alle lettrici, ai
lettori
Il senso della Memoria
(quei 102 anarchici italiani nei lager nazisti)
Chi sta fuori dal gioco politico, chi non è disponibile a entrare nei palazzi del potere, chi coltiva strane idee come quella del rifiuto dello Stato e al contempo della ricerca di modalità autogestionarie, ne paga le conseguenze. E la prima pare essere quella di essere condannato all'inesistenza.
Ogni anno, noi dedichiamo una parte del numero di aprile alla
Resistenza. Sapete com'è: il 25 aprile, che pure
dagli anarchici è sempre stato considerato una data significativa,
ma di passaggio, lungo la via della Liberazione, il 25 aprile
– dicevo – non ha mai perso il suo fascino. La gente
per le strade, la cancellazione delle scritte inneggianti al
Duce, l'apertura di nuovi spazi di libertà ci interessano,
eccome.
Gli anarchici sono stati una delle quattro o cinque principali forze politiche nell'opposizione al fascismo, fin dalle prime azioni squadristiche, fin da quando il fascismo si costituì in movimento in piazza San Sepolcro a Milano, nel 1919.
Eppure anche sui testi di storia delle scuole superiori di questo
aspetto della Resistenza: zero. Al massimo, la citazione
dei tre o quattro attentatori anarchici alla vita del duce.
Ma sulla determinazione anarchica dentro gli Arditi del Popolo,
in esilio, al confino, in galera, in Spagna '36, nella Resistenza,
niente. Si rende sempre onore ai comunisti, ai socialisti, ai
preti, agli azionisti, ai liberali, financo ai carabinieri,
ma sugli anarchici silenzio.
Ne fa testo anche il dossier
che occupa la seconda metà di questo numero di “A”
e che si occupa della “presenza” degli anarchici
di lingua italiana nell'universo concentrazionario nazista.
A dire il vero, nemmeno in campo anarchico, a distanza di oltre
70 anni da quella immane tragedia, finora mai è stato
fatto alcun elenco, studio o comunque qualcosa di organico in
materia.
Ora, grazie alle ricerche effettuate dal nostro storico (nel
doppio senso del termine) collaboratore Franco Bertolucci
siamo in grado di pubblicare un suo saggio di inquadramento
della vicenda collettiva degli internati anarchici di lingua
italiana, poi l'elenco di 102 militanti anarchici ciascuno con
una breve nota biografica e infine gran parte del diario scritto
da un anarchico sardo (ma residente e arrestato a Genova), Antonio
Dettori. Un diario scritto in parte durante l'internamento in
Germania, ricco di dettagli, di incontri e di descrizione dei
luoghi (durante un lungo trasferimento a piedi da un lager a
un altro.
E, per dire come la ricerca storica non si interrompe, prima
di chiudere l'elenco ne sono saltati fuori altri due (li troverete
nel sito della pisana Biblioteca Franco Serantini, animata
anche da Bertolucci). E uno abbiamo dovuto cancellarlo perchè
nuove notizie lo hanno (s)qualificato come collaboratore della
polizia segreta staliniana.
Alla tematica concentrazionaria sono dedicate anche due tavole,
realizzate rispettivamente da Mariella Bernardini e Marco
Giusfredi, che trovate dopo il dossier. In un ideale impegno
collettivo per ricordare quell'elenco parziale di internati
anarchici italiani, che deve essere con un numero “n”
di caselle vuote, corrispondenti a tutte e tutti coloro il cui
nome e la cui vicenda non si potrà mai far riemergere.
Sarà per qualcuno retorica, ma se noi oggi ci siamo e da 46 anni pubblichiamo questo modesto messaggio mensile cartaceo e on-line; se c'è ancora quel po' di libertà, nonostante gli attacchi concentrici della propaganda di regime, cattolica e reazionaria, un pochino lo dobbiamo anche a chi, lottando, è finito nei lager. Con la piccola differenza (piccola ma significativa) che degli anarchici non gliene frega niente a nessuno. E nessuno se ne ricorda.
Con quelle strane idee in testa, lontani per scelta dal
Potere (e, quando ci sono, dalle urne elettorali) nessuno se
li è mai filati.
Non son l'uno per cento, ma credetemi esistono cantava Leo Ferrè a proposito degli anarchici. Il centinaio abbondante elencato nel nostro dossier corrisponde (per ora) al 1,3% del totale degli internati italiani censiti dall'ANED.
C'eravamo nei lager. Ci siamo oggi. Esistiamo, lottiamo e cerchiamo
di far conoscere le nostre idee e le nostre pratiche libertarie.
Perché per noi, la Memoria non è mai solo
memoria. È storia passata che prosegue oggi. Nel nostro
impegno quotidiano.
Paolo Finzi
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