droghe
L'emancipazione della dipendenza
di Peter Cohen
C'è una buona ragione per non aver paura della dipendenza da sostanze stupefacenti. Lo sostiene qui uno dei massimi esperti internazionali, olandese. E fa notare che le nostre vite sono piene di dipendenze. Di ogni tipo.
“La generosità di spirito consiste
spesso nel capire e rispettare le dipendenze degli altri, senza
denigrarle nel nome della moralità”
Albert Memmi
La mia visione della “addiction”*
è ispirata dall'osservazione di qualcosa che è
familiare a tutti noi: le persone sono inclini a formare relazioni
forti l'una con l'altra.
Quasi tutti sviluppano legami del genere con un compagno per
la vita o con i membri della famiglia, legami che sono così
forti che, quando vengono spezzati (per esempio, a causa della
morte), producono esperienze estremamente dolorose. Non molto
tempo fa ho perduto il mio cane e ho sperimentato quanto è
stato doloroso tagliare di colpo il legame con un animale con
il quale avevo sviluppato un forte attaccamento. Le persone
sviluppano attaccamenti con gli oggetti che sono diventati importanti
per loro, e non rinunciano con leggerezza a questi legami1.
“Non rinunciano con leggerezza” è decisamente
un eufemismo. Dopo tutto, anche quando vogliamo rompere qualche
legame, siamo spesso incapaci di farlo! Prendete l'esempio degli
olandesi che emigrano in Canada. Essi sperimentano di frequente
un forte senso di nostalgia per i Paesi Bassi. Non è
possibile recidere quel legame come spegnere una lampadina,
nonostante a molti piacerebbe far così.
Pensando
a questo, è facile affermare che ciascuno si forma degli
attaccamenti, e perciò stretti legami, con oggetti. In
questi oggetti possiamo includere una particolare città,
una chiesa, un coniglio, o un movimento politico. Le persone
formano anche forti attaccamenti con certi cibi, bevande, droghe,
o verso specifici rituali che seguono per andare a dormire o
per alzarsi dal letto. Tutti i forti legami che formiamo ci
rendono dipendenti, in qualche modo, dagli oggetti che li riguardano.
La nostalgia, come manifestazione di dipendenza, può
essere talmente forte da spingere le persone a rinunciare a
emigrare e a tornare a casa. Vediamo perfino – non così
infrequentemente – coppie divorziate nelle quali i membri
si sono poi sposati con altri partner, che si scoprono incapaci
di abbandonare il precedente legame e che finiscono per risposarsi
l'uno con l'altro per la seconda volta. La gamma di tali dipendenze
può andare dal debole al molto forte. Per di più,
la forza della dipendenza spesso diviene chiara soltanto quando
qualcuno è costretto a fare a meno dell'oggetto dell'attaccamento.
Il termine “addiction” è usato per indicare
un forte legame (e dunque una dipendenza) che ha causato problemi.
Qualcuno può essere diventato pesantemente dipendente
da qualcosa che è oggetto di una pubblica controversia,
come il sesso o l'eroina. Nella culture occidentali, differenti
giudizi di valore sono collegati a diversi tipi di dipendenze.
La dipendenza dal benessere del partner non è quasi mai
biasimato o etichettato come “addiction”. La dipendenza
per farmaci prescritti dal medico è vista come un normale
stato di cose. Se qualcuno ha bisogno di prendere ogni giorno
un particolare farmaco, prescritto per regolare la sua pressione
sanguigna, nessuno chiamerà ciò una “addiction”.
Ma se qualcuno prende medicine di frequente senza l'approvazione
del dottore, questa sua abitudine provoca atteggiamenti sociali
differenti. Se qualcuno assume morfina o amfetamina ogni giorno,
perché ne ha bisogno per funzionare bene, questo comportamento
è sempre classificato come “addiction”, anche
se le altre persone non lo notano affatto. Così, abbiamo
tracciato chiaramente un'importante distinzione tra differenti
tipi di dipendenza: la dipendenza dal partner della vita è
“normale”, così come la dipendenza da un
cane. Ma la dipendenza dalle droghe è raramente vista
nello stesso modo, con l'eccezione dell'alcol e del tabacco.
Il consumo quotidiano di questi ultimi, stabilito in uno schema
fisso di consumo, non è automaticamente una “addiction”
che determina una forte censura da parte della società,
ma piuttosto una “cattiva abitudine”.
Tutte queste parole sono state necessarie per introdurre la
seguente proposta che riguarda il concetto di “addiction”.
Le dipendenze, fondamentali nell'esistenza umana
Non appena avremo cominciato a vedere la dipendenza come la
normale condizione umana, per l'esistenza della quale non è
rilevante l'oggetto della dipendenza, saremo in grado di discutere
da una prospettiva molto più neutrale il gruppo delle
dipendenze che sono adesso conosciute come “addiction”.
Nella nostra cultura, soltanto i legami che producono conseguenze
sociali o culturali fortemente negative sono indicati come “addiction”.
Che Nicolò si senta davvero in pace con il mondo soltanto
quando siede sul divano con a fianco il proprio cane produce
una valutazione sociale non-negativa della dipendenza di Nicolò.
Non è “addiction”, in altre parole. Ma quando
sentiamo dire che Nicolò si sente davvero in pace con
il mondo solo se prende 100 mg di morfina ogni giorno, egli
riceve una valutazione fortemente negativa della sua dipendenza,
che può avere gravi conseguenze sociali. Questo esempio
mostra che non è in questione la “dipendenza”
di Nicolò, ma l'oggetto di questa dipendenza. Il cane
è ok, ma la morfina non ottenuta con una prescrizione
medica non è ok2.
Nella mia proposta, in linea di principio tutte le forme umane
di dipendenza sono ok. Dal momento che nessuno può stare
del tutto senza dipendenze, dobbiamo astenerci dal giudicarle.
Se qualcuno è un membro della Chiesa Riformata, oppure
se non ha nessuna credenza religiosa – e le ragioni o
i motivi sottostanti a tutto ciò – non lo giudicheremo.
Se la dipendenza di qualcuno da Floppy il Coniglio lo fa stare
bene, non lo giudicheremo. Se la dipendenza di qualcuno da un'intossicazione
quotidiana lo fa stare bene, non interferiremo. Qualunque possano
essere le ragioni per queste dipendenze, non le giudicheremo.
La dipendenza può causare danni. Dal momento che le persone
possono svilupparsi e sopravvivere soltanto in una rete a trama
fitta di dipendenze, non è possibile far leva su qualcuno
perché abbandoni questa rete. Ma tutti gli adulti, teoricamente,
possiedono la capacità di liberarsi da una specifica
dipendenza. È difficile, forse anche estremamente difficile,
ma può essere tentato con qualche prospettiva di successo.
Se una persona debba fare o meno questo tentativo riguarda soltanto
lei e nessun altro può deciderlo, nemmeno il partner
della vita. Se qualcuno vuole abbandonare una particolare droga
o una particolare relazione, ma trova che sia impossibile oppure
precipita in un'insopportabile condizione di lutto, può
pensare di ricorrere a qualche forma di terapia. Lo stesso vale
per la nostalgia, o per le abitudini nel mangiare o nel dormire
che qualcuno trova oppressive o persino disfunzionali.
Qualcuno che trova impossibile abbandonare o modificare la forte
dipendenza può decidere di ricorrere all'aiuto di altri.
Se una specifica dipendenza conduce a un danno insopportabile,
anche gli altri possono intervenire3.
Non è raro che le persone cerchino aiuto per le loro
dipendenze senza che siano obbligate a farlo. Aiuti del genere
possono condurre alla rottura della dipendenza, o al fatto che
la persona impari ad accettarla di più, oppure che impari
a gestirla in un maniera meno dannosa. Ma per la maggior parte
delle persone non è necessario integrare la propria relazione
con le forti dipendenze con un approccio orchestrato di terzi.
Quale che sia l'oggetto della dipendenza, il trattamento forzato
è inappropriato. Nei termini della mia proposta, gli
esseri umani sono completamente liberi, e hanno un perfetto
diritto di diventare e di rimanere dipendenti da un oggetto
qualunque.
Laddove la mia proposta fosse accettata, le nostre leggi dovrebbero
cessare di distinguere tra i differenti tipi di dipendenza.
Le sostanze che fanno sorgere dipendenza non dovrebbero essere
proibite più degli animali, delle composizioni musicali,
o delle città che inducono dipendenza. Tutte le forme
di dipendenza dovrebbero essere permesse in linea di principio,
e non dovrebbero mai essere soggette all'approvazione di qualcun
altro. Ciò che una persona può chiamare un'ammirevole
dipendenza, come un forte attaccamento alla chiesa, qualcun
altro può vederlo come dannoso, come un peccato mortale,
o come gravemente nevrotico! Possiamo immaginare che giudizi
del genere siano facilmente condivisibili, ma la nostra legislazione
e i medici dovrebbero essere rimossi dall'equazione.
I Paesi Bassi vanno fieri del principio della libertà
di religione. Lasciateci aggiungere a questo la libertà
di dipendenza. Solo allora la dipendenza sarà emancipata,
e il concetto di “addiction” finirà per diventare
obsoleto quanto quello di “stregoneria”.
Peter Cohen
traduzione di Persio Tincani
- La parola “oggetto” è qui usata in un senso molto ampio, che ricomprende le ideologie e i sentimenti, così come i simboli tangibili e le creature viventi.
- La morfina non è considerata OK a meno che non sia presa dietro prescrizione medica per alleviare il dolore. Ciò mostra che un oggetto considerato cattivo può essere considerato buono se il motivo per il suo consumo è culturalmente o moralmente accettabile.
- I politici o gli scienziati totalmente dedicati alla carriera possono trovare i loro consorti che chiedono il divorzio. E se il consumo di alcol diviene una priorità al punto che i genitori trascurano i propri bambini, l'intervento è possibile: da parte della persona stessa, dai membri della famiglia, dallo stato. Però il criterio qui è il danno, non la dipendenza.
* Nell'articolo la parola addiction non è stata
tradotta in italiano. Nella lingua inglese i termini dependence
(tradotto nell'articolo con “dipendenza”) e addiction
hanno significati differenti, la cui distinzione non viene resa
dalla lingua italiana.
Il termine “dipendenza” indica uno stato fisico:
il corpo sviluppa un adattamento ad una determinata sostanza
e, per questo motivo, è necessario assumerla in dosi
progressivamente maggiori per riuscire ad ottenere sempre lo
stesso effetto. Addiction indica invece un consumo compulsivo
che porta all'incapacità di un'astinenza consistente,
all'indebolimento della capacità di controllare il proprio
comportamento, alla diminuita capacità di riconoscere
i problemi nel comportamento e nelle relazioni sociali. È
possibile essere dipendenti da una determinata sostanza senza
obbligatoriamente aver sviluppato una addiction.
È contro questa distinzione che si batte Peter Cohen.
Per rispettare il suo pensiero, abbiamo accolto il suo titolo
“L'emancipazione della dipendenza” e non - come
in prima battuta ci sembrava meglio in italiano - “dalla
dipendenza”. (N.d.r.)
Antiproibizionista
Peter
Cohen (1942) ha conseguito il PhD nel 1989 presso l'Università
di Amsterdam (UvA) con la tesi “Le droghe come costrutto
sociale”. Dal 1985 al 2004 ha diretto l'UvA Centre
for Drug Research (CEDRO). Ha studiato il consumo di droga
della popolazione comune e l'uso di cannabis, cocaina
e amfetamina in vasti campioni di consumatori esperti.
Si è impegnato nei progetti di riforma antiproibizionisti
della legislazione sulla droga. Per le sue principali
pubblicazioni, si veda http://www.cedro-uva.org/lib/index.html.
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