, ma con il passare degli anni il compiacimento aveva ceduto il passo a uno strisciante senso di sfiducia.
A 40 anni si vedeva sfibrato come i capelli che arretravano, gonfio di troppe fatiche mentali che avevano appesantito i lineamenti, definendo gli sterili contorni dell'invecchiamento: una cornice sbiadita della sua esistenza. Finché una sera l'inevitabile accadde. Come una regina sbadata si fece sfuggire di mano lo specchio. Quando lo raccolse, notò che il vetro era attraversato da lunghe incrinature, simile a un caleidoscopio che rimandava tanti frammenti scomposti della sua immagine: era diventato un uomo irriconoscibile, una maschera grottesca e asimmetrica che boccheggiava alla ricerca di un'identità, un occhio chiuso e l'altro spalancato.
Fu sul punto di cedere al panico prima di correre ai ripari e ridare a se stesso una possibilità. Del resto non dicevano che la vita comincia a quarant'anni? Ecco cosa doveva fare. Cambiare abitudini. Aggiornarsi. Rinascere.
Abbandonò lo specchio come un territorio del passato disseminato di trappole. Decise di passare ai selfie. Un'espressione del volto, uno scatto. Tra tante inquadrature c'era sempre la possibilità di scegliere la migliore. Imparò a mettere in ombra i pochi capelli bianchi, perfino a valorizzare le rughe con accorti giochi di luce. Poi impostò il suo selfie più bello come sfondo dello smartphone. Credette di rinascere, di essere finalmente al riparo da se stesso, ma un giorno accadde un nuovo imprevisto. Lo smartphone gli cadde di mano e si ruppe. Quando lo recuperò, fu preso da un senso di nausea e disperazione. Il vetro dello schermo era scheggiato, attraversato da lunghe incrinature. Era un collage di tasselli incoerenti che definivano però un ritratto nel complesso crudo e veritiero.
Il selfie violato, adesso, catturava la sua essenza, come già era accaduto con lo specchio che si era illuso di ignorare. Si trovò nudo di fronte a se stesso. Un uomo a pezzi.

Paolo Pasi