Metti un valium nel motore
Il più grande scontro nell'industria mondiale si consumò
sulla propulsione delle automobili. Ad accendere la miccia fu
il trust farmaceutico, allorquando annunciò la messa
a punto di un motore alimentato con medicinali scaduti. Di lì
a poco l'auto a pastiglie divenne realtà, sconvolgendo
gli equilibri del settore. I nuovi modelli funzionavano con
un mix di principi attivi miscelati secondo le preferenze del
consumatore. Il carburante ansiolitico, per esempio, garantiva
prestazioni sicure e rilassanti, con il vantaggio (primo caso
nella storia) di emissioni non inquinanti, anzi decisamente
salutari per la stabilità sociale. Le moto ad aspirina
si prestavano alla guida invernale e disperdevano nell'aria
agenti anti-influenzali. Tanti furono i vantaggi enfatizzati
dalle tambureggianti campagne pubblicitarie: i ricostituenti
davano longevità alle batterie, contrastavano l'usura
del mezzo e facevano sentire meglio tutti, automobilisti e pedoni.
Troppi
benefici, osservò qualcuno che gravitava ai piani alti
dell'industria. Fu il preludio allo scontro tra due diverse
visioni sociali. Chi aveva lamentato fino a quel periodo la
completa assenza di alternative politiche e l'appiattimento
su un unico modello accettato acriticamente, fu smentito dai
fatti, perché la scelta, ora, diventava possibile: l'industria
farmaceutica avrebbe fagocitato quella automobilistica, o viceversa?
Furono mesi turbolenti e distruttivi che arrivarono a minare
la stabilità del sistema. I colossi del settore investirono
miliardi nella competizione e non lesinarono risorse pur di
condizionare l'intero quadro politico. Nuovi partiti scalzarono
quelli tradizionali, ormai ridotti a vecchi arnesi di mera rappresentanza.
Il parlamento – specchio del paese reale – si divise
tra il fronte dei Farmacisti e quello degli Automobilisti, spalleggiati
da frange estreme come i Benzinai e gli Informatori medico-scientifici.
Degno di citazione ma privo di efficacia fu l'operato del piccolo
partito Omeopatico, che propose senza successo il graduale passaggio
a una tecnologia a impatto zero, prima di scomparire.
Apparve presto evidente che la rivalità acerrima tra
le due fazioni produceva più danni che vantaggi. Fu allora
che intervenne il trust dei trust per imporre una mediazione
necessaria. Nessuno avrebbe inglobato nessun altro. Il mercato
delle nuove auto sarebbe stato equamente ripartito tra l'industria
farmaceutica e i tradizionali produttori di veicoli. Chiamato
a tradurre le indicazioni operative in programma politico fu
il partito unico degli Elitisti, che sosteneva la necessità
di affidare le decisioni a un ristretto gruppo di eletti, nel
senso di persone scelte per talento, competenza e censo. La
moderna tecnocrazia rimodellò la vita sociale, ma un
giorno inciampò su un banale refuso di stampa. Il leader
del partito venne infatti presentato su un giornale come capo
degli Etilisti, il che alimentò i sospetti di uno stato
di ubriachezza incompatibile con il suo ruolo politico. Non
bastarono rettifiche, correzioni e provvedimenti disciplinari
per i responsabili del refuso. Lo scambio delle consonanti accese
la fantasia di migliaia di oppositori che fino a quel momento
si erano esiliati nelle cantine della rinuncia. Abbracciarono
i loro fiaschi e iniziarono a cantare le note del dissenso,
l'inno degli Etilisti appunto, che si ispirava al brano di un
cantautore livornese del secolo precedente e faceva pressappoco
così: ...il vino contro il petrolio, grande vittoria,
grande vittoria, grandissima vittoria...
Nacque così l'utopia di quei giorni oscuri e lontani,
peraltro ancora a venire.
Paolo Pasi
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