Telefono senza fili
È una rivoluzione che corre sui binari della metropolitana.
L'ingobbita postura dei pendolari sugli smartphone appartiene
ormai al passato. Adesso è tutto uno schioccar di lingue
tra i passeggeri che prima erano infiacchiti dal presagio di
una giornata di lavoro. Il mattino ha l'oro in bocca, si diceva.
Oggi loro hanno in bocca un dispositivo che ne ha trasformato
l'esistenza: parlo del telefono interdentale che nasce da una
prodigiosa nanotecnologia in grado di assicurare una conversazione
con i più alti parametri qualitativi. E tutto senza più
necessità di un prodotto visibile.
Il
telefono interdentale si applica tra canino e premolare. È
un dispositivo minuscolo dotato di recettore acustico e micro-microfono
attivabile in modo semplice, schietto, amichevole. Basta schioccare
la lingua, appunto, e poi scandire il nome del destinatario
memorizzato nel microchip palatale. Un auricolare riceverà
l'impulso acustico e lo amplificherà per il vostro personale
ascolto.
L'accoglienza del mercato ha superato le migliori aspettative,
come si può facilmente verificare ogni mattina in metropolitana.
Rumori di palato accompagnano il viaggio dei passeggeri come
una buffa cantilena che scandisce la successione delle fermate.
La gente ha sempre fretta, e la possibilità di attivare
nell'immediato una conversazione batte sul tempo qualunque alternativa.
Sui vagoni le persone si coprono la bocca a protezione della
riservatezza, come partecipassero a un sussurro cospiratorio
di massa.
La rivoluzione non corre soltanto in metrò. Nelle strade,
sui treni, nelle piazze, nei centri commerciali, ovunque si
sta affermando questa nuova modalità di comunicazione
di genere linguistico onomatopeico: schiocchi di lingua si alternano
a suoni gutturali, a versi che corrispondono ad abbreviazioni
di faccine nei messaggi che un comando vocale può comporre
e inviare: per esempio la risata attiva la faccina allegra,
la simulazione del pianto quella triste, il rutto la faccina
disgustata, e così via.
Tutti
si esprimono in modo spezzato, anche se non è chiaro
se parlino da soli o si rivolgano ad altri. La maleducazione
è stata debellata, nel senso che il telefono interdentale
non richiede più un tono di voce alto e sostenuto, ma
si accontenta di un filo tenue di parole sufficientemente decifrabili.
Da oggi l'espressione “filo interdentale“ assume
tutto un altro significato, e lo sa bene il mio dentista, che
non può più usare il filo sui pazienti, perché
questi sono terrorizzati dall'idea che il loro apparecchio telefonico
possa venirne danneggiato. Sono pieni di carie, probabilmente,
ma almeno possono esprimersi in tutta libertà.
Come accade per ogni avanzamento tecnologico, il telefono interdentale
porta con sé grandi opportunità ma anche qualche
insidia. Se da un lato addolcisce l'impatto urticante di alcune
comunicazioni obbligate, dall'altro richiede un surplus di cautela.
Lo sa bene quel tizio che stava parlando con un collega durante
la pausa pranzo in un bar. Mentre stava dicendo peste e corna
del suo superiore, si è liberato di un pezzo di cibo
con la lingua e ha attivato suo malgrado la conversazione con
il capo. Risultato: licenziamento in tronco e tanti saluti alla
privacy.
Tenetene conto, voi che non potete fare a meno di pulirvi la
bocca. Con il telefono interdentale un verso di troppo rischia
di incrinare un'amicizia, un amore, o più facilmente
una relazione d'interessi. Meglio attenersi al galateo. Spegnete
almeno l'apparecchio prima di mettervi a tavola, perché
è andata ancora peggio a quell'altro tizio che per troppa
ingordigia ha inghiottito il suo telefono interdentale acceso.
Non l'ho ancora detto, ma la batteria di questi nano-dispositivi
ha un'autonomia prodigiosa: almeno due giorni. Così le
conversazioni dell'ingordo sono state regolate di volta in volta
dal tubo digerente, dai rigurgiti di stomaco, dal lento incedere
dell'apparecchio nell'intestino, tenue e crasso, e dalla foga
tumultuosa dell'espulsione finale. Pare che il tizio abbia compromesso
un buon numero di contatti, ma almeno il suo telefono interdentale
si è salvato.
Prodigi della tecnologia.
Paolo Pasi
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