L'uomo
frammentato
Era un uomo di contrasti: uno restio alle facili amicizie,
propenso piuttosto a coltivare la sua solitudine, tranne poi
riempirla con frequenti incursioni nella rete. Uno che non aveva
mai voluto capi, ma che da anni si sottometteva ai capricci
di un giudice spietato: se stesso. Ogni giorno prendeva dalla
mensola il suo specchio, un vecchio ricordo di famiglia con
la cornice d'argento usurata, e si guardava. Come un novello
Narciso si tuffava in quel riflesso opaco per compiacersi della
propria immagine, ma con il passare degli anni il compiacimento
aveva ceduto il passo a uno strisciante senso di sfiducia.
A 40 anni si vedeva sfibrato come i capelli che arretravano,
gonfio di troppe fatiche mentali che avevano appesantito i lineamenti,
definendo gli sterili contorni dell'invecchiamento: una cornice
sbiadita della sua esistenza. Finché una sera l'inevitabile
accadde. Come una regina sbadata si fece sfuggire di mano lo
specchio. Quando lo raccolse, notò che il vetro era attraversato
da lunghe incrinature, simile a un caleidoscopio che rimandava
tanti frammenti scomposti della sua immagine: era diventato
un uomo irriconoscibile, una maschera grottesca e asimmetrica
che boccheggiava alla ricerca di un'identità, un occhio
chiuso e l'altro spalancato.
Fu sul punto di cedere al panico prima di correre ai ripari
e ridare a se stesso una possibilità. Del resto non dicevano
che la vita comincia a quarant'anni? Ecco cosa doveva fare.
Cambiare abitudini. Aggiornarsi. Rinascere.
Abbandonò lo specchio come un territorio del passato
disseminato di trappole. Decise di passare ai selfie.
Un'espressione del volto, uno scatto. Tra tante inquadrature
c'era sempre la possibilità di scegliere la migliore.
Imparò a mettere in ombra i pochi capelli bianchi, perfino
a valorizzare le rughe con accorti giochi di luce. Poi impostò
il suo selfie più bello come sfondo dello smartphone.
Credette di rinascere, di essere finalmente al riparo da se
stesso, ma un giorno accadde un nuovo imprevisto. Lo smartphone
gli cadde di mano e si ruppe. Quando lo recuperò, fu
preso da un senso di nausea e disperazione. Il vetro dello schermo
era scheggiato, attraversato da lunghe incrinature. Era un collage
di tasselli incoerenti che definivano però un ritratto
nel complesso crudo e veritiero.
Il selfie violato, adesso, catturava la sua essenza,
come già era accaduto con lo specchio che si era illuso
di ignorare. Si trovò nudo di fronte a se stesso. Un
uomo a pezzi.
Paolo Pasi
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