politica
In nome del padre
di Maria Matteo
Salvini e Di Maio ripropongono lo Stato Etico, fondato sulla “famiglia naturale”, che non si pone più l'obiettivo dei diritti, ma della carità benevolente. Amministrata col bastone e col controllo globale.
Diritti civili, buoni sentimenti,
Costituzione Repubblicana, Europa sono alcuni degli ingredienti
della salsa con cui le sinistre post governative e quelle orfane
di governo provano a rifarsi la faccia e riconquistare i consensi
perduti tra i governi Monti, Renzi e Gentiloni.
Un impasto che difficilmente reggerà la cottura dei prossimi
mesi e anni. Privo di lievito si sgonfierà.
Vent'anni di berlusconismo sono passati invano. La sicumera di una sinistra convinta della propria superiorità intellettuale e morale è tale da sottovalutare gli avversari di oggi non meno di quelli di ieri.
L'esibita volgarità di Matteo Salvini, la cialtroneria
di Luigi Di Maio, l'intollerabile burattino Conte nutrono le
illusioni di rivalsa degli orfani di potere, incapaci di cogliere
a pieno la pervasività del populismo gialloverde.
Intendiamoci. È probabile che il “popolo”
di queste sinistre sparse e zoppicanti esprima un'indignazione
autentica per le politiche feroci contro i poveri, i senza casa,
i senza reddito, la gente in viaggio attraverso le frontiere.
Sin troppo facile sarebbe chiedersi quanta di quest'indignazione
restasse sotto traccia quando Minniti lanciava la caccia ai
migranti e il divieto di soccorso in mare.
Se sono pochi i dubbi sulla natura strumentale del riposizionamento della dirigenza del Partito Democratico e dei pianeti nati dopo il suo big bang, resta tuttavia la possibilità che anche queste piazze moderate possano cogliere la lieve distanza pratica tra il governo Gentiloni e l'attuale diarchia Salvini-Di Maio, liberando energie per l'allargarsi di un conflitto sociale oggi ai minimi storici.
Non solo. Oggi scontiamo l'ambiguità di settori diversi e concorrenti della sinistra extraistituzionale, che restringono ulteriormente gli spazi di lotta, azione diretta e sottrazione conflittuale dall'istituito.
I post autonomi puntano sul caos sistemico, ma mantengono aperto il credito al Movimento 5 Stelle, “ostaggio” della cattivissima Lega.
Settori sindacali e politici con simpatie rossobrune non disdegnano
il populismo antieuropeista del governo, mantenendo un atteggiamento
ambiguo.
La situazione non è facile e potrebbe peggiorare.
Inutile negare che il consenso all'estrema destra populista è sempre più forte, perché riesce a catalizzare un malcontento sociale diffuso.
Quasi quarant'anni di attacchi riusciti alle condizioni di vita
di chi deve vivere di lavoro sono tanti.
Trent'anni fa si stava meglio di oggi. C'è stato un tempo,
che sta svanendo nella memoria, in cui le scuole erano gratuite,
non c'erano ticket per medicine, esami e visite mediche, gli
affitti erano bassi, poche persone vivevano in strada, si andava
in pensione dopo 35 anni di lavoro, si lavorava meno per salari
più alti.
Non era merito dei governi o dei padroni che si arricchiscono
sfruttando il lavoro altrui. Tutto quello che i poveri di questo
paese hanno ottenuto era frutto di lotte durissime condotte
insieme nei luoghi di lavoro, nei quartieri, nelle scuole.
Cosa resta delle lotte
I lavoratori e le lavoratrici, chi stava in fabbrica e chi era in casa, si sono battuti per riprendersi parte di quello che ci viene rubato da chi è ricco e vorrebbe esserlo di più. Per i padroni la nostra fatica quotidiana è solo un costo da abbattere, da eliminare.
C'è stato un tempo in cui i lavoratori e le lavoratrici hanno fatto paura ai governi e agli imprenditori, che temevano per le loro poltrone e per i loro profitti, avevano timore che le lotte mutassero di segno, che si finisse con l'attaccare il diritto alla proprietà privata e la legittimità dello Stato.
In trent'anni si sono ripresi tutto.
Salute, istruzione, trasporti sono un lusso, i salari sono diminuiti, le ore di lavoro aumentate, tanta gente finisce in strada perché non può pagare l'affitto. Il lavoro, quando c'è, è sempre più pericoloso, precario, malpagato. I giovani campano di lavoretti, gli anziani non possono andare in pensione.
È stato un processo lungo, che ha disarticolato le condizioni materiali e simboliche, che davano forza alle lotte degli sfruttati.
La quarta rivoluzione industriale, come le precedenti, ha l'obiettivo di ridurre la spesa per i salari, ma anche, e non secondariamente, lo scopo di esercitare un controllo capillare, continuo, individualizzato su chi lavora. I chip sottopelle, i braccialetti dei facchini e magazzinieri Amazon, sono l'ultima puntata di un reality cominciato con la polverizzazione territoriale delle unità produttive, con l'eliminazione della proprietà diretta dei luoghi e dei mezzi di produzione, con la frantumazione fisica e normativa delle grandi aggregazioni industriali o di servizio.
Dalla Fiat alle Ferrovie spezzatini societari, esternalizzazioni,
appalti e subappalti sono stati il cemento materiale con cui
sono stati divisi e isolati i lavoratori. I governi hanno fornito
il quadro normativo che ha liberato le mani di imprenditori
e manager. In questi anni è stato ri-legalizzato il caporalato,
con la nascita di una miriade di agenzie di intermediazione,
sono stati cancellati diritti e tutele, rendendo sempre più
ricattabili e precarie le vite degli sfruttati.
Non solo. Si è spezzato un immaginario per cui l'accesso
a servizi e beni fondamentali e la riduzione della sperequazione
normativa e salariale non è più parte delle libertà
sociali, ma premio per chi merita.
Tutti contro tutti per un mondo peggiore.
Dal reddito alla carità
Oggi il populismo fascista, leghista, pentastellato, da Casa
Pound a Fratelli d'Italia, dal M5S alla Lega riesce a farsi
interprete della generazione nata o diventata precaria, che
vive senza garanzie né futuro, che si costituisce come
comunità escludente ed aspira a protezioni e tutele statali.
Reddito di cittadinanza, aumento delle pensioni minime, possibilità
di pensione anticipata, esclusione degli immigrati dalle misure
destinate agli italiani: su questi temi Lega e 5Stelle hanno
preso voti e si sono alleati tra loro per assicurarsi il governo.
Il
“governo del cambiamento” difficilmente realizzerà
il proprio programma teorico, tuttavia anche un parziale successo
potrebbe garantirne se non la durata, la possibilità
di costruire nuove alleanze sulle medesime pietre miliari.
Giocano bene. Sono al governo, hanno occupato tutte le poltrone
pesanti, quelle che garantiscono il potere reale, ma si comportano
come cavalieri alle crociate in terra straniera, assediati dai
barbari, dai “poteri forti”, incarnati dalla potenza
impalpabile della grande finanza.
Il governo Lega-5Stelle ha promesso di ridurre l'età
della pensione e di dare un reddito ai più poveri.
Tanta retorica nasconde una truffa e un inganno. Chi andrà
in pensione prima dei 67 anni avrà un assegno mensile
ridotto, perché il sistema di calcolo della pensione
resterà il medesimo.
La scelta sarà tra un reddito molto basso e il lavoro
sino alla morte. Gli anziani licenziati per far posto a giovani
precari a metà del loro stipendio non avranno nessuna
scelta.
Il reddito di cittadinanza si articola intorno ad alcuni cardini:
controllo sui consumi, premi a chi si dimostra virtuoso, lavoro
coatto.
Il nuovo coordinamento tra le banche dati di Inps, centri per
l'impiego, comuni e centri di formazione, sarà realizzato
dall'ex numero due di Amazon, Diego Piacentini, oggi commissario
straordinario per l'attuazione dell'agenda digitale. Chi viene
da Amazon sa bene come costruire una gabbia di controllo elettronica.
Il “reddito di cittadinanza” verrà erogato
attraverso un bancomat o una “app” con borsellino
elettronico sui quali sarà accreditata la cifra risultato
della differenza tra il tetto di 780 euro e i limiti patrimoniali
e reddituali stabiliti dall'Isee. A testa toccherà circa
metà del massimale e sarà scalata in base agli
acquisti effettuati in circuiti predefiniti dal governo.
Lungo queste coordinate verrà attuato il governo digitale
di 3,6 milioni italiani “poveri”, ma sani e in età
di lavoro. Almeno 1,6 milioni di stranieri residenti, anch'essi
censiti tra i “poveri assoluti”, saranno esclusi
da questa misura.
La sorveglianza sarà finalizzata al controllo morale
del “povero” il quale dovrà lavorare otto
ore gratis per lo Stato, accettare una proposta di lavoro su
tre dai centri per l'impiego, partecipare a corsi di formazione
o reinserimento professionale per dimostrare la propria “disponibilità”
ad “attivarsi” per un periodo che potrebbe arrivare
anche fino ai tre anni.
Un percorso premio-punitivo: se il “cittadino” rispetterà
le ingiunzioni, potrà eseguire gli acquisti con la sua
carta di credito; se non lo farà riceverà un punteggio
negativo. La cittadinanza diventa una patente a punti. Il cittadino
sarà valutato in base a una scala di reputazione e sincronizzato
con l'importo accreditato in maniera digitale. In questo modo
ci sarà un costante controllo della “moralità”
dei poveri, della loro condizione lavorativa e sociale, della
disponibilità ad obbedire al governo, che impone un “patto”
di buona condotta ai senza reddito. I riottosi verranno esclusi
e criminalizzati.
Il reddito di cittadinanza saranno quattro soldi per chi dimostra
di “meritarli”. Nessuna “liberazione dalla
povertà”, ma un sistema di ispezione capillare
degli esclusi, di chi non lavora e non lavorerà mai,
se non in nero, precariamente, in modo informale.
Le misure sociali annunciate dal governo riprendono, rafforzandola,
la logica del reddito di inclusione targato PD: i poveri non
sono “innocenti”, ma responsabili della propria
condizione, che sono tenuti ad espiare.
Chi ha la sfortuna di essere nato altrove non avrà nemmeno
l'elemosina destinata agli altri.
Dio, patria e famiglia
Lo Stato Etico ci tratta da minorenni, decide chi è degno e chi no. Non solo. I diktat sono chiari: “la proprietà privata è sacra” e va difesa con le armi e il reddito di schiavitù. Il fondamento della società è la famiglia “naturale”, dove le donne sono obbligate a fare gratis il lavoro di cura di figli, anziani, disabili per sopperire ai servizi che non ci sono.
Aumentano le spese per le armi e le missioni di guerra all'estero,
nel Mediterraneo e nelle nostre strade, dove per tenere buoni
i poveri ci sono sempre più militari e poliziotti.
Il pacchetto sicurezza, oltre a colpire gli immigrati, investe
duramente chi lotta.
Chi occupa una casa per dare un tetto a se e ai propri figli
rischia lunghe pene detentive. I lavoratori che fanno un blocco
stradale per obbligare chi li sfrutta e deruba ogni giorno a
cedere più soldi, più libertà, meno ore
di lavoro, meno controlli elettronici non avranno una semplice
multa ma la detenzione sino a quattro anni.
Un incubo totalitario.
La sconfitta della povertà è un artificio retorico
che va smontato, ma è importante anche riconoscere nella
sua precipua semantica il salto di paradigma che il governo
giallo verde rappresenta, sia sul piano politico che culturale.
Non serve il richiamo all'antifascismo, in un paese dove il
fascismo storico è stato sdoganato da un pezzo. Per battere
la diarchia di governo, per spezzarne la seduzione sociale è
necessario mostrare la trama sottesa al populismo.
Una trama che ha il proprio fulcro nella famiglia come nucleo
etico, una società “di mamme e di papà”,
“non siamo un partito, siamo una famiglia” ha tuonato
Salvini quest'estate a Pontida.
Il capo della nuova Lega, che mescola sincreticamente elementi
neo pagani e cattolicesimo, facendo leva sul “buonsenso”,
che trasforma la filosofia da bar sport in filosofia tout court,
sottraendola al mugugno ed elevandola ad arte del buon governo.
Il governo mira al disciplinamento della società, che
viene messa sotto costante ricatto: tramontata la stagione dei
diritti, è il tempo della carità benevolente,
del bastone, del padre e padrone, della mamma nutrice e casalinga,
del controllo globale.
Siamo alla Vandea. Dio, patria, famiglia. Tutto torna. Nel 1994
la giovane leghista Irene Pivetti diventa presidente della Camera.
Esibisce con orgoglio un gioiello con la croce di Vandea e dichiara
che le navi dei migranti vanno affondate. Pochi giorni dopo
la nave albanese Kater i Rades, viene speronata dal pattugliatore
della Marina Militare Italiana Sibilla. Fu una strage. Un incidente,
sentenziò un governo che non osava rivendicare. Oggi
i migranti annegano e il governo plaude.
Per fermarli non basta un generico e logoro richiamo all'opposta
triade rivoluzionaria libertà, fratellanza, uguaglianza.
Quest'assieme assiologico è oggi assimilato alla ferocia
liberista, alla fine delle tutele, alla vita precaria.
Questo governo offre a chi si sottomette alla legge del padre
l'illusione che vi sia un riparo nella tempesta.
Visti i tempi l'unico realismo è quello dell'utopia che
gira il tavolo e propone, praticandolo sin da ora, un altro
gioco.
Maria Matteo
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