Provos, beatniks e a cerchiate
“...Ecco l'era del consumismo: se non riuscivi a trovare la pace con la mente, forse potevi farlo con una Cadillac. Se la vita aveva perso il suo significato, forse una lavatrice modello super lusso poteva restituirglielo. (...) Anche se la maggioranza è sempre felice di farsi trascinare dalla corrente dominante, ci sono sempre quelli che vi si oppongono, così gli anni Cinquanta che videro la nascita del consumismo portarono anche altri due fenomeni: il movimento pacifista ed il rock'n'roll. Entrambi costituivano una reazione contro un mondo dominato sempre più dai grigi signori della guerra e dalle loro idee grigie, entrambi rifiutavano il luccicare inutile del consumismo, entrambi rappresentavano una rivoluzione contro i valori della società “normale”. (...) Le autorità, pertanto, si trovarono di fronte a un problema nuovo: come impedire alla gente di divertirsi? La soluzione fu la stessa di sempre, cioè calpestarla...”
Penny Rimbaud, da “The last of the hippies”
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Le biciclette bianche, Amsterdam 1966 |
Ecco un altro libro di quelli che suonano - questo però
oltre che suonare anche urla, protesta e soprattutto cerca di
difendersi. Dentro ci sono (adesso copio dall'introduzione)
“quei ragazzi e ragazze che nella metà degli anni
Sessanta hanno desiderato la libertà totale al posto
dell'ipocrisia e la dignità umana al posto dell'arrivismo”.
Quelli che hanno anticipato le grandi rivolte del Sessantotto,
quelli che “hanno trovato l'anarchia sulla loro strada,
spesso senza saperlo, spesso senza alcun filo diretto con quel
movimento, pur parlando la stessa lingua senza che alcuno l'abbia
insegnata”.
Franco Schirone, che senz'altro conoscerete per quel volume
“Il canto anarchico in Italia” (scritto con Santo
Catanuto, ed. Zero in condotta, 2001) divenuto un testo fondamentale
per chi vuole davvero sapere le cose, ha elaborato in questo
“I provos, i beatniks e l'anarchia” (ed. Bruno Alpini
con stella*nera ed altri, 2018) alcuni suoi interventi e commenti
sui rapporti tra il movimento della contestazione globale e
i giovani anarchici apparsi tempo prima sulla Rivista Storica
dell'Anarchismo, su Collegamenti Wobbly ed altrove.
È una storia che ci riguarda da vicino, dico anche a
voi ragazzi che adesso avete venti trent'anni: qui dentro ci
sono le radici degli hippies e del punk, c'è dentro quel
delinquente rancoroso di vostro padre che si agita e si commuove
ascoltando Franti e Raw Power, ci sono dentro tutti i bei sogni
finiti in frantumi di vostra madre, sì perché
anche loro hanno avuto vent'anni e per sé desideri diversi
da com'è poi andata.
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Contestazione alla questura di Milano, 12 marzo 1967 |
Tra la prima e l'ultima di copertina è racchiuso un
pacco di pagine con dentro cataste di discorsi di ragionamenti
di dischi e di libri vecchi ma sorprendentemente senza polvere
addosso, quella polvere del tempo che non ha intaccato neanche
i volantini ciclostilati con le prime a cerchiate, neanche gli
appelli all'obiezione di coscienza al servizio militare che
allora era obbligatorio - adesso non si usa più, ma lo
sapete bene tutti che certe ferite non si rimarginano.
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Corriere della sera, 6 marzo 1967 |
Qui dentro trovate le contestazioni, i primi no detti dove prima
non si poteva per la strada a scuola in caserma, le manifestazioni
non autorizzate e le botte in piazza ai ragazzi colpevoli soltanto
di non farsi tagliare i capelli, derisi per un disco strano
o un libro fuori linea nella borsa, picchiati a sangue per non
indossare l'uniforme, per avere addosso una collana di perline
o una maglia non abbastanza grigia. Qui dentro si sente l'eco
dei gruppi beat, quel loro rock appena nato e acerbo, quelle
cosiddette canzoni di protesta che erano invece canzoni di disperazione
e insieme anche di speranza, quelle prime poesie che andavano
fuori tempo e soprattutto fuori dal pentagramma, a rincorrere
i colori, a volare alto incontro ai sogni. Il racconto di Franco
restituisce affetto e solidarietà a quella che al tempo
era considerata solo merda sociale, la schiuma, la feccia, gli
indesiderati da tutti, gli allontanati con i fogli di via come
appestati. Fosse stato per i benpensanti, mica importa se di
destra o di centro o di sinistra, li avrebbero chiusi tutti
in galera o in manicomio e buttata via la chiave, condannati
ai lavori forzati in miniera o giù nelle fogne.
Il grosso del libro sono un centinaio di riproduzioni dei ciclostilati
dell'epoca, che mescolano improvvisazione e testardaggine e
innocenza e spontaneità in una critica gioiosa al sistema:
un arcobaleno in bianco e nero, acceso in cielo prima che le
fotocopie venissero inventate. Soffermarsi su queste pagine,
così ricche di provocazione e determinazione quando le
facce sui muri e dentro le televisioni sono quelle che sono,
a me commuove, scatena nel cuore una certa agitazione e mette
addosso un certo nervosismo.
Contatti e richieste: le edizioni Bruno Alpini le beccate su
facebook oppure scrivendo a bruno.alpini@libero.it.
Il libro è anche nel catalogo di stella*nera (l'indirizzo
e-mail è a fine pagina) e di Dethector (dethector.wordpress.com).
Due giorni con l'a cerchiata
Non ero mai stato prima a Savona, se si escludono quelle volte
che ho letto in corsa i cartelli dell'uscita in autostrada all'andata
e al ritorno dal MIMI Festival in Francia, cose del millennio
scorso ormai. Verso fine maggio sono stato invitato a partecipare
ad una duegiorni messa in piedi dal gruppo FAI “Pietro
Gori”, dal circolo “Umberto Marzocchi” e da
giri più giovani tipo Fuori Controllo e Burning Bungalow
nonché da lupi solitari e varie pecorenere sparse. Quando
ci sono occasioni così mi piace andare a vedere cosa
succede, mi piace incontrare le conoscenze vecchie e mi piace
stringere amicizie e solidarietà nuove. Mi veniva da
ridere nell'accorgermi di averci messo un po' più del
mio solito ad orientarmi fra i banchetti e le persone: forse
sarà stata la stanchezza per le tante ore di viaggio
e le altrettante ore di chiacchiere notturne, oppure una reazione
al caldo dell'estate arrivata all'improvviso col suo carico
di sole. Oppure è semplicemente solo perché sto
invecchiando, mi canzonano quei due o tre ragazzini stronzi
così poco rispettosi... mi prendono in giro, ma so che
mi vogliono bene. E magari hanno pure ragione, mi sono accorto
da solo che col tempo si fa più fatica a prendere le
misure con il mondo intorno. Queste distanze anagrafiche
sono state per me un po' l'argomento ricorrente in questi giorni
savonesi, un discorso che mi sono ritrovato ad affrontare spesso
ma con una certa allegria addosso: la distanza è consistente
ma certo non la vivo come una sventura. Per quanto mi riguarda
questa manifestazione è stata proprio un bell'incontro
tra generazioni, un incontro che è stato insieme rivelazione,
confronto ed abbraccio.
E poi l'ho sempre pensato e detto - per me il banchetto dei
libri e dei dischi è una scusa, un pretesto: certo è
senz'altro auspicabile riuscire a rastrellare almeno i soldi
per il biglietto del treno, ma il tipo di ricchezza con cui
mi sono ritrovato a che fare anche stavolta è di tutt'altro
genere, spessore e consistenza. Gli incontri, innanzitutto:
in quante e in quanti siete venuti al banchetto di stella*nera
a vedere, a curiosare, a salutare, ad incontrare. E io lì
a parlare parlare parlare e parlare ancora, ogni tanto a vanvera
e ogni tanto perdendo il filo e un po' me stesso, incurante
del mal di gola a inghiottire il fumo delle vostre sigarette
e la vostra spavalderia. Devo cercare di emozionarmi di meno
quando venite, voi ragazze e ragazzi più giovani, a chiedermi
com'erano le cose quando i vostri vent'anni li avevo io. È
stato bello vedervi tutti indaffarati e preoccupati fra scatoloni
di fanzine e bambini piccoli, è stato bello ascoltare
il suono dei vostri sorrisi fra una discussione animalista e
una scoperta su vinile, è stato bello guardare i vostri
sguardi attenti di fronte a Pippo Gurrieri che ha spiegato con
tutto l'affetto del mondo l'anarchia a sua figlia e a ciascuno
dei presenti senza neanche lontanamente far caso ai vostri vent'anni
e ai sessant'anni miei e di qualche altro.
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Gabriele Lugaro a.k.a. Neive |
Da Savona me ne torno a casa con molte cose ingombranti nel
cuore: sono le canzoni di Gabriele Lugaro a.k.a. Neive, che
mi sono rimaste dentro in testa con quegli spigoli duri e quell'aria
chiara da mattino presto che assomiglia inspiegabilmente a quella
che ho respirato le prime volte che ascoltavo i Kina. Lui e
le sue canzoni, tutto insieme: non riesco a separare il suo
cantare e il suo muoversi, a fare distinzione fra quel suo modo
di scrivere canzoni e quel suo modo di fare.
Di Gabriele avete già letto qui dentro un paio di interventi
illuminanti (“A”395
e “A”404),
che possono senz'altro spiegare meglio tutta la materia di cui
sono fatte le sue canzoni. Non le conoscevo prima e le ho sentite
solo lì a Savona, e mi sono piaciute subito perché
mi mostrano così come io sono: quel sentirsi spostati
- gli altri che ridono e bevono, tu che te ne stai lì
in disparte a rimuginare con sempre addosso un po' di grigio,
di nebbia, di voglia di andare via.
Il Neive lo trovate in rete su facebook (come neiveSavona) e
su bandcamp al link neive.bandcamp.com,
sia da solo (due cd autoprodotti nel 2015 e nel 2016, il terzo
in lavorazione) che in gruppo con gli Altri e con 5MDR.
Per soddisfare ed alimentare la curiosità e fare degli
eventuali acquisti, oltre al contatto diretto suggerisco un
giro dalle parti di Lanterna Pirata al link lanternapiratarecords.blogspot.com,
con sempre stretto in testa quello che ha cantato il nostro
compagno poeta: “dai diamanti non nasce niente, dal letame
nascono i fiori”.
Marco Pandin
stella_nera@tin.it
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