rivista anarchica
anno 47 n. 421
dicembre 2017/gennaio 2018



Elegia per Daniel Viglietti 

Primo di novembre 2017. Mentre mi trovo in Austria a cantare “Bella Ciao”, mi sveglio incongruamente presto e vengo a sapere che Daniel Viglietti è morto il giorno prima in seguito a un intervento. Era nato nel luglio del 1939 a Montevideo.
Gigante della canzone di ispirazione popolare, ma di realizzazione colta - Daniel era un fenomenale chitarrista classico imprestato all'urgenza della testimonianza - i suoi quasi ottanta anni passati per il mondo, l'ultimo concerto solo pochi giorni fa. Daniel era un bengala nel buio, una risorsa, una memoria del futuro, quando questa parola ancora suonava più come speranza che come paura.
Daniel era radicalissimo nei contenuti ed estremamente complesso nei modi - i suoi accompagnamenti sono un manuale di raffinatezza e sperimentazione - uno di quelli che ha sempre pensato che i proletari meritano il massimo. Uruguaiano fiero e rivendicativo, come solo chi ha presente le catene del colonialismo, era in realtà un patriota del mondo, che si ostinava a volere più giusto, proprio perché lui per le sue idee era stato in prigione, aveva rischiato la vita e vissuto lungamente l'esilio.
Era stato un amico di Victor Jara - che aveva interpretato una sua canzone su Camilo Torres.
Amico fraterno e collaboratore per una vita del poeta Mario Benedetti - con lui si era inventato una formula semplice e geniale di recital-concerto. Amico della combattente e martire rivoluzionaria paraguayana Soledad Barret. Amico di Atahualpa, di Chico Buarque, di Silvio Rodrigeuz... ambasciatore di un'unità culturale latinoamericana, umile fino a farsi portavoce di artisti e poeti, qualche volta meno grandi di lui.
Di cosa doveva avere paura l'altro giorno Daniel, quando ha poggiato un attimo la chitarra, compagna di mille e mille concerti, e si è steso sul tavolo operatorio?
Nella sua vita aveva visto in faccia la tortura e la morte, cantato i poeti, si era trasformato in vento, fatto voce del popolo. Oggi il giornale ci dice che non si è rialzato.
Ma la farina ormai è impastata con l'acqua, il lievito della sua musica. Crescerà Daniel, crescerà...

A.L.