rivista anarchica
anno 47 n. 417
giugno 2017


droghe

L'emancipazione della dipendenza

di Peter Cohen


C'è una buona ragione per non aver paura della dipendenza da sostanze stupefacenti. Lo sostiene qui uno dei massimi esperti internazionali, olandese. E fa notare che le nostre vite sono piene di dipendenze. Di ogni tipo.

La generosità di spirito consiste spesso nel capire e rispettare le dipendenze degli altri, senza denigrarle nel nome della moralità”
Albert Memmi

La mia visione della “addiction”* è ispirata dall'osservazione di qualcosa che è familiare a tutti noi: le persone sono inclini a formare relazioni forti l'una con l'altra.
Quasi tutti sviluppano legami del genere con un compagno per la vita o con i membri della famiglia, legami che sono così forti che, quando vengono spezzati (per esempio, a causa della morte), producono esperienze estremamente dolorose. Non molto tempo fa ho perduto il mio cane e ho sperimentato quanto è stato doloroso tagliare di colpo il legame con un animale con il quale avevo sviluppato un forte attaccamento. Le persone sviluppano attaccamenti con gli oggetti che sono diventati importanti per loro, e non rinunciano con leggerezza a questi legami1.
“Non rinunciano con leggerezza” è decisamente un eufemismo. Dopo tutto, anche quando vogliamo rompere qualche legame, siamo spesso incapaci di farlo! Prendete l'esempio degli olandesi che emigrano in Canada. Essi sperimentano di frequente un forte senso di nostalgia per i Paesi Bassi. Non è possibile recidere quel legame come spegnere una lampadina, nonostante a molti piacerebbe far così.
Pensando a questo, è facile affermare che ciascuno si forma degli attaccamenti, e perciò stretti legami, con oggetti. In questi oggetti possiamo includere una particolare città, una chiesa, un coniglio, o un movimento politico. Le persone formano anche forti attaccamenti con certi cibi, bevande, droghe, o verso specifici rituali che seguono per andare a dormire o per alzarsi dal letto. Tutti i forti legami che formiamo ci rendono dipendenti, in qualche modo, dagli oggetti che li riguardano.
La nostalgia, come manifestazione di dipendenza, può essere talmente forte da spingere le persone a rinunciare a emigrare e a tornare a casa. Vediamo perfino – non così infrequentemente – coppie divorziate nelle quali i membri si sono poi sposati con altri partner, che si scoprono incapaci di abbandonare il precedente legame e che finiscono per risposarsi l'uno con l'altro per la seconda volta. La gamma di tali dipendenze può andare dal debole al molto forte. Per di più, la forza della dipendenza spesso diviene chiara soltanto quando qualcuno è costretto a fare a meno dell'oggetto dell'attaccamento.
Il termine “addiction” è usato per indicare un forte legame (e dunque una dipendenza) che ha causato problemi. Qualcuno può essere diventato pesantemente dipendente da qualcosa che è oggetto di una pubblica controversia, come il sesso o l'eroina. Nella culture occidentali, differenti giudizi di valore sono collegati a diversi tipi di dipendenze. La dipendenza dal benessere del partner non è quasi mai biasimato o etichettato come “addiction”. La dipendenza per farmaci prescritti dal medico è vista come un normale stato di cose. Se qualcuno ha bisogno di prendere ogni giorno un particolare farmaco, prescritto per regolare la sua pressione sanguigna, nessuno chiamerà ciò una “addiction”.
Ma se qualcuno prende medicine di frequente senza l'approvazione del dottore, questa sua abitudine provoca atteggiamenti sociali differenti. Se qualcuno assume morfina o amfetamina ogni giorno, perché ne ha bisogno per funzionare bene, questo comportamento è sempre classificato come “addiction”, anche se le altre persone non lo notano affatto. Così, abbiamo tracciato chiaramente un'importante distinzione tra differenti tipi di dipendenza: la dipendenza dal partner della vita è “normale”, così come la dipendenza da un cane. Ma la dipendenza dalle droghe è raramente vista nello stesso modo, con l'eccezione dell'alcol e del tabacco. Il consumo quotidiano di questi ultimi, stabilito in uno schema fisso di consumo, non è automaticamente una “addiction” che determina una forte censura da parte della società, ma piuttosto una “cattiva abitudine”.
Tutte queste parole sono state necessarie per introdurre la seguente proposta che riguarda il concetto di “addiction”.

Le dipendenze, fondamentali nell'esistenza umana

Non appena avremo cominciato a vedere la dipendenza come la normale condizione umana, per l'esistenza della quale non è rilevante l'oggetto della dipendenza, saremo in grado di discutere da una prospettiva molto più neutrale il gruppo delle dipendenze che sono adesso conosciute come “addiction”. Nella nostra cultura, soltanto i legami che producono conseguenze sociali o culturali fortemente negative sono indicati come “addiction”.
Che Nicolò si senta davvero in pace con il mondo soltanto quando siede sul divano con a fianco il proprio cane produce una valutazione sociale non-negativa della dipendenza di Nicolò. Non è “addiction”, in altre parole. Ma quando sentiamo dire che Nicolò si sente davvero in pace con il mondo solo se prende 100 mg di morfina ogni giorno, egli riceve una valutazione fortemente negativa della sua dipendenza, che può avere gravi conseguenze sociali. Questo esempio mostra che non è in questione la “dipendenza” di Nicolò, ma l'oggetto di questa dipendenza. Il cane è ok, ma la morfina non ottenuta con una prescrizione medica non è ok2.
Nella mia proposta, in linea di principio tutte le forme umane di dipendenza sono ok. Dal momento che nessuno può stare del tutto senza dipendenze, dobbiamo astenerci dal giudicarle. Se qualcuno è un membro della Chiesa Riformata, oppure se non ha nessuna credenza religiosa – e le ragioni o i motivi sottostanti a tutto ciò – non lo giudicheremo. Se la dipendenza di qualcuno da Floppy il Coniglio lo fa stare bene, non lo giudicheremo. Se la dipendenza di qualcuno da un'intossicazione quotidiana lo fa stare bene, non interferiremo. Qualunque possano essere le ragioni per queste dipendenze, non le giudicheremo.
La dipendenza può causare danni. Dal momento che le persone possono svilupparsi e sopravvivere soltanto in una rete a trama fitta di dipendenze, non è possibile far leva su qualcuno perché abbandoni questa rete. Ma tutti gli adulti, teoricamente, possiedono la capacità di liberarsi da una specifica dipendenza. È difficile, forse anche estremamente difficile, ma può essere tentato con qualche prospettiva di successo. Se una persona debba fare o meno questo tentativo riguarda soltanto lei e nessun altro può deciderlo, nemmeno il partner della vita. Se qualcuno vuole abbandonare una particolare droga o una particolare relazione, ma trova che sia impossibile oppure precipita in un'insopportabile condizione di lutto, può pensare di ricorrere a qualche forma di terapia. Lo stesso vale per la nostalgia, o per le abitudini nel mangiare o nel dormire che qualcuno trova oppressive o persino disfunzionali.
Qualcuno che trova impossibile abbandonare o modificare la forte dipendenza può decidere di ricorrere all'aiuto di altri. Se una specifica dipendenza conduce a un danno insopportabile, anche gli altri possono intervenire3. Non è raro che le persone cerchino aiuto per le loro dipendenze senza che siano obbligate a farlo. Aiuti del genere possono condurre alla rottura della dipendenza, o al fatto che la persona impari ad accettarla di più, oppure che impari a gestirla in un maniera meno dannosa. Ma per la maggior parte delle persone non è necessario integrare la propria relazione con le forti dipendenze con un approccio orchestrato di terzi.
Quale che sia l'oggetto della dipendenza, il trattamento forzato è inappropriato. Nei termini della mia proposta, gli esseri umani sono completamente liberi, e hanno un perfetto diritto di diventare e di rimanere dipendenti da un oggetto qualunque.
Laddove la mia proposta fosse accettata, le nostre leggi dovrebbero cessare di distinguere tra i differenti tipi di dipendenza. Le sostanze che fanno sorgere dipendenza non dovrebbero essere proibite più degli animali, delle composizioni musicali, o delle città che inducono dipendenza. Tutte le forme di dipendenza dovrebbero essere permesse in linea di principio, e non dovrebbero mai essere soggette all'approvazione di qualcun altro. Ciò che una persona può chiamare un'ammirevole dipendenza, come un forte attaccamento alla chiesa, qualcun altro può vederlo come dannoso, come un peccato mortale, o come gravemente nevrotico! Possiamo immaginare che giudizi del genere siano facilmente condivisibili, ma la nostra legislazione e i medici dovrebbero essere rimossi dall'equazione.
I Paesi Bassi vanno fieri del principio della libertà di religione. Lasciateci aggiungere a questo la libertà di dipendenza. Solo allora la dipendenza sarà emancipata, e il concetto di “addiction” finirà per diventare obsoleto quanto quello di “stregoneria”.

Peter Cohen
traduzione di Persio Tincani

  1. La parola “oggetto” è qui usata in un senso molto ampio, che ricomprende le ideologie e i sentimenti, così come i simboli tangibili e le creature viventi.
  2. La morfina non è considerata OK a meno che non sia presa dietro prescrizione medica per alleviare il dolore. Ciò mostra che un oggetto considerato cattivo può essere considerato buono se il motivo per il suo consumo è culturalmente o moralmente accettabile.
  3. I politici o gli scienziati totalmente dedicati alla carriera possono trovare i loro consorti che chiedono il divorzio. E se il consumo di alcol diviene una priorità al punto che i genitori trascurano i propri bambini, l'intervento è possibile: da parte della persona stessa, dai membri della famiglia, dallo stato. Però il criterio qui è il danno, non la dipendenza.

* Nell'articolo la parola addiction non è stata tradotta in italiano. Nella lingua inglese i termini dependence (tradotto nell'articolo con “dipendenza”) e addiction hanno significati differenti, la cui distinzione non viene resa dalla lingua italiana.
Il termine “dipendenza” indica uno stato fisico: il corpo sviluppa un adattamento ad una determinata sostanza e, per questo motivo, è necessario assumerla in dosi progressivamente maggiori per riuscire ad ottenere sempre lo stesso effetto. Addiction indica invece un consumo compulsivo che porta all'incapacità di un'astinenza consistente, all'indebolimento della capacità di controllare il proprio comportamento, alla diminuita capacità di riconoscere i problemi nel comportamento e nelle relazioni sociali. È possibile essere dipendenti da una determinata sostanza senza obbligatoriamente aver sviluppato una addiction.
È contro questa distinzione che si batte Peter Cohen. Per rispettare il suo pensiero, abbiamo accolto il suo titolo “L'emancipazione della dipendenza” e non - come in prima battuta ci sembrava meglio in italiano - “dalla dipendenza”. (N.d.r.)


Antiproibizionista

Peter Cohen (1942) ha conseguito il PhD nel 1989 presso l'Università di Amsterdam (UvA)
con la tesi “Le droghe come costrutto sociale”.
Dal 1985 al 2004 ha diretto l'UvA Centre for Drug Research (CEDRO).
Ha studiato il consumo di droga della popolazione comune e l'uso di cannabis,
cocaina e amfetamina in vasti campioni di consumatori esperti.
Si è impegnato nei progetti di riforma antiproibizionisti della legislazione sulla droga.
Per le sue principali pubblicazioni, si veda http://www.cedro-uva.org/lib/index.html.