La musica, la sua funzione politica e il sesso
1.
Lo psicoanalista ungherese Imre Herman ha acquisito una certa
notorietà per aver scritto Gli istinti primitivi
dell'uomo, un libro dove prova ad estendere il metodo
psicoanalitico al comportamento delle scimmie antropomorfe portando
alla luce l'estrema importanza della capacità di aggrapparsi
alla pelliccia della madre – una capacità cui gli
esseri umani devono rinunciare con tutte le conseguenze psichiche
del caso. Meno note sono quelle sue ricerche svolte intorno
agli anni Settanta del secolo scorso e riassunte in Perversione
e musicalità. Usufruendo anche di molta letteratura
altrui, in questo libro Herman colleziona tutta una serie piuttosto
ricca di casi in cui gli pare legittimo parlare di perversione
sessuale in rapporto a comportamenti di persone che, a vario
titolo, hanno a che fare con la musica. Si va dai tenori che,
salendo sul palcoscenico alla sera della prima, si infilano
nei pantaloni “lo zampetto di una lepre” per simulare
una manifesta erezione al musicista attratto irresistibilmente
soltanto da ragazze affette da zoppia o amputate. Avendo alle
spalle la Psychopathia sexualis di Richard
Freiherr von Kraft-Ebing (1886) e decenni di psicoanalisi, la
casistica, volendo, è ampia e varia.
2.
Avrebbe
potuto riferirsi alle riflessioni ormai classiche di Platone
e di Aristotele – dove l'estetico è palesemente
piegato alle esigenze dell'etico –, ma, forse per mostrare
l'attualità della tematica, Herman riferisce tutta una
gamma, diciamo più “moderna”, di impressioni
relative agli effetti della musica. Secondo Tolstoj, “tutta
la musica è terribile”, “ha un effetto sulle
persone ed è un effetto terribile”: “non
innalza l'anima, ma domina e provoca l'ascoltatore”. La
musica lo “spinge” a dimenticare se stesso e la
situazione che sta vivendo, lo fa “entrare in una condizione
estranea” a se stesso e, mo' ci siamo, lo “provoca
sensualmente”. Ascoltando vecchie canzoni – soprattutto
ascoltando marce –, l'etologo Konrad Lorenz viene assalito
da “un sacro terrore”. Se ne difende dicendosi “che
anche gli scimpanzé, quando si preparano a sferrare battaglia,
emettono suoni ritmici” – “cantare insieme
ha lo stesso significato di un patto col diavolo”. Secondo
Thomas Mann, la musica si colloca al di fuori della sfera pedagogico-umana:
sembra appartenere a un mondo spirituale sulla cui affidabilità
assoluta in materia di ragione e dignità umana lui “non
garantirebbe affatto”. Suo figlio Klaus la butta giù
più in positivo dicendo che “la musica migliora
il metabolismo, aumenta l'energia muscolare, accelera o decelera
il ritmo respiratorio, l'attività cardiaca e la pressione
del sangue, influenza le secrezioni interne e facilita una via
più diretta alla corteccia” – effetti biologici,
insomma, piuttosto cospicui. Tutto ciò costituirebbe
il retroterra ideologico per la tesi di Herman: tra le persone
dotate di disposizioni acustiche e tra quelli dotati di talento
musicale si trova un buon numero di persone affette da perversioni
(omosessualità inclusa), fermo restando, ovviamente,
che “non ogni persona di questo tipo è necessariamente
un pervertito”.
3.
Ne La musica del sentire, Marco Maiocchi e
Marco Rapattoni riferiscono di un loro esperimento. Adottando
lo schema delle sette emozioni fondamentali individuato da Jaak
Panksepp cercano di comprendere le modalità con cui la
musica suscita emozioni quasi mirando ad un algoritmo che possa
dirci quale musica per quali emozioni. Alla base – la
prima di queste emozioni fondamentali – ci sarebbe il
seeking, ovvero l'emozione dell'esplorare e del trovare (il
che confermerebbe una nota intuizione etologica che l'annoverava
fra le “pulsioni interne” costitutive di quei comportamenti
animali detti “elementari”). Poi, nell'ordine, andrebbero
considerate Rage, l'aggressività, Fear, la paura, Lust,
l'attrazione sessuale, il sesso e il desiderio, Grief e Panic,
ovvero il dolore e il panico – emozione che, in caso di
assenza di cure materne nella prima infanzia, governa l'attaccamento
sociale –, Care, la cura, l'amore materno e, infine, Play,
il gioco, un'attivazione che, com'è noto, facilita l'apprendimento.
L'esperimento è consistito nel far associare brani musicali
a ognuna di queste emozioni, ma – e qui sta il risultato
che ci interessa – “nessun tentativo di trovare
brani che stimolassero a Lust ha avuto successo”. Il che,
peraltro, non farebbe che confermare ormai datate consapevolezze.
Come quella dello psicoanalista Zsigmond Pfeifer che morirà
in un campo di concentramento tedesco: “la musica –
a differenza di tutte le arti – manca della facoltà
di rappresentare oggetti della libido, ad eccezione del nostro
Io”. O come quella del musicologo Alfredo Parente che
intitola una raccolta di suoi saggi, Castità
della musica e che in una Conferenza per l'Inaugurazione
della Sagra Musicale Umbra (a Perugia, il 19 settembre 1948)
aveva sostenuto che “l'oggetto, per acuta che sia la sensualità
che nel corso della vita pratica eccita in noi (...), nell'immagine
artistica si redime”; che già “il poeta,
come il pittore può ritrarre gli oggetti, che nella vita
reale sogliono risvegliare negli uomini le più accese
brame e lussurie, con un distacco che è assenza di ogni
appetizione, con una serenità di spirito che è
abbandono di ogni inclinazione e di ogni desiderio”, ma
che, tra tutte le arti, ecco “spiccare e distinguersene
una che non sembra soggiacere all'insidia che i sensi continuamente
tendono al rasserenarsi e purificarsi della contemplazione attraverso
le immagini che l'artista rievoca e ritrae o ricrea (...) ecco
la musica, che sembra operare un così risoluto distacco
dal mondo reale” – “quel suo risoluto distacco
dalle cose reali, delle quali sembra dimenticare, nonché
i pungoli e le tentazioni, i più evanescenti fantasmi”.
La musica, per Parente, “è come un dialogo dell'anima
con se stessa, senza la mediazione di quei terreni elementi
le cui immagini turbano i sensi e fanno l'uomo schiavo dei sensi”.
Se l'arte, dunque, “è sempre pudica e vereconda
e casta, par che nella musica la castità dell'arte attinga
e celebri il suo grado o momento supremo” ed è
inutile dire che questo “stato di purezza e di castità
dell'arte (...) è una condizione di grazia molto simile
alla disposizione religiosa”.
4.
Tra le tante, l'affermazione più circospetta relativamente
a natura e funzione della musica è quella di Thomas Mann.
La relega in un mondo spirituale “a parte” sulla
cui affidabilità – in termini di razionalità
e di dignità umana – non “garantirebbe”.
Come dire che la musica trascende per certi versi la consapevolezza
dell'uomo e per ciò stesso svolgerebbe un ruolo ambiguo.
È un'argomentazione che potrebbe riguardare anche la
fede religiosa – con quei suoi risultati di estasi mistica
di certo non estranei alla sfera dell'esperienza sessuale. D'altronde,
le circostanze della nostra vita quotidiana in cui la musica
è presente al di là della sua pubblica e diretta
rappresentazione testimoniano bene questa ambiguità:
ci viene somministrata mentre facciamo acquisti al supermercato,
quando vediamo un film o mentre partecipiamo a funzioni religiose;
la scegliamo come rumore di fondo in tanti momenti della vita
casalinga o mentre facciamo footing o mentre guidiamo l'automobile;
la sfruttiamo per creare un clima seduttivo o per isolarci dal
mondo rifiutando le relazioni che ci vengono proposte; nelle
circostanze più disgraziatamente qualunquiste la usiamo
addirittura per diminuire o perdere volontariamente il controllo
di sé. In certi casi ci unisce all'altro, in altri ci
divide; spesso, però, viene utilizzata per una qualche
sua funzione che debba sfuggire alla consapevolezza delle persone
coinvolte – più o meno come quando si scoprì
che, grazie alla musica sinfonica trasmessa nel pollaio, le
galline facevano più uova. Ce n'è a sufficienza,
credo, affinché non ci si possa politicamente permettere
di percepirla passivamente, come fosse sempre e comunque –
in quanto tale – immune dal veicolare subordinatezza.
Felice Accame
Nota
Perversione e musicalità di Himre Herman
è pubblicato da Di Rienzo, Roma 2016. L'ultima versione
italiana della Psychopathia sexualis di Richard
Freiherr von Kraft-Ebing è pubblicata da PiGreco, Milano
2011. La musica del sentire di Marco Maiocchi
e Marco Rapattoni è pubblicato da Luca Sossella Editore,
Novara 2017. Per lo schema neurobiologico delle sette emozioni,
cfr. J.Panksepp e I. Biven, Archeologia della mente.
Origini neuro evolutive delle emozioni umane, Raffaello
Cortina, Milano 2014. Un confronto con le analisi etologiche
precedenti è possibile, per esempio, con I. Eibl-Eibesfeldt,
Amore e odio, Adelphi, Milano 1971.
I saggi di Z. Pfeifer sono pubblicati in “Imago”,
rispettivamente,VII, 1921 e IX, 1923. Castità
della musica di Alfredo Parente è pubblicato
da Einaudi, Torino 1961.
Per Platone, cfr. Repubblica, 398e-400d, 401d-402a;
Leggi, 654b. Per Aristotele, cfr. Politica,
1339b. |