Ma io credo di non credere
Fra le mie attività di volontariato per la Comunità
Papa Giovanni XXIII, spesso aiuto gli studenti universitari
nelle loro tesi e mi sono convinto che le loro domande sono
più interessanti delle mie risposte. Mi ricordo che per
tirare su di morale una studentessa ansiosa al suo ultimo esame,
a cui ho dato una mano per la stesura della sua tesi, le ho
scritto: “Gli esami sono una prova terribile anche per
i meglio preparati perché l'uomo più sciocco può
sempre fare una domanda a cui l'uomo più saggio non sa
rispondere.”
Ho pensato in questo numero di dare spazio alle domande di una
studentessa con le mie risposte.
Carmelo, mi può raccontare quando ha preso
coscienza della gravità delle azioni che ha compiuto
tanto tempo fa?
Posso dire che per me è molto più “doloroso”
e rieducativo adesso fare il volontario in una struttura della
Comunità Papa Giovanni XXIII (fondata da Don Oreste Benzi)
che gli anni passati murato vivo in isolamento totale durante
il regime di tortura del 41bis. Trattato in quel modo dalle
Istituzioni, mi sentivo innocente del male fatto; ora, invece,
che sono trattato con umanità, mi sento più colpevole
delle scelte sbagliate che ho fatto nella mia vita. E penso
che questo potrebbe accadere anche alla maggioranza dei prigionieri
che sono ancora detenuti in quel girone infernale. Sono convinto
che anche il peggiore criminale, mafioso o terrorista potrebbe
cambiare con una pena più umana e con un fine pena certo.
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Da sinistra: Carmelo Musumeci a 15 anni e oggi |
Carmelo, lei in un'intervista si è definito
“ragazzo delinquente”: vuole mandare un messaggio
ai ragazzi di oggi?
Potrei giustificarmi che sono diventato un criminale perché
mentre molte persone perbene sono nate fra pasticcini e biscotti
io sono nato in una casa dove non c'era nulla, tanto meno libri
(probabilmente perché non erano buoni da mangiare). Potrei
giustificarmi che sono stato quello che sono potuto essere e
non quello che avrei voluto essere. Potrei dare la colpa delle
mie scelte criminali, alla mia infanzia infelice o alle botte
che ho preso prima in collegio dalle suore e dai preti e subito
dopo nelle carceri minorili (a soli quindici anni sono stato
legato al letto di contenzione per sette giorni). Io però
preferisco non darmi nessuna attenuante perché come dico
spesso “sono nato già colpevole, poi io ci ho messo
del mio a diventarlo”.
Carmelo, il tuo percorso di risocializzazione è
stato riconosciuto dal tribunale di sorveglianza, ma indipendentemente
da questo “riconoscimento”, chi è oggi Carmelo
Musumeci? Descriviti come semplicemente Carmelo.
Penso che il carcere ti cambi. Io, però, in ventisei
anni di carcere, ho cercato di cambiare più lui che me,
ma penso di non esserci riuscito e di non averlo smosso di un
millimetro. Ma spero, adesso, di continuare a farlo da ergastolano
semilibero. Molte persone si adattano al carcere e in questo
modo finiscono per diventare prigionieri di se stessi. Per fortuna
o per sfortuna, a seconda dei punti di vista, io mi sono sempre
sentito un estraneo al carcere e non sono mai riuscito ad adattarmi.
Non è stato per nulla facile, perché penso che
in carcere la sofferenza divori l'anima come la muffa mangia
i muri. Oggi cerco di essere semplicemente la persona che non
sono mai riuscito a essere prima.
Lei ha presentato personalmente l'istanza di richiesta
per la semilibertà, sappiamo che non è nelle capacità
della maggior parte dei detenuti. Che significato ha avuto per
lei?
Leggendo un libro su Don Milani mi aveva colpito questa frase:
“Siete proprio come vi vogliono i padroni, servi, chiusi
e sottomessi. Se il padrone conosce 1000 parole e tu ne conosci
solo 100 sei destinato ad essere sempre servo”. E ho iniziato
a leggere a studiare e non ho smesso più. Sono entrato
in carcere con la licenza elementare; quando ero all'Asinara
in regime di 41bis ho ripreso gli studi e da autodidatta ho
terminato le scuole superiori. Mi sono laureato tre volte, quella
in giurisprudenza l'ho presa soprattutto per difendere me stesso
e i miei compagni.
Lei è credente? Un passaggio della bibbia
dice: “il miglior giudizio che si può dare su una
persona è di guardare ai fatti che ha compiuto.”
Cosa ne pensa, quando poi sente in televisione che in alcuni
processi non è stato proprio così? Pensi al caso
Tortora, dove dopo un decennio dalla conclusione della vicenda
processuale, il principale accusatore ha ammesso di avere detto
il falso, ma non ha subito nessuna conseguenza, poiché
aveva reso le sue dichiarazioni senza nessun obbligo di verità
penalmente rilevante.
Credo di non credere (e forse per questo sono uno dei pochi
credenti), perché credo e ho più fiducia nell'uomo
che in Dio. C'è sempre tanta differenza fra la verità
processuale e la verità vera, ma si può essere
anche innocenti di essere colpevoli.
Oggi, quale è il suo prossimo obiettivo da
raggiungere? A quale progetto sta lavorando?
Tornare a essere un uomo libero. Intanto cerco, con la scrittura
e la mia testimonianza, di sensibilizzare l'opinione pubblica
e cercare di far capire che maledire e condannare una persona
ad essere cattivo e colpevole per sempre è un grande
errore. Credo che il perdono ti faccia amare il mondo e che
la vendetta, invece, te lo faccia odiare. Giustizia dovrebbe
significare verità e non vendetta. Se ad alcuni ergastolani
venisse data una possibilità, una sola, di rifarsi una
vita penso che smetterebbero di essere criminali.
I reati sessuali rientrano tra i reati ostativi,
disciplinati dall'art. 4-bis o.p. Cosa ne pensa?
Penso che il carcere non sia la medicina, ma sia piuttosto la
malattia.
I libri ti hanno aiutato a superare i momenti più
difficili?
In questi anni di carcere ho letto moltissimo, ho sempre avuto
un libro in mano, senza libri non ce l'avrei potuta fare. Credo
che noi siamo anche quello che leggiamo e soprattutto quello
che non leggiamo. Nei libri ho vissuto la vita che non ho potuto
vivere, ho sofferto, ho pianto, ho amato, sono stato amato,
sono cresciuto, sono stato felice ed infelice e sono vissuto
e morto tante volte.
Quale libro è il suo preferito? Quale personaggio
di un libro-canzone-poesia, sente di rappresentare?
Mi è difficile risponderti, i libri sono un po' come
i figli, si amano tutti perché tutti ti danno qualcosa,
comunque ci provo: “Il Signore degli anelli” (i
prigionieri sono come i bambini, per vivere meglio vivono in
mezzo a boschi e palazzi incantati, fra meraviglie o incantesimi).
“Il rosso e il nero” di Stendhal che mi ha insegnato
che l'amore è fatto di amore o non ha voce, è
fatto di sbagli o non è fatto di niente. “Delitto
e castigo” di Fedor Michailovic Dostoevskij che mi ha
insegnato come si sconta la propria pena e che la vita è
fatta di errori se no non sarebbe vita. Poi molti libri di Herman
Hesse fra cui “Siddharta” e “Il Lupo della
steppa” che mi hanno insegnato che quello che penso io
lo pensano anche gli altri. Mi fermo qui ed in tutti i casi
il libro più bello è quello che sto leggendo:
il libro della vita.
Esprimere i propri sentimenti non è facile,
perché vuol dire dare voce alle proprie emozioni, a quello
che si prova. Lei ha un sito, dove scrive un diario giornaliero,
dove racconta della sua vita, delle sue speranze, delle sue
lotte. Come è riuscito a superare le difficoltà
di aprirsi al mondo che lo circonda?
Quando ho perso la libertà ho deciso di essere libero
e di essere me stesso. Credo che il miglior metodo per lottare
e sopravvivere lo abbia trovato scrivendo per far conoscere
la vita e i sogni di un ergastolano e anche per far conoscere
quanta umanità si può trovare in carcere e quanta
cattiveria fuori. La cosa incredibile è che in questi
ventisette anni di carcere in molti mi hanno chiesto di “farmi
la galera” e di smettere di scrivere e di ululare alla
luna. E me lo hanno chiesto sia le persone perbene, sia molti
uomini di Stato e anche alcuni mafiosi di spessore, facendomi
sospettare che la pena dell'ergastolo serva anche a loro per
non fare uscire dalle loro organizzazioni, fisicamente e culturalmente,
i giovani ergastolani (perché lo dovrebbero fare se non
hanno più nessun futuro?).
Se potessi essere un'altra persona per un giorno...
Non ho mai desiderato essere un'altra persona, desidero solo
di essere una persona migliore.
Carmelo Musumeci
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