Le baraccopoli, in Occidente
La città contemporanea è in crisi, difficile
non constatarlo.
In ogni angolo anche del “ricco” Occidente sono
molte le pratiche abitative illegali e informali diffuse sui
territori, pratiche di resistenza e ricodificazione dell'umano
abitare. Viviamo in un mondo dove sono sempre di più
gli umani che spingono alle frontiere della fortezza occidentale
per cercare nuove possibilità di riscatto sociale. Donne
e uomini che in molti casi devono inventare, rinegoziare ai
margini, per giorni, mesi, a volte anni il loro modo di abitare.
Sono molti gli insediamenti informali, le baraccopoli, i “piccoli”
slums che sempre più popolano anche la “nostra”
parte del mondo.
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Postazione di Radio Ghetto all'interno del Gran Ghetto di Rignano Garganico |
La terra ospita oggi 19 megalopoli con oltre 10 milioni di
abitanti, 22 comprese tra 5 e 10 milioni, 370 centri urbani
di 5 milioni e 433 le città che arrivano a un milione
di abitanti. Metà della popolazione mondiale abita in
città più o meno grandi e fra vent'anni la percentuale
salirà al 60%; scontato constatare che non c'è
spazio per una casa dignitosa per tutti, sempre più persone
vivranno in situazioni marginali, un trend già in atto
da molti anni nelle città africane, latine o asiatiche,
un fenomeno destinato all'aumento anche nelle città nord
americane ed europee.
Il fenomeno delle baraccopoli in Occidente è ancora poco
analizzato anche se in continua crescita. La stima delle persone
che vivono negli slums delle città europee e degli altri
paesi sviluppati secondo il rapporto The challenge of slums
è di circa 54 milioni di persone, una piccola percentuale
se confrontata al miliardo di persone che fuori dall'Occidente
vive negli slums, ma un dato in crescita, principalmente per
due motivi, uno legato agli arrivi di persone in cerca di lavoro
e senza possibilità economiche che non riescono ad accedere
al mercato legale delle case, il secondo motivo è la
crisi economica che ha colpito da ormai dieci anni USA e Europa.
A seguito della crisi centinaia di persone hanno perso la casa
e sono andati a ingrossare le fila dell'abitare precario.
Un rapporto pubblicato il 19 novembre 2016, dal Dipartimento
per gli alloggi e lo sviluppo urbano degli Stati Uniti dichiara
che nel 2015 in America c'erano oltre 565.000 senzatetto, una
popolazione variegata con al suo interno forse più cittadini
americani che migranti. Sto parlando di persone che vivono agli
angoli delle strade e che molto spesso costruiscono giornalmente
in cartone i propri giacigli, agglomerati di tende da campeggio
sparsi nei campi fuori città, oppure delle vere e proprie
baraccopoli nelle periferie cittadine.
In Europa, soprattutto nell'area mediterranea sono in rapido
aumento le situazioni di emergenza abitativa, aumentano i senza
tetto accampati nelle strade delle grandi città come
Barcellona, Atene, Roma, Milano e si incrementa la strutturazione
di vere e proprie baraccopoli. Luoghi improvvisati in zone di
frontiera e di passaggio, luoghi abitati soprattutto dai migranti
del nuovo millennio.
Calais in Francia, Ventimiglia in Italia, la piccola Kabul in
Grecia, il ghetto di Foggia sono solo degli esempi tra i tanti,
ma ci offrono la possibilità di capire come questo fenomeno
stia vivendo una crescita continua. Il gran ghetto di Foggia
è una realtà in tutti i sensi incredibile e sono
stati molti i ricercatori, reporter che hanno cercato di descriverne
le problematiche interne, la strutturazione e lo sfruttamento
dei lavoratori migranti schiavizzati che popolano il ghetto.
Un lavoro molto interessante è quello di Stefano Nardella
e Vincenzo Bizarri (Il gran ghetto, Hazard
edizioni, Milano 2017, pp. 48, € 10,00) che attraverso
una graphic novel racconta tramite il disegno e la parola le
molte facce del ghetto di Foggia. L'unione del disegno e la
parola intensificano le emozioni e la possibile comprensione
della tragedia di un luogo estremamente marginale, un testo
che consiglio di leggere.
In Italia queste esperienze marginali non sono una novità.
Nel secondo dopoguerra la penisola era piena di slums nelle
periferie delle maggiori città, baraccopoli raccontate
tra gli altri da Pasolini e De Sica nei loro film che hanno
segnato un'epoca, luoghi che erano abitati come oggi da migranti
e sottoproletari, con la differenza che cinquanta anni fa le
migrazioni erano quelle interne alla penisola, ora i nuovi migranti
sono persone che arrivano da tutte le parti del globo.
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Dopo
l'incendio al Gran Ghetto |
Oggi come ieri le baraccopoli sono fatte di strutture improvvisate
con materiali recuperati, roulotte, vecchi camper in disuso,
tende, container, baracche di cartone e lamiera; sono costruite
con quello che le città ritengono adeguato a una condizione
di cittadinanza dimezzata. L'abitare precario fa parte delle
strategie di sopravvivenza di molti migranti, rituali di resistenza
quotidiana attuati per trovare soluzioni veloci di fronte all'insufficienza
delle strutture di accoglienza e alla difficoltà di accedere
a una casa. L'intensificazione dei flussi di persone, la difficoltà
di trovare una casa, l'acuirsi di forme di disuguaglianza economica
e sociale costituiscono un intreccio di fattori che hanno moltiplicato
e moltiplicheranno in un prossimo futuro le baraccopoli occidentali.
Il gran ghetto fa parte di una di queste assurde realtà,
avamposti del caporalato e fondamenta della nuova schiavitù.
Andrea Staid
Due tavole
tratte dalla graphic novel di Stefano Nardella e Vincenzo Bizarri
Il
gran ghetto (Hazard edizioni, Milano 2017)
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