rivista anarchica
anno 48 n. 422
febbraio 2018





La musica, la sua funzione politica e il sesso


1.
Lo psicoanalista ungherese Imre Herman ha acquisito una certa notorietà per aver scritto Gli istinti primitivi dell'uomo, un libro dove prova ad estendere il metodo psicoanalitico al comportamento delle scimmie antropomorfe portando alla luce l'estrema importanza della capacità di aggrapparsi alla pelliccia della madre – una capacità cui gli esseri umani devono rinunciare con tutte le conseguenze psichiche del caso. Meno note sono quelle sue ricerche svolte intorno agli anni Settanta del secolo scorso e riassunte in Perversione e musicalità. Usufruendo anche di molta letteratura altrui, in questo libro Herman colleziona tutta una serie piuttosto ricca di casi in cui gli pare legittimo parlare di perversione sessuale in rapporto a comportamenti di persone che, a vario titolo, hanno a che fare con la musica. Si va dai tenori che, salendo sul palcoscenico alla sera della prima, si infilano nei pantaloni “lo zampetto di una lepre” per simulare una manifesta erezione al musicista attratto irresistibilmente soltanto da ragazze affette da zoppia o amputate. Avendo alle spalle la Psychopathia sexualis di Richard Freiherr von Kraft-Ebing (1886) e decenni di psicoanalisi, la casistica, volendo, è ampia e varia.

2.
Avrebbe potuto riferirsi alle riflessioni ormai classiche di Platone e di Aristotele – dove l'estetico è palesemente piegato alle esigenze dell'etico –, ma, forse per mostrare l'attualità della tematica, Herman riferisce tutta una gamma, diciamo più “moderna”, di impressioni relative agli effetti della musica. Secondo Tolstoj, “tutta la musica è terribile”, “ha un effetto sulle persone ed è un effetto terribile”: “non innalza l'anima, ma domina e provoca l'ascoltatore”. La musica lo “spinge” a dimenticare se stesso e la situazione che sta vivendo, lo fa “entrare in una condizione estranea” a se stesso e, mo' ci siamo, lo “provoca sensualmente”. Ascoltando vecchie canzoni – soprattutto ascoltando marce –, l'etologo Konrad Lorenz viene assalito da “un sacro terrore”. Se ne difende dicendosi “che anche gli scimpanzé, quando si preparano a sferrare battaglia, emettono suoni ritmici” – “cantare insieme ha lo stesso significato di un patto col diavolo”. Secondo Thomas Mann, la musica si colloca al di fuori della sfera pedagogico-umana: sembra appartenere a un mondo spirituale sulla cui affidabilità assoluta in materia di ragione e dignità umana lui “non garantirebbe affatto”. Suo figlio Klaus la butta giù più in positivo dicendo che “la musica migliora il metabolismo, aumenta l'energia muscolare, accelera o decelera il ritmo respiratorio, l'attività cardiaca e la pressione del sangue, influenza le secrezioni interne e facilita una via più diretta alla corteccia” – effetti biologici, insomma, piuttosto cospicui. Tutto ciò costituirebbe il retroterra ideologico per la tesi di Herman: tra le persone dotate di disposizioni acustiche e tra quelli dotati di talento musicale si trova un buon numero di persone affette da perversioni (omosessualità inclusa), fermo restando, ovviamente, che “non ogni persona di questo tipo è necessariamente un pervertito”.

3.
Ne La musica del sentire, Marco Maiocchi e Marco Rapattoni riferiscono di un loro esperimento. Adottando lo schema delle sette emozioni fondamentali individuato da Jaak Panksepp cercano di comprendere le modalità con cui la musica suscita emozioni quasi mirando ad un algoritmo che possa dirci quale musica per quali emozioni. Alla base – la prima di queste emozioni fondamentali – ci sarebbe il seeking, ovvero l'emozione dell'esplorare e del trovare (il che confermerebbe una nota intuizione etologica che l'annoverava fra le “pulsioni interne” costitutive di quei comportamenti animali detti “elementari”). Poi, nell'ordine, andrebbero considerate Rage, l'aggressività, Fear, la paura, Lust, l'attrazione sessuale, il sesso e il desiderio, Grief e Panic, ovvero il dolore e il panico – emozione che, in caso di assenza di cure materne nella prima infanzia, governa l'attaccamento sociale –, Care, la cura, l'amore materno e, infine, Play, il gioco, un'attivazione che, com'è noto, facilita l'apprendimento. L'esperimento è consistito nel far associare brani musicali a ognuna di queste emozioni, ma – e qui sta il risultato che ci interessa – “nessun tentativo di trovare brani che stimolassero a Lust ha avuto successo”. Il che, peraltro, non farebbe che confermare ormai datate consapevolezze. Come quella dello psicoanalista Zsigmond Pfeifer che morirà in un campo di concentramento tedesco: “la musica – a differenza di tutte le arti – manca della facoltà di rappresentare oggetti della libido, ad eccezione del nostro Io”. O come quella del musicologo Alfredo Parente che intitola una raccolta di suoi saggi, Castità della musica e che in una Conferenza per l'Inaugurazione della Sagra Musicale Umbra (a Perugia, il 19 settembre 1948) aveva sostenuto che “l'oggetto, per acuta che sia la sensualità che nel corso della vita pratica eccita in noi (...), nell'immagine artistica si redime”; che già “il poeta, come il pittore può ritrarre gli oggetti, che nella vita reale sogliono risvegliare negli uomini le più accese brame e lussurie, con un distacco che è assenza di ogni appetizione, con una serenità di spirito che è abbandono di ogni inclinazione e di ogni desiderio”, ma che, tra tutte le arti, ecco “spiccare e distinguersene una che non sembra soggiacere all'insidia che i sensi continuamente tendono al rasserenarsi e purificarsi della contemplazione attraverso le immagini che l'artista rievoca e ritrae o ricrea (...) ecco la musica, che sembra operare un così risoluto distacco dal mondo reale” – “quel suo risoluto distacco dalle cose reali, delle quali sembra dimenticare, nonché i pungoli e le tentazioni, i più evanescenti fantasmi”.
La musica, per Parente, “è come un dialogo dell'anima con se stessa, senza la mediazione di quei terreni elementi le cui immagini turbano i sensi e fanno l'uomo schiavo dei sensi”. Se l'arte, dunque, “è sempre pudica e vereconda e casta, par che nella musica la castità dell'arte attinga e celebri il suo grado o momento supremo” ed è inutile dire che questo “stato di purezza e di castità dell'arte (...) è una condizione di grazia molto simile alla disposizione religiosa”.

4.
Tra le tante, l'affermazione più circospetta relativamente a natura e funzione della musica è quella di Thomas Mann. La relega in un mondo spirituale “a parte” sulla cui affidabilità – in termini di razionalità e di dignità umana – non “garantirebbe”. Come dire che la musica trascende per certi versi la consapevolezza dell'uomo e per ciò stesso svolgerebbe un ruolo ambiguo. È un'argomentazione che potrebbe riguardare anche la fede religiosa – con quei suoi risultati di estasi mistica di certo non estranei alla sfera dell'esperienza sessuale. D'altronde, le circostanze della nostra vita quotidiana in cui la musica è presente al di là della sua pubblica e diretta rappresentazione testimoniano bene questa ambiguità: ci viene somministrata mentre facciamo acquisti al supermercato, quando vediamo un film o mentre partecipiamo a funzioni religiose; la scegliamo come rumore di fondo in tanti momenti della vita casalinga o mentre facciamo footing o mentre guidiamo l'automobile; la sfruttiamo per creare un clima seduttivo o per isolarci dal mondo rifiutando le relazioni che ci vengono proposte; nelle circostanze più disgraziatamente qualunquiste la usiamo addirittura per diminuire o perdere volontariamente il controllo di sé. In certi casi ci unisce all'altro, in altri ci divide; spesso, però, viene utilizzata per una qualche sua funzione che debba sfuggire alla consapevolezza delle persone coinvolte – più o meno come quando si scoprì che, grazie alla musica sinfonica trasmessa nel pollaio, le galline facevano più uova. Ce n'è a sufficienza, credo, affinché non ci si possa politicamente permettere di percepirla passivamente, come fosse sempre e comunque – in quanto tale – immune dal veicolare subordinatezza.

Felice Accame

Nota
Perversione e musicalità di Himre Herman è pubblicato da Di Rienzo, Roma 2016. L'ultima versione italiana della Psychopathia sexualis di Richard Freiherr von Kraft-Ebing è pubblicata da PiGreco, Milano 2011. La musica del sentire di Marco Maiocchi e Marco Rapattoni è pubblicato da Luca Sossella Editore, Novara 2017. Per lo schema neurobiologico delle sette emozioni, cfr. J.Panksepp e I. Biven, Archeologia della mente. Origini neuro evolutive delle emozioni umane, Raffaello Cortina, Milano 2014. Un confronto con le analisi etologiche precedenti è possibile, per esempio, con I. Eibl-Eibesfeldt, Amore e odio, Adelphi, Milano 1971.
I saggi di Z. Pfeifer sono pubblicati in “Imago”, rispettivamente,VII, 1921 e IX, 1923. Castità della musica di Alfredo Parente è pubblicato da Einaudi, Torino 1961.
Per Platone, cfr. Repubblica, 398e-400d, 401d-402a; Leggi, 654b. Per Aristotele, cfr. Politica, 1339b.