rivista anarchica
anno 47 n. 417
giugno 2017





Gli irochesi e il risveglio della coscienza

Gli Hau de no sau nee, il popolo che costruisce, il popolo della long house (la lunga casa), gli Irochesi ovvero gli indiani del Nord America erano un popolo forte che occupava un territorio che si estendeva dal Vermont all'Ohio. All'epoca dei primi contatti con gli uomini bianchi, agli inizi del XVII secolo occupavano, vivevano, autogovernavano centinaia di villaggi sparsi in tutto il paese nord americano. Una società complessa, estremamente articolata distrutta quasi completamente da “noi” colonizzatori europei che abbiamo occupato e depredato anche quella parte del mondo.
Oggi si parla (a dir vero non molto) di quello che il governo USA vuole fare (ancora) contro quelle popolazioni irochesi che sono sopravvissute a questo genocidio, sto parlando dei due decreti con cui Trump vuole rilanciare gli oleodotti Keystone XL e Dakota Access.
L'oleodotto Keystone XL era stato bloccato dopo una lunga lotta dei nativi americani dal governo Obama nel 2015 insieme anche alla costruzione del Dakota Access, un progetto da 3.800 milioni di dollari che avrebbe portato mezzo milione di barili di petrolio al giorno dai giacimenti del North Dakota a un'infrastruttura già esistente in Illinois. Detto in altre parole continua la speculazione e la colonizzazione delle terre dei nativi americani, attraverso una vera e propria distruzione della natura, elemento fondamentale per la cultura indiano americana.
Questi sono fatti contemporanei di repressione e distruzione della terra che stanno avvenendo negli USA contro i nativi e la natura; trovo importante, per capire meglio la questione, approfondire qualche aspetto di questa formidabile cultura, di questa società contro il dominio.

Ritratto di un irochese

Gli Irochesi che per decenni abbiamo considerato “selvaggi”, donne e uomini da civilizzare in realtà sono una cultura raffinata e che affonda le sue radici in un lontano passato.
La maggioranza delle tradizioni praticate nel mondo sono abbastanza recenti, basti pensare che l'Islamismo ha circa 1500 anni, il Cristianesimo 2000 anni di storia, l'Ebraismo ha circa 2000 anni in più del Cristianesimo, ma i popoli indigeni possono probabilmente riferirsi ad una tradizione che risale almeno alla fine del Pleistocene e, con molta probabilità, anche ad anni più antichi. Ci sono prove che noi umanoidi siam presenti sulla terra da due milioni di anni e che vivevamo nell'emisfero nord della terra già dal secondo periodo interglaciale.
Per questo possiamo tranquillamente affermare che la filosofia di vita e le credenze degli Hau de no sau nee affondano le loro radici storiche a decine di migliaia di anni fa.
L'uomo moderno invece è un occupante di un breve lasso di tempo se consideriamo uno spettro incredibilmente più lungo che è quello della storia umana sulla terra e stranamente questo uomo moderno crede di essere il migliore, è pronto a giudicare e legiferare su tutti quelli che “moderni” e occidentali non sono. Credo sia molto interessante rileggere qualche passo della meravigliosa dichiarazione degli Irochesi al mondo occidentale, la prima dichiarazione di questo tipo fatta da una nazione indigena, non un'etnografia o un lavoro di un antropologo o antropologa occidentale, ma un'autentica analisi del mondo moderno scritta da un popolo indigeno, lo sguardo degli “altri” su di “noi”.

Andrea Staid

Una long house irochese

Noi della confederazione irochese delle sei nazioni/
Per l'armonia e la pace nel mondo

Gli Hau de no sau nee, o confederazione Irochese delle sei nazioni, sono su questa terra dall'inizio della memoria umana. La nostra cultura è tra le più antiche che ancora esistano nel mondo. Noi ricordiamo ancora i primi atti del comportamento umano. Noi ricordiamo le istruzioni originarie dei creatori della vita a questo luogo che noi chiamiamo Etenoha, Madre terra. Noi siamo i guardiani spirituali di questo luogo. (...)
Al principio ci è stato detto che gli esseri umani che camminano sulla terra sono stati dotati di tutto ciò che è loro necessario per vivere. Abbiamo imparato ad amarci gli uni con gli altri, ad avere un grande rispetto per tutti gli esseri della terra. Ci è stato mostrato che la nostra vita esiste grazie alla vita degli alberi, che il nostro benessere dipende dalla vita vegetale, che noi siamo i parenti più prossimi degli esseri a quattro zampe. (...)
Noi salutiamo ed esprimiamo la nostra riconoscenza alle numerose cose che mantengono la nostra vita: il granoturco, i fagioli, le farine, il vento e il sole. Allorquando le genti smettono di rispettare e di esprimere la loro gratitudine per tutte queste cose, allora tutta la vita comincia ad essere distrutta, e la vita umana su questo pianeta arriva alla sua fine. Le nostre radici sono profonde nella terra dove viviamo. Noi nutriamo un grande amore per il nostro paese, perché il luogo della nostra nascita è là. Il suolo è pieno delle ossa di migliaia di nostri antenati, ciascuno di noi fu creato su queste terre, ed è nostro dovere averne grande cura, poiché da queste terre scaturiranno le future generazioni. Noi proseguiamo il nostro cammino con grande rispetto perché la terra è un luogo estremamente sacro. (...)
A tutt'oggi, i territori che ci restano sono coperti di alberi, pieni di animali e di tutti gli altri doni della Creazione. In questo luogo riceviamo ancora il nutrimento della nostra Madre Terra. Noi abbiamo sottolineato che tutti i popoli della terra non mostrano lo stesso rispetto per questo mondo e gli esseri che esso reca. Il popolo Indoeuropeo, che ha colonizzato le nostre terre, ha mostrato assai poco rispetto per le cose che cerano e mantengono la vita. Noi pensiamo che questi popoli hanno cessato di rispettare il mondo già da molto tempo. Migliaia di anni fa tutti i popoli del mondo credevano nella stessa maniera di vivere, quella dell'armonia con l'universo. Tutti vivevano in accordo con la natura. (...)
Gli europei attaccarono ogni aspetto dell'America del Nord con uno zelo incomparabile. I popoli nativi furono implacabilmente distrutti poiché essi erano un elemento non assimilabile dalla civilizzazione occidentale. (...)
Ma il nostro messaggio essenziale al mondo è fondamentalmente un appello alla presa di coscienza. La distruzione delle culture dei popoli nativi appartiene allo stesso processo che ha distrutto e distrugge ancora la vita su questo pianeta. Le tecnologie e i sistemi di organizzazione sociale che hanno distrutto la vita animale e vegetale stanno distruggendo anche la vita dei popoli naturali. Questo processo è la civiltà occidentale. (...)
Se deve esserci un avvenire per gli esseri viventi su questo pianeta, noi dobbiamo cominciare a cercare le vie di cambiamento. Il processo di colonizzazione ed imperialismo che ha colpito gli Hau de no sau nee non è che un microcosmo del processo che ha colpito il mondo.(...)
Ciò di cui abbiamo bisogno è la liberazione di tutte le cose che sostengono la vita: l'aria, le acque, gli alberi, tutte cose che sostengono la trama sacra della vita. (...)
Noi siamo impegnati in una lotta di decolonizzazione delle nostre terre e le nostre vite, ma non possiamo compiere questa lotta da soli e senza aiuto. Da secoli sappiamo che ogni azione individuale crea condizioni e situazioni che mutano il mondo. Da secoli ci preoccupiamo di evitare tutte le azioni che non offrono una prospettiva a lungo termine finalizzata all'armonia ed alla pace nel mondo. In questo contesto, con i nostri fratelli e le nostre sorelle dell'emisfero ovest, siamo venuti fin qui per parlare di questi importanti problemi con altri membri della famiglia dell'uomo.

La confederazione irochese delle sei nazioni

Tratto dal libro Messaggio degli Irochesi al mondo occidentale. Per un risveglio della coscienza, La Fiaccola edizioni, Ragusa, pp. 96, € 8,00